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Autore: postergirl84    29/12/2013    6 recensioni
STORIA PRIMA CLASSIFICATA AL CONTEST "UNIVERSITY-CHALLENGE" DI ELLETRA89.
Una storia appena finita, una festa, qualche birra di troppo e una vecchia conoscenza sexy. Che sia proprio questo quello che serve ad Angela per fingere di non essere lei per una sera?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Angela, Embry Call
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Buon Compleanno, Arianna.

 

Penso di averti baciato… ma l’ho dimenticato!

 “I’m pretty sure it ruled
 Last Friday night
 Yeah we danced on table tops
 And we took too many shots
Think we kissed but I forgot.”
(Friday night- K. Perry)

 

“Quante possibilità ha di durare una storia d’amore?” Angela stringe la matita fra le dita fin quasi a sentire male. “E se riduciamo di più il campo? Diciamo: quante possibilità ha di durare una storia d’amore a distanza?” Poggia la matita sul tavolo e preme i polpastrelli sulle tempie infine, con un gesto secco, cancella un numero dal foglio bianco sulla scrivania. “Te lo dico io quante: una su duecento, praticamente…”
“Angela!”
“… nulle. Nessuna…”
“Angela!”
“…possibilità.” Un sospiro e un rumore di carta che si strappa. Angela tira su con il naso e il foglio di carta appallottolato colpisce il bordo del cestino della spazzatura finendo poi sul pavimento. Si alza in piedi e afferra il quaderno, cercando di strappare un altro foglio, ma due mani piccole la bloccano rimettendola seduta.
“Smettila. Ti stai torturando inutilmente.”
La ragazza chiude gli occhi, fa un paio di respiri profondi e quando li riapre il volto della sua amica è ancora lì, ad un centimetro dal suo e la guarda severamente.
“Stavo solo studiando statistica, Jessica.”
“Oh ma per favore, ti conosco dall’asilo, Angie e inoltre Ben è un idiota; andrà anche a un' università della Ivy Legue ma sei sempre stata troppo per lui. Te la dico io qual è la vera statistica: sai quanti ragazzi ci sono in un campus? Decisamente tanti. E sai con quanti ti puoi divertire? Praticamente tutti.”
Jessica ora sorride, allunga una mano verso l’amica e le leva gli occhiali da vista, poggiandoli sulla scrivania, fa un paio di passi girandole intorno, le scioglie i capelli e poi torna ad appoggiarsi alle sue spalle. Lo specchio riflette la loro immagine: una ragazza bionda e una mora, gli occhi leggermente arrosati di una delle due. Un altro sorriso. “E inoltre, io non sono venuta a trovarti per lasciarti deprimere in camera. Stasera si esce, ci sarà qualche festa in giro, no?”

