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Autore: lilyhachi    02/01/2014    5 recensioni
(AU; Storybrooke; highschool; Peter Pan/Wendy Darling)
Se Peter e Wendy fossero due liceali che si ritrovano a Storybrooke alle prese con la vita di tutti i giorni e con le loro "controparti"? Da questa domanda, che mi sono posta spesso durante la terza stagione, è nata un'idea abbastanza strana che mi ha spinta a dare vita a questa storia. Spero che vi piaccia e buona lettura.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Wendy, Darling
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dimenticali, Wendy. Dimenticali tutti.'
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And if I try to get close he is already gone.
Don't know where he's going. Don't know where he's been.
He is restless at night. He has horrible dreams.
So we lay in the dark cause we've got nothing to say”.
(Daughter - Run)
 
Things I hate about you
 
I

Your memory
 
Leave me out with the waste, this is not what I do.
It's the wrong kind of place to be thinking of you.
It's the wrong time for somebody new.
It's a small crime and I've got no exuse”.
(Damien Rice - 9 crimes)
 
Una serie di singhiozzi strozzati destarono la bambina dal suo sonno profondo.
Si stropicciò gli occhietti azzurri ancora colmi dei sogni che avevano popolato la sua mente fino a poco fa e scese dal letto, tenendo il suo Teddy stretto nella mano destra. La casa era avvolta nel buio, solo una luce appena accennata proveniva dal piano inferiore, precisamente dal soggiorno.
Come ogni notte, stava sognando di librarsi nell'aria insieme a tutti gli eroi di cui la mamma le raccontava ogni sera. Quelle storie meravigliose e straordinarie la spingevano a rannicchiarsi nelle coperte ogni volta, sapendo che non appena i suoi occhi si sarebbero chiusi, lei sarebbe sprofondata in uno dei tanti mondi che la mamma le aveva permesso di immaginare grazie alle sue storie. Eppure, ad un tratto, si era precipitata giù, destandosi e interrompendo uno di quei sogni magnifici. Cominciò a scendere gli scalini e ad ogni passo che la piccola compiva, i singhiozzi si intensificavano rendendo sempre più udibile quella tristezza trattenuta che qualcuno stava tentando di soffocare fra le lacrime. Chi stava piangendo al piano di sotto?
Sembrava si trattasse di un giovane anche se lei non avrebbe potuto dirlo con certezza.
Diede un ultimo sguardo verso le scale, sperando che la mamma e il papà stessero dormendo.
Se l'avessero vista in piedi nel bel mezzo della notte, l'avrebbero fatta tornare a letto di corsa.
Una volta scese di sotto, la bambina notò che sul divano del salotto giaceva un ragazzino stretto nelle sue gambe con la testa poggiata sulle ginocchia, e una chioma biondo scuro tutta scompigliata. Lei inclinò la testa di lato, osservando meglio la scena.
Lo sconosciuto non si era accorto della sua presenza, continuando a singhiozzare lievemente.
“Ragazzo, perchè piangi?” (1), chiese la piccola in un sussurro, che fece balzare il giovane, portandolo ad asciugarsi le lacrime immediatamente, come un criminale appena colto in flagrante. Si ricompose subito, cercando di nascondere in tutti i modi che stava piangendo.
Sembrava lei quando la mamma la coglieva sul fatto a mangiare i biscotti che tanto le piacevano oppure quando restava sveglia a sfogliare i libri solo per guardare le figure, capaci di farla sognare in ogni momento della giornata. Lui aveva pianto e sembrava vergognarsene.
Era soltanto un ragazzino. Tutti i bambini piangevano, anche lei.
Piangeva quando il papà la sgridava. Piangeva quando la zia andava a trovarli.
Piangeva quando aveva gli incubi. Piangeva quando il papà cercava di toglierle Teddy oppure quando la rimproverava perchè passava troppo tempo con i suoi fratellini e con Nana.
Era libero di piangere anche lui: le sue guance erano ancora rigate dalle lacrime che aveva frettolosamente asciugato mentre qualcuna era rimasta intrappolata fra le ciglia, come fossero gocce di rugiada pronte a cadere sui suoi zigomi.
“Non stavo piangendo”, si giustificò lui, distendendo le gambe e osservando meglio la bambina.
Era avvolta in un pigiama rosa pallido decorato da tanti piccoli cagnolini, mentre il viso ovale era incorniciato da lunghi boccoli castano scuro. Gli occhi vispi e azzurri lo scrutavano con attenzione, come se stesse cercando di immaginare cosa lo avesse spinto a piangere in quel modo tremante e quasi impaurito. Pur trattandosi di una bambina, il suo sguardo sembrava quasi scartarlo, come fosse qualcosa da scoprire per mano di quella ragazzina indagatrice.
“Come ti chiami?”, domandò lui, tirando su con il naso.
La piccola fece un lieve inchino. “Maggie Moira Angela Banning”. (2)
Il ragazzino si sforzò di non ridere, suscitando uno sguardo furente di lei.
“Cosa ridi?”, chiese, mettendo il broncio.
“Il tuo nome è strano”, asserì lui con una mano sulla bocca e gli occhi chiari fissi su di lei.
“Lo ha scelto la mia mamma”, berciò la piccola a braccia conserte, dandogli le spalle.
“Maggie! Cosa fai lì?”.
La mamma aveva sceso le scale, avvolta nella vestaglia rossa ed era corsa verso la piccola.
“Dovresti essere a nanna da un pezzo”, la rimproverò la donna, il cui viso non aveva mai nulla di serio o minaccioso con i suoi occhi nocciola e le labbra sempre incurvate in un sorriso dolce, nel quale si nascondeva un bacio, proprio sull'angolo destro.
“Dormivo”, rispose Maggie con decisione. “Solo che lui mi ha svegliata”.
Christine, così si chiamava la sua mamma, guardò il giovane e poi si rivolse a Maggie.
“Fila a letto, lui sarà nostro ospite soltanto per questa notte”.
Prima di andare via, la piccola si sporse verso la mamma, allungando le braccia.
“Aspetta”, esclamò con una mano a mezz'aria.
Maggie corse verso il divano dove era seduto il ragazzino e tolse un ciondolo che aveva al collo, porgendolo a quello strano ospite, ricevendo in risposta uno sguardo piuttosto confuso.
“Cos'è?”, chiese lui, stringendo fra le mani quella che sembrava essere una piccola ghianda.
“E' un bacio”, disse lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “E' una cosa potente, ti fa sentire meglio anche quando sei triste...come lo sei tu adesso”. (2)
Lui aprì la bocca, solo per affermare che non era affatto triste, ma l'espressione della piccola glielo impedì: si era mostrata così dolce e a tratti ingenua che contraddirla sarebbe stato un crimine. Sapeva cosa era un bacio e l'oggetto che Maggie gli aveva donato non vi corrispondeva per niente, ma lei era soltanto una bambina, così mise il ciondolo al collo e le sorrise.
“Grazie”, affermò lui un po' titubante e poco convinto dalle sue parole.
“Come ti chiami?”, chiese Maggie, mentre la mamma la prendeva in braccio per portarla di sopra.
“Io sono Jeremy...Jeremy Barrie”. (3)
 

