Anime & Manga > K-ON
Ricorda la storia  |      
Autore: Shirokuro    29/12/2013    1 recensioni
{ accenni yui/azusa | accenni tsumugi/mio | mio/azusa onesided | one-shot di 4390 parole circa (what is that face?) | malinconico | angst | what if? | merry christmas and happy new year ♥ }
Mio riprese la ciotola di macedonia per rimescolarla a dovere. Anche se non lo mostrava era nervosa e i semplici gesti del cucchiaio di legno le parevano complessi e troppo elaborati – forse era colpa anche delle mani tremanti e sudaticce. Non l'avrebbe detto tempo prima, si meravigliava, ma in quegli istanti non desiderava altro che le sue amiche non venissero, rendendo futile il suo lavoro.
Tsumugi si accorse dell'atteggiamento impacciato di Mio e rise tenendo il coltello da frutta con la mano. Era sempre così: loro si comportavano in maniera stupida o insensata e lei rideva dall'esterno. Si sentiva spesso una spettatrice che di rado interragiva colle attrici e la situazione non le spiaceva, in effetti era anche per sorridere di cuore che si era iscritta al club di musica leggera. Si avvicinò alla manager e le requisì il contenitore in porcellana: «Ora ti bevi una buona camomilla, ok Mio?».
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Mio Akiyama, Tsumugi Kotobuki, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
OK. Una certa persona dovrebbe rimangiarsi quel che ha detto, ovvero che non era questo il progetto dal quale lavoro dal tre di Ottobre ed altre cazzate. PIU' DI 4000 (o 4ooo secondo mio padre) PAROLE SAREBBERO USCITE COSI' DAL NULLA? POI SU K-ON!, ANDIAMO. Bene, dopo aver ammunito chi non ci credeva - comunque tiè tesora -, direi di poter sproloquiare a modo mio. Prima di a pubblicarla il primo dell'anno non ce la facevo, avevo letteralmente paura di non riuscirci. Quindi ho pensato che visto che avevo finito avrei potuto postarla subito e credo sia meglio così anche perché la data di scadenza l'ho rispettata e mi basta, anzi.
A Settembre mi sono depressa leggendo che nessuno postava da Giugno, questa sezione la volevo rianimare e poi è da troppo che non ci scrivo, soprattutto su Mio che penso sia risaputo sia la mia ammmhorevole timidona/fifona/yandere/cucciola/bassista preferita. E poi suona il basso dico io IL BASSO. Che poi Elizabeth è un nome cretino ma vabbeh. ALLORA. So che nessuno avrà aperto la pagina, 4388 parole non sono poche ed ammetto sia molto pesante da leggere così lunga. Non ne faccio una colpa a nessuno, ma una recensione - positiva o meno che sia - se arrivate a fondo mi farebbe molto piacere, anche perché siamo pochini per essere in una sezione EFP aperta. Un altro avviso è che quasi sicuramente ci saranno due o più errori nonostante abbia ricontrollato, ma sempre per la questione delle tante parole potrei non aver corretto a dovere. 
La storia si ambienta dopo il liceo e non si inserisce bene nella trama. Sarebbe quasi da "What if...?", ma non lo inserisco perché non ho cambiato nulla nella storia originale - spero, che poi magari il dettaglio non lo considero troppo e bho sono un'imbranata.¹ Yui ed Azusa (vedrete poi) non vivono assieme, quindi non fatevi idee strane. Iddio, sono il mio OTP dopo Mio e Tsumugi (no comment, plz) ma proprio non le vado a convivere visto che Azusa darebbe di matto immediatamente.
Riguardo all'IC direi che potrei giustificarmi se lo trovate alterato perché lo è terribilmente, ma perché hanno quasi tutte ventiquattr'anni e il carattere di quando avevano l'età liceale mi avrebbe seriamente fatto piangere ;;;;;; come se già non stessi sclerando troppo.
Non ho seguito una trama coerente, penso, mi sono ispirata a varie canzoni. Principalmente la cover di Thymeka di "Star Song/Story" (per la fine lol) originale di Miku Hatsune e "Mi tengo" di Laura Pausini (ma va'?) più quelle che capitavano nella playlist. E bhe.
Infine spero che la fan fiction vi sia gradita e buone feste a tutte.
