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Autore: IndelibleSign    30/12/2013    2 recensioni
Lana era proprio come la luna ed era bella, come la luna. Misteriosa come la luna, imperfetta come la luna. E brillava, come la luna.
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«Io non sono più Yolanda Alter, io sono Lana.» gli urlò e la sua voce sembrò quasi arrabbiata.
«Sono Lana e basta!» urlò con tutta la sua voce, tanto da spaventare Harry. Quest’ultimo infatti, indietreggiò spaventato.
Lana ritornò a fissare il soffitto mentre il Dottor Kynie decise di entrare e far uscire Harry.
«Scusa se sono stato invadente, Lana.» si congedò Harry prima di uscire dalla stanza.
La voce della ragazza però lo fermò: «Harry, a me piacciono molto anche le stelle».
 
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Dove vai, giovanotto?» gli sussurrò la donnina.
Ancora una volta il ragazzo si ritrovò a voltarsi verso sua nonna, «Torno domani, nonna.» le rispose per poi aggiungere un «Te lo prometto».
Si rigirò per l'ennesima volta, prendendo di slancio la sua tracolla nera della nike e riponendola sulla sua spalla destra.
«Io non posso venire con te?» la voce lieve di sua nonna lo bloccò di nuovo.
Harry aveva chiesto a sua madre più di una decina di volte di accompagnarla lei sua madre al manicomio, ma lei aveva insistito che lo facesse lui dal momento che "Ora hai una macchina, Haz, e mi è costata tanto. Usala ogni tanto." e lui non aveva potuto che starla a sentire ed obbedire.
«Se potessi, ti farei venire con me.» le sorrise lui, «Ma sai mamma quanto si arrabbierebbe? Sarebbe capace di riprendersi la macchina che mi ha regalato!» borbottò ironicamente.
Harry non sapeva nemmeno se sua nonna ricordasse questo particolare, dal momento che ormai tutti i suoi ricordi, tutti i dettagli, i nomi ed i volti andavano tutti insieme verso un unico spazio nel cervello: il dimenticatoio. Sua nonna soffriva di alzheimer.
«..No!» borbottò dispiaciuta lei e, a causa del suo sguardo colpevole, Harry sentì il suo cuore stringersi in una morsa. «Poi qui cucinano bene, nonnina!»
Sul viso dell'anziana donna apparve un sorriso lieve e privo di emozioni, poi quest'ultima annuì e lo congedò con un: «Torna presto, giovanotto», e dal sorriso che Harry le riservò prima di chiudersi la porta alle spalle, quella era stata proprio una promessa.

 
I corridoi di quell'edificio erano completamente bianchi, se non fosse stato per le tende che andavano da una sfumatura di celestino chiaro ad un verde acqua. Ricordava esattamente la via d'uscita, ma sapeva che prima di poter tornare a casa per pranzo avrebbe dovuto firmare un paio di carte per il cosiddetto "alloggio" di sua nonna lì.
Si avvicinò così ad una scrivania particolarmente piccola e di un color bianco smorto.
«Desidera?» domandò la donna. Probabilmente era una trentenne che lavorava lì da parecchio e lo si poteva notare dalle sue immense borse sotto agli occhi e dallo sguardo colmo di stanchezza.
«Dovrei firmare delle carte per mia nonna.» le spiegò, prima che la donna prendesse un foglio di carta sporco di una qualche sostanza e glielo ponesse davanti: «Qui scrivi il suo nome e qui metti una firma, a tutto il resto ci penso io.» gli spiegò ed Harry fece esattamente come detto.
Dopodiché salutò la donna ringraziandola per la sua gentilezza e si preparò ad andar via.
Nemmeno il tempo di voltarsi che un urlo gli arrivò dritto alle orecchie, perforando i timpani e causandogli la pelle d'oca.
Non era il solito urlo di gioia della sua sorellina, oppure quello arrabbiato di sua madre che gli urlava di rimettere a posto la sua camera, quello era più un urlo di paura.
Continuò per qualche secondo, poi smise.
«Ti sei spaventato?» ridacchiò un uomo facendolo sobbalzare, «..posso darti del tu, vero? Sei giovane».
Harry si ritrovò ad annuire, ancora leggermente sconvolto da quelle urla. Fu allora, che girandosi a vedere il volto del dottore, notò una ragazza chiusa in una camera il cui unico spiraglio di luce poteva entrare solamente dalla finestra che aveva lui davanti.
«Chi è?» chiese curioso. Quella ragazza in quella camera sembrava non essere più grande di lui, anzi, probabilmente aveva anche meno di diciannove anni.
«Ouh, quella è Lana.» rispose il Dott. Kynie, «..o almeno, noi la chiamiamo così.» precisò. «Ha l'alzheimer?» domandò ancora.
Probabilmente sembrava anche un impiccione, cosa del tutto falsa, ma una ragazza così giovane in un posto del genere era una cosa molto rara.
«No, assolutamente no. Magari l'avesse. Probabilmente l'aiuterebbe a dimenticare.» sussurrò l'uomo ed Harry parve più incasinato di prima.
«Solamente che lei ha paura e quindi non parla quasi mai.» gli spiegò.
«E non ha una famiglia?» chiese lui.
«Se ce l'ha probabilmente non è interessata a lei.» rispose dispiaciuto il Dottore. «Da quanto è qui?»
L'uomo sembrò pensarci su, prima di rispondere: «Sette mesi e dodici giorni.», e senza nemmeno pensarci, la voce di Harry risuonò in quelle mura: «Posso andare da lei?». Il Dottore sembrò dapprima pensieroso, poi aggiunse: «Ti lascio entrare, alla fine non ha mai ricevuto una visita prima d'ora e credo potrebbe farle del bene..» iniziò «..ma se urla sarò costretto a cacciarti.» concluse l'uomo accompagnandolo alla porta. Harry annuì.
Se quella ragazza avrebbe urlato, lui sarebbe stato il primo a correre via a gambe levate.


