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Autore: Gio_Snower    29/12/2013    4 recensioni
Sasori, la sua vita, la sua morte, il tutto.
Sasori è diventato così per un motivo - il trauma d'aver perso i genitori.
Ha un'infanzia orrenda e triste, patetica per un bambino.
E' stato perseguitato da una gentilezza ipocrita che ha portato un cambiamento radicale in lui.
Ora si ritroverà con Chiyo, la nonna.
Cosa succederà?
Avrà un lieto fine anche la vita?
Sasori, lo Scorpione, potrà trovare la pace?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akasuna no Sasori, Chiyo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capelli rossi come la sabbia del deserto, occhi grandi e scuri, come specchi d’anima, un volto dolce e giovane.
Ecco com’era Sasori, il nipote della vecchia Chiyo, orfano di padre e madre.
Le donne quando lo vedevano vagabondare tutto solo per le strade del villaggio gli rivolgevano occhiate gentile e pietose.
“Oh, un bimbo così carino…povero piccolo, ha perso i genitori.” Pensavano dentro di loro, nella loro ipocrisia, nella loro anima scura, egoiste di natura.
E Sasori – sì, proprio quel piccino – lo sapeva.
Era cresciuto con quelle occhiate pietose, era cresciuto con quella gentilezza non meritata se non per il suo aspetto.
“Una piccola e dolce volpe del deserto” l’aveva definito una volta una signora prima di strofinargli la testa, scompigliandogli i capelli.
Probabilmente la signora non sapeva che le volpi del deserto, i Fennec, sono animali conosciuti per l’apparente dolcezza e la crudeltà selvaggia.
Intelligenti, curiosi, vivaci. Crudeli.
Sasori un po’ sorrideva dentro di sé, mostrando un ghigno al posto del sorriso dolce e timido del fuori.
Fuori, dentro. Sentimenti, impressioni.
Era tutto così ben delineato nella sua testa in preda allo sconforto.
Così ben costruito, come le sue marionette.
Mamma e papà… Pensò correndo nel luogo isolato dov’era solito rifugiarsi.
Si aggrappò alle due marionette e si posizionò fra loro.
Due fredde marionette animate dal suo stesso essere…povero piccolo patetico bambino.
Dentro di sé s’insultava, dentro di sé piangeva.
Dentro di sé si sentiva perso, perso in un vortice di sentimenti e confusione, di rabbia e paura, di mera felicità e autocompiacimento.
E con quel bel volto cresceva, circondato da esseri incapaci d’amare, ma che lui – ormai – s’illudeva d’amare.
Chiyo…voleva bene a sua nonna – quasi quanto l’odiava – eppure quel sentimento non bastò.
No, non bastò dal distorcerlo dai suoi intenti.
Non bastò a togliergli dalla testa la strada sbagliata.
E finì nell’Akatsuki.
E finì ucciso per mano di una Shinobi e Chiyo.
E sua nonna morì, salvando il Kazekage. Sacrificandosi.
E così finì la sua vita, troppo piena di sfaccettature, troppo piena di niente e tutto.
Illusioni, amore vero, amore finto, un pizzico di pazzia, incomprensioni.
Nel deserto della vita, nel deserto del riposo, dell’espiazione, s’erano ritrovati.
“Sasori…” aveva gracchiato dolcemente l’anziana con la sua voce rude.
“Nonna.”
“Non sono ancora arrivati, eh? Dovremo aspettare un po’.”
“…Ho paura. Divertente, no? Siamo morti, eppure ho paura di vederli.”
“Siamo morti, eppure parliamo tra noi. Oh, Sasori,  sapessi quante cose al mondo sono strane e divertenti…ma tu no, hai sprecato la tua vita, stupido e dolce ragazzo mio.” Lo rimproverò l’anziana.
Sasori sorrise, un sorriso dolce all’esterno ed un po’ amaro all’interno.
“Ho fatto le mie scelte. Sono stato felice, per un po’.”
“Sì?”
“Sì. Anche se Deidara era così fastidioso, mio dio.
E Tobi? Ah! Mai conosciuto uno più squinternato di lui. Specialmente perché pensava che non capissi perché indossava quella maschera.”
“Maschera?”
“Sì. Una Maschera di legno con un occhio solo, è rigata a spirale.”
“…Hai vissuto una vita difficile, vero, nipote?”
“Anche tu, nonna.”
“E’ strano sentirti chiamarmi così, ora che sei così…”
“Era da tempo che non lo facevo, eh?”
“Sì.”
“Capisco. Mi dispiace, nonna.”
“Non ha senso chiedere scusa ora, siamo morti. Il perdono non ci serve.” Disse la vecchia sorridendo ed abbracciando il nipote.
Sasori arrossì un poco.
“Mi spiace, ho sempre visto le persone solo come oggetti, come marionette…no, forse ho sempre tenuto di più alle marionette che alle persone…”
“Lo so.”
“Sono diventato una persona fredda, un calcolatore, un uomo crudele.”
“Ti sei perso per un po’, succede a tutti – anche se tu ti sei perso, forse, un po’ più degli altri.”
“Sono davvero un Fennec…”
“Eh?”
“Una signora mi definì così.”
“No, Sasori, tu sei uno Scorpione. Sei duro all’esterno e sei pieno di veleno, ma solo perché il destino ha scelto così.”
“Sasori, sei cresciuto…”
“Il mio bambino…”
Due voci distinte nel risuonare dei passi sulla sabbia del deserto.
“Mamma, ti ringrazio per quello che hai fatto.”
“Mi spiace, non sono riuscita a farlo vivere.”
“Non ti dispiacere.”
“Nonna…sono loro?” chiese lui, non vedendoli ancora.
La vecchia sorrise, s’alzò e tese la mano al nipote.
Sasori l’afferrò ed insieme si avviarono verso i loro cari, ricongiungendosi.
Il peccato era espiato.
L’amore s’era ritrovato, nella morte dolce ed amara.
Dolce ed aspra come il deserto stesso.
   
 
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