¹Finalmente ho trovato un streaming decente del film di K-On!. Oltre al fatto che è bellissimo, evince chiaramente che le ragazze continueranno il percorso insieme, quindi sì: è un what if? e bello abbondante. Quindi la domanda da porsi è “E se le ragazze non avessero scelto la stessa Università?”. Detto questo chiedo scusa!  
Sotto le stelle e sopra ogni dolore, c'è chi ci ama davvero
Mio amava l'idea di essere indispensabile per qualcuno, voleva essere una brava sorella maggiore perché ricordava, in quei attimi che passava davanti a vetrine illuminate da neon accecanti e brillanti finti che fungevano da decorazione, il sorriso di Azusa quando la invitò per Natale a casa. Assieme a tutto quello che era il club al tempo ed Ui, ma lei era così felice; nulla ovviamente da togliere a Yui che le aveva gridato nell'orecchio al telefono con lo sfondo adornato da suppliche di calmarsi della sorella in visita o a Mugi che le era parsa addirittura incredula. Ma Ritsu era stata la sua preferita: si era messa ad elencare le altre persone da invitare e le porzioni di cibo da servire. 
Mai come in quel momento pensava che sarebbe stato bello essere qualcuno d'importante e indispensabile per quel qualcuno. Sorrise mentre si immergeva nella calda sciarpa a scacchi ed entrava in un negozio d'abbigliamento; stava cercando qualcosa di adatto per le sue ex compagne di scuola ed – sempre che le venisse concesso definirla così – avventura.
Ora che però era lì, in quel locale pieno di vestiti e accessori per tutti i gusti, realizzava che dopo più di quattro anni, i gusti delle donne dovevano essere profondamente cambiati. D'altronde anche lei aveva subito un cambiamento radicale divenendo manager d'un gruppo j-pop, levigando la sua personalità per riuscire a stare al passo con la musica e i suoi musicisti – escludendo la paura per quasi tutto quello che la circondava, quella era rimasta integralmente. S'irrigidì pensando che poteva essere stata l'unica a cambiare come poteva essere quella meno cambiata: cosa scegliere?
Girando con lo sguardo gli scaffali, visibilmente in agitazione, adocchiò qualche maglione che dedusse non potessero non piacere: erano rossi, sopra c'era scritto con un bellissimo carattere corsivo “Music in friendship” bianco – per un attimo rise data la scorrettezza della frase – e c'erano quattro varianti per le maniche. Si disse che era perfetto, visto che così aveva preso tutti i regali in una sola volta – cosa che gli parve miracolosa d'altra parte, ricordandosi le preoccupazioni iniziali di soli pochi secondi prima.
La successiva tappa era la pasticceria. Ricordava chiaramente che Ritsu aveva detto «E poi una torta! Scommetto che Yui ci rimarrebbe male se non ce ne fosse una di minimo tre piani, riempita con tanta – troppa – cioccolata e ricoperta di glassa alla fragola!» Trovare qualcosa di simile era impossibile, almeno difficile, ma andarci relativamente vicino era possibile. Assicurata la busta di carta gialla e rossa ad un braccio e la borsa sull'altra spalla, si diresse verso casa – sulla via di ritorno c’era la sua pasticceria preferita e di cui si fidava ciecamente.
Mentre camminava quietemente tra le strade giapponesi sorrideva estasiata accorgendosi di come l'aria era leggera e il fresco si sentiva ammalapena in quell'atmosfera pregna di calore. Sorrise facendo scivolare la busta in un pugno intenerito e immaginandosi una bellissima scena con tanto di Ui sorridente e quiete, intenta ad osservare un bernoccolo in bella vista sulla testa dell'amica d'infanzia Ritsu che nel mentre se lo massaggiava. Portò i quattro maglioni al petto e strinse il tutto sperando che quell'incontro andasse bene.

«Ragazze?» Azusa richiamò l'attenzione delle altre, timorosa, stringendo il cono gelato fino a creparlo leggermente ove si trovava il pollice – ed intanto lo stesso latte trattato scivolava per la lunghezza del wafer –; Mio e Ritsu furono le prime a voltarsi, mentre a ruota Tsumugi voltò leggermente il capo socchiudendo la bocca, l'ultima fu Yui che, con il cono ormai divorato – se ben li aveva contati, era il terzo gelato – in bocca, aggrottò le sopracciglia avvicinandosi anche se di poco. Su tutti i loro giovani visi veniva riflessa la luce del caldo Sole estivo, oltre che una curiosità matta. Un po' per volta si voltarono del tutto e solo quando i sguardi stupiti furono interamente dedicati a lei, decise di parlare.
