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Autore: KittyPryde    22/05/2008    4 recensioni
...tra i molti che aveva affrontato, vi era un nemico che il saint delle tredici stelle di Pegaso non era mai stato in grado di affrontare,
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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tipologia: Lost At Uno
ovvero il pagamento per un gioco d'azzardo estremamente elementare: il vincitore assoluito in una partita di UNO ha il diritto di estorcere al perdente una produzione fanwork di cui stabilisce il soggetto e il tema e che il perdente è tenuto a portare a termine in un lasso di tempo che va dal minuto successivo alla fine dei suoi giorni

Personaggio richiesto: Seiya
Tema richiesto: postumi della sbornia

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Era poco più di un ragazzo, nel pieno della pubertà e, come tutti i suoi coetanei, parzialmente condizionato dalla sua meteorica attività ormonale, ma, nonostante la sua adolescenziale, normalità, Seiya era anche uno dei valorosi guerrieri scelti dalle stelle per affrontare, investito di un potere misterioso del quale portava alto il nome, pericoli ed avversità dettati dal suo fato avverso e dalla necessità di difendere la preziosa vita di Atena, rinata nel corpo mortale di Lady Saori Kido.
Eppure, tra i molti che aveva affrontato, vi era un nemico che il saint delle tredici stelle di Pegaso - o dodici che fossero, come amava correggerlo sovente il suo amico e compagno d’armi Shun, dopo aver appreso che “la spalla di Pegaso” era stata dichiarata dagli astronomi contemporanei proprietà della sua costellazione - non era in grado di affrontare, una nemesi che si presentava impeccabilmente puntuale dopo ogni notte brava, trascorsa a straparlare davanti a più di un boccale di birra, ricordando aneddoti imbarazzanti e divertenti accaduti durante le numerose guerre sante che si erano trovati a combattere in passato e che venivano al momento sommersi dall’angoscia e dalla fatica dalle quali erano messi a dura prova durante gli scontri, ma che riemergevano in tempo di pace, con l’aiuto di un appropriato dosaggio di alcool che sembrava rendere ogni trascorsa disavventura, più leggera e piacevole da ricordare.
Era in quelle situazioni, mentre favoleggiava delle imprese passate assieme ai compagni con i quali le aveva condivise, che Seiya dimenticava quali fossero i reali limiti di un quindicenne alle prese con le prime sbronze e alzava troppo il gomito senza, come era solito fare anche in battaglia, preoccuparsi di quali potessero essere le conseguenze delle sue sconsiderate azioni.
Realisticamente, la sua soglia di sopportazione dell’alcol era sproporzionata rispetto alla sua ridicola età o al suo fisico immaturo, e Seiya riusciva a reggere senza contraccolpi ogni boccale schiumoso che veniva appoggiato sui tavolacci di legno delle osterie da quattro soldi che i Bronze Saint erano soliti frequentare, trangugiando quantità eccessive di biondo malto fermentato, tra una risata e l’altra, mentre, cavalcando l’onda più euforica della loro fanciullesca ebbrezza, si ricordavano immancabilmente del giorno in cui Shun aveva rischiato seriamente la propria vita per salvare quella di un assiderato Hyoga nella casa di Libra, con un procedimento comprensivo di discutibili azioni al limite dell'eterosessualità, durante la loro prima grande guerra. Nonostante ai tempi quell’atto di altruismo estremo avesse suscitato la loro sincera commozione, davanti alle numerose birre vuote e ai boccali ancora colmi, questo assumeva più la prospettiva esilarante di un maldestro abbordaggio, che di un tentativo disperato di soccorso, trasportandoli per qualche istante in un universo parodistico dove le loro fatali imprese prendevano una piega tutt’altro che epica. Il crescendo di battute di bassa lega veniva puntualmente troncato, proprio all’apice del divertimento, quando Shiryu iniziava