Lo stato di Washintgon non è mai stato un paradiso climatico e, anche se Seattle non è Forks, il freddo a febbraio si fa ancora sentire. Angela rabbrividisce dentro la sua giacca di pelle troppo leggera e cerca di abbassare l’orlo del vestito rosso, prima di ricevere una sberla sulla mano da parte di Jessica.
“È troppo corto, Jes.” Si lamenta la giovane.
“È perfetto invece. Smettila di fare la puritana, tuo padre non ti vedrà mai.”
Angela sbuffa e lancia un’occhiataccia all’amica. Essere la figlia del pastore, nel piccolo paese dove è nata e cresciuta, era stato come avere un cartello luminoso con la scritta brava ragazza che campeggiava sulla sua testa. Ma poi si è ritrovata al college, ed è lì che ha capito che, in fondo, lei era davvero quello che aveva negato di essere per tutti gli anni del liceo. Non le piace bere più di un paio di birre, preferisce il cinema alle feste selvagge e ha ancora lo stesso ragazzo delle superiori, o almeno lo aveva fino a due giorni prima. Angela volta appena la testa e osserva il profilo di Jessica. Cammina sicura per le strade di un campus che non conosce, un vestito blu e una giacca nera a manica corta, i capelli diventati più biondi da quando abita a Los Angeles ed è allora che decide che, per una sera, può essere più simile a lei, o almeno può provarci. Sorride a sé stessa e accelera il passo prendendo l’amica a braccetto. Jessica si volta a guardarla e le dà una piccola spinta con l’anca. “Sei pronta a divertirti?”
Angela respira e infine annuisce. “Mai stata così pronta.”  Scoppiano entrambe a ridere mentre mettono piede sul portico del  Theodore Jacobsen Observatory.
La musica assordante le colpisce mentre un ragazzo, appoggiato alla porta, allunga loro due bicchieri per poi cimentarsi in un inchino. “Benvenuti al Theo, signore. Io sono Charlie, la vostra guida per la serata.”
Angela afferra il bicchiere, ne butta giù il contenuto in un sorso solo e aggrotta un sopracciglio. “Il Theo?”
Charlie sorride divertito. “È il soprannome che abbiamo dato a questo palazzo. Sapete, è un pezzo da museo con un storia…” Angela scuote la testa e blocca il ragazzo con un cenno della mano. “Che conosco già. Studio qui da quattro anni.”
“Io invece studio alla UCLA, quindi perché non mi racconti tutto?” Jessica sorride spostando i capelli e lasciando così scoperto il collo. Si volta verso l’amica e le fa l’occhiolino prima di  mimarle con le labbra un devi divertirti. Torna a guardare  Charlie, gli afferra il braccio e dopo pochi secondi vengono risucchiati dalla folla sparendo dalla sua vista. 
Angela entra dentro la sala gremita di gente e si guarda intorno. Ragazzi che ballano su tavoli dall’aspetto decisamente troppo antico per essere usati come cubi, qualche coppia che si bacia appoggiata al muro, barilotti di birra, un tavolo da ping pong  proprio al centro della sala. Si ferma ed osserva per alcuni minuti i ragazzi che cercano di far rimbalzare le palline nel bicchiere dell’avversario; dopo un paio di tiri sono già completamente sbronzi, scuote la testa e saluta un paio di compagni di corso ritrovandosi così fra le mani un altro cocktail. La musica cambia e stavolta è una canzone rock a pompare dalle casse.
“Allora, hai trovato qualcuno di carino?” La voce di Jessica alle sue spalle.
“Non eri con Charlie?”
“Non chiedere se non vuoi sapere la risposta, tesoro.”
“Jessica, sei…”
“La tua migliore amica e sapevo che, se ti avessi lasciata da sola, ti avrei trovato in qualche  angolo mentre mi era sembrato di aver detto che devi divertirti.” Jessica afferra una bottiglia di birra con una mano, il gomito di Angela con l’altro e la trascina fino a raggiungere una scalinata. Sale un paio di gradini. “Da qui la visuale è decisamente migliore. E quello chi è?” La voce di Jessica si fa stridula, Angela la raggiunge e segue con lo sguardo la direzione del dito di Jessica, fino ad incontrare una schiena ampia e muscolosa messa in risalto da un maglietta nera. Angela sospira e Jessica si volta a guardarlo. “Non dirmi che lo conosci.”
