Fanfic su attori > Coppia Hemsworth/Hiddleston
Segui la storia  |       
Autore: Angeline Farewell    03/01/2014    7 recensioni
Cross-over Thunderfrost-Hiddlesworth
[...]Con Chris dimenticava persino quella parte fosse mai esistita, non aveva mai sentito come un’urgenza imprescindibile quella di mostrare il suo profilo migliore, mai.
Poi si erano baciati sotto un cielo troppo grande ed un sole troppo caldo, e non una volta aveva pensato fosse stato inopportuno, non una aveva pensato avessero qualche rotella fuori posto entrambi, o lui soltanto, perché baciare Chris era stato come ritrovare la coperta azzurra che non sapeva di aver perduto.[...]
[Questa storia va letta come naturale seguito di Såsom i en spegel, rimando quindi alla lettura della storia per la comprensione degli eventi.
La storia tenta di seguire il filo degli avvenimenti realmente accaduti fino al 17 Aprile 2011, data della Premiere australiana di Thor, da quel momento in poi, è tutto da considerare una mia totale invenzione. Nel primo capitolo, ulteriori ragguagli e warning.
]
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Chris Hemsworth, Tom Hiddleston
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Samskeyti '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nio.

 

 

Atto IX, Scena I.

L’aria era tersa e frizzante come sempre dopo i festeggiamenti della Yule, piccole nubi bianchissime e capricciose s’inseguivano nel cielo altrimenti azzurro.

Il Regno Eterno si rallegrava del dono ricevuto, perché la nuova Yule aveva ammorbidito la risolutezza del sovrano e aveva riportato a casa il principe d’oro, perdonato per qualunque infrazione avesse commesso. Era stato graziato anche l’altro, ma il principe cadetto era sempre stato troppo sfuggente per essere davvero amato e nessuno si era mai davvero stupito del suo esilio.

Nessuno s’era mostrato, non v’erano stati proclami, ma la voce e poi certezza s’era sparsa in fretta, e il ritorno dell’azzurro ne era stata la prova definitiva.

E anche Loki fissava quell’azzurro oltre la trifora per non doversi scontrare con quello di altri occhi che non voleva incontrare.
Quella ch’era stata l’illusione della sua famiglia era nuovamente con lui, una non-madre amatissima e amorevole, un non-padre temuto e bugiardo, un non-fratello su cui non voleva soffermarsi.
Avevano tutti mille cose da dire eppure non un fiato era stato emesso. Non avevano parlato i sovrani, o Thor che nemmeno riusciva a tenere alto lo sguardo, non Loki stesso, che le parole le faceva danzare a suo piacere quando gli aggradava, ma aveva perso ogni desiderio di seguire – anche solo in apparenza – la musica.

“Quel che è stato non potrà più essere.”

Odino non aveva offerto soggetto né inflessione, era Re per un motivo e non aveva bisogno – o desiderio – di strappare l’illusione di un velo ipocrita da un segreto già noto.

Thor non aveva detto nulla e forse aveva persino smesso di respirare, eppure Loki aveva sentito chiaramente ogni minuto frammento del suo stupido, enorme cuore, creparsi e infrangersi al suolo.

Se sotto il peso della vergogna o del dolore, per Loki non faceva più differenza.

Non aveva fatto di tutto per mantenere il segreto per pudore o vergogna, Loki, ma solo perché sapeva che – una volta svelato – quel che era non avrebbe più avuto valore: ed infatti Thor si ritirava vergognoso nella sua umiliazione.

Loki non aveva più un nome da mortificare o un cuore da sentire andare in pezzi.

I mostri non sanno amare e Odino era Re perché aveva sempre ragione: il fuoco che gli ardeva dentro non poteva nulla contro il ghiaccio della sua pelle maledetta, il suo amore bruciava, ma non sarebbe mai più traspirato all’esterno, il gelo non l’avrebbe permesso.

