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Autore: ToraStrife    29/12/2013    5 recensioni
Versione alternativa della fiaba di Andersen.
La classica e tragica storia della piccola fiammiferaia, la bambina che cercava di vendere invano fiammiferi l'ultimo dell'anno, e che morì, uccisa dal freddo e dall'indifferenza della gente.
Ma se la vicenda si fosse svolta nella Norvegia degli anni '90, le cose sarebbero andate ben diversamente, specialmente dopo l'incontro con uno strano individuo...
Genere: Malinconico, Parodia, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La piccola fiammiferaia in Norvegia
LA PICCOLA FIAMMIFERAIA
in Norvegia



Era una serata molto fredda, lassù, l'ultimo giorno dell'anno, in Norvegia.
La neve aveva smesso di cadere, il che non era una buona notizia.
La temperatura, come temuto da molti, aveva infatti iniziato a scendere, ben sotto lo zero.
La neve, dapprima soffice, si stava indurendo fino a diventare spesso e gelido ghiaccio: un po' la stessa cosa che stava accadendo al cuore delle persone.
Questo stava passando nella mente di una povera ragazzina, vestita di stracci, impegnata nel quotidiano lavoro di vendere fiammiferi, nel tentativo di portare a casa qualche soldo.
Abbandonata in tenera età da un padre mascalzone ed immaturo, aveva vissuto l'infanzia con la povera madre, fino a quando uno spietato tumore non si era portato via anche quest'ultima.
Ormai sola al mondo, l'orfanella cercava allora di vivere con i pochi soldi ricavati dalla sua misera attività.

- Fiammiferi! Comprate dei fiammiferi!


Ma i passanti dai cuori aridi che passavano frettolosi vicino a lei, scostandola come un'appestata, proprio non ne volevano sapere.
Dopotutto cosa mai poteva offrire quella pezzente, oltre che un piccolo calore di pochi secondi?
Molto meglio i falò dei caminetti in case accoglienti e tavole imbandite con cibi pantagruelici innaffiati di cibi pregiati.

La bambina stava cominciando a non sentire più le mani.
Era tra l'altro pure scalza, con i piedi nudi il cui contatto con i gelidi lastroni sulla strada provocava intensi brividi e dolorose "ustioni" di freddo, nonché il costante pericolo di scivolare e farsi male.
Gli zoccoli, dono della madre scomparsa, avevano fatto una pessima fine: uno era finito in un canale di scolo, l'altro era stato rubato da qualche monellaccio.
Un vento raggelante sferzò il corpo della poverina, i cui stracci indosso erano fin troppo sottili e leggeri.
Un'ondata di brividi assalì la bambina: faceva davvero troppo freddo.
Avrebbe voluto tornarsene a casa, ma a confessare il vero, da quando la padrona di casa l'aveva cacciata, lei un posto dove andare non lo aveva più.
Non voleva andare in orfanotrofio: aveva sentito storie orribili su come trattavano le persone e della sorte che le attendeva.
Con le braccia strette intorno al corpo, passo dopo passo, la sventurata si imbatté in un chiesa.

- Sono salva! - Si disse. - Qua troverò certamente calore e conforto.

Varcando l'enorme portone in legno massiccio, la bambina avvertì un'atmosfera diversa, accogliente, rilassante.
Una pace interiore l'accompagnò, mentre si addentrava con timore nel salone. I piccoli passi rimbombavano nell'acustica perfetta della costruzione.
Vi erano persone vestite di tutto punto, con pellicce, soprabiti eleganti, cappotti di fitta lana intrecciata e giacconi eleganti.
Erano tutti fedeli venuti ad assistere alla messa di mezzanotte.
I primi sguardi che si posarono sulla fiammiferaia la scambiarono per una volgare mendicante.
Mormorii infastiditi e commenti sprezzanti si levarono tra i presenti.
La piccola donna sembrò non farci caso, ed anzi, con entusiasmo cominciò a chiedere se qualcuno tra i presenti volesse comprare una scatola di fiammiferi.
Dalla folla si sollevò qualche lamentela risentita, qualche risata di scherno, qualcuno addirittura gridò allo scandalo, altri invece si abbandonarono a battute, di dubbio gusto, sul fatto di ammettere cani e porci in occasione di un avvenimento esclusivo come la messa di mezzanotte.
Infine una mano ferma e decisa brancò la spalla della piccolina e la trascinò in disparte.

