Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: parabatouis    04/01/2014    2 recensioni
Speri di tutto quando la persona più importante della tua vita è in coma, no? Speri nelle cose più impossibili, nei miracoli più improbabili, nei tentativi più inutili, ma ci speri.
E io speravo che le mie parole rompessero quella stupida catena che mi divideva da Louis. Speravo che il mio parlare con qualcuno che non poteva sentirmi, si sarebbe rivelato utile. Speravo che, come una chiave apre un lucchetto, loro potessero essere la chiave della vita, che potessero aprire il lucchetto della morte, buttarlo via e restituirmelo.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Don't let me go."



“E ricordi..”

Mi fermai un attimo, tirai su col naso, cercando di non scoppiare a piangere, poi ripresi.

“..ricordi quando avevo paura di andare sulle montagne russe, per qualche strano motivo, e tu mi tirasti per il braccio dicendo che non me ne sarei pentito? Beh, io si. E non me ne sono pentito.”

Presi delicatamente la mano del ragazzo steso sul letto e gli sorrisi.

“Non potrei mai pentirmi del nostro primo bacio, dopo il giro sulle montagne russe. Ero davvero intontito da quella dannata giostra ma ricordo quel momento con precisione. Ogni dettaglio è ancora stampato nella mia mente. Ricordo perfettamente ogni parola che mi sussurrasti quella sera. Ricordo che scesi dalla giostra, con gli occhi sgranati e i capelli tutti arruffati che cercavo inutilmente di aggiustare. Mi guardasti e mi sorridesti. Il mio cuore saltò un battito, o anche due. Poi ti avvicinasti piano a me, mettendomi una mano ai fianchi. Ammetto che lì per lì non capii, ma nella mia mente vagavano milioni di pensieri, milioni di “film mentali” cominciarono a nascere nel mio cervello, ma non avrei mai pensato che sarebbe successo davvero. Non avrei mai pensato che, da miglior amici ch’eravamo, saresti saltato direttamente alla “seconda base”, eppure non ho mai avuto un dubbio, non ho mai pensato a cosa potesse andare storto, a cosa fosse giusto e cosa no. Ti guardai neglio occhi, quando tu facesti sfiorare le nostre fronti. Ricordo ancora il luccichio nei tuoi occhi celeste ghiaccio, avrei potuto viverci in quegli occhi. Così belli e profondi che potevi leggerci tutto, il tuo stato d’animo, i tuoi pensieri. Potevi farci l’amore solo a guardarli. Poi mi prendesti la mano e io, senza esitare neanche un secondo, intrecciai le dita con le tue. E fu allora che sussurrasti sulle mie labbra “Ti amo Harry” prima di premere le tue labbra sulle mie e farle combaciare in un bacio. Un brivido mi attraversò la schiena. Fu un bacio perfetto, anche se tutti ci osservavano. E scommetto anche che qualche vecchietta ci abbia mandato qualche maledizione.”

Ridacchiai appena scuotendo la testa, poi ripresi a guardare Louis.

“E quando venni a conoscere la tua famiglia? Fu un casino assurdo quella sera.. degna di un film con Adam Sandler o Jim Carrey..”

Risi di nuovo.

“Le tue sorelle sono delle pesti terribili. Correvano a destra e sinistra, urlavano, ridevano.  Adoro i bambini, sono così dolci, così carini, spontanei, iperattivi..”

Sorrisi al ragazzo, ancora con gli occhi chiusi.

“Ma una sera in particolare è impressa nella mia mente. La sera del 22 Febbraio. Mi portasti a cena fuori, per festeggiare il nostro secondo anniversario, te lo ricordi?”

Lo guardai, come se lui potesse rispondermi. Sospirai quando ricordai che non poteva, perché un dannato coma voleva portarmelo via. Perché un dannato automobilista ubriaco doveva colpire proprio la sua macchina. Perché doveva andarsene proprio il mio angelo, quando lui stava solo tornando a casa, stava solo tornando da me.
Scossi la testa, e tornai a focalizzarmi sul discorso.