“Non permetterò più che infanghiate il nome di questa famiglia e-”

Non aveva avuto intenzione di ridere, ma il suono gli era sfuggito dalle labbra senza ilarità né volontà.

Odino non gradiva essere interrotto, ma non era Re senza ragione e non aveva colpito: la mossa era stata lasciata a Loki.

“La vostra famiglia è ora al sicuro da qualunque nemico, fosse pure la stupidità dell’erede, maestà.”

Non avrebbe voluto vedere quell’espressione stupita e desolata sul viso di sua madre – e non riusciva a non apporre il possessivo, non per lei – e l’aver preventivato il suo dolore non gli era di consolazione. Ma non voleva né poteva fermarsi.
Ma che soddisfazione si può provare nel ricevere una reazione già anticipata? Thor aveva alzato gli occhi di scatto e l’aveva guardato come l’animale braccato fissa la freccia pronta a scoccare del cacciatore, esattamente come aveva fatto prima di baciarlo per la prima volta. Per ritrarsi subito dopo, come sempre. Mentre Odino si era limitato a fissarlo con più intensità con quel suo unico maledetto occhio troppo chiaro per potervi leggere dentro. Forse, però, non serviva più si sforzasse tanto di farlo per poterlo poi compiacere: non ci sarebbe mai riuscito, non era previsto ci riuscisse.
Loki aveva fatto un passo indietro con un sorriso che nemmeno si sforzava di rendere convincente ed aveva fatto un piccolo inchino di commiato.

“Non era per questo che ti raccolsi.”

“Oh, lo immagino. Ma di sicuro non è per questo che io sono sopravvissuto, maestà.”

“Se abbandoni questa casa non ti permetterò di tornare.”

“Ma voi non potete permettere più nulla, non sono vostro.”

“Loki Odinson, non azzardarti a deridere e sminuire cosa è stato fatto per te!”

“E qui vi sbagliate, non vi derido affatto. Non c’è mai stato nulla di divertente in quello che è stato fatto per me, maestà. E risparmiati il nome, vecchio, non sono tuo figlio né tuo suddito, sono mio e di nessun altro!”

Avevano perso il contegno entrambi, Loki era uno dei pochi riuscisse davvero a premere sempre i punti giusti per far scivolare il controllo del Padre dei Cieli. E Loki non aveva previsto di perdere la maschera di calma che si era meticolosamente cucito addosso dopo che Frigga era apparsa sul campo di combattimento, nella foresta distrutta in cui lui e Thor si stavano ammazzando.
Quel vecchio maledetto non aveva avuto nemmeno il coraggio di presentarsi, Gungnir poteva punire, ma non si sarebbe mai abbassato a fare ammenda di persona, e dunque aveva mandato la sua sposa, conscio del fatto nemmeno Loki avrebbe alzato un dito contro di lei. E l’aveva odiato mille volte di più, perché Padre Tutto si faceva scudo della sua debolezza.

Frigga si era frapposta tra Loki ed Odino quasi temesse un nuovo scoppio di violenza, ma non ci sarebbe stato, Loki non era stupido e non avrebbe mai colpito per primo colui che, con un fendente, avrebbe potuto sterminare un pianeta. Thor – stupido che era – aveva stretto l’impugnatura di Mijolnir senza brandirla davvero, ma si era posto accanto alla regina contrapponendosi a Odino.
Loki avrebbe voluto provare pena per lui che conosceva solo il linguaggio della violenza e della carne, ma non ci era riuscito. L’aveva piuttosto odiato e si era stretto a quel sentimento nero, perché a vederlo così, splendido e pronto ad essere il suo braccio armato senza che nemmeno gli venisse chiesto, aveva desiderato solo abbracciarlo, per poi baciarlo chiamando Hlidskjalf stesso a testimonianza del fuoco che non smetteva di bruciare.

Ma c’erano nevi eterne ad impedirlo, ghiacciai antichi come l’origine del tempo che ora sapeva gli pesavano sulla pelle e sul cuore, una tara troppo grande da trascinare con sé, tanto corrotta da rendere l’intera merce inservibile. Per un asgardiano.
Ma Loki non lo era più e avrebbe trovato il modo di dimostrare loro quanto si sbagliavano.