Quando Harry entrò in quelle quattro mura fu sorpreso; un odore di fragola gli invase le narici e le pareti di quella stanza, a differenza delle altre, erano di un arancione caldo. Intanto sul letto, seduta con le gambe portate al petto, c’era una Lana con lo sguardo perso nel vuoto.
«Ciao Lana. Io sono Harry.» provò ad interagire lui, prima di sedersi su una sedia non molto lontana dal letto.
Harry s’aspettava che da un momento all’altro quella ragazza avrebbe iniziato ad urlare, ma non lo fece.
Probabilmente non lo aveva nemmeno notato. «Come stai?» riprovò.
Lana spostò il suo sguardo vuoto dal comodino alla porta, senza ancora proferir parola.
«Io non sto proprio bene,» iniziò lui «..sai, mia madre mi ha mandato qui ad accompagnare mia nonna e probabilmente lei sarà sola».
Harry non sapeva perché aveva iniziato a raccontare la sua giornata a quella ragazza, ma lo stava facendo.
«Lo è.», nonostante il Dottor Kynie l’avesse avvisato, Harry rimase leggermente sorpreso al sentire la voce di quella ragazza; il suo timbro era leggermente roco, probabilmente arrugginito, e si addiceva perfettamente alla sua figura esteriore.
Lana, per l’appunto, aveva dei capelli neri corti fino alle orecchie che contrastavano con le sua pelle bianca come il latte priva di imperfezioni.
«Perché dici questo?» le domandò lui, ma questa volta le labbra di Lana non lasciarono fuoriuscire nessun suono.
«Lo dici perché anche tu ti senti sola?», probabilmente Harry c’entrò il punto, siccome lo sguardo blu di Lana si spostò dalla porta ai suoi occhi.
Per un attimo Harry ebbe paura che Lana gli urlasse contro, invece si limitò ad annuire lievemente.
Harry rimase a fissarla, incapace di parlare. Una strana musichetta si alzò nell’aria; «Oddio perdonami, il mio cellulare!» balbettò lui, spaventato che la musica l’avrebbe potuta terrorizzare, invece poté giurare di aver visto l’ombra di un sorriso agli angoli della sua bocca.
“Ti sei perso per la strada? Andiamo Haz, ti stiamo aspettando per pranzo. Sbrigati!” lesse ad alta voce il messaggio di sua madre e sbuffò.
«Io devo andare, Lana.» sussurrò dispiaciuto alzandosi.
Lana alzò la testa, osservando i suoi movimenti in silenzio e senza lasciare che le braccia lasciassero le sue gambe strette ancora al petto.
Harry si avvicinò alla porta, impugnando la maniglia: «Ti piace la musica?» chiese speranzoso.
Lei annuì leggermente col capo, senza parlare.
«Allora domani ti porto il singolo che abbiamo composto io e la mia band, sai non siamo famosi, ma ci piace lavorare insieme.» le spiegò.
Lei rimase immobile, fissandolo andar via. «Allora a domani, Lana!».
Lana sentì la porta d’entrata chiudersi e l’aria che prima sembrava essersi rinfrescata sembrò iniziare a pesarle di nuovo sulle spalle.
Stretta ancora in una morsa fra le sue braccia, sussurrò due piccole parole, impossibili da udire: «Ciao, Harry».