«Oggi siamo uscite tutte assieme. Ma domani io devo stare con gli altri membri del mio vecchio club – non voi. E dopodomani Tsumugi e Ui hanno gli esami d'ammissione all'Università, mentre Mio la prossima settimana deve rimettersi a studiare e Ritsu ha il camp Venerdì. Inoltre Yui ha una sessione tra un paio d'ore» disse abbassando lo sguardo. Le altre si guardarono confuse, non capivano bene cosa intendesse dire o perché stesse dicendo quel che. La mora maggiore si avvicinò alla più piccola, nell'intento di spronarla – con risultati ottimi ed immediati, ci sarebbe da aggiungere.
«Quello che... quello che sto cercando di dire è che tra poco tutte noi avremo impegni, hobby, lavori e orari totalmente diversi!» Cercò di spiegare, senza successo. «Come dire... andremo in classi diverse in scuole diverse in mondi diversi. Non potremo più vederci come prima» concluse. Sospirò, come chiaro segno che avrebbe messo in fila altre due parole ma non per ribadire il concetto.
Tsumugi lasciò cadere il gelato per errore, ma la cosa non toccò le tre restanti che avevano perso ogni espressione, realizzando che quella sarebbe stata l'ultima uscita assieme, quell'estate dopo il diploma di Azusa.


Sorridendo malinconica, rallentò moderatamente il passo, sempre più fino a fermarsi. Voltando lo sguardo vide l'insegna che recitava DokiDoki, ovvero il nome della pasticceria che stava cercando. Si fece qualche scrupolo ad entrare: cosa poteva dire? «Di grazia, una mega-torta al cioccolata ricoperta di glassa alla fragola con tanto di zuccherini color arcobaleno?» Fece, mimando una possibile riverenza – poi avvampando s'accertò che nessuno l'avesse notata, ricordandosi di trovarsi per strada, inoltre aveva ventiquattro anni, era bizzarra come scena, giusto?
Ridacchiando si decise ad entrare nel negozio di vivande dolci. Varcò la soglia tra le porte in vetro e il marmo rosato, con passo svelto e deciso. Per poco comunque. 
Spalancò gli occhi e tenne la mano sulla maniglia di rame per qualche secondo prima di realizzare che quel capello di lana beige alto stile ballerino russo e i capelli fino a metà schiena erano quelli di Kotobuki, ma nemmeno quando incuriosita dal rumore della busta di carta che veniva stretta violentemente sul seno della donna la prima si girò, volle crederci.
«Akiyama-chan!» Esclamò, pensando di avere davanti a sé un'adolescente che aveva visto tante volte e amava vedere di nuovo dopo tanto, o almeno in parte dato l'uso del cognome accompagnato da un'infantile “chan”. Ridente si precipitò impacciata – o impicciata dalla lunga veste aderente – da Mio. Dalla sua, la povera Akiyama era ancora meravigliata ed incredula; quando però capì che ad abbracciarla era davvero la tastierista delle Hoka-gu Tea Time, ricambiò di cuore – facendo cadere la busta, che comunque non mostrò il contenuto.
«Che bello trovarti qui, Mugi» disse la manager. Non poteva nascondere un'espressione di piacevole stupore, cercando ancora di realizzare se aveva davvero davanti l'imprenditrice – da brava figliola aveva ereditato qualche azione dal padre – e non si preoccupò nemmeno di recuperare i regali. Intanto la donna dai lunghi capelli biondi si enebriava nel giacchetto color notte e pieno di piume d'oca, altrettanto felice di quell'incontro inaspettato.
Dopo essersi staccate, si sorrisero ancora. Solo dopo aver un improvviso flash, Mio si chinò di tutta svelta a raccogliere la busta sotto lo sguardo attento dell'amica. Una volta tornata in piedi incrociò gli occhi spalancati di Tsumugi.
«Che ci fai qui?» Chiese dopo un poco la stessa, come folgorata dalla curiosità improvvisa – con un poco di ritardo, ma c'era arrivata. La mora sorrise benevola e riabbracciando fortemente i maglioni, annuì ad una domanda silenziosa che faceva “Vuoi comprare una torta?” Intanto la pasticcera osservava contraddetta le due giovani, chiaramente offesa dal non essere presa in considerazione e che quelle smancerie venissero effuse nel suo locale; tossì malamente e di proposito per attirare l'attenzione. Le due si voltarono lentamente, quasi spaventate, che figura!
