Buon Compleanno, Arianna.
Penso
di averti baciato… ma l’ho
dimenticato!
“I’m
pretty sure it ruled
Last Friday night
Yeah we danced on
table tops
And we took too many
shots
Think we kissed but I forgot.”
(Friday night- K. Perry)
“Quante
possibilità ha di durare una storia
d’amore?” Angela stringe la matita fra le
dita fin quasi a sentire male. “E se riduciamo di
più il campo? Diciamo: quante
possibilità ha di durare una storia d’amore a
distanza?” Poggia la matita sul
tavolo e preme i polpastrelli sulle tempie infine, con un gesto secco,
cancella
un numero dal foglio bianco sulla scrivania. “Te lo dico io
quante: una su
duecento, praticamente…”
“Angela!”
“… nulle.
Nessuna…”
“Angela!”
“…possibilità.”
Un sospiro e un rumore di carta che si strappa. Angela tira su con il
naso e il
foglio di carta appallottolato colpisce il bordo del cestino della
spazzatura
finendo poi sul pavimento. Si alza in piedi e afferra il quaderno,
cercando di
strappare un altro foglio, ma due mani piccole la bloccano rimettendola
seduta.
“Smettila. Ti
stai torturando inutilmente.”
La ragazza chiude
gli occhi, fa un paio di respiri profondi e quando li riapre il volto
della sua
amica è ancora lì, ad un centimetro dal suo e la
guarda severamente.
“Stavo solo
studiando statistica, Jessica.”
“Oh ma per
favore, ti conosco dall’asilo, Angie e inoltre Ben
è un idiota; andrà anche a un'
università della Ivy Legue ma sei sempre stata troppo per
lui. Te la dico io
qual è la vera statistica: sai quanti ragazzi ci sono in un
campus? Decisamente
tanti. E sai con quanti ti puoi divertire? Praticamente
tutti.”
Jessica ora
sorride, allunga una mano verso l’amica e le leva gli
occhiali da vista, poggiandoli
sulla scrivania, fa un paio di passi girandole intorno, le scioglie i
capelli e
poi torna ad appoggiarsi alle sue spalle. Lo specchio riflette la loro
immagine: una ragazza bionda e una mora, gli occhi leggermente arrosati
di una
delle due. Un altro sorriso. “E inoltre, io non sono venuta a
trovarti per
lasciarti deprimere in camera. Stasera si esce, ci sarà
qualche festa in giro,
no?”
Lo
stato di
Washintgon non è mai stato un paradiso climatico e, anche se
Seattle non è
Forks, il freddo a febbraio si fa ancora sentire. Angela rabbrividisce
dentro
la sua giacca di pelle troppo leggera e cerca di abbassare
l’orlo del vestito
rosso, prima di ricevere una sberla sulla mano da parte di Jessica.
“È troppo corto,
Jes.” Si lamenta la giovane.
“È perfetto
invece. Smettila di fare la puritana, tuo padre non ti vedrà
mai.”
Angela sbuffa e
lancia un’occhiataccia all’amica. Essere la figlia
del pastore, nel piccolo
paese dove è nata e cresciuta, era stato come avere un
cartello luminoso con la
scritta brava ragazza che campeggiava sulla sua
testa. Ma poi si è
ritrovata al college, ed è lì che ha capito che,
in fondo, lei era davvero
quello che aveva negato di essere per tutti gli anni del liceo. Non le
piace
bere più di un paio di birre, preferisce il cinema alle
feste selvagge e ha
ancora lo stesso ragazzo delle superiori, o almeno lo aveva fino a due
giorni
prima. Angela volta appena la testa e osserva il profilo di Jessica.
Cammina
sicura per le strade di un campus che non conosce, un vestito blu e una
giacca
nera a manica corta, i capelli diventati più biondi da
quando abita a Los
Angeles ed è allora che decide che, per una sera,
può essere più simile a lei,
o almeno può provarci. Sorride a sé stessa e
accelera il passo prendendo
l’amica a braccetto. Jessica si volta a guardarla e le
dà una piccola spinta
con l’anca. “Sei pronta a divertirti?”