 
* * *
 
Il giorno seguente Harry si ritrovò, subito dopo aver pranzato, tra le vie trafficate di New York. Si era svegliato presto quella mattina e subito il pensiero di sua nonna gli era balenato nella mente, sapeva di averle promesso di visitarla il giorno precedente e quando si trattava di promesse Harry era sempre pronto a mantenerle.
Aveva la stessa tracolla nera con questa volta all’interno anche un CD contenente il singolo della sua band per farlo ascoltare a Lana. Lana.
Quel nome continuava a rimbombargli nella mente. Harry sapeva solamente il suo nome, ma voleva conoscere la sua storia.
Voleva sapere il perché nessuno l’avesse cercata, il perché Lana fosse lì e perché non parlasse.
«Buongiorno, Harry.» nemmeno si accorse di essere entrato già nel manicomio e che il Dottor Kynie l’avesse affiancato, accompagnandolo verso la stanza di sua nonna.
«Buongiorno a lei, Dottor Kynie.» lo salutò gentilmente il ragazzo, «Oh, ti prego. Chiamami Scott.» lo pregò l’uomo ed Harry si ritrovò di nuovo ad annuire.
«Come si è trovata mia nonna?» chiese.
L’uomo lo fissò sorridendo, il che lo rassicurò un po’: «I primi giorni sono un po’ strani per i nuovi arrivati. Sai, loro non capiscono dove si trovano e l’unica cosa che sanno è che si sentono soli ed abbandonati..» gli spiegò il Dottore «per questo sono felice che tu venga a trovarla».
Harry annuì, e il suo pensiero andò immediatamente a Lana. Era per questo che si sentiva sola? Perché nessuno era stato con lei i primi giorni?
«Ho portato un CD per Lana, posso farglielo ascoltare?» domandò Harry.
L’uomo annuì, «E’ un’ottima idea, Harry! Mi fa piacere che tu sia tornato anche per lei.».
Harry gli sorrise, ringraziandolo per essersi fidato di lui il giorno precedente.
«Posso sapere perché è qui?» domandò di getto.
L’uomo sembrò incupirsi. «Lei è stata vittima di violenze sessuali, Harry.».
Ed Harry nemmeno trovò le parole per rispondergli.