Entrambe fecero le loro richieste. Era strano che quella pasticceria, comunque, potesse essere aperta anche di Natale, pensò per un attimo la donna d'affari. «Se te lo stai chiedendo, oggi chiude prima. Abitano sopra il negozio ed è una buona scusa per saltare le loro noiose riunioni di famiglia – ne so qualcosa –, poi è buona cosa per chi non può o non sa preparare dolci per Natale. E anche i negozi generalmente restano aperti» rispose.
«Che strano...» mugugnò.
«Ormai è una tradizione qui, per questo quando i miei ragazzi non sono in tournè, mi apposto in questa zona! E poi... mi ricorda dove abitavo al tempo del liceo» concluse malinconica. L'altra soddisfatta posò lo sguardo sull'amica.
«Ora avrei avuto l'intenzione di anticipare le altre e farti una sorpresa, invece penso di dovermi accontentare di aiutarti a preparare qualcosa» spiegò sorridendo imbarazzata. Ci teneva a sorprenderla, ma evidentemente aveva fallito. Ma anche averla stupefatta in pasticceria le era andato bene. 

«Mio-chan!» Chiamò allarmata tra le mura dell'Università, Tsumugi. Era preoccupata, durante il terremoto la compagna di sempre non era uscita – per questo avevano chiamato un qualsiasi numero sulla rubrica del telefono –, eppure dentro sembrava non essercene traccia alcuna. Aveva paura, temeva che le fosse accaduto qualcosa di grave, per quanto la struttura fosse antisismica e conoscendo l'altra – in particolare le sue fobie insensate – si sarebbe potuta essere fatta male correndo per la paura. 
Mentre la cercava nell'aula d'informatica sentì un picchettio irregolare sul pavimento in legno provenire dal corridoio, che attirò la sua attenzione. Ebbe un flash, forse... ma sì, forse era lei. D'istinto uscì dalla stanza speranzosa «Mi-».
Erano Yui ed Azusa, che si fermarono – mano nella mano – davanti alla bionda, ansanti. Mostravano grande agitazione e le loro esili dita intrecciate e che si stringevano gelosamente tremavano tanto erano tese. Quando Tsumugi sorrise capendo d'essersi illusa inutilmente, le due trovarono finalmente la regolarità del respiro. 
«Dov'è Mio-senpai?» Chiese Azusa. Lasciò la mano dell'ex-chittarrista, quella si spaesò momentaneamente per poi meravigliarsi. Mugi sgranò gli occhi confusa ancor di più. Sospirò ed entrò nel bagno femminile – che coincideva con la porta più vicina. Mentiva quando pensava di non sapere dove si trovava la mora; era chiaro che Akiyama Mio era in grado di immobilizzarsi spaventata ovunque.
«R-Ragazze...» sussurrò una figura inquietata rannicchiata davanti ad un lavabo. Era sollevata, molto. All'appello mancava solo Ritsu in effetti, ma lei non era nemmeno in Giappone in quel momento, ma anche unicamente l'abbraccio di Azusa la rese felice come mai. Nonostante le farfugliasse parole come “Stupida di una Mio!” quel contatto rasserenava e assicurava come niente l'universitaria, che smise di piagnucolare.
Yui si avvicinò alle due incerta, mentre l'altra si rammaricava guardando le labbra socchiuse dalle quali pendevano parole che forse non avrebbe mai detto, almeno non davanti alle muciciste. L'unica che se ne accorse fu proprio Kotobuki.


Mio riprese la ciotola di macedonia per rimescolarla a dovere. Anche se non lo mostrava era nervosa e i semplici gesti del cucchiaio di legno le parevano complessi e troppo elaborati – forse era colpa anche delle mani tremanti e sudaticce. Non l'avrebbe detto tempo prima, si meravigliava, ma in quegli istanti non desiderava altro che le sue amiche non venissero, rendendo futile il suo lavoro. 
