Immerse le mani nell'acqua gelida del lago, assaporando i miasmi che si levavono in volute dalla acque malsane. Tutto lì attorno parlava di corruzione e miseria. Alle sue spalle s'intravedeva la sagoma maestosa di un organo, le cui canne erano spezzate come la sua mente, i cui frammenti vagavano in cerchio nel buio oscuro della sua anima, come i pezzi degli spartiti che aveva stracciato si depositavano sulla superficie piatta dell'acqua. Una lacrima si addensò in quell'occhio fisso e folle, e infranse in cerchi concentrici lo schermo piatto del lago, e ad essa fece seguito un sospiro, unico suono in quell'antro che un tempo aveva accolto le note di un Angelo della Musica, un angelo dalle ali strappate e ancora frementi, che non guardava nemmeno più al Paradiso dall'Inferno in cui agonizzava.

Torna, Christine, torna...torna da me.

Iniziò a preparare i bagali lentamente, metodicamente. Per la prima volta da molto tempo, aveva la mente chiara. Non voleva bere. Non voleva fare più niente se non lasciarsi lì a morire, ma continuò a radunare le sue cose come un automa, senza sguardo, senza vita.

Lo distrasse un suono proveniente dall'esterno, una voce di donna impegnata in estrosi virtuosismi. L'amore non muore mai, cantava la voce dell'Angelo. Sopratutto quando non è mai nato,si sorprese a pensare.

Gettò uno sguardo all'orologio, non voleva perdere il traghetto. Gli venne in mente che forse lei sarebbe tornata da lui comunque, che lei non era a conoscenza di quell'assurda scommessa, e fu in quell'istante che li vide. Lui le teneva il viso tra le mani e la baciava, quasi divorandola, quasi volesse recuperare il tempo perduto. Ma il tempo non torna, Fantasma. E se quella notte fossi rimasto, avremmo tutti sofferto molto meno.

Chiuse la valigia con uno scatto secco. Non aveva versato neanche una lacrima.

Un cuore morto non può piangere.