Videogiochi > Mass Effect
Ricorda la storia  |       
Autore: Nymeria90    28/12/2013    3 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[x] 

Prologo
 
Atene, dicembre 2153
 
Lo adescò fuori da una bettola di Atene.
Era un locale d’infimo rango, nella periferia di una città tanto grande da dimenticarsi di buona parte dei suoi abitanti, soprattutto di quelli che pativano la fame.
C’erano i ricchi, da qualche parte, nelle loro lussuose ville, intenti a progettare chissà quali metodi strampalati per spendere i loro soldi. Viaggiare nello spazio era diventato il loro principale obiettivo, un modo per spendere tempo, energie, denaro.
Come se non ci fosse abbastanza da fare lì, sulla Terra.
Ma nessuno di quegli uomini si sarebbe spinto fin laggiù, nelle viscere della città, dove le stelle erano solo puntini lontani che a stento si vedevano tra i fumi delle fabbriche e i prefabbricati che si ammassavano l’uno sull’altro fino ad oscurare il cielo, nella grottesca parodia di quei palazzi che i ricchi amavano costruire per farsi chiamare visionari o futuristi.
Nella città bassa non c’erano né visioni né futuro, solo puttane e ubriachi che si contendevano la notte assieme ai ratti e ai cani randagi.
Lei era una di loro, una puttana dai capelli rossi che adescava gli ubriachi usciti dal bar.
Non passava inosservata, con i fluenti capelli rossi lunghi fino in vita, il viso cosparso di lentiggini e gli occhi color ambra. Tutti la chiamavano Lily, il suo protettore amava dirle che era il fiore più raro di tutta la sua serra: un giglio in mezzo ai tulipani.
Dalla taverna uscì una compagnia di militari con la divisa sgualcita e le gambe rese malferme dal vino, come sempre le ragazze si avvicinarono ancheggiando e ammiccando, dispensando sorrisi e baci: attrici senza talento, stanche di recitare sempre il solito copione. Alcuni soldati, pochi, le scansarono infastiditi, gli altri accolsero i loro servigi con sorrisi lascivi e consumata esperienza, insinuarono le mani sotto le vesti e baciarono le scollature abbondanti, senza nemmeno prendersi la briga di alzare lo sguardo ed incrociare i loro occhi.
Solo uno si fermò ad osservarle, gli occhi verdi annebbiati dal vino, le labbra sottili strette in un’espressione di sorpresa curiosità. Guardava i suoi compagni abbandonarsi tra le braccia di quelle donne rumorose e stanche, con l’ingenuità di chi non conosce niente del mondo.
Anche Lily si fermò a guardarlo, sorpresa ed affascinata, come di fronte ad un animale raro e sconosciuto. Non aveva mai visto nessuno comportarsi in quel modo. C’erano quelli che le scansavano con aria disgustata, altri ostentavano disprezzo in pubblico per poi tornare, strisciando tra le ombre della notte, a reclamare i loro servigi, terrorizzati all’idea di essere scoperti, e poi, ovviamente, c’erano quelli che accettavano volentieri, affamati e lussuriosi: usavano i loro corpi, le pagavano e poi se ne andavano, senza voltarsi indietro, come se nulla fosse accaduto, come se loro e ciò che facevano non fosse nemmeno reale. Invece quel ragazzo le guardava, l’aria divertita e un sorriso spensierato sulle labbra, quasi volesse imprimersi nella memoria quei volti così nuovi, così strani, eppure così reali.
Incuriosita, si avvicinò a lui, notando i capelli biondi che gli ricadevano scomposti sulla fronte, la fossetta appena accennata del mento, gli incisivi leggermente accavallati. Aveva sempre immaginato che la bellezza si trovasse nella perfezione, eppure fu sul volto imperfetto di quel ragazzo che la vide per la prima volta.
Si domandò se, dopotutto, non fosse quello l’aspetto che poteva avere un dio.
Quando gli fu di fronte si ritrovò a corto di parole, la bocca secca e le mani sudate, mentre la sicurezza acquistata in anni d’esperienza svaniva dentro a un paio di occhi verdi. Le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando la fame e la disperazione l’avevano spinta sul ciglio di una strada.