“Lo conosci anche tu, Jess.”
Gli occhi di Jessica rimangono incollati a quella schiena. “Fidati,  mi ricorderei di uno così. Porca miseria, riesci a immaginare il resto?”
“Jessica…”  Ma ormai è troppo tardi, determinata, sfrontata e sicura, Jessica lo è sempre stata e il tempo e la vita in una grande città sembrano solo aver accentuato quelle sue caratteristiche. Angela si appoggia alla balaustra e osserva l’amica avvicinarsi, la osserva posare la mano sulla spalla del ragazzo e… volta lo sguardo. Non sa perché lo fa ma si siede sulle scale e chiude gli occhi. Vorrebbe sentire davvero la mancanza di Ben, ma la verità e che si sente solo frustrata per il fallimento e probabilmente quella festa non è stata una buona idea. 
“Dannazione, Angie.”  Riapre gli occhi e incontra le gambe magre di Jessica. “Da quando il ragazzino indiano è diventato così figo?”
Angela trattiene a stento una risata, scuote la testa e guarda l’amica. “Credo da parecchio, Jes. Ricordi la nostra festa del diploma?”
“Perché, c’era anche lui?” Jessica sgrana gli occhi e Angela scuote la testa.
“Per poco, aveva accompagnato Jacob. Ricordi Bella, la nostra compagna Bella e…”
“Angie, stai divagando.”
“No che non sto divagando.”
Jessica sbuffa e le fa cenno di tacere con un dito. “Quindi tu e indiano super sexy frequentate la stessa università.”
“Sai, credo che il suo nome sia Embry, anche se indiano super sexy in effetti...”
“Oh mio dio, ti piace.”
Angela alza gli occhi al cielo, scende dalle scale e si avvicina a un barilotto di birra riempiendo  un bicchiere.
“Angie, non….”
“Jes, è decisamente fuori dalla mia portata, ok? Discorso chiuso.”
Questa volta è Jessica ad alzare gli occhi al cielo prima di aprire la borsetta ed estrarne un rossetto rosso. “Cavolo Angie, sei single, bella, intelligente molto più intelligente di me e soprattutto sei circondata dall’alcol.”
Angela annuisce poco convinta, non è certa di dove l’amica voglia andare a parare ma butta giù l’ennesimo bicchiere di birra mentre Jessica le sistema il rossetto, l’ascolta ma non so sa se riuscirà mai a farlo, a non essere lei per una sera, a divertirsi davvero. Ancora un bicchiere per convincersi di essere abbastanza coraggiosa e un sorso di vodka per decidersi a camminare mentre Jessica alza in aria il pollice.
Solo che i passi diventano un po’ troppi, Angela raggiunge il tavolo dove Embry è seduto e continua a camminare  prima di sentire la sua voce. “Angela Weber ad una festa al Theo.”
Angela allora si ferma, si volta e lo guarda: si è alzato in piedi, i capelli leggermente lunghi che gli ricadono sul viso, le braccia incrociate al petto e un sorrisetto ironico sul volto.
“Come scusa?” Chiede stupita.
“In due anni che sono qua, questa è la prima volta che ti incontro ad una festa.”
“Si vede che non hai mai guardato bene.”
“Mi spiace contraddirti ma io sono un grande osservatore e sai, c’è un prezzo da pagare la prima volta.”
“Un prezzo?” Continua ad osservarlo, stavolta il sorriso sul suo volto si fa più ampio e con la mano destra indica il tavolo dove poco prima era seduto.
“Sai giocare a poker?”
La sua domanda quasi ironica fa scattare qualcosa dentro di lei e in fondo sì, Angela Weber la figlia del pastore sa giocare a poker. “Certo, che so giocare a Poker, Embry Call.”
“Allora accomodati.” Sorride ancora mentre Angela si siede sulla sedia, lui la imita,  si sposta i capelli da davanti al viso e sogghigna guardandola. “Dimenticavo, ogni volta che si perde una mano un indumento vola via.” 
Angela sgrana gli occhi, deglutisce e stringe più forte le dita intorno al bicchiere. Sta per giocare a Strip Poker e non ha nessuna intenzione di tirarsi indietro.