Aveva atteso Odino spostasse gli occhi su suo figlio prima di voltargli le spalle, perché non si dicesse fosse stato lui il primo a distogliere lo sguardo e fuggire. Si era oziosamente chiesto se qualcuno avrebbe tentato di richiamarlo, ma non si era soffermato abbastanza su quel pensiero per immaginare chi.

“Non andare.”

Ma avrebbe ridicolmente perso la scommessa dato che non avrebbe mai puntato su Thor. Eppure era stato proprio lui a parlare, con voce ferma, quasi non temesse il giudizio di suo padre.
Loki aveva quasi ceduto alla voglia di voltarsi, anche solo per chiedergli perché. Si era fermato per un istante, ma aveva continuato ad allontanarsi da loro, che con la loro bellezza di bianco e oro erano diventati memento della buia notte cui invece lui apparteneva.

Frigga aveva allungato una mano senza parlare e gli aveva accarezzato il braccio, ma Loki era sparito in una nuvola di fumo, perché a Thor sarebbe riuscito a vendere un’indifferenza che non provava, ma non a lei: sua madre lo avrebbe guardato e sfogliato come un libro, senza badare alla lingua cifrata in cui era scritto.

“Se hai intenzione di seguirlo questa storia non avrà mai termine. Lascia che sbollisca la sua rabbia, tornerà e rimarrà finalmente al suo posto.”

Odino non credeva davvero a quel che aveva detto, ma era stanco, Gungnir pesava sempre di più tra le sue dita e presto sarebbe giunto il tempo del Sonno: aveva usato le ultime energie residue per richiamare il tempo e soffiare via il superfluo dalle vite di chi con gli Eterni non aveva nulla a che fare. Sigurð era tornata verde e splendida, Asgard non aveva mai conosciuto il mostro di fuoco che aveva minacciato di bruciarla fino alle radici, le genti della cittadella avevano salutato il ritorno dei principi come un dono della Yule. Frigga aveva ripreso a sfiorargli le mani e Sif sarebbe diventata la nera regina della guerra, perché così doveva essere, anche Thor se ne sarebbe presto reso conto. Hlidskjalf non era un trono, ma una sedia di tortura che ti stritolava con mille catene e legacci e Thor vi si sarebbe dovuto sedere, un giorno. Capisse subito cosa comportava davvero essere Re di un regno senza confini di tempo.

A Loki non poteva pensare subito, non prima di aver definito con il suo erede le linee di un futuro cui non poteva sottrarsi. Thor avrebbe capito, se anche Frigga avesse avuto ragione ed anche il suo cuore fosse stato legato all’orrore di un sentimento deviato, lui non avrebbe negato né distorto la verità a suo piacere, non ne era capace e vi sarebbe stato tempo per istruirlo poi, a quell’arte. Prima doveva piegarsi alla regola dello Stato e del buon senso.
Poi avrebbe potuto pensare a Loki, a quel figlio che non aveva generato e di cui non aveva bisogno, ma che pure non poteva accettare lontano. L’aveva scelto e se n’era pentito mille volte negl’ultimi giri di clessidra, eppure – proprio per quel primo atto – era suo e tale rimaneva. Nonostante tutto.

“No, non lo farà. Non questa volta.”

Thor aveva sospirato pesantemente, ma non aveva abbassato la testa né lo sguardo.

“Si è sempre visto come un estraneo, prima ancora gliene deste la prova definitiva. Non ha mai voluto imparare molto di quel che pretendevate d’insegnargli, ma una lezione l’ha assimilata bene, persino più di me che me ne faccio vanto: l’orgoglio del sangue. Ora che glielo avete portato via, cosa lo lega più a questa casa?”