Angela respira e
infine annuisce. “Mai stata così
pronta.” Scoppiano entrambe a
ridere mentre mettono piede sul portico del Theodore
Jacobsen
Observatory.
La musica
assordante le colpisce mentre un ragazzo, appoggiato alla porta,
allunga loro
due bicchieri per poi cimentarsi in un inchino. “Benvenuti al
Theo, signore. Io
sono Charlie, la vostra guida per la serata.”
Angela afferra il
bicchiere, ne butta giù il contenuto in un sorso solo e
aggrotta un
sopracciglio. “Il Theo?”
Charlie sorride
divertito. “È il soprannome che abbiamo dato a
questo palazzo. Sapete, è un
pezzo da museo con un storia…” Angela scuote la
testa e blocca il ragazzo con
un cenno della mano. “Che conosco già. Studio qui
da quattro anni.”
“Io invece studio
alla UCLA, quindi perché non mi racconti tutto?”
Jessica sorride spostando i
capelli e lasciando così scoperto il collo. Si volta verso
l’amica e le fa
l’occhiolino prima di mimarle con le
labbra un devi divertirti. Torna a
guardare Charlie, gli afferra
il braccio e dopo pochi secondi vengono risucchiati dalla folla
sparendo dalla
sua vista.
Angela entra
dentro la sala gremita di gente e si guarda intorno. Ragazzi che
ballano su
tavoli dall’aspetto decisamente troppo antico per essere
usati come cubi,
qualche coppia che si bacia appoggiata al muro, barilotti di birra, un
tavolo
da ping pong proprio al centro della sala. Si ferma
ed osserva per
alcuni minuti i ragazzi che cercano di far rimbalzare le palline nel
bicchiere
dell’avversario; dopo un paio di tiri sono già
completamente sbronzi, scuote la
testa e saluta un paio di compagni di corso ritrovandosi
così fra le mani un
altro cocktail. La musica cambia e stavolta è una canzone
rock a pompare dalle
casse.
“Allora, hai
trovato qualcuno di carino?” La voce di Jessica alle sue
spalle.
“Non eri con
Charlie?”
“Non chiedere se
non vuoi sapere la risposta, tesoro.”
“Jessica, sei…”
“La tua migliore
amica e sapevo che, se ti avessi lasciata da sola, ti avrei trovato in
qualche angolo mentre mi era sembrato di aver detto
che devi
divertirti.” Jessica afferra una bottiglia di birra con una
mano, il gomito di
Angela con l’altro e la trascina fino a raggiungere una
scalinata. Sale un paio
di gradini. “Da qui la visuale è decisamente
migliore. E quello chi è?” La voce
di Jessica si fa stridula, Angela la raggiunge e segue con lo sguardo
la
direzione del dito di Jessica, fino ad incontrare una schiena ampia e
muscolosa
messa in risalto da un maglietta nera. Angela sospira e Jessica si
volta a
guardarlo. “Non dirmi che lo conosci.”
“Lo conosci anche
tu, Jess.”
Gli occhi di
Jessica rimangono incollati a quella schiena.
“Fidati, mi ricorderei
di uno così. Porca miseria, riesci a immaginare il
resto?”
“Jessica…” Ma
ormai è troppo tardi, determinata, sfrontata e sicura,
Jessica lo è sempre
stata e il tempo e la vita in una grande città sembrano solo
aver accentuato
quelle sue caratteristiche. Angela si appoggia alla balaustra e osserva
l’amica
avvicinarsi, la osserva posare la mano sulla spalla del ragazzo
e… volta lo
sguardo. Non sa perché lo fa ma si siede sulle scale e
chiude gli occhi.