Tsumugi si accorse dell'atteggiamento impacciato di Mio e rise tenendo il coltello da frutta con la mano. Era sempre così: loro si comportavano in maniera stupida o insensata e lei rideva dall'esterno. Si sentiva spesso una spettatrice che di rado interragiva colle attrici e la situazione non le spiaceva, in effetti era anche per sorridere di cuore che si era iscritta al club di musica leggera. Si avvicinò alla manager e le requisì il contenitore in porcellana: «Ora ti bevi una buona camomilla, ok Mio?»
L'altra annuì tesa. Prese in mano una tazza di camomilla – preparata per sicurezza dalla bionda in precedenza – e col cellulare si sedette sul divano, lasciandosi andare. Sospirò e diede una rapida occhiata allo smartphone. Notò con sorpresa diversi nuovi messaggi, che si apprestò ad aprire quando prima. Sullo schermo scuro apparvero i nomi dei mittenti e rapida lì selezionò.
“Arriverò con un po' di ritardo, tu intanto trattami bene Azu-nyan!” Citava quello di Yui Hirasawa. Sorrise poco, sapendo che mentiva nel solo pensare che l'avrebbe fatto Yui. Se le due chittarriste erano rimaste amiche e anche più un motivo c'era: non si erano separate, erano sempre state accanto l'un l'altra, nessuna delle due aveva mai pensato di partire o restare a differenza delle scelte dell'altra e si amavano. Non sapeva nulla di loro, tranne quelle informazioni basilari che si ci scambia tramite contatti online o telefonate rade, insomma, lavoro, spostamenti e – soprattutto – il loro fidanzamento. Strinse inconsciamente il dispositivo e passò al successivo messaggio.
“Una delle date del tour coincide con quella del compleanno di mia sorella, puoi anticipare la fine e l'inizio?” Sorrise allietata nel leggere il nome familiare di Satomi. Aprendo l'agenda elettronica cercò di sistemare il problema – conosceva la data dell'anniversario della ragazza –, con la sicurezza del fatto che fosse ancora incerta per i fan l'effettivo svolgimento di un futuro giro musicale per i comuni Giapponesi. 
Tra i vari impegni vide segnalato in rosso l'evento del giorno corrente, così si ricordò subito del fatto che l'imprenditrice era in cucina da sola. Si tirò addietro cercando di sbirciare, lasciando cadere i lunghi capelli neri sullo schienale del mobile, non riuscendoci comunque. Si sbrigò ad informare i componenti della band del cambiamento e – dopo aver preso un altro sorso di fretta – corse nella stanza stante al salotto trovando Mugi allegramente alle prese con lo scegliere le posate e disegnare uno schema per la disposizione dei posti. 
«Forse è questa quella, che chiamano deformazione professionale» ridacchiò ricordandosi il lavoretto che avevano intrapreso appena formate ed incuriosendo Kotobuki.

Il campanello trillò varie volte, prima che Mio arrivasse ad aprire la porta in maniera abbastanza goffa per l'emozione. Esitò un attimo prima di premere sulla maniglia e permettere alle due ospiti di entrare. Si meravigliò quando Azusa l'abbracciò e avrebbe potuto dire che era commossa, come Ritsu quando prendendo esempio dalla più piccola l'ha strinse fortemente a sé assieme a Nakano. La prima cosa che notò la più grande fu che Ritsu si era fatta crescere i capelli e le stavano bene, fino alle clavicole ed ondulati. 
Quando realizzò che effettivamente aveva davanti – o per meglio dire, addosso – le sue vecchie compagne di liceo, che non aveva ancora ben capito, sorrise con gli occhi lucidi e ricambiò energicamente. Era bello poter sentire il loro calore seppur corporeo ed accarezzare le sciarpe che trattenevano la frescura dell'esterno e iniziavano a riscaldarsi, come se partecipassero emotivamente anche quei lavorati di lana.
«Prego, accomodatevi!» esclamò Tsumugi indicando sorridente la cucina. Azusa e Ritsu si fiondarono subito anche su di lei gridando all'unisono “Mugi-chan ~” e cingendo anche lei gelosamente. La donna si meravigliò come potessero davvero avere ventisei anni o giu di lì – nemmeno lei rammentava più i loro compleanni e quindi le relative età. Ma in quel momento non le interessava più di tanto, anche lei avrebbe fatto così se non fosse cresciuta con conti e simpaticissimi ingaggi per lavori edilizi e commerciali. Sì, insomma, se non avesse avuto una vita da direttore monotono e al pensiero sospirò pesantemente.