“Asgard non può permettersi follie quanto debolezze. Le sue origini non ci hanno mai impedito di crescerlo come abbiamo cresciuto te, pretendendo da lui l’atteggiamento di un principe di Asgard. Si è comportato come una serpe e per questo è stato punito, come tu lo sei stato per la tua stupidità: non hai voluto vedere l’inganno e te ne sei anzi beato.”

“Non è stato Loki a cercarmi, sono stato io a raggiungerlo. Voi non potete sapere quanto sia profonda la mia scelleratezza e quanto lui stesso ne conosca solo le parti che ha scelto di vedere. So per certo sia convinto di avermi attirato in trappola, ma sono un cacciatore e conosco i trucchi di chi aspetta la preda: non lo sono mai stato, Padre. So di recarvi un dolore, non vorrei farlo, ma è questa la verità.”

Il silenzio era calato denso come ambra. Né Odino né Frigga avevano emesso un fiato, la regina si guardava desolata le dita che teneva intrecciate in grembo, Gungnir aveva tremato, ma non per colpire.

“Non potete chiederci di accettare i vostri incontri, non di capirli.”

“Lo so, Madre. Non lo farei mai.”

Thor aveva fatto un inchino di commiato, profondamente diverso da quello che aveva offerto loro Loki: lui sarebbe sempre tornato.
Ma non aveva aggiunto altro, lasciando in sospeso non-detti che nessuno di loro era ancora pronto ad ascoltare o pronunciare. Ma che conoscevano bene.

Thor non avrebbe rinunciato a suo fratello, perché lo sentiva sempre tale. Il sangue che non avevano in comune e l’intimità che invece non avrebbero dovuto condividere non intaccava quel legame che sentiva piuttosto più profondo. Loki era sempre stato suo, dal primo momento, così come era sempre stato vero il contrario, era l’altra metà del suo cuore e lo sarebbe rimasto sempre, anche se non avrebbero mai più diviso un letto di spine e desiderio.

Sapeva di aver sbagliato a cedergli, sapeva di non essere stato attirato per amore né per appetito, ma aveva sperato sarebbe stato il primo a legarli per sempre: Loki sapeva fingere e nascondersi come un serpente, ma quella lontana notte ai piedi del frassino non aveva sfiorato fredde scaglie, ma spiato occhi da cervo intimorito. Loki faceva la guerra e non sapeva fare l’amore, se n’era reso conto con vergogna la prima volta che avevano giaciuto insieme sulle macerie dell’orgoglio di una donna che nella loro contesa non c’entrava nulla. Era stato egoista ed aveva preferito dirsi che sì, se stringendolo come un amante poteva lenire le insicurezze di suo fratello, se mostrarsi arrendevole preda poteva renderlo felice, l’avrebbe fatto. Per lui, solo per lui. Invece era stato soprattutto per se stesso, che poteva così stringerlo come un amante e gonfiarsi d’orgoglio per essere la sua fonte di sicurezza.

Avrebbe dovuto respingerlo, prenderlo a pugni e farsi colpire a sua volta, Loki non desiderava quel che bramava lui, avrebbe dimenticato qualunque piano avesse in mente e si sarebbero forse chiariti, sarebbe riuscito forse a farsi sputare addosso il risentimento che non sapeva perché suo fratello covasse nei suoi confronti. Sarebbero stati di nuovo bene, almeno per un po’. Invece di costringerlo a urlare, però, aveva preferito chiudergli la bocca con un bacio. E Loki aveva cominciato a pensare.

Thor non avrebbe saputo dire se erano stati felici, perché avevano fatto l’amore sempre in silenzio, in tre, con la Paura ad artigliargli la schiena. Ma Loki rideva e i suoi scherzi si erano fatti di nuovo innocui e giocosi come quelli dell’infanzia, la lingua meno velenosa, l’orgoglio meno suscettibile: aveva catturato la preda più ambita e la teneva al guinzaglio, se ne beava in segreto e gli era bastato, per molto tempo era stato sufficiente. Poi un giorno l’aveva visto spiarlo con gli occhi velati di malinconia e incupiti dalla rabbia e in cuor suo aveva gioito per vergognarsene subito dopo.