Vorrebbe sentire davvero la mancanza di Ben, ma la verità e
che si sente solo
frustrata per il fallimento e probabilmente quella festa non
è stata una buona
idea.
“Dannazione,
Angie.” Riapre gli occhi e incontra le
gambe magre di Jessica. “Da
quando il ragazzino indiano è diventato così
figo?”
Angela trattiene
a stento una risata, scuote la testa e guarda l’amica.
“Credo da parecchio,
Jes. Ricordi la nostra festa del diploma?”
“Perché, c’era
anche lui?” Jessica sgrana gli occhi e Angela scuote la testa.
“Per poco, aveva
accompagnato Jacob. Ricordi Bella, la nostra compagna Bella
e…”
“Angie, stai
divagando.”
“No che non sto
divagando.”
Jessica sbuffa e
le fa cenno di tacere con un dito. “Quindi tu e indiano super
sexy frequentate
la stessa università.”
“Sai, credo che
il suo nome sia Embry, anche se indiano super sexy in
effetti...”
“Oh mio dio, ti
piace.”
Angela alza gli
occhi al cielo, scende dalle scale e si avvicina a un barilotto di
birra
riempiendo un
bicchiere.
“Angie, non….”
“Jes, è
decisamente fuori dalla mia portata, ok? Discorso chiuso.”
Questa volta è
Jessica ad alzare gli occhi al cielo prima di aprire la borsetta ed
estrarne un
rossetto rosso. “Cavolo Angie, sei single, bella,
intelligente molto più
intelligente di me e soprattutto sei circondata
dall’alcol.”
Angela annuisce
poco convinta, non è certa di dove l’amica voglia
andare a parare ma butta giù
l’ennesimo bicchiere di birra mentre Jessica le sistema il
rossetto, l’ascolta
ma non so sa se riuscirà mai a farlo, a non essere lei per
una sera, a
divertirsi davvero. Ancora un bicchiere per convincersi di essere
abbastanza
coraggiosa e un sorso di vodka per decidersi a camminare mentre Jessica
alza in
aria il pollice.
Solo che i passi
diventano un po’ troppi, Angela raggiunge il tavolo dove
Embry è seduto e
continua a camminare prima di sentire la sua voce.
“Angela Weber ad
una festa al Theo.”
Angela allora si
ferma, si volta e lo guarda: si è alzato in piedi, i capelli
leggermente lunghi
che gli ricadono sul viso, le braccia incrociate al petto e un
sorrisetto
ironico sul volto.
“Come scusa?”
Chiede stupita.
“In due anni che
sono qua, questa è la prima volta che ti incontro ad una
festa.”
“Si vede che non
hai mai guardato bene.”
“Mi spiace
contraddirti ma io sono un grande osservatore e sai,
c’è un prezzo da pagare la
prima volta.”
“Un prezzo?”
Continua ad osservarlo, stavolta il sorriso sul suo volto si fa
più ampio e con
la mano destra indica il tavolo dove poco prima era seduto.
“Sai giocare a
poker?”
La sua domanda
quasi ironica fa scattare qualcosa dentro di lei e in fondo
sì, Angela Weber la
figlia del pastore sa giocare a poker. “Certo, che so giocare
a Poker, Embry Call.”
“Allora
accomodati.” Sorride ancora mentre Angela si siede sulla
sedia, lui la
imita, si sposta i capelli da davanti al viso e
sogghigna
guardandola. “Dimenticavo, ogni volta che si perde una mano
un indumento vola via.”
Angela sgrana gli
occhi, deglutisce e
stringe più forte le dita
intorno al bicchiere. Sta per giocare a Strip Poker e non ha nessuna
intenzione
di tirarsi indietro.
Angela
sapeva di
essere brava a giocare a carte, solo non sapeva di esserlo
così tanto. Manda
giù uno shot di vodka mentre Embry poggia sul tavolo la
cintura dei pantaloni.