- Buon Anno, padre. - Salutò educatamente la poverella, dopo aver riconosciuto l'abito talare. - Vuole comprare una scatola di fiammiferi?

- Questa è la casa del Signore - Rispose secco il prete. - Non un luogo di mendicanza.

- Oh! - La ragazzina arrossì per il malinteso. - Non volevo mancare di rispetto a lei o a Dio. Scusi, scusi tanto!

-  Si può sapere cosa stai facendo qui? Stai importunando un sacco di fedeli per bene con le tue richieste. Và via, fuori! -  La ammonì il clerico.

- La prego, padre. - Implorò la ragazza. - Io volevo solo godere  di un po' di calore per ritemprare il mio corpo intirizzito e le mie ossa gelate!

Di rimando, il prete la squadrò da capo a piedi, indugiando a lungo. I lineamenti dell'uomo di chiesa si distesero, e un piccolo sorriso fece capolino.

- Uhm, ti dirò. Più tardi potrei anche ospitarti al caldo della mia dimora, passeresti la notte godendo di un piacevole tepore. E potresti in realtà anche fare cosa gradita a questo povero e solitario vecchio.

- Lo farebbe davvero? - Si illuminò la bimba.

- Sì, ma solo a patto che tu sia carina con me...

Una sensazione di pericolo spinse la fiammiferaia a divincolarsi dalla mano del sacerdote, e a varcare in fretta e furia l'uscita.

Un paio di improperi risentiti la seguirono, insieme a un "Crepa" e un "Non venire a piangere poi".

Aveva già conosciuto quel tipo di malintenzionati, e a confronto il freddo lì fuori non sembrava tanto terribile.

Il fatto che stavolta il lupo si nascondesse dentro una pelle di pecora, anzi, la pelle di un pastore, le avevano lasciato un disgusto che le faceva sentire doppiamente freddo.

Intanto la temperatura diveniva sempre più rigida, e la bimba si chiese se non fosse stato il caso di tornare al caldo delle fauci del lupo.
Il vento sulla faccia era così gelido che le lacrime al contatto con le guance sembravano perle di ghiaccio.

Doveva scaldarsi.

Tirò fuori un cerino. Zack!
All'improvviso stava sentendo caldo.
Un caminetto scoppiettante illuminava un salotto accogliente, con un albero che donava all'ambiente un'atmosfera gioiosa. Tanti piccoli pacchi erano sistemati sotto la pianta. Probabilmente ce n'era uno anche per lei.
Poi tutto svanì, tornò il freddo e il gelo delle vie semideserte.

Tirò allora fuori un altro fiammifero. Zack!
Apparve una tavola imbandita. Un grosso tacchino natalizio, torte e dolciumi di tutte le dimensioni, una enorme zuppiera ricolma di brodo caldo e profumato.  L'aroma riempì lo stomaco della piccola, che si mise a protestare con un sonoro brontolio.
Poi tutto svanì nuovamente, a parte la fame della ragazzina.

Un terzo fiammifero.

- Ma se continuo così, non avrò più niente da vendere.

Ma il freddo era troppo intenso. Zack!

Stavolta la fiammiferaia vide sua nonna, morta parecchio tempo prima.
La stava salutando, come a dire: "Vieni via con me, nipote cara, quassù in paradiso non si soffre il freddo, né la fame, e nessuno ti vuol far del male.

Ma la fiamma si estinse ancora. Volendo rivedere la nonna, la bambina tirò fuori un altro fiammifero... ma una mano più grossa della sua la bloccò con decisione.

