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Autore: Shadow Nameless    25/05/2008    1 recensioni
Occhi impregnati di dolore, sorrisi avvolti dal rimpianto e ricordi che dilaniano l'anima.
Il passato ci ha distrutto, il presente ci uccide ed il futuro è solo una pallida speranza.
Che cosa ci è successo?
Genere: Mistero, Introspettivo, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lapidi

Per quanto m’irritino le note ad inizio capitolo in questo caso è d’obbligo, vista la natura ingannevole della storia.

Prima di tutto: è lunga, avvolta da misteri ed… OOC con motivazione – ergo, sì alcuni personaggi hanno ben poco a che fare con l’originale, ma non è stato fatto a caso, ogni cosa ha un suo perché che spesso non è il primo che viene rivelato. Le parole “bisogna scavare a fondo per scoprire la verità” sono un po’ la colonna portante di questa storia.

La storia inizierò con Hinata – non quella che conoscete – ma è solo un pretesto per dare il via e presentare situazioni e personaggi.  

Quand’è ambientata la storia? Awn, questa è difficile. Dovrebbe andare catalogata fra le “ What if…” sono passati cinque anni dal tradimento di Sasuke, ma Naruto non ha mai rimesso piede al villaggio, continua invece il suo allenamento con Jiraya. Verranno comunque riprese molti elementi della trama dello shippuden^^.

Mhm… che altro dire? Oh, che stupida, stavo quasi dimenticando. In questa fan fiction s’intervalleranno coppie etero ed omosessuali (non yuri, ma yaoi)… diciamo anche che quelle etero sono ben poche^^’’’ e anche quelle… err… leggete per capire^^’’’’.

 

Gli aggiornamenti dovrebbero essere regolari – come vedrete dalla data in fondo al capitolo la storia è stata iniziata circa un anno fa, ma ho aspettato per iniziare a pubblicare così da portarmi avanti e non restare senza materiale in caso di “blocchi” o un qualsivoglia problema.

 

Nota: I personaggi non mi appartengono, sono maggiorenni e comunque non realmente esistenti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

 

Capitolo introduttivo, quindi corto ù_ù

 

 

Red Hands

 

   -My hands are dirty?-

 

Correva, correva il più veloce possibile.

Presto, o sarebbe stato troppo tardi.

Oppure lui…

Doveva correre.

Perché sapeva che la stava aspettando.

Non lo avrebbe abbandonato.

No, non era tardi.

 

Se solo le lacrime l’avessero smessa di offuscarle la vista  permettendole di tornare a vedere…

 

Camminava, profondamente annoiata, per le strade di quel paese in cui non era mai stata, ma di cui conosceva ogni strada, ogni stupidissimo vicolo.

Lavoro.

Come sempre.

Incurante della pioggia fingeva di non guardarsi intorno – oh, fingeva ovviamente, il suo lavoro non le permetteva altrimenti.

Memorizzare.

Prima regola.

Anzi no, quella era la seconda, la prima era…

Uccidere.

Sbuffò, la maggior parte delle persone erano rientrate nelle proprie case. Il freddo e la pioggia sembravano aver costretto anche i pochi ragazzi desiderosi di libertà a chiudersi nelle proprie stanza con sul volto un broccio infantile – come da copione.

Un po’ di mal tempo che, se non si aveva un testo sopra la testa tendeva a divenire fastidioso.

Oh, non fraintendete!

Lei aveva un luogo in cui tornare, in caso contrario le sarebbe bastato uccidere qualcuno e rubarglielo.

Facile.

No, doveva essere stancante per quei volti tutti uguali, che conoscevano una sofferenza simile, ma sempre diversa.

Bambini, anziani, uomini, donne…

Barboni.

Spazzatura.

Sospirò.

Aveva altro da fare e di certo perdere tempo a pensare a cose stupide non l’avrebbe aiutata a finire in fretta la missione e a tornare a casa sua.

Casa.

Nh…

Era meglio trastullarsi con stupidi pensieri che ricordare le persone che l’avrebbero accolta una volta entrata in quelle mura – deprimente.

Con l’ennesimo pesante sospiro della serata sparì, in una nuvola di fumo.

 

 

Hinata aveva sempre amato la musica.

La musica e la danza.

Ma adesso, per lei, avevano assunto un ruolo fondamentale.

Vitale.

Poiché facevano parte di quelle poche cose che, ancora, riuscivano a farla sentire viva.

Anche se sapeva bene di non esserlo più da tempo.

 

 

Le braccia incrociate sul petto, il corpo protetto da una leggera armatura argentea, una maschera bianca sul volto, il sorriso maligno di un Gatto.

Pronta… anche se profondamente irritata.

Se le sue informazioni non erano errate l’obbiettivo era nel palazzo di fronte. Quell’enorme costruzione che trapelava ricchezza da ogni poro e che, sinceramente, le dava il volta stomaco… peccato che non le fosse stato ordinato di distruggerlo… con tutti coloro che lo abitavano dentro, preferibilmente.