Un altro squillo del campanello si udì nel giro di pochi minuti e l'ingresso – quasi trionfale – di Yui fu accompagnato da un “Sono riuscita ad uscire prima dallo studio”. Ah, già, Yui è una veterinaria, ricordò istantaneamente Mio, rallegrandosi della notizia. La cosa l'aggradava, dopottutto aiutava delle vite e la giovane era veramente una figura solare, adatta, come gli angeli che rassicuravano chi poteva vivere ancora ed a lungo. Nakano la prese per un braccio e la trascinò verso le altre sorridendo e sperando che salutasse a dovere, così, cercando di farglielo capire, strinse la morsa quasi a farle male.
«Una volta non era Yui a trascinare Azusa?» domandò divertita Ritsu. Si avvicinò con malizia alle due, sperando di spronarle a ripetergli tutto quello che avevano riferito ad ognuna delle donne.
Quando la porta dell'appartamento si richiuse in maniera pacata, sorrisero tutte e cinque. Mio all'improvviso si accorse che mancava qualcuno all'appello: «Ma Ui non è venuta!?». Hirasawa corrucciò la fronte, inizialmente senza capire a cosa si riferisse, ma quando realizzò si eresse imbarazzata. Cominciò a massaggiarsi la nuca sorridendo nervosamente.
La compagna la squadrò completamente, riuscendo a farla parlare. Non era grave, ma dopottutto non si era presentata benché lo avesse promesso e si era mostrata interessata ed emozionata per l'evenienza. Purtroppo quel Natale doveva correre in ospedale per dei dolori improvvisi. 
Che fosse incinta non era una novella, anzi, l'unico peccato era che il padre del nuovo bimbo non si trovasse in città al momento e quindi non era riuscita a correre lì quanto prima.
«Verrà, ma ha avuto dei problemi...» si limitò a dire. 
«Allora accomodiamoci» si sbrigò a concludere Mio.

Ritsu si eresse in piedi ancora ridente, tentando per l'appunto di frenare quella risatella isterica quasi, e con gran impeto fece zittire anche le altre con un singolo gesto che fendeva l'aria grazie ad un movimento semicircolare e chiudendo le mani a pugno. Disse: «Ancora oggi suono la batteria. Però ho sempre pensato che Mio la sapesse suonare meglio di m-».
Venne amaramente interrotta, costretta dal pugno della manager che arrivò puntuale nel bel mezzo della nuca della castana: «Non dire scempiaggini!». Guadagnò solo la risata dell'altra.
«Mi riferivo proprio a questo» disse cercando di non soffocare con il takoyaki che aveva appena mandato giù. Non si poteva dire che fosse maturata più di tanto e questo contaggiava anche le altre, Akiyama per prima; così, mentre le altre avevano già iniziato da un pezzo, si unì al coro di risatelle con entusiasmo.
Yui tirò la manica ad Azusa, per sussurargli qualcosa in gran segreto. L'ex bassista le notò e mentre Mugi e Ritsu continuavano a ridacchiare e chiaccherare a gran voce tra di loro, abbassò lo sguardo pensierosa: non era giusto che si mettessero a bisbigliare tra loro quando l'incontro serviva a far incontrare tutte e le ragazze che erano e scambiare pareri nonché ricordi. Quanto avrebbe voluto sentirle.
«Mio, ma tu ce l'hai il ragazzo?» domandò Azusa all'improvviso. La sorpresa non era certo da poco, non ricordava che Azusa si fosse mai interessata ai suoi rapporti amorosi negli ultimi anni. Dopo un breve balbettare, negò di aver un fidanzato.
L'altra si illuminò e – convinta a far del bene per la vecchia amica – domandò convinta: «Che ne diresti se ti presentassi qualcuno di nostra conoscenza?». 
Akiyama rimase per un po' ad analizzare la questione postagli: era talmente ovvio che con “nostra” si riferisse a lei ed Yui. Sembrava che non si accorgessero di quanto fossero egoiste – secondo Mio – a starsene lì a confabulare e uscirsene fuori con cose che le altre non potevano considerare. 
In quegli anni, doveva ammettere, aveva spesso sperato che un giorno Azusa la chiamasse per farle domande banali e stupide, quelle di formalità del tipo “Come stai?” o più semplicemente “Novità?”. Ora che si trovava di fronte alla donna che doveva essere, non le erano state poste e chissà quante altre cose fossero passate ed ignorate. Quegli eventi a cui non aveva partecipato, gli attimi più importanti della vita della più giovane del gruppo, non si era preoccupata di chiederle nulla; aspettava il momento giusto, che non arrivò mai.