Maggie odiava a morte quel ricordo, soprattutto per il contrasto che creava con la figura ben diversa che era costretta ad incrociare ogni mattina nei corridoi della scuola.
Jeremy Barrie non aveva nulla del bambino che aveva incontrato quella sera di tanti anni fa e, a dirla tutta, era fermamente convinta che avesse rimosso quel ricordo dalla sua mente, visto che si comportava proprio come se non la conoscesse. Riusciva a rivolgerle la parola soltanto per punzecchiarla e schernirla, come se l'avesse presa di mira. Di quella vulnerabilità che aveva visto, attraverso le sue guance rosse e rigate dalle lacrime, e attraverso gli occhi lucidi non era rimasto niente, soltanto uno spaccone pieno di sé che la guardava di sottecchi e con sorriso canzonatore. Ogni volta che lo incontrava, quel ricordo partiva in automatico, facendosi spazio fra tutti i pensieri che normalmente occupavano la sua mente. Infatti, quando realizzava di avergli anche donato quel ciondolo che aveva fatto lei stessa da piccola, un moto d'ira la scuoteva, facendole venir voglia di dare uno strattone a Jeremy e ordinargli di restituirle ciò che gli aveva regalato. Maggie ne era certa: Jeremy non possedeva più quell'oggetto e se ne era certamente sbarazzato. Quella sensazione era l'unico motivo che la spingeva a non dargli addosso ogni volta che lo vedeva. Odiava Jeremy, e odiava quel ricordo che aveva di lui.
 
 
Angolo dell'autrice
 
  • (1) frase ripresa dal film “Hook – Capitan Uncino” del primo incontro fra Wendy e Peter;
  • (2) il nome di Wendy è abbastanza simile a quello originale, cambiano solo il primo nome (Maggie) ispirato alla figlia di Peter nel film “Hook – Capitan Uncino” e il cognome (Banning) ripreso dallo stesso film;
  • (3) il nome di Peter è ripreso dall'attore che ha interpretato Peter nell'ultimo film (Jeremy Sumpter) mentre il cognome viene da James M. Barrie;
  • (4) la storia sarà una AU, quindi niente maledizione o altro, soltanto i nostri personaggi alle prese con una vita normale ma che riporteranno alcune caratteristiche delle loro vere identità.
  • (5) il motivo per cui Jeremy si è ritrovato a casa di Maggie da bambino verrà spiegato nei prossimi capitoli.
Bene, con questa nuova storia ho ufficialmente deciso di scavarmi la tomba da sola ma giuro che non è colpa mia...solo che ci sono persone cattivissime che mi tentano in continuazione ç_ç comunque, ci tengo a precisare che non si tratta di una vera e propria storia, bensì di una raccolta: ho deciso di optare per una raccolta di flash/one shot incentrate sui personaggi di questa AU, ambientata a Storybrooke. Pur non trattandosi di una storia, cercherò di mantenere una linea ben precisa ma ogni capitolo sarà una shot o una flash. Il titolo fa riferimento a tutte le cose che i due protagonisti odiano l'uno dell'altra.
Quindi, i capitoli riprenderanno questa linea...ok, non so se mi sono fatta capire ma spero di sì. In caso contrario, vi incito sempre al libero lancio di ortaggi/ciabatte e oggetti vari. Credo di aver detto abbastanza, quindi smetto di tediarvi e vi saluto. Fatemi sapere cosa ve ne pare di questo primo capitolo con un commento, anche piccino piccino. Ringrazio vivamente la ciurma (tentatrice!) del gruppo di OUAT che mi ha praticamente “spinta” a scrivere questa storiella senza capo né coda e la pagina
Photoshop is the secret to my power ~ per il meraviglioso banner <3
Alla prossima, un abbraccio :)
 
   
 
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