Lui le sorrise, teso quanto lei, ma il suo sguardo era illuminato dall’ardore dei sogni e dell’avventura.
Lily allungò una mano e lui l’afferrò.
L’abitudine condusse i suoi passi verso uno squallido edificio che un’insegna fatiscente denominava “Hotel”, non appena varcarono la soglia e l’odore di cibo stantio e piscio aggredì i loro sensi, si pentì di quella scelta incauta. All’improvviso tutto lo squallore della sua esistenza le ripiombò addosso: era solo una puttana che teneva per mano un bel ragazzo nell’androne di un albergo a ore.
Lasciò andare la mano del ragazzo e cercò di assumere un’aria professionale, ma lui le accarezzò la guancia, sfiorandole i capelli – Non importa.- disse in un inglese pronunciato a fatica. Si chinò su di lei e la baciò, con una dolcezza che non credeva esistesse.
Nessuno l’aveva mai trattata così.
Salirono in camera e anche se era squallida, sporca, con il letto macchiato e le pareti mezze rivestite di piastrelle, ai loro occhi parve la Chambre Royale del più bell’albergo del mondo.
Quella notte capì di non aver mai vissuto.
Ogni uomo che era entrato nel suo letto l’aveva sempre disgustata; faceva quello che doveva fare, talvolta capitava che provasse piacere, ma anche quando succedeva non faceva altro che sperare che finisse tutto in fretta, che l’uomo si rivestisse, la pagasse ed uscisse dalla stanza senza farle del male. Poi veniva il turno di qualcun altro. Aveva sempre pensato che quella fosse la normalità, non aveva mai immaginato una vita diversa, non pensava potesse esistere una vita diversa. Non lì, non per lei.
Ma quella notte le cose furono diverse.
Abbandonò ogni cautela e si diede a lui completamente, sfiorando le sue labbra con baci incerti e poi sempre più frenetici, mentre scopriva sentimenti mai provati prima. Stretta tra le braccia di un giovane dio, si sentì immortale.
Quando, sfiniti, si separarono, accasciandosi sui cuscini malconci, la realtà la colpì con prepotenza: ora che avevano finito lui l’avrebbe pagata, si sarebbe alzato, rivestito e, senza guardarla, sarebbe uscito da quella stanza squallida e sporca. Sul letto macchiato sarebbe rimasta solo una puttana col cuore spezzato.
Invece lui si girò su un fianco, appoggiò il capo sulla mano e le passò le dita tra i capelli, guardandola come se fosse la più bella cosa del mondo – Non conosco nemmeno tuo nome …- sussurrò, come per scusarsi.
Aveva uno strano accento, che dava ad ogni parola una melodia gentile e potente insieme, a stento capì quello che le diceva.
Lui notò la sua esitazione e un’ombra di dubbio oscurò quei lineamenti gentili, mentre i timori che l’avevano assalita pochi istanti primi diventavano i suoi: era una prostituta, forse non desiderava altro che lui la pagasse e se ne andasse.
Gli prese la mano mentre lui l’allontanava, intrecciò le dita con le sue, trattenendolo accanto a sé: non voleva che la sua esitazione fosse attribuita ai motivi sbagliati.
In realtà non sapeva cosa rispondergli: Lily non era il suo vero nome. Era quello che il suo protettore aveva scelto per lei, il suo giglio tra i tulipani.
Ma Lily era il nome di una puttana e lei, quella sera, non lo era – Sophie. Mi chiamo Sophie.-  nessuno la chiamava più così da quando sua madre era morta, tredici anni prima, a stento ricordava come si pronunciasse.
Abbassò lo sguardo perché lui non notasse gli occhi un po’ troppo lucidi.
Lui le posò un bacio leggero, delicato, sulla sommità del capo – Sophie …- lo pronunciò a modo suo, con quell’accento che assomigliava ad una melodia. Non aveva mai sentito nulla di più bello, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì di nuovo una persona e non più solo una puttana.
Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte al suo petto, lui le accarezzò i capelli, dicendo qualcosa che non capì, quando gli chiese di ripetere ridacchiò, divertito – È mio nome. - spiegò – Pronuncia non essere semplice: amici mi chiamano Sasha … anche tu, se vuoi ... -
Lei sorrise, alzò il capo e gli posò un bacio lieve sulle labbra – Sasha … mi piace.-
Sfiorò la medaglietta che portava al collo, la sollevò senza riuscire a decifrare quello che c’era scritto sopra. Non aveva mai imparato a leggere, tuttavia persino lei conosceva il significato di quella medaglietta.
