Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Crumble    27/05/2008    20 recensioni
"Sono felice di annunciare che dopo un'ostinata e dura guerra, finalmente Re Carlisle ed io siamo giunti ad un accordo. La pace sarà fatta tra i nostri regni e suggellata con il matrimonio di mia figlia Isabella e Edward, il figlio di Re Carlisle" annunciò. Capii presto chi fosse, quando il duca seduto vicino a lui si congratulò. Quando capii che Edward era il ragazzo seduto davanti a me, mi sentii mancare. Mi aveva studiata, ed era chiaro che non mi trovasse per niente di suo gradimento. Come potevo sposarlo?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
QUESTO CAPITOLO E' A RATING ROSSO!!!!!



CAPITOLO SEDICI: PARIGI

Il viaggio durò un giorni intero. Se fossi stata umana sarei arrivata a Parigi sfinita, invece ero fresca come una rosa.

Edward era con me e sorrideva. “Ti porterò in giro” gli avevo detto.

Ero stranamente entusiasta di tornare in Francia; mi era mancata più di quanto pensassi. In Inghilterra mi ero trovata molto più che bene e Edward mi faceva dimenticare tutte le cose brutte e fastidiose che c’erano. Non mi ero proprio accorta di quanto mi mancasse casa.

Non vedevo i miei genitori da qualche mese e i miei pensieri erano fissi su di loro, sulla mia amica Angela che aveva avuto un bambino; il castello dove abitavo, la mia camera, erano forse cambiati? E Jack mi odiava ancora?

“A cosa pensi di così importante che ti fa corrucciare tesoro mio?”

La voce di Edward mi riportò alla realtà e alla nostra camera di albergo.

“Ai miei genitori… è un po’ che non li vedo, ma sembra passato così poco tempo” risposi.

Annuì. “Avrai occasione di rivederli tranquilla” assicurò.

Uscimmo dall’albergo dove alloggiavamo e ci dirigemmo in città a piedi. Avevo rifiutato la carrozza, avevo così tanto da vedere che attraverso un vetro non sarebbe stata la stessa cosa. Edward ovviamente mi seguì; assecondava sempre i miei desideri.

Le strade, i palazzi, le persone erano come le ricordavo. Sembrava che non fosse cambiato niente.

“Amore, dobbiamo andare al Palazzo Centrale o faremo tardi” annunciò Edward.

“D’accordo” ci incamminammo tenendoci a braccetto.

Quel pomeriggio, al Palazzo Centrale, c’era una sfilata di abiti della nuova collezione di un nuovo stilista. A me sinceramente non importava molto, non ero mai stata una fanatica della moda, ma Rose ed Alice avevano minacciato di disconoscermi come cognata se non ci fossimo andati.

“Perché non può decidere Edward?” avevo protestato.

“Perché sai perfettamente che lui ti accontenterebbe in tutto e per tutto” aveva risposto Alice e non potei ribattere visto che era ampiamente verificato.

Perciò, non c’era altra soluzione che andare, anche perché se non fossimo andati Alice avrebbe visto.

Il Palazzo Centrale era antico e gigantesco; il giardino era curato e vi erano fiori colorati che lo rendevano molto più vivace.

All’entrata stavano due guardie che controllavano gli invitati. Ci avvicinammo.

“Siete nella lista?” chiese svogliatamente una delle due.

Edward annuì. “Si, Cullen” rispose.

La guardia scorse la lista con il dito e si fermò in un punto. Ci osservò. “Si, ci siete” rispose.

Edward fece un mezzo inchino e io lo imitai, poi ci dirigemmo all’interno.

Il Palazzo Centrale era famoso per la sua bellezza e antichità. All’interno era freddo perché i muri di pietra non trattenevano il calore; per terra c’era, per l’occasione ovviamente, un tappeto rosso che percorreva tutta la navata centrale fino al palco dove si sarebbe svolta la sfilata.

Tende rosse di velluto erano legate ai lati delle porte e numerose sedie di legno erano sistemate davanti al palco.

“Dimmi che non siamo in prima fila” brontolai.

Edward ridacchiò. “Non lo so, faremo in modo di non esserci”

Gli sorrisi e vidi in lontananza la contessina Jessica Stanley che parlava con la sua amica. Sperai che non ci vedesse o non si sarebbe più staccata da noi.

Andò a finire che ci sedemmo in terza fila mentre Jessica era in prima con la sua amica Lauren. Per fortuna non ci videro.

Quando le luci si spensero tirai un sospiro di sollievo; odiavo essere sotto gli occhi di tutti ed era inevitabile facendo parte della famiglia reale.

Mi attaccai al braccio di Edward e appoggiai la testa sulla sua spalla, guardando la passerella dove sfilavano ragazze giovani e carine. Cercai di guardare almeno un po’ gli abiti, in modo che una volta a casa, avrei saputo rispondere alle domande di Alice.