Nel guardarlo, la bambina ebbe un attimo di smarrimento.
Era un individuo inquietante, dall'aspetto non sembrava troppo vecchio, ma la statura imponente, la barba ispida e i capelli lunghi, lo facevano apparire come un montanaro, o peggio, un troll vomitato direttamente dalle caverne della terra, venuto a ghermire la piccolina e portarla via con sé.
Nonostante la temperatura rigida, l'uomo sembrava così tranquillo, al caldo di uno spesso e impenetrabile giubbotto di pelle, il cui colore corvino lo facevano apparire come un mostruoso uomo nero, quello che mette in un sacco i bimbi cattivi e li porta all'inferno.
La presa ferrea con cui la stava brancando, dopotutto, confermava quell'impressione.
Quando quel gigante socchiuse le labbra, la bambina si immaginò un urlo agghiacciante, come quello del Wendigo, una marcia funebre che avrebbe accompagnato la sua anima nell'aldilà.
Con suo grande stupore, quelle labbra, protette dalla barba imbiancata dal gelo, si allargarono in un piccolo e accomodante sorriso.

- Compro tutti i cerini che hai.



Il primo dell'anno salutò la città con una grande festa.
La bambina non sapeva capacitarsi della fortuna che le stava capitando.
Quell'enorme falò, al quale poteva finalmente stendere le mani per riscaldarsi.
Il freddo era solo un ricordo, mentre le fiamme si alzavano fino ad illuminare il cielo notturno.
Il calore delle fiamme crepitanti infondeva nell'animo della ragazzina una calda delizia, come un abbraccio materno che da troppo tempo le era stato negato.
Le lingue di fiamma danzavano come fate nel cielo notturno, piccole scintille si levavano nel firmamento come i sogni di tanti bambini.
Una festa di luci, tepore e serenità.
Con la faccia e le mani rosse per il gran caldo, la bambina si domandò chi fosse quell'uomo barbuto che non solo aveva comprato tutta la mercanzia, ma aveva acceso quel grande fuoco che l'aveva salvata dal gelido abbraccio della morte.
Che fosse Santa Claus di nascosto, anche se il vestito non era rosso, la faccia non era paffuta e la barba non grigia e soffice?
Le aveva  detto di sfuggita un nome strano: Varg Vik... non riusciva a ricordare il resto.
Forse un Dio Nordico? Forse un angelo particolare mosso a pietà? Forse un'anima discesa dal paradiso, o come lo chiamavano da quelle parti, Valhalla?
Le fantasie della bimba si spensero per far spazio alla gioia, non la pia illusione di un fiammifero, ma l'ardente energia di un fuoco divampante, e che la inondava di sentimenti di vita.
Mentre le parve di sentire delle voci, che alle sue orecchie parvero cori di angeli, la piccola fiammiferaia si sentiva davvero felice.

Un po' meno felici erano i veri autori di quelle voci (somiglianti, tra l'altro più a urla che a canti), persone vestite di tutto punto, con pellicce, soprabiti eleganti, cappotti di fitta lana intrecciata e giacconi eleganti, nonché qualche tonaca impregnata di pensieri libidinosi, anche se in effetti degli angeli lo stavano diventando, intrappolati nel luogo di culto dato in pasto a demoniache fiamme, merito di Babbo Varg.

Un gran trambusto popolò in quell'alba la città, mentre il Santa vestito di nero si era già allontanato dalla scena.

Il vichingo si fermò solo un momento per voltarsi, con un sinistro sorriso e una lieve luce folle negli occhi, ad osservare le tenebre fare posto al giorno, e le ultime scintille di fuoco volare in cielo, intrecciate a tante anime pie e caritatevoli.

Era il primo gennaio 1992.



FINE


Anche se basato grossolanamente su fatti accaduti, l'opera è ovviamente di pura fantasia.
Nessun intento diffamatorio o lesivo viene perpetrato in questo scritto verso concetti o figure religiose.
Il personaggio di Babbo Varg è (palesemente) ispirato a Varg Vikernes (Burzum/Mayhem).

  
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