“Tornasti a casa, tutto pimpante e allegro, quasi saltellando. Urlasti “Buongioooorno”  e ti precipitasti da me. Io stavo cucinando, tu mi baciasti e mi dicesti che mi avresti portato in un posto carino quella sera. E così fu, passammo una serata magica, in riva al mare, in un ristorante elegante, un posto molto più che carino, un posto perfetto. Poi ce ne andammo e decidemmo di rimanere un po’ a guardare le stelle, stesi sulla spiaggia, immersi nella sabbia. E allora tu mi guardasti in un modo in cui non mi avevi mai guardato prima, capii che avevi intenzione di fare qualcosa, ma non riuscivo a capire qualcosa. Avrei tanto voluto avere il potere di leggerti nella mente, sai? Stavo morendo d’ansia. Tu mi sorridesti, e i tuoi occhi brillavano come la sera del nostro primo bacio, o forse anche di più. So che è una frase fatta, ma sembravano davvero due stelle rubate al firmamento.
Non ho mai visto cosa più bella del tuo viso in tutta la mia vita. Potresti passare ore a guardarlo e non troveresti un difetto, potresti non stancarti mai di osservare attentamente ogni sua piccola parte, ogni suo dettaglio e non troveresti una forma migliore da dargli. Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio, ma neanche, sarebbe come cercare un piccolo spillo rosso tra tanti vestiti, impossibile. Ma anche se ti trovassi un difetto, non permetterei mai alla mia mente di elaborarlo, non lo farei uscire mai dalla mia bocca, lo terrei lì, imprigionato in un angolo scuro del mio cervello, dove nessuno può sapere della sua esistenza, non gli permetterei mai di rovinare il mio quadro preferito, non gli permetterei mai di renderti meno perfetto.
Tornando a quella sera, ricordo che mi facesti alzare, poi infilasti la tua mano nella giacca e ne cavasti una piccola scatolina. Smisi di respirare in quel momento, cominciai a tremare e probabilmente tu lo notasti perché ridesti, ma anche tu eri agitatissimo.
Mandasti giù la saliva, facesti un lungo respiro e poi ti inginocchiasti davanti a me. Portai una mano alla bocca, stavo per urlare dalla gioia.
“H-Harry v-vuoi sposarmi?” fu tutto quello che riuscisti a dire, eri agitatissimo e avevi tutta la lingua impastata. La mia risposta invece  mi si soffocò in gola, non riuscii a dire nulla, solo annuii tremando e tu ti buttasti su di me, facendomi cadere a terra. Ti baciai, ancora incredulo. E ci facemmo l’amore su quella spiaggia. E ci addormentammo lì, sulla sabbia, io tra le tue braccia, che mi stringevano forte, che mi facevano sentire protetto.
E’ stata la notte più bella della mia vita, Lou. E lo sarà per sempre.”

Strinsi la mano a mio marito, ancora senza sensi. Parlavo con lui da ore, come se la mia voce potesse aiutarlo a svegliarsi. Ci speravo, in effetti. Speravo che parlargli lo avrebbe fatto sentire vivo, che avrebbe fatto riprendere conoscenza al suo corpo. Insomma, speri di tutto quando la persona più importante della tua vita è in coma, no? Speri nelle cose più impossibili, nei miracoli più improbabili, nei tentativi più inutili, ma ci speri.
E io speravo che le mie parole rompessero quella stupida catena che mi divideva da Louis. Speravo che il mio parlare con qualcuno che non poteva sentirmi, si sarebbe rivelato utile. Speravo che, come una chiave apre un lucchetto, loro potessero essere la chiave della vita, che potessero aprire il lucchetto della morte, buttarlo via e restituirmi mio marito.