Sua nonna era stata molto felice di rivederlo ed Harry aveva passato più di mezz’ora a raccontarle strane storie di quando era piccolo e lei continuava a sorridere, felice di non essere più sola.
Lei, d’altro canto, gli aveva raccontato di aver chiacchierato per qualche minuto con l’uomo della stanza accanto, ma di aver dimenticato il suo nome.
Ed era dispiaciuta d’averlo fatto, perché quell’uomo era stato molto gentile con lei e le aveva tenuto la mano per aiutarla a sedersi sulla sua sedia a rotelle.
«Credo che ti stia aspettando.» la voce della donna alla scrivania lo fece sobbalzare.
Probabilmente si riferì a Lana, siccome quest’ultima sembrava continuare a fissare fuori alla finestra alla ricerca di qualcosa, o magari qualcuno.
Così s’affrettò ad entrare nella stanza e sorriderle.
«Ehi, Lana!» la salutò lui sventolando la mano e lei sorrise lievemente, finalmente felice di sentire una voce differente da quella dei suoi dottori.
«Come stai?» le chiese di nuovo, sperando che al contrario del giorno precedente, l’avrebbe risposto.
Ma Lana annuì solamente, ed Harry lo prese come un passo avanti. Lo era, no?
«Ti ho portato il CD con il nostro singolo come ti avevo promesso, sei felice?» le chiese esuberante.
Nessuno oltre la sua famiglia aveva mai ascoltato quella canzone, quindi era anche lui un po’ ansioso di fargliela ascoltare. «Sì.» rispose lei ed Harry rimase stupito ancora una volta che avesse risposto, ma non glielo fece notare. Se voleva che Lana parlasse con lui normalmente, anche lui doveva trattarla in modo tale che per lei fosse una cosa semplice da fare.
Harry inserì il CD nello stereo vuoto che si trovava su un comodino accanto al muro e lo accese.
Ci volle un po’ prima che il ritmo della canzone partisse, ma quando lo fece lui si sedette sul letto accanto a lei. Lana sembrò spalancare leggermente gli occhi e si allontanò di qualche centimetro, ma Harry sapeva quanto quest’ultima avesse bisogno dei propri spazi.
«Questa canzone si intitola “Little Things” e l’ha scritta il mio migliore amico, Ed.» le sussurrò lui e lei annuì chiudendo gli occhi.
Quando la voce del suo amico Zayn partì a cantare, Harry fissò le sue spalle muoversi leggermente a ritmo della musica e le sue labbra cercare di muoversi a tempo, senza emettere nessun suono.
«Quello di prima era il mio amico Zayn, questo è Liam.» le spiegò Harry, insicuro sul fatto che lei lo stesse davvero ascoltando.
Le aveva fatto ascoltare la voce di Louis e subito dopo la sua, e Lana probabilmente aveva sorriso. Quando partì l’assolo di Niall, Lana aprì gli occhi.
«Questo è il mio amico Niall.» le raccontò lui.
E Lana sorrise. Ma non si limitò ad inclinare la punta delle labbra all’insù, no.
Sorrise così tanto che Harry riuscì persino a notare la sua dentatura bianca. «Ti piace la sua voce?» le chiese.
Lana annuì senza smettere di sorridere. «Mi piace tanto!» quasi urlò e per quanto Harry non volesse farglielo notare, era sorpreso del fatto che lei avesse iniziato a parlare e a rispondergli quasi sempre.
Persino il Dottor Kynie fuori alla finestra sembrava fissarlo sorridendo.
«Perché ti piace?» domandò curioso lasciando che gli ultimi secondi della canzone terminassero.
Lana allora si girò a guardarlo, questa volta senza sorridere troppo. «E’ acuta e dolce.» gli spiegò lei.
Harry sorrise. «Va bene» borbottò lui non sapendo più cosa fare, poi d’improvviso ebbe un lampo di genio.
«Che ne dici se ti lascio il CD qui nello stereo?» le chiese, «Puoi ascoltarlo tutto il tempo che vuoi e domani magari potrai anche cantarmela.».
Vide il viso di Lana incupirsi e fermarsi un attimo a pensare, come se l’idea di cantare davanti a lui la spaventasse.
«Non voglio cantare.» brontolò lei, ed Harry fu felice di aver sentito un’altra sfumatura della sua voce.
«Va bene, non me la canterai. Ma voglio comunque lasciarti il CD, ok?» le domandò per l’ennesima volta e Lana annuì, senza parlare.
Harry chinò lo sguardo sul suo orologio da polso e quando si rese conto di aver passato più di un’ora fuori casa, si sbrigò a riprendere le sue cose per andar via.
«Io devo andare, ciao Lana.» la salutò con un gesto della mano e questa volta anche lei alzò la sua, scuotendola leggermente da destra verso sinistra.
«Ciao», Harry sorrise alla sua risposta lieve ma coincisa.
* * *
 
