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Autore: malfoy _    30/12/2013    1 recensioni
Raccolta di One-Shot sulla coppia BBRae, ispirate alla 30 Day OTP (one true pairing) Challenge. 30 capitoli autoconclusivi, che possono variare dal romantico, al comico, all'avventuroso, dipende ovviamente dalla sfida del giorno!
01 - Holding Hands
02 - Cuddling Somewhere
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti, carissimi lettori!
Non voglio tediarvi con una presentazione troppo lunga, ma solo mettervi al corrente di come è strutturata questa raccolta.
Parto dal presupposto che l'idea non è mia, stavo cercando una fan fiction su un sito inglese e mi sono imbattuta in una raccolta di one-shot ispirata alla 30 day OTP Challenge e allora mi sono detta,
perchè no?
Da tempo volevo scrivere una long fiction sulla coppia BBRae, ma non ho mai iniziato perché, purtroppo, ero sicura che non sarei riuscita a finire. Però con una raccolta di one-shot dovrebbe essere diverso. Vi prometto che cercherò di portarla a termine!
Dunque, la raccolta, come ho già detto, è ispirata alla 30 day OTP challenge. Ci saranno 30 capitoli, e dunque 30 one-shot. Alcune possono essere collegate alla storia originale, altre magari no. Il genere può variare dal romantico, al comico, all'azione. Tutto ovviamente dipende dalla sfida del giorno.
L'aggiornamento non sarà giornaliero, spero di riuscire ogni tre-quattro giorni, altrimenti ogni settimana.
Non mi sembra ci sia altro da aggiungere, semplicemente leggete e recensite! C:

Day 1 - Holding Hands

È tutta colpa mia.
Raven non poteva fare a meno di pensarci. Era stata colpa sua e del suo orgoglio. In battaglia cose come l’orgoglio e il risentimento non dovrebbero esistere, soprattutto se si è parte di una squadra. E Raven era parte di una squadra, solo che talvolta tendeva a dimenticarlo.
È anche colpa tua, pensò Raven poco dopo. Colpa di quel piccolo ometto verde che la faceva sempre arrabbiare. Se quel mutaforma dalla lingua pungente fosse stato una persona tranquilla, tutto questo non sarebbe accaduto.
Stupido. Stupido perché la distraeva, la deconcentrava e, soprattutto, la innervosiva. Perché doveva infastidire sempre lei? Insomma, lei più di tutti? Sembrava provarci davvero gusto. Ed ecco quali erano i risultati!
Raven fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Per quanto si sforzasse non poteva evitare di pensarci, purtroppo. Incrociò le gambe sul divano sul quale era seduta e provò ad entrare nel suo stato di meditazione, cercando di chiudere, almeno momentaneamente, ogni contatto con quella snervante realtà. Non passarono nemmeno dieci secondi che la sua mente fu nuovamente disturbata.
«Raven»           
La ragazza aprì un solo occhio. «Robin» ribatté con il suo solito monotono.
«Bibi sta bene, fortunatamente non era niente di serio» annunciò il leader.
«Ottimo» disse lei, aprendo entrambi gli occhi. Purtroppo la meditazione avrebbe dovuto aspettare un momento più tranquillo.
«Tu come ti senti?» chiese Robin.
«Bene»
Il ragazzo si avvicinò e si sedette sul divanetto della sala d’attesa accanto a Raven. «Se vuoi puoi andare a vederlo» disse, dopo un momento di silenzio.
Raven guardò dritto di fronte a sé, pensandoci un po’ su. Cosa avrebbe dovuto fare una volta arrivata da Bibi? Non c’era bisogno di scomodarsi tanto. Lui probabilmente era anche sotto sonniferi e non l’avrebbe nemmeno vista. Eppure, una piccola parte di lei voleva andare a vedere come stava quel piccoletto verde. Strano. Probabilmente erano i sensi di colpa che si stavano impossessando di lei. Dopotutto si  trattava solo di accertarsi che fosse tutto ok, cosa c’era di male? Forse la proposta di Robin non era così cattiva.
«Okay» disse infine. La ragazza si alzò ed uscì dalla sala d’attesa dell’ospedale.
Per quanto lo desiderasse non poteva togliersi dalla mente il pensiero che fosse tutta colpa sua, e si sentiva in dovere di andare a vedere con i suoi occhi come stesse l’amico, così si sarebbe tranquillizzata e sarebbe potuta tornare a casa per dedicarsi alla sua meditazione quotidiana.
Ottima idea.
 
