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Autore: Ottachan    04/01/2014    2 recensioni
Ad Haruka piace dormire addosso a Makoto.
(prompt by Caska)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le prime Notti Bianche'
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Seconda fic prodotta durante la seconda Notte Bianca del 24 novembre 2013 organizzata dalla pagina 'No ma Free lo guardo per la trama', eh con il prompt 'Ad Haruka piace dormire addosso a Makoto' di Caska.
Gente, se vi servono un pò di dosi di insulina chiedete pure e vi sarà distribuito! Quì il fluff regna sovrano e il rischio di contrarre il diabete è alto. Comunque sia la fic è breve quindi il contagio sarà minimo. Rispetto alla 'versione' postata sul LJ della pagina, in questa ho dovuto fare un sacco di correzioni, shame on me D: Spero che ora sia più scorrevole e priva di ripetizioni.
Che altro dire se non che Haruka e Makoto mi fanno sbudinare (soprattutto nella loro versione shota!!!) e mi porteranno alla galera (ma non importa, sono contenta così çwç).

 

Avvertimenti aggiuntivi: 

- shota, shota ovunque (in realtà ci sono solo Makoto e Haruka... Dettagli u.u);
- piccoli spoiler sul secondo capitolo di High Speed;
- pucciosità e miele a gogo (caso mai non fosse stato chiaro D: ).

 

Respiro

 
Dopo quell’incidente con la sciarpa di Zaki-chan, Makoto aveva iniziato ad invitare più spesso Haruka a dormire da lui: oramai quest’ultimo era diventato l’ospite fisso del sabato sera di casa Tachibana. Dopo cena si facevano il bagno insieme e, sempre insieme, andavano a dormire nel comodo letto del padroncino di casa.
Haru aveva incominciato ad osservare il suo amico dormire dalla visita della settimana precedente. Egli si addormentava sempre supino, le braccia stese lungo i fianchi e un’espressione tranquilla e distesa dipinta sul viso. Era strano come il piccolo moro non fosse abituato a vedere Makoto senza il suo immancabile sorriso gentile che gli illuminava il volto e rendeva migliori le giornate di chi gli stava accanto. Ma era pur sempre vero che, ultimamente, nel cuore del ragazzino avevano fatto strada sentimenti di ansia e preoccupazione, prima per le condizioni di Haruka, quando era stato ricoverato in ospedale, e poi per la questione della sua fobia dell’acqua.
Ecco, come poteva esistere qualcuno che aveva così tanta paura dell’acqua? Haru non riusciva a capire. Scostò leggermente le coperte e si mise seduto sul letto, il viso rivolto verso quello del suo compagno di stanza per quella serata.
Per Makoto l’acqua era un luogo poco sicuro all’interno del quale un mostro cattivo si nascondeva in agguato pronto a catturare e a trascinare con se chi passava, ignaro, sopra la sua testa.
Per Haruka, invece, rappresentava tutto l’opposto: era il riparo sicuro dove poteva galleggiare libero dal proprio peso, il santuario dove curare le proprie ferite (per quanto non fosse stata molto efficace quando aveva avuto la febbre e aveva perso l’equilibrio lì al fiume), il tempio al di fuori del quale abbandonava tutti i propri pensieri negativi.
Decisamente non capiva cosa ci fosse di così pauroso.
I suoi occhi si spostarono verso il basso e si misero ad osservare come la coperta che copriva il corpo di Makoto si alzava e abbassava ritmicamente al suo respiro. Haruka tornò a sdraiarsi accanto all’amico e posò delicatamente la sua mano sullo stomaco dell’altro ragazzino stando attento a non spostare minimamente il plaid. Ovviamente Makoto non si accorse minimamente di quel contatto delicato e continuò a dormire mantenendo il proprio respiro regolare. Ora anche il braccio di Haru si sollevava e si riabbassava ritmicamente seguendo i movimenti del diaframma dell’altro e tutto questo gli ricordò immediatamente i movimenti delle onde del mare. Non quel mare in tempesta, quello che ingoia le navi e che spaventa tanto l’amico. Un mare calmo, quello del mattino, con le onde che si muovono pigre e regolari e che rubano solo pochi centimetri di bagnasciuga. E il respiro dell’amico era come una brezza estiva, calda ma non insopportabile, quella che smuove l’aria e che ti permette di stare al sole anche se esso brucia. Haruka posò la testa sul petto di Makoto; il battito del suo cuore gli ricordava, allo stesso tempo, il rumore delle onde e quello del vento.
Come era possibile che quel bambino che portava il mare proprio dentro il proprio corpo fosse così incredibilmente terrorizzato dall’acqua? Quella era sicuramente una domanda alla quale solo l’amico avrebbe saputo rispondere. Ma forse era meglio non chiedere. Al contrario di Makoto, Haruka amava il mare e l’acqua in tutte le sue forme. Per questo non faticò ad addormentarsi abbracciato al suo amico e cullato dal suo respiro.

 

   
 
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