Sbuffò.

Entrò scassinando la serratura di una delle tante finestre arrivando in un corridoio praticamente deserto.

E, lì, si fermò.

Inclinò il volto di lato.

Era vicina.

Probabilmente prima dell’alba sarebbe stata lontana da questo villaggio.

Oppure sarebbe morta.

Sorrise.

No, ghignò.

Oh, ma tanto non aveva niente da perdere.

Era già morta – l’aveva deciso tempo prima, con la stessa facilità con cui aveva scelto i vestiti da indossare la mattina prima.

E sempre con quel maledetto ghigno sulle labbra iniziò a correre.

 

 

Erano belli i fiori.

Lo sapeva, ma… non riusciva ad apprezzarli. Al diavolo l’Ikebana!

Odiava i fiori!

Perché erano deboli.

Sbocciavano in primavera, orgogliosi e splendenti, ma una folata di vento troppo freddo li distruggeva in pochi istanti - poi aveva scoperto che esisteva un fiore piccolo, bianco, che cresceva sulle montagne, dove poco altro riusciva a sopravvivere.

Aveva iniziato a rivalutare i fiori.

Non tutti.

Ma alcuni si.

 

 

Un’ombra si stacco dalle altre presenti del corridoio scagliandolesi contro, veloce e silenziosa con un Sai recise la giugulare del ninja, e mani, le si tinsero di rosso - storse il naso all’odore ferroso del caldo liquido.

Odiava il sangue.

Più o meno.

Continuò a correre - secondo le sue informazioni doveva andare in fondo al corridoio, a destra e… e poi andare a caso, non sapevano esattamente in che camera si trovasse il target.

Il Daimyo di quel luogo doveva aspettarsi qualche rappresaglia vista la sua ossessione nel spostare giornalmente, da una stanza all’altra, l’Obbiettivo rendendo praticamente impossibile la sua esatta individuazione prima della missione.

 

 

Musica, danza… fiori.

Sì, una ragazza nella norma.

Una come tante, ma…

Ma lei aveva gli occhi bianchi.

Ma suo padre era un capo Clan.

Ma lei era debole.

E, soffrendo, aveva imparato a diventare forte, per il sole.

Ma, come tale, era irraggiungibile e tentando di librarsi nell’aria verso di lui le sue ali avrebbero potuto finire con lo sciogliersi.

Non voleva.

Amava troppo volare per rinunciarvi.

 

 

Doveva essere un uomo molto stupido.

Oppure molto vigliacco.

Perché se davvero avesse voluto proteggerla l’avrebbe mandata lontana da quel posto così scoperto, lontano da lui e dai suoi errori, invece…

Aveva solo saputo affidarla a shinobi di serie C che non portavano neanche il coprifronte di un qualsiasi villaggio. Non che mandarla via o farla proteggere da ninja degni di questo nome sarebbe servito a molto, sia ben chiaro, ma di certo le avrebbe resto il lavoro più complicato…

O più divertente?

Sorrise.

Un passo.

Leggero, ma sentito.

E le sue mani divennero ancora una volta rosse.

 

 

Poi il suo sole era sparito.

Così, da un giorno all’altro era andato via dal villaggio.

Per allenarsi, certo.

Per diventare più forte.

E così lei era ripiombata nelle tenebre.

E, fra le ombre il suo corpo aveva iniziato a decomporsi.

 

 

Trovo facilmente la stanza.

Intuito?

No, semplicemente quel Daimyo da quattro soldi era ancora più stupido di quanto pensasse visto che quella era l’unica con, davanti alla porta, due guardie armate.

Tentò di ignorare la stupida l’idea che a guidarla sin lì era stato un dolce profumo di pesca capace, anche se per pochi istanti, di farle dimenticare il forte odore del sangue appena versato.

Fece una smorfia.

Neji avrebbe detto che erano pensieri stupidi.

Ma Neji era morto.

Oppure lo sarebbe stato presto.

Perché quelli come lui non vivono a lungo, le persone che credono che un segno sulla fronte le incateni a qualcosa o a qualcuno… le persone incapaci di accorgersi della realtà che li circonda…

Sono cadaveri che camminano.

Sorrise.

Ghignò.

Non che lei fosse diversa.

Ma tanto era un cadavere da così tanto che non ricordava più da quanto aveva iniziato a definirsi tale.

 

 

Sarebbe stupido dire che era colpa di Naruto se lei era diventata quello che era.

Ma sarebbe altrettanto stupido non ammettere che la sua sparizione aveva innescato una serie concatenata di eventi che l’avevano quasi portata alla distruzione.

Semplicemente aveva iniziato a porsi delle domande.

Domande che mai avrebbe mai potuto pronunciare ad alta voce.