 
Era cominciato tutto la mattina di quello stesso giorno. Raven nemmeno si ricordava come era iniziata la lite. Sicuramente era stato lui a punzecchiarla per primo e a continuare poi a darle fastidio finché lei stessa non si era sentita in dovere di alzare la voce. E polverizzarlo, già che c’era.
Non era riuscita a realizzare il suo intento a causa dell’allarme della torre, che aveva cominciato a emettere il suo solito e fastidioso suono di pericolo.
I Titans erano dunque corsi al centro della città, per vedere quale fosse il problema.
Alieni. Piccoli alieni gialli, alti poco più di un metro dai corpi che sembravano patate. Starfire aveva immediatamente comunicato a quale specie appartenessero, ma Raven non aveva prestato molta attenzione: i suoi occhi osservavano le pistole dall’aria minacciosa che le creature tenevano saldamente tra le mani. Pistole a raggi laser, molto probabilmente.
«Titans all’attacco!» aveva urlato come sempre Robin.
La battaglia sembrava procedere come sempre. I Titans sferravano i loro attacchi con la professionalità dovuta ad anni di battaglie insieme. Talvolta combinavano le loro mosse per produrne altre più efficaci e piano piano abbattevano gli alieni.
Raven cercava di tenersi distante da Bibi; i suoi poteri in battaglia dovevano essere tenuti sotto controllo più del solito, per evitare effetti catastrofici, e la sua vicinanza l’avrebbe innervosita.
Solo dopo più di un’ora di combattimenti i Titans cominciarono a chiedersi in cosa stavano sbagliando. Di alieni ne stavano annientando, eccome, però sembravano non finire mai.
«Da dove vengono tutti questi alieni??» urlò Cyborg, polverizzandone alcuni.
Starfire volò sopra di loro. «Vengono generati nella loro navicella. Dobbiamo trovarla e distruggerla!»
«Dividiamoci allora. Raven e Bibi, cercate a nord, Cyborg a sud, Starfire, tu e io guarderemo a est e a ovest, muoviamoci!» fu l’ordine di Robin. Nessuno osò contraddire, nessuno mai lo faceva.
Raven e Bibi nemmeno si guardarono negli occhi e volarono entrambi verso nord.
Robin lo aveva fatto apposta? A metterli in squadra insieme? Ovviamente li aveva sentiti litigare quella mattina, ma così non avrebbe cavato un ragno dal buco.
«Là sono più numerosi!» gridò Bibi ad un certo punto, poggiandosi in forma umana sul tetto di un edificio.
Raven alzò gli occhi. In una zona periferica della città centinaia di alieni gialli cominciavano la loro marcia verso sud. Sicuramente la loro navicella era là.
La ragazza non diede nemmeno segno di averlo sentito, e aumentò la velocità del suo volo, desiderosa di finire in fretta quella missione.
La navicella era là, e produceva senza sosta quelle piccole creature. Raven cominciò a farne fuori qualcuna, abbattendole con i suoi poteri ma, in tutta quella confusione, non fece caso ad un singolo, misero, alieno che, puntando la sua arma a raggi laser contro di lei, riuscì a colpirle la gamba sinistra. Colta di sorpresa, Raven cadde a terra, e una decina di alieni cominciarono a salirle sul corpo, immobilizzandola.
«Raven, ti aiuto io!» urlò allora Bibi, trasformandosi in un elefante e cominciando a spazzare via alcuni alieni con la proboscide verde.
La maga digrignò i denti. «Non ho bisogno del tuo aiuto» disse. Calciò via qualche creatura e, liberandosi un braccio, avvolse di energia nera gli alieni sopra di lei, lanciandoli via. Fortunatamente la ferita sulla gamba era solo superficiale, e in pochi secondi la curò con i suoi poteri. Si alzò dunque in piedi e cominciò la sua marcia verso la navicella, eliminando gli alieni che si trovavano sul suo cammino. Non dava nemmeno conto a Bibi e a cosa gli stesse succedendo, dopotutto era abbastanza grande per cavarsela da solo contro quegli omini gialli.
Aveva quasi raggiunto la navicella, quando Bibi urlò: «Raven, attenta!»
Raven si girò di scatto, e vide una decina di alieni che le stavano puntando le pistole contro, pronti a spararle. Tutto il reso accadde troppo in fretta. Bibi corse verso di lei, in forma umana, frapponendosi tra la maga e le armi, e gli alieni spararono a lui.
Bibi crollò a terra, privo di sensi, Raven in piedi, sconvolta per ciò che era appena accaduto. Non lo aveva previsto.
«No!» urlò la maga. La sua rabbia crescente diede forma ad una sfera di energia nera che, aumentando di dimensioni, polverizzò non solo tutti gli alieni nelle vicinanze, ma anche la navicella.
Raven si inginocchiò allora accanto a Bibi, constatando i danni. La tuta del ragazzo era bucata all’altezza del petto, e la pelle verde si era notevolmente arrossata. Non era una ferita superficiale, non sapeva se poteva curarlo. Raven chiamò allora Robin, disperata, ma cercando comunque di mascherare il suo tono di voce.
«Robin… c’è stato un problema!»
 