Si mordicchia l’interno della guancia e si concentra sulle
carte, anche
se alzare lo sguardo è l’unica cosa che
vorrebbe da quando lui ha perso la
terza mano ed ha dovuto levarsi la maglietta ma è certa che,
se iniziasse a
guardarlo, non riuscirebbe più a smettere. Ma
c’è qualcosa in lui che
riesce ad identificare solo come magnetico e
così
cede alla tentazione, alza il viso e i suoi occhi trovano il corpo di
lui. Ed è
esattamente il tipo di corpo che ogni donna sogna di trovarsi davanti o
ancora
meglio stringere la notte. La pelle bruna, i muscoli sodi delle
braccia, le
spalle ampie, gli addominali così perfetti da sembrare
disegnati, la vita
leggermente più stretta e le fosse iliache seminascoste dai
jeans a vita bassa.
Immagina quella pelle bruna calda sotto le sue dita, si da della
cretina almeno
mille volte e sicuramente arrossirebbe se non avesse davanti un altro
shot di
vodka da buttare giù. Magnetico,
ancora una volta è l’unica parola che
le viene in mente per descriverlo.
Non solo il suo corpo, anche i suoi occhi lo sono.
Scuri, luminosi e forse in questo momento divertititi mentre la osserva
e posa
sul tavolo una mano vincente.
“Direi che il tuo
vestito oramai è di troppo.”
Magnetica, anche
la sua voce lo è mentre senza troppi giri di parole le
suggerisce di
spogliarsi. L’Angela di due giorni prima sarebbe scappata a
gambe levate ma ora
è tutto diverso o forse è solo ubriaca. Si alza
in piedi e afferra il bordo del
vestito, lo guarda negli occhi quasi come stesse cercando di sfidarlo e
sorride
mentre il vestito sale e le mani di lui la bloccano. Si è
fatto vicino, troppo,
e non si sbagliava, il suo corpo è davvero caldo. Sente il
suo polso bruciare
dove lui la sta stringendo, la testa di Embry si inclina e le sue
labbra le
sfiorano l’orecchio. “Non qui,
però.”
Angela lascia
ricadere le mani lungo i fianchi, lo guarda e lui sospira passandosi
una mano
fra i capelli.
“Signori, la
partita è finita.” Basta un suo cenno della testa,
la gente intorno al tavolo
si disperde, lui rinfila la maglietta con grande disappunto di Angela e
poi si
volta a guardarla, a lungo; così a lungo
che Angela sente quasi il
respiro spezzarsi, prima che lui le afferri la mano ed inizi a
camminare
trascinandosela dietro.
C’è
troppa luce che colpisce il viso di Angela; strano, non
ricorda che siano già venuti ad aggiustarle la tapparella
rotta. Allunga una
mano e poi l’altra sbadigliando per rimpiangere subito dopo
quel movimento
brusco. Non c’è un singolo muscolo del corpo che
non le faccia male. Scuote la
testa e apre gli occhi, schermandosi con una mano da quella luce
così
fastidiosa.
“Oh, mio Dio.”
Si mette seduta
con il cuore che inizia a battere più veloce, il respiro che
si spezza per il
panico, la testa che pulsa e lo stomaco che si contorce.
Non ci vuole
credere ma tutto ora ha una spiegazione. Una spiegazione
decisamente
assurda: la testa le sta scoppiando per il troppo bere della sera prima
e quel
dolore ai muscoli è perché ha dormito sul
pavimento.
“Oh mio
dio.” Un respiro vicino al suo corpo.
“Ti prego, dimmi che non è
vero. Dimmi che non è vero.”
Angela richiude
gli occhi, volta la testa e li riapre lentamente; e ora avrebbe solo
voglia di
urlare anche se lei è sempre stata quella calma e razionale.
Ma cosa c’è di
razionale nel risvegliarsi su un tappeto, con i postumi
di una sbronza e un ragazzo che dorme mezzo nudo accanto a
te?