Quando Harry andò a trovare la nonna il giorno seguente quest’ultima sembrava molto più felice, l’aveva persino chiamato “Harry” e non “giovanotto” come faceva di solito, e quando lui le aveva chiesto del signore accanto alla sua camera lei gli aveva raccontato di aver parlato di nuovo col lui. Il suo nome era Giorgio ed era italiano ma viveva a New York da quando era piccino. Non sapeva come facesse a ricordare tanti dettagli, ma fu felice di parlare con sua nonna più del solito.
Ora invece si ritrovava per i corridoi alla ricerca della stanza di Lana. «Ehi, Harry!» lo richiamò il Dottore. «Buongiorno, Scott!»
L’uomo si avvicinò e lo abbracciò, lasciando Harry leggermente sorpreso da quel gesto.
«Tu sei un genio!» gli urlò lui ed il riccio non sapeva come reagire a certe parole. «Lana non smette di ballare da quando sei andato via, vieni a vedere!» ed immediatamente si ritrovò catapultato davanti alla finestra della sua camera.
Lana era a piedi scalzi sul pavimento lucido della sua camera e ballava a ritmo della sua canzone.
I suoi capelli neri erano leggermente scomposti e le sue labbra più rosse e vive.
«Ha imparato a memoria l’assolo di quel tuo amico..» si fermò alla ricerca del nome «Niall?» lo aiutò Harry e lui annuì.
«Ieri ha cantato quel pezzo per tutto il tempo mentre l’inserviente puliva la sua camera.».
Scott sembrava felice di vedere una sua paziente così e la cosa che più gli sembrava strana era il fatto che fosse migliorata così tanto dopo solamente tre giorni.
Fu allora che Harry decise di entrare finalmente nella stanza. Lana alzò gli occhi per fissare l’intruso e gli sorrise. «Ciao Lana!» esclamò lui.
Lei si avvicinò a lui prendendogli una mano e tirandolo verso il centro della stanza.
Le mani di lei erano ghiacciate, tanto che lui si ripromise di comprarle dei guanti caldi, e –stando in piedi davanti a lui- si era reso conto di quanto fosse alto rispetto a lei.
«Ti piace ballare?» le chiese euforico mentre si lasciava muovere da lei.
Lei rise, facendo riecheggiare la sua risata in quelle quattro mura: «Io non so ballare!» gli spiegò lei.
La sua voce sembrava molto più limpida, spensierata e felice del solito.
Probabilmente era stata la musica ad aiutarla e quasi sicuramente aveva trovato nella voce di Niall qualcosa che le ricordasse la vita.
Passarono altri cinque minuti a ballare, o meglio, a muoversi e saltare per la stanza insieme fin quando Lana non decise di spegnere la radio.
«Posso farti una domanda?» chiese lui vedendola gettarsi di peso sul letto e fissare il soffitto.
Lana non rispose, così Harry decise di farla comunque: «Come ti chiami?».
«Lana.» rispose lei ovvia chiudendo gli occhi e respirando, cercando di riprendere fiato.
«Intendo il tuo vero nome.» balbettò Harry grattandosi il capo, leggermente intimorito.
Lana aprì i suoi occhi, fissandolo. «Io non sono più Yolanda Alter, io sono Lana.» gli urlò e la sua voce sembrò quasi arrabbiata.
«Sono Lana e basta!» urlò con tutta la sua voce, tanto da spaventare Harry. Quest’ultimo infatti, indietreggiò spaventato.
Lana ritornò a fissare il soffitto mentre il Dottor Kynie decise di entrare e far uscire Harry.
«Scusa se sono stato invadente, Lana.» si congedò Harry prima di uscire dalla stanza.
La voce della ragazza però lo fermò: «Harry, a me piacciono molto anche le stelle».


 
* * *
 
Harry aveva chiesto a Scott di poter pitturare la stanza di Lana.
Dopo ciò che era successo il giorno precedente, il Dottore decise di far uscire Lana dalla stanza e lasciare Harry al suo “lavoro”.
Il giorno precedente Harry non era riuscito a dormire tranquillamente, continuava a sentire la voce di Lana dirgli: “A me piacciono molto anche le stelle”. E non riusciva a trovare il senso di tale esclamazione. Prima aveva ballato con lui, poi gli aveva urlato contro e poi gli aveva detto che “le piacevano molto anche le stelle”, non riusciva proprio a collegare le tre cose.
«Cosa hai intenzione di fare, ragazzino?» la voce della signorina Ellie, più conosciuta come la donna alla scrivania, lo fece sobbalzare.
Harry le sorrise: «A Lana piacciono le stelle e nella sua stanza non ci sono finestre per poterle vedere.» le spiegò.
«E con questo?» domandò ancora Ellie.
Harry ridacchiò, pitturando ancora una volta di nero il soffitto della camera. «Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.» spiegò.
Ellie lo fissò stranita. Stava impazzendo anche lui?
«Insomma Ellie!» sbottò Harry «Se Lana non può vedere le stelle dalla finestra, vuol dire che le vedrà alzando la testa al soffitto».
Ellie sorrise. Sì, Harry era proprio impazzito.


