Mirai si rimise i suoi occhiali rossi, le lacrime agli occhi che tratteneva a sforzo.
Sorrise.
Ma non uno di quei sorrisi forzati, un sorriso sincero.
Uno di quelli che venivano dall'anima, un sorriso di sollievo. Come era finita lì, non lo sapeva neanche lei, ma se il destino aveva deciso così, allora si riteneva estremamente felice.

Akihito aveva attraversato tutta la città di corsa, per ritrovarla.
La ragazza era sulla terrazza della scuola, contornata da un tramonto che gli fece ricordare il loro primo e bizzarro incontro.
Kuriyama-san era viva, e la vedeva risplendere di gioia.
Le parole gli fluivano dalla bocca, quasi non rendendosi conto di quel che diceva, anche se era pienamente consapevole di quel che diceva.
«Io ti amo!» urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo.
Voleva farlo sentire a tutti, voleva che tutti sentissero cosa provava per Mirai Kuriyama.
Lui le porse i suoi occhiali rossi, gli esatti occhiali che aveva trovato a fianco della sua sedia quando si era svegliato dal coma.
Lei se li rimise, quasi piangendo, anche se tratteneva le lacrime come in una diga che stava per scoppiare.

Quella ragazza era molto più forte di lui, pensò Akihito.
Non esitò, e non pensò neanche, che la abbracciò, stringendola come se dovesse stritolarla, mentre cominciava a piangere a dirotto, sulla spalla della ragazza. Le lacrime che lasciavano macchie umide sulla lana, davano un senso di conforto a Mirai.
«Dove sei stata?!» chiese esasperato, tra un singhiozzo e l'altro. «Kuriyama-san! I-io... non andartene più!»
La strinse ancora di più a sé, sentendo che anche lei tremava come una foglia.
La ragazza si accoccolò tra le sue braccia, stringendo con forza la stoffa della sua divisa scolastica. «Mi sei mancato, Senpai.» sobbalzò un poco, per cominciare a piangere anche lei.
Erano una cosa unica, l'uno nelle braccia dell'altro, recuperando il tempo perso e le lacrime trattenute ogni giorno, distanti.
«È-è stato sgradevole...»
Akihito la prese per le spalle, con ancora i lacrimoni che scendevano. «Cosa? Sono io sgradevole?» domandò, con un pizzico di ironia.
La ragazza si asciugò il viso con la manica del grande cardigan rosa, nonostante gli occhi divennero lucidi subito. «La tua assenza, è stata sgradevole. Ti prego, Akihito-kun, non andartene.»
Lui scosse la testa, mettendo una mano sopra la testa della ragazza. «Non lo farò mai, lo giuro.»
Lui si abbassò un po', avvicinandosi al suo visino, incorniciato dalla montatura rossa. «E chi ti ha dato il permesso per chiamarmi "Akihito-kun"?»
Le sue gote assunsero una strana sfumatura rossastra, facendo un passo indietro e imbronciandosi. «O-ora sì che sei sgradevole!»
Il ragazzo rise di gusto, a quella vista tanto buffa, simile a una bambina. «Davvero sono sgradevole?»
«Certo che sì!»
Akihito sorrise. «Vuoi vedere che faccio una cosa gradevole?»
Lei non rispose, evitando ancora il suo sguardo.
Allora il ragazzo si avvicinò nuovamente a lei, circondandole i lati del viso con le mani e portandolo verso il suo, finché le loro labbra si incontrarono.

Si staccarono da quel folle, nostalgico e appassionato bacio, ammirando gli occhi lucidi reciprocamente.
«Anche io.»
«Cosa, Mirai-san?»
Lei sorrise. «Anche io ti amo.»
Venne circondata dalle braccia del ragazzo, nuovamente.
«Mai quanto me.»