Osservai bene la ragazza che stava passando proprio davanti a noi: giovane e carina, indossava un abito lungo con gale e pizzi viola su uno sfondo verde. Voto all’accozzamento di colori: zero.

La cosa mi interessava ben poco e infatti distolsi subito l’attenzione, pensando a tutt’ altro. Il giorno dopo saremmo andati a trovare i miei genitori, non vedevo l’ora.

“A che pensi?” chiese Edward.

Alzai gli occhi e li fissai nei suoi. “A domani” ammisi.

Sorrise. “Non vedi l’ora di rivedere i tuoi genitori eh?”

Annuii. A volte sapeva capirmi davvero bene.

“Senti, che ne dici se ce ne andiamo di qui?” propose.

“E la sfilata?”

“T’interessa quanto interessa a me” cioè molto poco.

“Dove vorresti andare?” chiesi interessata.

“A fare un giro, ho visto un bel parco da queste parti” mi fece l’occhiolino.

Accettai senza pensarci troppo. Tutto era meglio che stare lì non solo per la sfilata di per sé, ma anche per Jessica Stanley e tutti gli occhi puntati addosso.

Ci alzammo e uscimmo silenziosamente dalla sala, in modo che nessuno potesse sentirci.

“La sfilata non è di vostro gradimento?” ci chiese la guardia che ci aveva fatto entrare.

“La mia signora non si sente molto bene, ha bisogno di una boccata d’aria” rispose Edward prontamente.

La guardia annuì e ci lasciò uscire.

Facemmo una passeggiata lungo la Senna e poi rientrammo all’Hotel.

Era tutto calmo e tranquillo, tornammo in camera e ci restammo per tutta la notte.

“Vado in bagno a rinfrescarmi” annunciai.

Edward stava guardando fuori dalla finestra. “D’accordo”

Andai in bagno e mi liberai del vestito ingombrante. Mi rinfrescai il collo con l’acqua fresca e limpida.

Non ero sudata, essendo una vampira, non avevo proprio bisogno di rinfrescarmi, ma l’acqua fresca che scorreva sulla mia pelle diafana era un piacere vero e proprio.

Presi il vestito e lo portai in camera, lo posai ai piedi del letto.

“Ti eri stancata di quella specie di tenda eh” ridacchiò.

Sorrisi. “Sto molto meglio così” ammisi. La sottoveste di seta bianca era molto meno ingombrante e molto più comoda.

Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori.

La città sotto di noi era illuminata e bellissima, viva.

“La notte che vive” sentii Edward mormorare.

Appoggiai la testa sulla sua spalla. “Si… è bellissima la città… ma mi manca Londra” ammisi.

Mi guardò. “Ti manca? Ma Bella, sei a casa qui tesoro”

Scossi la testa. “La mia casa ormai è con Alice e tutti voi… si, qui mi piace, mi è mancata questa casa, ma non la sento più come mia”

Le sue braccia circondarono la mia vita. “Sai che mi rende felice questo? Mi sono spesso domandato se fosse giusto strapparti a questo posto, alla tua famiglia”

Appoggiai il mento sul suo petto. “Non chiedertelo, non mi hai strappata a niente. Ti amo e voglio stare con te”

Avvicinò le sue labbra alle mie in un bacio dolce e lieve. Non mi bastava, volevo di più.

Mi alzai sulla punta dei piedi e lo bacia con trasporto, assaporando le sue labbra dolci; il suo alito afrodisiaco.

Sentivo il suo respiro nella bocca e un brivido risalire lungo la schiena.

La sua mano si posò sul mio fianco, leggera, mentre le sue labbra morbide si muovevano sopra le mie, con le mie. Gli passai una mano tra i capelli; prima li intrecciai alle dita, poi spinsi la sua testa verso la mia, lo volevo più vicino.

Le sue braccia mi cinsero i fianchi e le sue labbra divennero urgenti, più sicure. Sentii la sua lingua umida sfiorarmi e la mia risposta fu pronta. Mi lascia andare contro di lui e intrecciai la lingua alla sua, assaporandolo, invadente.

Le mie mani percorsero il suo collo, le sue spalle. Vagavano senza controllo in quel corpo perfetto, in quella statua.

Lo presi per la giacca e lo tirai sul letto, sopra di me. Con le labbra percorsi il suo mento, la mascella e il collo.

“Bella” sospirò “Mi stai provocando”

Un senso di soddisfazione montò dentro di me e non potei non sorridere. Era quello che stavo provando a fare e sembrava che ci riuscissi bene.

Gli mordicchiai piano l’orecchio e con la punta della lingua percorsi il lobo. “Edward” alitai.

Lo sentii sospirare sul mio collo e le sue labbra si dischiusero magicamente, leccando ogni centimetro in cui posava un bacio. La sua lingua umida lasciava una scia rovente dove passava.

Gli tolsi la giacca e la gettai a terra. Sospirò di nuovo. Ad ogni mio gesto sospirava o gemeva.

Da quanto aspettava che mi facessi avanti?