Angela sapeva di essere brava a giocare a carte, solo non sapeva di esserlo così tanto. Manda giù uno shot di vodka mentre Embry poggia sul tavolo la cintura dei pantaloni. Si mordicchia l’interno della guancia e si concentra sulle carte, anche se alzare lo sguardo è l’unica cosa che vorrebbe da quando lui ha perso la terza mano ed ha dovuto levarsi la maglietta ma è certa che, se iniziasse a guardarlo, non riuscirebbe più a smettere. Ma c’è qualcosa in lui che riesce ad identificare solo come magnetico e così cede alla tentazione, alza il viso e i suoi occhi trovano il corpo di lui. Ed è esattamente il tipo di corpo che ogni donna sogna di trovarsi davanti o ancora meglio stringere la notte. La pelle bruna, i muscoli sodi delle braccia, le spalle ampie, gli addominali così perfetti da sembrare disegnati, la vita leggermente più stretta e le fosse iliache seminascoste dai jeans a vita bassa. Immagina quella pelle bruna calda sotto le sue dita, si da della cretina almeno mille volte e sicuramente arrossirebbe se non avesse davanti un altro shot di vodka da buttare giù. Magnetico,  ancora una volta è l’unica parola che le viene in mente per descriverlo. Non solo il suo corpo, anche i suoi occhi lo sono. Scuri, luminosi e forse in questo momento divertititi mentre la osserva e posa sul tavolo una mano vincente.
“Direi che il tuo vestito oramai è di troppo.”
Magnetica, anche la sua voce lo è mentre senza troppi giri di parole le suggerisce di spogliarsi. L’Angela di due giorni prima sarebbe scappata a gambe levate ma ora è tutto diverso o forse è solo ubriaca. Si alza in piedi e afferra il bordo del vestito, lo guarda negli occhi quasi come stesse cercando di sfidarlo e sorride mentre il vestito sale e le mani di lui la bloccano. Si è fatto vicino, troppo, e non si sbagliava, il suo corpo è davvero caldo. Sente il suo polso bruciare dove lui la sta stringendo, la testa di Embry si inclina e le sue labbra le sfiorano l’orecchio. “Non qui, però.”
Angela lascia ricadere le mani lungo i fianchi, lo guarda e lui sospira passandosi una mano fra i capelli.
“Signori, la partita è finita.” Basta un suo cenno della testa, la gente intorno al tavolo si disperde, lui rinfila la maglietta con grande disappunto di Angela e poi si volta a guardarla, a lungo;  così a lungo che Angela sente quasi il respiro spezzarsi, prima che lui le afferri la mano ed inizi a camminare trascinandosela dietro.