- Che cosa ci fa un marine dell’Alleanza in questo posto?-
Lui si umettò le labbra, in evidente difficoltà – Io non essere solo soldato: io astronauta. Tra pochi giorni io parte per missione tra le stelle: staremo lontani tre anni per scoprire se c’è vita lassù.-
I suoi occhi verdi brillavano di pura estasi: capì che aspettava quel momento da tutta la vita. Invidiò quella passione che gli faceva tremare la voce.
Sophie si strinse nelle spalle – Gli uomini esplorano la galassia da anni: non hanno mai trovato niente.- si mise seduta, stringendosi le ginocchia contro il petto – E se troverete davvero degli alieni che cosa farete?- non gli disse che secondo lei si trattava solo di energie sprecate e soldi buttati. C’era una Terra di cui occuparsi, persone che avevano bisogno di aiuto. Perché tutti guardavano in alto senza preoccuparsi di chi giaceva sul fondo di quella Terra che sprofondava nella miseria?
Sasha non si accorse del suo tono polemico, si chinò verso di lei, sussurrando come un cospiratore – Sei anni fa, su Marte, noi scoperto antiche rovine: rovine aliene. Loro studiavano noi, quando eravamo ancora in caverne. Migliaia di anni fa, alieni viaggiavano per galassia e possedevano tecnologie che noi non abbiamo nemmeno oggi. Poi scomparsi.- suo malgrado Sophie si ritrovò a pendere dalle sue labbra, affascinata dalla storia di quell’antico popolo che aveva assistito alla nascita dell’umanità – Dentro rovine c’erano dati: tanti dati. Noi tradotto qualcosa e in 2149 dati ci hanno portato davanti a …- scosse il capo, alla ricerca della parola giusta - … portale.- sorrise, fiero – Funziona come scorciatoia. Da “Portale di Caronte” noi possiamo raggiungere posti che prima non riuscivamo nemmeno a pensare. In quelle rovine ci sono informazioni che possono cambiare mondo: ora noi possiamo viaggiare più veloci di luce. Per questo creato Alleanza.- gli occhi di Sasha brillavano e Sophie non poté fare a meno di sentirsi contagiata dal suo entusiasmo: era come ascoltare una favola dal lieto fine scontato. – Nazioni di tutto mondo che prima si facevano guerra ora unite, con obiettivi comuni: elevare uomo sopra stelle e trovare risposte a tutte domande di mondo. –
Sophie distolse lo sguardo e i suoi occhi si ritrovarono a fissare la squallida stanza da cui si era illusa di poter fuggire. Non importava quanto lontano avrebbe potuto spingersi l’umanità, per lei la vita non sarebbe cambiata.
- E che cosa cambierà, Sasha, una volta che avrete le vostre risposte? Gli alieni non sfameranno gli affamati, non porteranno giustizia agli sfruttati, né toglieranno le puttane dalla strada.- strinse i pugni attorno alla coperta lisa – Che senso ha partire alla ricerca di altri mondi quando il vostro sta morendo? L’Alleanza dovrebbe occuparsi della Terra, dell’umanità, non del cielo e dei suoi abitanti immaginari.- si asciugò le lacrime con un gesto secco, rabbioso, odiando lui per averla illusa e se stessa per averci creduto anche solo per un istante. Lui se ne sarebbe andato da quella stanza per non farvi più ritorno, lei sarebbe stata costretta a ritornarci ogni giorno se non voleva morire di fame.
Sasha le prese il mento tra le dita, costringendola a guardarlo – Due anni fa Alleanza trovato pianeta abitabile. Stanno costruendo colonia, Demeter. Tu hai ragione: Terra troppo piccola per tutti noi, ma galassia abbastanza grande per umanità intera. È questo che noi stiamo cercando: una casa per chi non può averla su questo mondo.-
Sophie sapeva bene, per esperienza, che la realtà sarebbe stata diversa, che, anche con l’intera galassia a disposizione, ad alcuni sarebbe stato dato tutto e ad altri niente, ma gli occhi di Sasha erano così sinceri, la sua fede così profonda, che non poté fare a meno di desiderare che lui avesse ragione – Stai dicendo che ci potrebbe essere un posto per me lassù?- domandò con voce strozzata.