Presi la sua mano e la portai sul mio seno. Lo strinse gentilmente e con il pollice stuzzicò il capezzolo ormai turgido.

Sospirai. Le sue mani sul mio corpo erano un brivido continuo. Ogni gesto faceva crescere un desiderio smodato di sentirlo vicino, su di me, dentro di me.

Le sue labbra percorsero più volte il mio collo e, arrivate alla gola, presero a scendere piano.

Infilai le mani sotto la sua camicia e percorsi la sua spina dorsale con un dito: su e giù. Sentii i suoi muscoli tremare sotto al mio tocco lieve.

Con una mano percorse il mio fianco, la mia gamba e arrivò al lembo della sottoveste. Lo afferrò e tirò su la veste, fino a toglierla. Con un fruscio cadde a terra.

Se fossi stata umana le mie guance sarebbero state rosse, infuocate, invece in quel momento la mia mente era piena di lui, dei suoi baci, del sentimento che ci univa, di noi. E non m’importava se per la prima volta mi vedeva nuda, dei miei difetti, della sua perfezione. C’eravamo solo io e lui, nella nostra bolla privata.

La sua bocca nel frattempo era scesa fino al mio seno, baciava la mia pelle come fosse la più preziosa. Ogni centimetro assaporato come stesse assaggiando miele.

E quando le sue labbra si chiusero intorno al mio capezzolo affondai le dita sulla sua schiena, quasi graffiandolo. Ora più che mai stuzzicava quell’onda vogliosa che dentro di me aspettava di esplodere.

Mi stuzzicava con la lingua, con i denti. Gli strappai la camicia.

Toccare il suo petto, passare le mani sui suoi addominali era diventato urgente e a sbottonare la camicia per toglierla mi sembrava di impiegare un’eternità. La ridussi a brandelli.

La sua pelle profumata e liscia era assolutamente stupefacente, tutto il suo corpo lo era.

Le nostre mani vagavano sui nostri corpi libere e istintive. Non sapevo niente sull’argomento e anche Edward non aveva certo più esperienza di me, eppure i nostri movimenti erano istintivi, gesti naturali.

Lo bacia sul collo, assaporandolo e scesi giù, verso il suo petto che tante volte mi aveva stretta e protetta. Lo adoravo così tanto.

Accarezzai ogni centimetro di quella pelle setosa, stringendolo a me spasmodicamente, come se potesse scappare da un momento all’altro.

Incrocia il suo sguardo e fui sorpresa: vi leggevo passione, lussuria e voglia.

Ovunque mi sfiorasse il mio corpo si accendeva di un calore nuovo e sempre maggiore. Mi accarezzava con una delicatezza infinita.

Le sue mani vagavano senza sosta, sentii il suo tocco leggero sulla pancia; mi accarezzava l’interno coscia, lieve.

Mi sembrava di stare per impazzire; le sue labbra, le sue mani, la sua lingua… ogni parte del suo corpo mi chiamava, gridava il mio nome.

“A-ah…” aprii bocca per dire qualcosa ma ne uscii un gemito che sembrava un ulteriore invito, se mai ne avesse avuto bisogno.

Le sue labbra lasciarono il mio seno per catturare di nuovo le mie in un bacio pieno di passione.

Con mani tremanti gli slacciai i pantaloni e con il suo aiuto li tolsi. Ero emozionata, agitata eppure tremendamente felice. Una delle sue mani scivolò tra le mie gambe; mi stuzzicava con voluttuose carezze. Sul suo viso c’era stampato un sorriso di compiacimento.

Ci baciavamo come se fosse la prima volta; sentii la sua erezione premere sul mi interno coscia e ne fui eccitata.

Lo strinsi per le spalle, tirandolo a me e le sue labbra all’orecchia mi sussurravano parole dolci, d’amore.

Entrò in me piano, cercando di essere il più delicato possibile e quando mi sfuggì un debole lamento si fermò per qualche secondo, nel tentativo di lenire il dolore.

Fu come fondersi in una cosa sola, un solo corpo, una sola anima. Eravamo uniti fin nel profondo e in quel momento sembrava che niente e nessuno potesse mai dividerci. Le nostre anime si appartenevano.

Lo sentivo gemere sommessamente, sospirare contro la mia pelle; il suo sguardo colmo di piacere e lussuria era per me un’immensa gioia. Ed ero sicura di avere lo stesso sguardo. I nostri gemiti si confondevano e divenivano una dolce melodia intorno a noi.

Era così bello sentirlo mio, dentro di me; così giusto. Potevo esprimergli finalmente tutto il mio amore, ogni singolo centimetro di me era per lui, cantava il suo nome.

E l’onda di piacere dentro di noi cresceva e cresceva, fino a inondarci e trascinarci all’orgasmo.

Mi avvinghiai a lui, nel tentativo di mantenere vive quelle sensazioni e di prolungarle. Lui fece lo stesso.

Rimanemmo sfiniti, sul letto, abbracciati e uniti per sempre.

  
Leggi le 20 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Crumble