a domandarsi, con atteggiamento filosofeggiante - perché a lui, sempre così taciturno e silenzioso, gli effetti della sbornia si presentavano così, mortalmente amari, rendendolo se possibile più meditativo e noioso del solito - come fosse possibile riuscire a ridere in maniera tanto spensierata di vicende che un tempo erano state tanto drammatiche da condizionare e segnare profondamente le loro vite, assassinando così l’entusiasmo di tutti, persino di Shun che, nonostante fosse sicuramente il bersaglio prediletto delle raffiche di battutacce dei compagni, si divertiva nel vederli così liberi e sereni anche nel discutere goliardicamente di quando avevano ripetutamente rischiato la vita.
I primi segni che anticipavano l’arrivo dell’avversario che Seiya avrebbe dovuto affrontare, si presentavano quando il coraggioso Saint di Atena scostava la sedia dal tavolo, imprecando rumorosamente contro le elucubrazioni di Shiryu e sostenendo a gran voce che portassero sfortuna - con Hyoga che puntualmente gli faceva il coro aggiungendo, ormai vergognosamente alticcio, che le nefaste affermazioni dell’amico non sarebbero mai state paragonabili al concreto pericolo che si correva nello spezzare la catena di Andromeda, un po’ come i comuni mortali temevano la rottura di uno specchio - poi cercava di alzarsi, appoggiandosi al tavolo umido di birra e ghiaccio sciolto, sentendo la testa vorticare in modo imbarazzante e rendendosi tristemente conto che nemmeno il suo potente cosmo lo avrebbe aiutato ad arrivare fino alla porta camminando come si conviene ad ogni persona sobria visto che, nonostante la sua mente fosse lucida, la connessione nervosa tra il cervello e i suoi arti era fatalmente rallentata dai vapori dell’alcool che cominciava a mescolarsi al sangue nelle vene. Quando il docile e servizievole Shun accorreva in suo soccorso passandosi un braccio intorno alle spalle per aiutarlo a reggersi in piedi, Seiya ripeteva sempre la stessa frase, probabilmente convinto di non averla mai detta prima “pensate cosa succederebbe se ci attaccassero in questo momento” scongiurando i cattivi presagi e i brutti ricordi in una risata collettiva che chiudeva le loro animate notti senza che l’eroe si preoccupasse minimamente di ciò che lo aspettava.
Se davvero c’era qualcosa in grado di annientare l’autostima e l’invulnerabilità di Seiya, si trattava sicuramente del risveglio drammatico nelle mattine che seguivano le celebri ed epiche sbornie dei Bronze Saint; nessuno come lui soffriva del male inguaribile del giorno dopo e quando i suoi compagni si erano tutti più o meno ripresi dai propri drammatici postumi, Seiya continuava ad agonizzare, senza essersi mosso di un millimetro dal suo letto, guardando il soffitto con espressione vitrea e sofferente, aspettando che la nausea si calmasse e la camera smettesse di girare, consapevole di non aver nessuna possibilità di sconfiggere emicrania e voltastomaco con le fallimentari antiche medicine cinesi che cercava continuamente di propinargli Shiryu o con i vani incoraggiamenti del povero Shun. Il pericoloso nemico che non era mai stato in grado di sconfiggere restava in agguato per tutta la notte, accompagnando il sonno pesante nel quale il saint di Atena cadeva una volta arrivato, in un modo o nell’altro, nella sua camera di villa Kido; attendeva paziente che il ragazzo si svegliasse e lo assaliva con una violenza che non conosceva pietà, lasciandolo indifeso, disarmato di fronte a tanta ferocia e nonostante a Seiya non mancassero né la testardaggine e né l’entusiasmo, il mal di testa e le vertigini che si ostinava ad affrontare senza l’aiuto di medicinali, ma con la sola forza di volontà, finiva sempre con l’annientarlo, obbligando il suo sproporzionato ego e l’alta stima che aveva di se a capitolare e costringendolo, come nessun avversario era mai riuscito a fare, ad un umile, docile resa.
   
 
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