Lui annuì sorridendo dolcemente – C’è posto per tutti, tra le stelle.-
Sophie sospirò, accarezzando delicatamente quel viso che la vita non aveva avuto il tempo d’indurire, si perse in quegli occhi innocenti da bambino – Mi piacerebbe credere nei tuoi sogni, mio dolce astronauta. –
Lui si accigliò ma Sophie lo attirò a sé prima che potesse replicare, baciandolo con così tanta passione da fargli dimenticare ogni altra cosa.
Si concesse a lui con gratitudine, lo ringraziò, nell’unico modo che conosceva, per averle mostrato la bellezza dei sogni. Fin da bambina era stata troppo impegnata a sopravvivere per trovare il tempo di concedersi una piccola parentesi in cui credere che il mondo potesse cambiare.
Lo amò per quel dono inaspettato, per averle insegnato che se non era possibile avere una vita diversa, la si poteva almeno sognare.
L’alba li sorprese ancora abbracciati e la realtà fece irruzione nella stanza assieme ai raggi di un sole lontano ma non più irraggiungibile.
Si guardarono, consapevoli entrambi che la notte era finita e che con essa finiva quel “noi” che si erano illusi di aver creato.
Sasha si mise seduto e cominciò a rivestirsi con movimenti lenti e aggraziati, man mano che i vestiti tornavano al loro posto e il ragazzo si trasformava di un nuovo in soldato, i suoi occhi diventavano sfuggenti e la sue espressione indecifrabile.
Era come se si rendesse conto, improvvisamente, del luogo in cui si trovava e della persona con cui aveva passato la notte.
Sophie capì, dal mondo in cui sfuggiva il suo sguardo, che ai suoi occhi era tornata ad essere una puttana e probabilmente si stava domandando se la notte passata insieme fosse solo un’illusione costruita dalla più brava delle attrici la cui prestazione, ora, doveva pagare.
Prima che facesse, o dicesse, qualcosa che umiliasse entrambi, contaminando il ricordo di quella notte straordinaria, Sophie sfiorò la sua mano, invitandolo ad incontrare il suo sguardo – Quando lavoro mi faccio chiamare Lily. Questa notte ero Sophie, solo Sophie.-
Il viso di Sasha si aprì un sorriso sollevato e le sue spalle si rilassarono sotto la divisa blu ed oro che sfoggiava con orgoglio – Grazie.-
- Ho un’unica richiesta, se possibile.- arrossì come non aveva mai fatto, nemmeno da bambina – Vorrei una tua fotografia, non voglio dimenticare il tuo viso. –
Quella richiesta parve lusingarlo e, dopo aver preso il portafoglio dalla tasca, lo aprì, estraendo una piccola fotografia che lo ritraeva fiero, in divisa, probabilmente il giorno in cui si era arruolato.
Le mise la foto in mano e la strinse tra le sue – Se potessi io portare te via di qui, adesso, ma troppo tardi per tirarmi indietro, io sono soldato e devo partire.-
Sophie annuì, avrebbe voluto dirgli che capiva, che non si aspettava niente, sapeva bene qual era il suo posto, ma lui la zittì con un cenno, improvvisamente serio.
- Missione dura tre anni, ma non appena tornato io verrò qui, per te. Primo giorni di anno 2158 io sarò davanti a Parlamento, in piazza Syntagma, e aspetterò te tutto giorno, dall’alba al tramonto. Se non verrai io tornare l’anno dopo e quello dopo ancora, finché non avrò ritrovato te.- si portò la sua mano alle labbra e la fissò così intensamente che non dubitò delle sue parole nemmeno per un istante – Io prometto che ti porterò via di qui, Sophie. -
E lei, ingenua per la prima volta nella sua vita, credette alla promessa di un ragazzo che sognava di vivere tra le stelle.
Si chinò su di lui, posandogli le labbra sulla fronte – E io ti aspetterò, Sasha, promesso.-
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Nymeria90