Non l’aveva rivisto per mesi, si era ritirato su un altro mondo e messo alla prova le sue arti, aveva lasciato che Heimdallr lo osservasse per placare il cuore di Frigga, ma i giorni passavano e Loki non sembrava intenzionato a tornare. Poi un giorno d’estate il Bifrost si era aperto e il suo saluto erano state sopracciglia e barba verdi come la pelle marcia di un troll. Quando gli si era avvicinato nel buio, però, Loki non si era ritratto, perché il seme che Thor gli aveva piantato nel petto era germogliato nutrito dal suo sole senza che se ne accorgesse e le radici erano scivolate troppo in profondità per poterle sradicare. Continuare a toccarsi nel silenzio più assoluto era stato sempre più difficile.

E nel silenzio Thor stava percorrendo corridoi bui e polverosi, eppure familiari. Non poteva più ritrovare il suo amante, ma non poteva rinunciare a suo fratello. Quel che c’era stato tra loro non era permesso, e Thor si era chiesto più volte, nella disperazione colpevole dopo i loro incontri, se non fosse piuttosto quella tenerezza ad essere vietata, troppo grande, troppo perfetta per poter durare, e se c’è una cosa che l’eternità insegna è la caducità di ciò che circonda il divino. Avevano avuto entrambi un mero assaggio di quella perfezione proibita e ora ne avrebbero pagate le conseguenze per il resto della loro lunghissima esistenza.

L’aveva ritrovato in una delle piccole sale laterali della vecchia biblioteca ormai in disuso. Per un istante aveva ceduto all’idea di una scelta romantica del luogo, ma non si faceva illusioni e sapeva Loki non fosse andato lì spinto dalla nostalgia di vecchi incontri proibiti, ma dalla necessità di riappropriarsi di conoscenze nascoste in quei vecchi tomi incantati che gli sarebbero state utili.

“Odino non sarebbe contento di saperti qui.”

“Lo so, ma non me ne curo. Nostro padre sa bene che la resa non è connaturata alla mia natura, soprattutto per le cose che contano.”

Loki aveva riso, cattivo, si era voltato a guardarlo con gli occhi colmi di scherno.

“E cosa conta davvero? Tuo padre aveva ragione, Odinson, se è amore che cerchi qui non lo troverai. Di nessun tipo.”

Aveva cominciato ad impilare volumi uno sull’altro in una sacca che sembrava troppo piccola persino per un tomo solo, ma Loki continuava a riempirla imperturbabile e imperterrito, i volumi sparivano all’interno come ingoiati uno dopo l’altro. Gli aveva dato le spalle.

“Un giorno morirà anche lui. O cadrà in un Sonno troppo profondo per potersi risvegliare. E dopo? Pensa a quel che sarebbe successo dopo. Tutto quel tempo sprecato in silenzio avrebbe dato i suoi frutti.”

Thor aveva incassato il colpo tentando di non darlo a vedere. Loki continuava a scorrere i grossi libri, faceva scivolare le dita sulle coste impolverate leggendone attentamente titoli e autore, si soffermava su un volume all’apparenza più antico degli altri, lo sfogliava, lo rimetteva a posto con un piccolo sbuffo infastidito. Loki sembrava quasi dimentico della sua presenza, il silenzio era spezzato solo dal frusciare delle pagine.

“Per me non è cambiato nulla.”

E il silenzio era stato di nuovo assoluto. Loki non si era voltato, era rimasto immobile a fissare i ripiani dello scaffale, una mano ferma su una costa impolverata. Sembrava immobile, ma Thor lo conosceva meglio di quanto Loki stesso credesse: rimaneva dritto e impassibile, ma le spalle si erano leggermente abbassate, un movimento quasi impercettibile, che non esprimeva resa – quello mai – ma stanchezza. Erano tutti stanchi, nemmeno i pomi di Iðunn potevano rifocillarli.

“Perché sei uno stupido senza memoria. È cambiato tutto, invece.”