Un urlo, questa volta di gioia, fece spaventare il riccio. Aveva finito il suo lavoro da ben dieci minuti e stava aspettando che il tutto si asciugasse, ma evidentemente Lana di aspettare non ne aveva proprio voglia. «Le stelle!» urlò lei gettandosi sul letto accanto al ragazzo.
Harry sorrise; aveva dapprima colorato di nero il soffitto, per poi disegnare dei piccoli puntini bianchi dovunque. «Ti piace?» chiese lui, e fu sorpreso nel notare il suo tono di voce più lieve del solito.
Aveva paura di spaventarla. Aveva paura che iniziasse ad urlare di nuovo, e Lana se ne accorse.
«Scusami, Harry.» sussurrò lei mettendosi a sedere.
Era la prima volta, forse, che entrambi parlavano come se fossero due esseri umani qualsiasi. Come amici che avevano litigato per una stupidaggine.
«Non volevo urlarti contro.» continuò lei chinando lo sguardo.
«Non preoccuparti. Avevi ragione tu, Lana.» la tranquillizzò lui, «Non avrei dovuto impicciarmi.» le spiegò e lei scosse la testa.
«Se non ti fossi impicciato probabilmente ora non saresti qui con me, ed io sarei ancora sola.» disse lei sorridendo.
Persino lei si sorprese dopo aver parlato così tanto.
Ricordava ancora le parole di quel lurido che la obbligavano a star zitta, a non urlare perché sennò lo avrebbero sentito.
«Sei felice che io sia qui?» le chiese lui, ma lei non rispose.
Era stata troppo tempo in silenzio ed ora aveva paura di esternare così facilmente i suoi sentimenti ad un estraneo. Perché Harry era un estraneo, giusto?
«Forse.» rispose lei e fu sorpresa nel sentire il riccio ridere. Fu allora che allungò la sua mano verso i capelli di Harry e prese a massaggiarli.
«Mi piacciono le stelle.» gli disse ancora. Harry rise, chiudendo gli occhi. «L’avevo capito.» specificò lui e lei sorrise.
«Mi piacciono perché sono lì che brillano mentre tutti dormono e nessuno le nota, ma loro continuano a brillare.» gli spiegò e lui rimase sorpreso da quelle parole. Erano tanto poetiche quanto vere.
«Allora ti chiamerò Luna.» sbottò all’improvviso Harry.
Lei lo fissò stranita, «Luna?» domandò.
«I nomi Luna e Lana sono simili, giusto?» e lei annuì. «Però Lana mi ricorda tanto quella ragazza chiusa in se stessa su quel letto. La ragazza che ha paura. Mentre Luna è più aperta..» si fermò per riprendere fiato «Luna riesce a gestire le sue stelle e brillare con loro.» le spiegò.
Impercettibilmente la ragazza si ritrovò a stringergli la mano.
«E’ un bel nome Luna.» sussurrò lei e lui sorrise. «Lo so.»
«Mi piace.»
continuò ancora iniziando a ridere, lasciando Harry basito.
«Io ho cancellato i ricordi di Yolanda, ho sconfitto la paura di Lana ed ora sono Luna!» urlò iniziando a saltare sul letto e ridendo.
Se Harry non lo sapesse già, probabilmente le avrebbe dato della pazza.
«Io sono la luna!» rise toccando le stelle contro il suo soffitto.
E continuò così per tutta la serata, perché lei era proprio come la luna ed era bella, come la luna. Misteriosa come la luna, imperfetta come la luna. E brillava, come la luna.
* * *
 
Harry continuò ad andare tutti i giorni al manicomio per visitare sia sua nonna, sia Luna.
Tutti ormai amavano questo nome che le si addiceva tantissimo. Il Dottor Kynie aveva parlato con Harry di una sua idea; voleva che Luna uscisse dal manicomio ed andasse a vivere da sola.
Voleva che tornasse alla vita quotidiana che tutti vorrebbero avere, magari in un’altra città con altri amici e nuovi ricordi, magari anche con una nuova identità. E Luna aveva accettato ad una sola condizione.
«Harry deve venire con me,» gli disse «..perché la luna senza le stelle non è niente.».
Ed Harry aveva sorriso. Perché lui aveva dato la sua luce per salvare quella ragazza, e l’avrebbe fatto di nuovo.

 
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Aloha bellissime!
E' da tantissimo che non pubblico una one-shot e boh, ieri notte ho fatto un incubo e quando mi sono svegliata ho pensato
di fare una one-shot. Grazie incubo, grazie! 

Ho provato a continuare la mia ff 
ma purtroppo sono riuscita a scrivere solamente un altro capitolo, inutile da pubblicare. 
Chiedo scusa!

Anyway, spero che questa stranissima os
(stranissima sì, perché non so quale parte del 
mio cervello l'abbia sfornata)
vi piaccia! 
E' molto diversa da quelle che faccio di solito ma credo che sia la mia preferita.
(dico così ad ogni os,
ma ora non mento!
)

Mi aspetto pareri personali, critiche e chi più ne ha, più ne metta!
-vostra infinitamente matta, Martina!

ps:
chiedo scusa anche per l'orrendo banner che ho fatto, ma purtroppo non so ancora usare bene gimp! :) 

TWITTER: @IndelibleSign
 
  
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