In quel frangente realizzò che le uniche ad essere cambiate erano loro. Nakano ed Hirasawa. Ritsu, lei stessa e Tsumugi non avevano stravolto il loro modo di fare e ammetteva che preferiva fosse così. Poteva sentirsi libera con loro, le sembrava di essere ancora al liceo. Invece le altre due, anche se era difficile notarlo, non si mostravano affatto come l'ultima volta in cui si erano viste.

«Che meraviglia!» esclamò Kotobuki continuando a masticare l'hamburger estasiata. 
«Guarda che non è la prima volta che ne mangi» rise Ritsu, alla reazione di Mugi che era sempre la stessa. Si scatenò un risolio generale tra le ragazze sedenti attorno al tavolo del fast-food. 
Al contrario delle previsioni di Azusa erano riuscite ad reincontrarsi. Cero che era buffo, era stata una coincidenza improbabile. Ma erano lì e in tutta sincerità solo quello scaldava il cuore alle altre. La più felice era certamente Nakano, che si meraviglia come nulla.
«Allora?» interruppe curiosa «Cosa vi è accaduto?». Le altre cominciarono a raccontare a turno e spesso capitava che una del gruppo commentasse e ci scherzassero sopra. Ascoltavano tutte con grande attenzione, comunque, soprattutto l'inquirente che sembrava voler sapere sempre di più.


Rimase immobile e la fissò. Come le mancava quella Azusa, che non era sfacciata e avrebbe amato definirla possessiva a suo tempo, ma pareva che fosse lontana. Le altre avevano conservato il loro vecchio atteggiamento, pur stando distanti e – ironicamente forse – chi aveva passato più tempo con le compagne – la compagna – di una volta si era dispersa. 
Intanto l'attesa continuava e si prolungava. 
«Se non v-», provò Yui. Ma Mio fu rapida a contrabbattere.
«Sapete? Avevo paura di questa serata» ammise. Si risedette con un scatto improvviso, attirando l'attenzione di tutte le ragazze là attorno. Attorno a lei sguardi puntati e silenzio. Espirò profondamente. Nessuna domanda, solo attesa: quanto si pentiva di quella affermazione, però non aveva mentito. 
«Temevo che foste cambiate più o meno tutte, non sapevo che fare ed ero nel panico assoluto...» iniziò. La silenziosa spettatrice, Tsumugi, cercò il suo sguardo – fallendo come sempre. Già, l'aveva capito invero, anche se non credeva che l'avrebbe mai rivelato.
«Quando ho visto Mugi e Ritsu, ho riconosciuto le vecchie Hoka-gu Tea Time. Invece non in Yui e Azusa» proseguì. Un'intera serata passata a rimuginarci sopra. Ah, che idiozia. Credeva di aver commesso uno sbaglio immane. Strinse i pugni mentre sperava che finisse tutto presto, odiava quegli occhi addosso a lei e ogni secondo che passava capiva che il Natale non era altro che un modo per chiarirsi e non incontrarsi. «Scusatemi» sussurrò poi, uscendo dall'appartamento – dopo aver recuperato frettolosamente sciarpa e coprispalle. 
A dirla tutta, non avrebbe potuto spiegare perché la cosa la infastidisse tanto, non voleva saperlo davvero. Restava però quella sensazione, che non comprendeva e provava da prima. Correva quasi per le scale, mentre l'eco dei suoi passi l'accompagnava. Sembrava raddoppiato. Ogni passo si ripeteva, così fino alla sua uscita dal palazzo. Allora andava meglio.
Respirò profondamente. Ancora, ancora, ancora. Voleva che quella cosa che le pulsava nel petto si fermasse, quantomeno che si calmasse: che il suo cuore smettesse di pompare. Non per sempre, solo per quella notte di Dicembre. Si ritrovò a cercar calore solo nel giubbotto che si fondeva con l'oscurità attorno.
Dopo un po' cominciò a passeggiare, verso il parco. Osservando le stelle si placava nei momenti si stress od insicurezza e aveva appurato in precedenza che i luogo perfetto per farlo era la panchina centrale del giardino pubblico vicino alla sua residenza. Forse era molto triste come cosa agli occhi degli altri.