“Per quale ragione? Possiamo tornare quelli di prima, possiamo tornare ad essere fratelli! Ma non puoi andare, abbiamo bisogno di te.”

Loki aveva riso di nuovo, ma era stato un brutto suono falso, stonato, aveva tentato di coprire la desolazione con la rabbia e non ci era riuscito.

“Niente tornerà come prima, Thor, il tempo può scorrere in una sola direzione e il nostro ci ha portati davanti ad un burrone: ti sei sporto, hai assaporato il brivido della vertigine del vuoto, ma non sei mai stato disposto a cadere, nemmeno il tuo oro può risplendere in un abisso. Quello che è stato è stato, Odino ha strappato il velo a più di un segreto, e il nostro è stato forse il più disgustoso? Non siamo nemmeno fratelli, non lo siamo mai stati.”

“Questo non devi dirlo, mai! Siamo cresciuti insieme, abbiamo diviso le stesse avventure e gli stessi affetti, conosci ogni mio difetto come io conosco i tuoi, e il legame è rimasto comunque intatto. Come puoi pretendere il sangue fosse l’unica cosa a farci fratelli? Perché le cose dovrebbero essere diverse?”

“Perché quando lo eravamo avevamo meno di cui vergognarci. Avevo meno per cui odiarvi.”

Ed era scivolato via così, con gli occhi asciutti ed una nuvola di fumo ad avvolgerlo. I tomi erano spariti, così come l’aria nella piccola stanza piena di scaffali ricolmi. Thor lo aveva chiamato, urlato fino a perdere la voce, ma Loki non era tornato.

Nemmeno a visitare i sogni di Frigga.

 

Atto IX, Scena II.

L’aria fresca dell’autunno australe li aveva avvolti come un mantello umidiccio odoroso di salsedine e Tom si era riempito i polmoni di quell’aria estranea e della notte piena di luci del loro trionfo. Poteva vedere i suoi colleghi arrivare l’uno dopo l’altro davanti agli enormi cartelloni pubblicitari dai quali fissava il Red Carpet con gli occhi di qualcun altro ed un’espressione che non gli apparteneva. L’essenza dell’essere attori.

Si guardava intorno ancora stordito, aveva paura di lasciarsi andare e cedere alla voglia di essere felice, perché l’ipotesi fosse tutto solo un sogno era un pungolo che quasi si trasformava in certezza nei momenti di incredulità maggiore, e scivolare nello sconforto era semplice.

Una pacca tra le scapole l’aveva riportato alla realtà di quei flash e della sua famiglia che si teneva pudicamente in disparte, intimoriti e frastornati ben più di lui.

Chris l’aveva raggiunto e aveva attirato la sua attenzione, ma non aveva lasciato cadere il braccio che ora gli cingeva le spalle. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma si era limitato a farsi più vicino, a sorridergli grato.
La famiglia di Chris non era discreta come la sua, non poteva esserlo in fondo, Leonie(1) era ancora giovane e bellissima, talmente alta da sembrare una Valchiria arrivata direttamente dal set: gli Hemsworth erano davvero troppo belli per passare inosservati, tutti. E quindi si lasciavano fotografare, un po’ in imbarazzo forse, ma felici per il successo di un figlio di cui avevano sempre sostenuto i sogni, senza mai pensarli assurdi.

Aveva sentito la mano di Chris stringergli di più la spalla e Tom si era scoperto a fissare i propri genitori, ancora in disparte che chiacchieravano con un’assistente di produzione che allontanava flash non richiesti. Quasi nessuno sapeva chi fossero quei due signori inglesi distinti con i capelli bianchi e abiti elegantemente anonimi e andava bene così. Suo padre sembrava un professore in pensione e come tale sembrava stesse soppesando e giudicando l’aspetto degli Hemsworth, troppo giovani, belli e sfacciati per i suoi canoni rigidissimi di scozzese nato povero e fattosi alto-borghese. Aveva sorriso a Chris di nuovo e probabilmente non avrebbe smesso tutta la serata, sapeva quel che quella stretta voleva trasmettergli e non poteva non essergliene grato.