C’è troppa luce che colpisce il viso di Angela; strano, non ricorda che siano già venuti ad aggiustarle la tapparella rotta. Allunga una mano e poi l’altra sbadigliando per rimpiangere subito dopo quel movimento brusco. Non c’è un singolo muscolo del corpo che non le faccia male. Scuote la testa e apre gli occhi, schermandosi con una mano da quella luce così fastidiosa.
“Oh, mio Dio.”
Si mette seduta con il cuore che inizia a battere più veloce, il respiro che si spezza per il panico, la testa che pulsa e lo stomaco che si contorce.
Non ci vuole credere ma tutto ora ha una spiegazione. Una spiegazione decisamente assurda: la testa le sta scoppiando per il troppo bere della sera prima e quel dolore ai muscoli è perché ha dormito sul pavimento.
“Oh mio dio.” Un respiro vicino al suo corpo. “Ti prego, dimmi che non è vero. Dimmi che non è vero.”
Angela richiude gli occhi, volta la testa e li riapre lentamente; e ora avrebbe solo voglia di urlare anche se lei è sempre stata quella calma e razionale. Ma cosa c’è di razionale nel risvegliarsi su un tappeto, con i postumi di una sbronza e un ragazzo che dorme mezzo nudo accanto a te?
Angela si porta le mani alla bocca e osserva la schiena dello sconosciuto. Enorme. Se non avesse così tante domande che le frullano per la testa andrebbe in panico ma lo sconosciuto si muove nel sonno e ora riesce a vederlo in viso.
“No, no, no. Non è possibile.”
Embry dorme ancora, le labbra leggermente dischiuse e i capelli neri spettinati che li ricadono sulla fronte. Lei lo guarda e frammenti della sera prima le tornano alla mente. “Jessica, stavolta ti ammazzo.”
Ha parlato ad alta voce, forse troppo, Embry apre gli occhi e la fissa. “Ehi.”
Cosa si dice il mattino dopo una serata del genere? “Ehi.” Angela modula la voce adattandosi a quella di lui, vorrebbe avere più esperienze in questo campo o forse no. Ricorda di aver sperato di essere un po’ più come Jessica la notte scorse ma non..
“Stai bene?” Ha la voce un po’ arrochita dal sonno e Angela scuote la testa.
“Io… sì, sto bene.”
Si alza in piedi e lui la imita. Sbadiglia e Angela osserva i muscoli del braccio distogliendo subito gli occhi.
“Senti, ieri sera…” la voce di Embry ora sembra diversa, tesa. Angela torna a guardarlo: con una mano si sistema il ciuffo di capelli spostandolo dagli occhi, aggiusta i jeans che nella notte erano scivolati in basso scoprendo le fosse iliache e poi si volta a guardarla, un solo breve istante prima di chinarsi a raccogliere la sua maglietta per terra. Il suo imbarazzo è evidente. Strano, Angela non ha mai pensato che uno come lui sappia anche lontanamente cosa sia l’imbarazzo.
“Io credo fossi ubriaca ieri sera,” dice lei mordendosi un’unghia.
“Lo eri parecchio.” È tornato a guardarla e l’imbarazzo sembra essere scivolato via come la maglietta che ha rimesso addosso.
“Dobbiamo cioè … parlare?” chiede ancora, anche se sa che è una cosa stupida da dire.
“Tranquilla, non c'è molto di cui parlare.”  Stavolta non riesce a capire il tono della voce di Embry ma vorrebbe che il suo non apparisse così deluso.
“Nel senso che te ne vuoi dimenticare?”
“No... ricordo qualcosa...”
“Qualcosa è già di più di quello che ricordo io.” Non sa come sia possibile ma riesce ad accennare un sorriso mentre lui fa qualche passo verso di lei.
“Davvero non ricordi proprio niente?” Chiede lui facendosi più vicino.
Boccali di birra, musica da discoteca, Jessica che le dice di vivere, lei che cammina verso di lui, le carte in mano, quella stanza, la luce bassa, il colore del suo corpo, le sue labbra. Angela scuote la testa e lui è così vicino che lei riesce a sentirne il profumo. Quel profumo che sa anche un po’ di lei.
Embry abbassa la testa e le sue labbra le sfiorano il collo. “È un vero peccato perché penso di averti baciato.”
Angela chiude gli occhi e stringe le mani ai capelli di lui mentre le labbra di Embry si spostano dal collo al mento e poi più su. C’è il respiro che diventa sempre più irregolare mentre si confonde con quello di lui in un bacio lento e caldo come il suo corpo. Quando riaprono gli occhi lui sta sorridendo. “Spero che questo invece lo ricorderai.”

 

 

Angolo autrice.

Chi non muore si rivede, stavolta è proprio il caso di dirlo. Non ricordo neanche più da quanto tempo non pubblicavo qualcosa qua sopra. Ma ora siamo sotto le feste e quale modo migliore (spero) per augurarvi uno splendido 2014. Spero che il vostro inizio d’anno sia esplosivo e che alle vostre feste del 31 troviate anche voi tanti indiani super sexy da baciare sotto il vischio.

La nascita di questa storia è tutta colpa di Elletra89 e del suo contest University – Challenge
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10705086/University-challenge/discussione.aspx
la storia si è classificata prima e devo davvero ringraziere il giudice per il giudizio preciso e praticamente immediato e soprattutto per avermi ispirato una nuova storia.
E visto che Embry Call crea dipendenza vi consiglio questa altra storia: Diottrie.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2352410&i=1.
Alla prossima storia.
Con affetto
Noemi

   
 
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