   
Raven era ferma da qualche secondo davanti la porta della stanza nella quale Bibi era ricoverato.
Perché stava perdendo tutto quel tempo?
Raven, entri, vedi come sta e vai via, si disse la ragazza, cercando di darsi coraggio. Non c’era bisogno di tutte quelle cerimonie.
«Che sciocchezza» disse la maga. Abbassò la maniglia ed entrò.
Nell’unico letto della stanza giaceva Bibi, addormentato. Al suo braccio era attaccata la flebo e un monitor là vicino segnava i battiti regolari del suo cuore.
Forse se ne sarebbe dovuta andare, Bibi stava bene, lo aveva visto, eppure Raven decise di avvicinarsi a lui. Senza nemmeno sapere perché stesse facendo una cosa tanto stupida, prese uno sgabello e si sedette accanto al letto. Osservò l’amico mentre che dormiva, gli occhi chiusi, il volto sereno. Spostò gli occhi verso il petto che si alzava e abbassava sotto il lenzuolo bianco e, senza nemmeno accorgersene, prese anche lo stesso ritmo di respirazione.
La ragazza passò qualche minuto in quel modo, in quel silenzioso osservare. Non pensava a niente, chissà come era entrata in una sorta di stato meditativo.
A un certo punto gli occhi viola della maga si abbassarono sulla mano del ragazzo. La teneva fuori dal lenzuolo, distesa sul letto e semichiusa.
Raven deglutì, scossa. Le era venuto lo strano desiderio di prendere la sua mano, di fare in modo che Bibi capisse che lei era là, accanto a lui, e che le dispiaceva. Desiderava comunicargli fisicamente ciò che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli a voce.
Senza pensarci un momento di più, Raven prese la mano di Bibi, intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.
Non aveva mai tenuto per mano nessuno. Non le piaceva il contatto fisico, e soprattutto aveva sempre avuto paura di non riuscire a controllare le sue emozioni, i suoi poteri. Eppure in quel modo era diverso: lei stringeva la mano all’amico, ma lui dormiva, e non ricambiava la stretta, in questo modo le emozioni di Raven sarebbero rimaste al sicuro. O almeno così credeva.
Proprio quando stava per alzarsi e andarsene, qualcosa la trattenne. Bibi aveva ricambiato la stretta, teneva la mano di Raven salda tra la sua.
La lampadina dell’abat-jour sul comodino esplose. Raven era stata colta di sorpresa. Osservò attentamente Bibi, sembrava stesse ancora dormendo.
Meglio, pensò la ragazza tra sé. Non voleva creare equivoci di alcun genere e, soprattutto, non voleva fare esplodere la finestra.
Con piccole mosse liberò la sua mano da quella dell’amico, levitò verso la porta e, suo malgrado, prima di uscire lanciò un ultimo sguardo indietro.
 
  
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