Avevano incontrato un numero incredibile di persone, volti noti e sconosciuti, Tom aveva salutato Jamie(2) dicendole che sembrava una principessa nel suo abito bianco impreziosito di pietre colorate e qualcuno lo aveva schernito che tanto non avrebbe funzionato. Jamie sembrava aver accusato il colpo ben più di lui, perché erano diventati amici e diviso boccali di birra e risate senza senso, quel commento greve ad una lusinga affettuosa aveva scolorito un po’ la patina dorata del successo.

Era riuscito ad evitare i flash per raggiungere i suoi genitori, e aveva tentato di non pensare all’assurdo di star trascinando con sé Anthony Hopkins per presentarlo finalmente a suo padre: era stata sua madre a fargli amare il teatro classico ed i suoi interpreti, ma era suo padre il cinefilo della famiglia che l’aveva introdotto e iniziato senza saperlo – e volerlo – alla magia della recitazione. Hopkins era il suo eroe ed il suo attore preferito. Li aveva presentati con il cuore in gola, era rimasto un passo dietro di loro, aveva silenziosamente ringraziato quel padre scenico che tesseva le sue lodi al suo padre biologico, aveva visto sua madre arrossire di piacere ed annuire compiaciuta, raccontare un episodio carino dei suoi primi anni a Eton e a teatro.

Suo padre aveva cambiato discorso.

Persino Anthony ne era parso spiazzato, ma aveva cambiato discorso davvero: sembrava non gl’interessasse parlare di suo figlio.
Sua madre gli aveva lanciato un’occhiata in tralice, ma era rimasta in silenzio, e cosa avrebbe potuto aggiungere? Norman era Norman e sarebbe sempre rimasto tale, anche di fronte al palese successo di suo figlio, quello che aveva buttato via la sua vita e la sua educazione decidendo d’intraprendere la carriera di burattino alla mercé del piacere degli altri.

Erano entrati all’interno del cinema, avevano guardato un film che aveva interpretato e non ancora visto lui stesso, Kat l’aveva colto di sorpresa e baciato con quella sua bocca bellissima tinta di rosso quando si erano spente tutte le luci e gli aveva detto di stare tranquillo e di pulirsi le labbra appena possibile, o le chiacchiere non sarebbero state piacevoli. Era stato Chris a prestargli un fazzoletto senza parlare e senza sorridergli, poi si era accomodato al suo fianco e gli aveva tirato un pop corn. Ne avevano riso insieme.

Era stato un successo, più di quanto non avessero osato sperare tutti. Ken era felice come un bambino e a suo agio come l’uomo di mondo che in fondo non era, aveva preso a braccetto Tom e Chris e li aveva sfoggiati, spinti in avanti perché si mostrassero ancora e si facessero conoscere e riconoscere. Li aveva lodati e incensati come promettenti promesse, e non l’avevano forse visto tutti quanto erano stati bravi, quanto erano riusciti a tener testa – loro così giovani e inesperti di quel mondo – ad attori di fama e di rango come Natalie Portman e Anthony Hopkins?

Come erano arrivati in quella hall piena di gente e alcol? Tom era troppo frastornato per ricordare il cambio di scena, aveva solo bene presente i suoi genitori che si accommiatavano per la notte, quelli di Chris che sorseggiavano champagne mentre chiacchieravano con Jamie e Ray(3), Luke(4) gli stava incollato come una balia e cominciava a non sopportare più il suo alito sul collo. Stava bevendo troppo e non sapeva nemmeno lui perché, si sentiva euforico e terrorizzato, Kat si era allontanata dopo l’ennesima coppa svuotata, a lei non piaceva l’odore dell’alcol e Tom aveva ripensato a Susannah, si era chiesto perché non le avesse chiesto di raggiungerlo, se lei avrebbe voluto davvero raggiungerlo, se in fondo non fosse tutto finito tra loro e allora avrebbe potuto provare a smettere di bere e provarci davvero con Kat e stare a vedere cosa sarebbe successo.

