parlerò con parole nere e vuote è catrame quello che scorre, come sangue sul mio stilo è inchiostro corrotto da lacrime salate, emozioni; che non saprà mai esprimere, poichè resterà nero, impassibile. è divorato il mio stilo da un veleno intenso è una spada avvelenata che fende impietosa la bianca pelle della musa graziosa, che muta resta, sotto questo grave e io son ultimo pensiero. A te sol penso, immerso nella gravezza della bellezza. Il suo cor è un carion di magica musica leggera, ballata dal respiro suo soave Le rose del mattino chino il capo avrebbero, dinnanzi alle sue labbia; e come vipere gelose appasirebbero. i suoi capelli sono fresche sterpi, agravigliate, ritorte, fiortite, nidi d'usignolo, ove col cor ferito rifugge. Ed io vorrei illudermi, oh mia amata musa, di poter essere viva primavera. vorrei essere la terra che calchi sol per poter esser tuo sostegno, la rosa che celebra il tuo candore ma illuso resterò invischiato, come la colomba c'ama il sorbo, che porta la sua fine. Oh Lara, povera colomba di carta Oh poeta, povero sorbo d'inchiostro