Quando arrivò si sedette senza indugi. Era deserto, anche se non c'era da stupirsi vista l'ora relativamente tarda.
Mio Akiyama. L'unica stupida che passava la sera del Venticinque Dicembre da sola perché sentimentalista e delusa – benché fosse stata la prima a riconoscere il pericolo corrente. Lasciando cadere all'indietro il capo, coi capelli trattenuti in parte dalla sciarpa a penzoloni e gli occhi persi senza guardare le stelle.
Così noncurante della realtà che la circondava, ignorò il silenzioso spettatore di quello spettacolo patetico. Non usava parole per dar segno della sua presenza, non voleva usarne troppe, preferiva il silenzio. Era così che si erano rincontrate. Sorrise beandosi del volto vacuo della ragazza.
Si sedette accanto a lei dolcemente, evitando di spezzare la quietitudine e facendo notare la propria presenza, con non molto stupore. 
«Come mai quelle parole?» chiese con finta meraviglia, Mugi. La verità era che era felice della decisione che aveva preso l'amica. Nonostante tutto, prima di ricevere una risposta, dovette aspettare che l'interrogata ci pensasse. Non adorava l'idea di confidarsi con chi non vedeva da tanto come la bionda, ma lei era lì, pronta ad ascoltarla. 
«I-Io...» provò a trovare una spiegazione la poverina. Cominciò a ciondolare la testa senza distogliere lo sguardo dal cielo stellato. La giovane imprenditrice sorrise e la richiamò trillante, sapendo già cosa dire – quelle parole che voleva dire da anni –, ma restando convinta: «Ho sempre amato il teatro!» e Mio la fissò con la coda nell'occhio seppur senza cambiar posizione. Con l'espressione che aveva in viso era chiaro che chiedesse spiegazioni.
«Mio, tu sei cambiata sicuramente, anche se non è molto evidente, anche se capisco lo stupore nel vedere Yui ed Azusa così diverse» iniziò sporgendosi verso la mora. Sul viso si tradiva la grand'emozione che provava, dopotutto era da moltissimo – troppo – che desiderava confessarsi.
«Ma loro hanno vissuto le loro esperienze e io le ho viste cambiare, quegli incontri casuali in cui le scorgevo e ho visto come tu le rinneghi,» sussurrò con un certo tremore nella voce «perché sei innamorata di Azusa. Giusto?».
Akiyama spalancò gli occhi piuttosto colpita dalla deduzione della ventiquattrenne. Si raddrizzò ed iniziò a scrutare le iridi azzurre della stessa per un tempo inestimabile; certamente qualche minuto in quel silenzio angosciante erano rimaste, considerando che era incominciato a nevicare. Fu in quel nevischio che la manager cominciò a piangere con grave intensità, appoggiandosi a Mugi con urgenza, limitandosi a stringere il cappotto beige di lei. 
Le lacrime così calde in contrasto col freddo dell'esterno – non poteva negare che scappare con quelle temperature fosse stata un'ottima idea – scendevano sul viso niveo e i capelli accarezzati dalla donna che la stava accogliendo tra le braccia. Era vero, anzi, verissimo. Le faceva male e troppo vederla così diversa e innanzitutto tra le grinfie di chi era cambiata anche di più – anche se era un obbligo dovutole per il rapporto, nonostante non lo sapesse.
Tsumugi le scoccò un bacio sulla fronte per rassicurarla.
«Vedi, io non sono solo una spettatrice – anche se può sembrare –, sono parte integrante della regia e una sceneggiatrice. Vi osservo e vi leggo dentro, non intervengo mai se non quando siete in difficoltà. Come ora, cara Mio» spiegò. Non aveva solo bisogno di una regista, una story-boarder o altro: necessitava di un'amica.
L'abbracciò, come a chiederle di non abbandonarla – e non l'avrebbe fatto. Poggiò il mento silenziosa e ridente al contempo sul capo di Mio. La verità era che l'amava. Ma non disse nulla, perché se non versava lacrime era perfetto. Conosceva i sentimenti per Nakano della mora, così malsani eppure immutati nel tempo; voleva essere vicina.
«Buon Natale» bisbigliò. 
«Buon Natale, Mugi... grazie per avermi seguita. Ti voglio bene» disse per poi addormentarsi sfinita. Sì, buone Feste.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > K-ON / Vai alla pagina dell'autore: Shirokuro