Quindi, non potendo chiedere a nessuno si era ritrovata a doversi rispondere da sola.

E, si sa, è insensato mentire a se stessi.

Certe cose le aveva trovate ingiuste.

Alcune stupide, ma…

Ad ogni risposta qualcosa si rompeva, si spezzava.

E non sempre ciò che, con fatica, si riesce a ricostruire rispecchia ciò a cui volevamo dar vita.

Poi, in un giorno di pioggia tutto aveva iniziato ad andare meglio.

Poi, in un giorno di pioggia il suo fragile castello di vetro era andato in mille pezzi.

Questa volta, però, i pezzi erano rimasti abbandonati fra le ombre.

 

Ignorando i tre cadaveri ai suoi piedi – una donna e due uomini… buffo! Sembravano un gruppo di Genin… vecchiotti. Rise – entrò nella stanza senza tante cerimonie.

Non tentò di essere né silenziosa né discreta.

Un morto in più non le avrebbe cambiato la vita, anzi l’idea d’incontrare qualcuno di veramente forte l’allettava.

Sospirò.

A chi voleva darla a bere?

Certo, l’idea di un bel combattimento la faceva sorridere, ma non era quello il punto. Odiava quel genere di missioni, preferiva di gran lunga dover sterminare un intero gruppo ninja che…

Fece una smorfia tentando di reprimere un leggero moto di disgusto, non avrebbe più fallito una missione e quella lo era – per quanto se l’avesse raccontato nessuno le avrebbe creduto. Non era una missione da ninja di Konoha, quella.       

Almeno apparentemente.

Più passava il tempo più iniziava a dubitare della cosiddetta purezza della Foglia -dopotutto Orochimaru da qualche parte doveva pur essere venuto fuori e…

Un Hokage dal cuore gentile in pace può facilmente diventare uno spietato assassino in tempi di guerra.

Scosse la testa- sciocchezze.

Posò i freddi occhi bianchi sull’infantile mobilio della camera.

Tanti, tanti peluche. Qualche bambola di pezza e, sul pavimento, dei libri da colorare in disordine.

Infine li vide.

Due occhi verdi terrorizzati.

-Chi sei?-

Hinata sorrise a quella bambina di poco più di quattro anni dai lunghi boccoli biondi.

-Io? Nessuno.-

-Sei venuta per farmi del male?-

Non rispose.

 

 

Aveva iniziato a disinteressarsi di ciò che la circondava.

Della sua famiglia, dei suoi amici.

Per la prima volta da quando era nata si era messa al centro del suo mondo.

Egocentrismo?

Forse.

Ma le serviva.

Forse non per vivere, ma per sopravvivere andava bene – era un inizio.

Per carità, non fraintendetela, non aveva fatto niente di eclatante.

Si era lasciata più di una cosa alle spalle – aveva un obbiettivo, adesso.

E, in silenzio, fra il totale disinteresse delle persone che amava- sì, amava, ormai non erano altro che corpi che camminavano, parlavano, creature del tutto irrilevanti nella sua vaga esistenza – era andata avanti.

Chunin, Jonin -Anbu.

Era stato a quel punto che aveva capito una cosa importante.

Nel furore della battaglia, fra le urla dei propria nemici – dei propri compagni non sapendo se avrebbe visto l’alba del giorno dopo. Costretta ad ignorare a ciò che aveva dovuto rinunciare sulla sua strada, obbligata a rialzarsi anche se mal ferma sulle gambe…

Si era sentita bene - Sì, bene, perché in quegli attimi di furore riusciva a dimenticare anche i loro volti.

E se per sentirsi di nuovo in pace era costretta ad uccidere delle persone… allora era un prezzo accettabile.

Nel momento stesso in cui aveva realizzato che traeva gioia dalla morte delle altre persone aveva iniziato a pensare a se stessa come un cadavere.

Una creatura pari a quelle su cui camminava con il sorriso sulle labbra

Ed era perfetto.

 

 

Aveva smesso di piovere, finalmente – o era un peccato?

Amava il profumo di erba e terra che si respirava nell’aria dando un’illusione di purezza che continuava a vivere solo continuando ad ignorare il fango che ricopriva le strade.

Alzò il volto al cielo, ma la maschera le impediva di assaporare il vento gelido sulla pelle.

Alzò le mani verso la notte infinita, ma restavano ancora sporche.

Come lei.

Chissà quando l’odore della morte avrebbe ricominciato ad impregnare l’aria?

Chissà quando l’odore di morte avrebbe smesso di avvolgerla?

Sorrise, era un cadavere.

E come un fedele amante non l’avrebbe lasciata – mai.

 

 

28/06/2007

Ringrazio la TerresteCrazyForVegeta per aver commentato Hinata's House^^ sono felice che ti sia piaciuta tanto^^.

A presto.

 

Nameless

  
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