Angela si porta
le mani alla bocca e osserva la schiena dello sconosciuto. Enorme. Se
non
avesse così tante domande che le frullano per la testa
andrebbe in panico ma lo
sconosciuto si muove nel sonno e ora riesce a vederlo in viso.
“No, no, no. Non
è possibile.”
Embry dorme
ancora, le labbra leggermente dischiuse e i capelli neri spettinati che
li
ricadono sulla fronte. Lei lo guarda e frammenti della sera prima le
tornano
alla mente. “Jessica, stavolta ti ammazzo.”
Ha parlato ad
alta voce, forse troppo, Embry apre gli occhi e la fissa.
“Ehi.”
Cosa si dice il
mattino dopo una serata del genere? “Ehi.” Angela
modula la voce adattandosi a
quella di lui, vorrebbe avere più esperienze in questo campo
o forse no.
Ricorda di aver sperato di essere un po’ più come
Jessica la notte scorse ma
non..
“Stai bene?” Ha
la voce un po’ arrochita dal sonno e Angela scuote la testa.
“Io… sì, sto
bene.”
Si alza in piedi
e lui la imita. Sbadiglia e Angela osserva i muscoli del braccio
distogliendo
subito gli occhi.
“Senti, ieri
sera…” la voce di Embry ora sembra diversa, tesa.
Angela torna a guardarlo: con
una mano si sistema il ciuffo di capelli spostandolo dagli occhi,
aggiusta i
jeans che nella notte erano scivolati in basso scoprendo le fosse
iliache e poi
si volta a guardarla, un solo breve istante prima di chinarsi a
raccogliere la sua
maglietta per terra. Il suo imbarazzo è evidente. Strano,
Angela non ha mai pensato
che uno come lui sappia anche lontanamente cosa sia
l’imbarazzo.
“Io credo fossi
ubriaca ieri sera,” dice lei mordendosi un’unghia.
“Lo eri
parecchio.” È tornato a guardarla e
l’imbarazzo sembra essere scivolato via
come la maglietta che ha rimesso addosso.
“Dobbiamo cioè …
parlare?” chiede ancora, anche se sa che
è una cosa stupida da dire.
“Tranquilla, non
c'è molto di cui parlare.” Stavolta non
riesce a capire il tono
della voce di Embry ma vorrebbe che il suo non apparisse
così deluso.
“Nel senso che te
ne vuoi dimenticare?”
“No... ricordo
qualcosa...”
“Qualcosa è già
di più di quello che ricordo io.” Non sa come sia
possibile ma riesce ad
accennare un sorriso mentre lui fa qualche passo verso di lei.
“Davvero non
ricordi proprio niente?” Chiede lui facendosi più
vicino.
Boccali di birra,
musica da discoteca, Jessica che le dice di vivere, lei che cammina
verso di
lui, le carte in mano, quella stanza, la luce bassa, il colore del suo
corpo,
le sue labbra. Angela scuote la testa e lui è
così vicino che lei riesce a
sentirne il profumo. Quel profumo che sa anche un po’ di lei.
Embry abbassa la
testa e le sue labbra le sfiorano il collo. “È un
vero peccato perché penso di
averti baciato.”
Angela chiude gli
occhi e stringe le mani ai capelli di lui mentre le labbra di Embry si
spostano
dal collo al mento e poi più su. C’è il
respiro che diventa sempre più
irregolare mentre si confonde con quello di lui in un bacio lento e
caldo come
il suo corpo. Quando riaprono gli occhi lui sta sorridendo.
“Spero che questo
invece lo ricorderai.”
Angolo
autrice.
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10705086/University-challenge/discussione.aspx
la storia si è
classificata prima e devo davvero ringraziere il giudice per il
giudizio
preciso e praticamente immediato e soprattutto per avermi ispirato una
nuova
storia.
E visto che Embry Call
crea dipendenza vi consiglio questa altra storia: Diottrie.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2352410&i=1.
Alla prossima storia.
Con affetto
Noemi