 “Ricordo tante cose che mi hai detto, tante promesse, quasi sempre mantenute. E ricordo quando mi suonavi il pianoforte. Quando ti dilettavi a buttare giù qualche frase e cantarmela, su una melodia a caso creata da te. E diventavano tutte le mie canzoni preferite quelle melodie, tutte cantate dal mio cantante preferito, per me. Quelle melodie che non te le togli facilmente dalla testa, ma che non danno fastidio. Che stanno lì, nel tuo cervello, e ogni tanto sbucano fuori e cominciano a risuonare nella tua mente, qualsiasi cosa tu stia facendo. E ricordo anche quando io scrissi una canzone. Era un pomeriggio d’inverno, tu eri a Doncaster dalla tua famiglia e io a casa nostra, a Londra. Non avevo nulla da fare, così cominciai a premere qualche tasto del pianoforte. Poi un suono attirò la mia attenzione, quello giusto. Trovai un altro suono che concordava perfettamente, poi un altro, e un altro. Scrissi tutto su un foglio, e le parole vennero da sé. Mi bastò pensare a te, a noi e fu facilissimo trovare un concetto da esprimere. Ricordo ancora come faceva..”

Sorrisi e cominciai a cantarne un pezzetto.

“I’ll keep my eyes wide open, I’ll keep my arms wide open..”

Appoggiai la testa sul letto, continuando a stringere la mano di Louis.

“Don’t let me, don’t let me, don’t let me go..”

Una lacrima mi bagno la guancia, l’asciugai velocemente col dito e continuai.

“Cause I’m tired of feeling alone.”

Lasciai la sua mano, e mi presi il viso fra le mani. Qualche lacrima continuò a percorrere le mie guance anche se cercavo di fermarle. Mi appoggiai allo schienale della sedia e guardai lo schermo della frequenza cardiaca. Non dava nessun segnale di miglioramento. Pensai fosse davvero la fine, ma continuavo a sperarci in fondo. Cavai qualche monetina dalla tasca e mi alzai per andare a prendere un caffè.

“I’ll never let you go.”

Sentii qualcuno parlare. Anzi, sentii lui parlare. La sua voce era inconfondibile, l’avrei riconosciuto tra mille il suo accento del South Yorkshire, la sua voce debole e delicata.
Mi girai di scatto e vidi Louis sorridere. Il sorriso di cui avevo parlato per ore, era proprio sulla sua faccia in quel momento. I suoi occhi brillavano, sembravano quasi rigonfi di lacrime, di gioia suppongo. Non so se le mie parole avessero aiutato, ma poco m’importava. Lui era vivo, era lì con me di nuovo. I suoi denti perfetti, allineati, ora formavano un sorriso luminoso e gigantesco, che avrebbe potuto illuminare tutta Londra. Le sue guance erano rosse, come se avesse sentito tutte le mie parole, come se l’avessi emozionato, imbarazzato.


“H-ho sentito tutto Harry. E’ incredibile quanto ricordi e..”

Cominciò a parlare, senza forze, con un filo di voce. Non gli permisi di finire la frase, mi lanciai su di lui e lo strinsi forte. Lui rise e mi strinse. Per lui non era successo niente, rideva come se si fosse solo tagliato con un foglio e io mi fossi preoccupato tanto. Forse lo strinsi un po’ troppo forte, ma lui non protestò, anzi.

“I would never let you go.”
 
Aggiunse alla fine, sorridendo, canticchiando, come a completare la mia canzone.



Ciao a tutti!
Prima di tutto, grazie mille per aver letto. Spero vi sia piaciuta e boh, sono le due meno dieci di notte e domani devo alzarmi presto, quindi se c'è qualche errore vi prego di scusarmi.
Scusate se non è molto lungo, ma su Word sembrava molto più lungo, mi prendono in giro, boh.. 

Stasera avevo una strana ispirazione, questa idea per la mente e voglia di scrivere quindi ho buttato giù qualcosa, spero vi sia piaciuto.
Mi farebbe piacere sentire qualche opinione, quindi recensite in tanti.
Ancora grazie per aver letto :)

-Maria Rosaria.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: parabatouis