Ma voleva farlo davvero? Forse no.

Chris l’aveva salvato da un nuovo down emotivo nel bel mezzo di una hall affollatissima di gente che fingeva di divertirsi un mondo, quando il suo tracollo sarebbe stato invece il culmine di una serata uguale a milioni di altre.

“Non è un po’ presto per la disillusione? È il nostro primo grosso film, aspetta almeno che una di quelle modelle t’incastri in bagno in cambio di una buona parola con Feige.(5)”

Tom non era riuscito a fare a meno di ridere, di gusto e per la prima volta nell’arco della serata. Erano usciti in terrazzo, erano sgusciati tra la folla senza farsi notare e si erano nascosti alle luci donandosi al buio e al fresco della notte australiana.

Si erano affacciati al parapetto umido respirando a fondo per schiarirsi la mente, erano troppo vicini ma nessuno dei due ci aveva badato. Che importanza poteva avere dopo il New Mexico? Non ne avevano mai riparlato, eppure Chris ci aveva ripensato spesso, sicuro Tom avesse fatto lo stesso.

Non era stato strano.

Chris non aveva mai desiderato un uomo, forse non desiderava nemmeno Tom, eppure lo aveva baciato e, a voler essere onesti almeno con se stessi, l’avrebbe rifatto senza alcun problema. E un po’ se ne vergognava, perché Tom era suo amico, era un nuovo fratello, sotto la pelle e l’apparenza erano uguali e spaventati.

“Solo tu puoi capire quello che provo stasera.”

Aveva visto Tom fissarlo con i suoi occhi troppo grandi e troppo vicini ai suoi, sorridergli e poi cominciare a ridere, e aveva riso anche lui ed era stato finalmente liberatorio, Chris si era sentito come se un peso gli fosse scivolato via dalla schiena e per Tom doveva essere stato lo stesso, perché l’aveva visto raddrizzare la postura, farsi più tranquillo e agile. Non sapeva perché l’aveva fatto, probabilmente perché non poteva essere più strano di baciare un uomo che senti fratello e anima gemella insieme. Gli aveva preso la mano appoggiata al parapetto e l’aveva stretta troppo a lungo, con forza e intenzione, non voleva lasciarlo andare. Un minuto dopo si stavano abbracciando e Chris lo aveva sentito rabbrividire: aveva rabbrividito anche lui, perché non era strano, ma si stavano comunque dando un addio muto. Nessuno dei due avrebbe mai rinunciato a quello che avevano per un’ipotesi aperta sotto un cielo estraneo e troppo caldo, il gioco poteva non valere la candela dell’onestà. Chris non voleva perderlo. Aveva letto in Tom la stessa determinazione ed allora poteva andare bene.

Erano tornati dentro con il sorriso sulle labbra e senza sfiorarsi, ma andava bene così, si erano trovati e non serviva tenersi per mano per non perdersi mai più.

 

End.

 

 

 

 

Note:

(1) Leonie Hemsworth, madre di Chris. http://farm9.staticflickr.com/8208/8182214743_5a779b04ee_o.jpg

(2) Jamie Alexander, ovvero Sif. Non millanto, sono davvero diventati molto amici e Hiddleston le ha detto che era bella come una principessa sul red carpet di Thor, mentre entrambi firmavano autografi.

(3) Ray Stevenson, ovvero l’attore che interpreta Volstagg.

(4) Luke Windsor, pubblicista e amico (balia) di Tom Hiddleston.

(5) Kevin Feige, produttore e presidente dei Marvel Studios.

Grazie a tutti coloro che hanno seguito questa cosuccia stando dietro alla mia lentezza: ce l’ho messa tutta, spero il finale non abbia deluso nessuno. ヽ(´▽`)/

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Coppia Hemsworth/Hiddleston / Vai alla pagina dell'autore: Angeline Farewell