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Autore: stillyna    06/01/2014    4 recensioni
[Ha partecipato al contest "Leggi quel cuore e scopri l'amore" di Nede]
"Chichi conosceva bene il fuoco, quell’elemento naturale che poteva rivelarsi così utile e indispensabile in certe occasioni, quanto estremamente dannoso e letale in altre. In quel momento, il fuoco dentro di lei aveva oltrepassato di granlunga il limite della sopportazione umana."
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: stillyna
Titolo: Incendio
Genere: Angst, triste
Rating: giallo
Prompt scelto dal partecipante: Fuoco
Pacchetto scena: Castello
Coppia scelta dal partecipante: Chichi/Goku
Avvertimenti: What if?
Note: Questa storia partecipa al contest Leggi quel cuore e scopri l'amore di Nede. One shot molto lunga, tremendamente angst e molto triste. È diversa da ciò che scrivo di solito... non so proprio che dire, mi auguro solo che Chichi non sia OOC. Grazie mille a chi leggerà soltanto e a chi recensirà, sia positivamente come non. Baci :3




Incendio

Non sapeva come, ma improvvisamente si era trovata lì. Sola, nel posto in cui era cresciuta.
Il Monte Friggi Friggi, beh… friggeva, come da definizione. Intorno ad esso, alte fiamme possenti e impenetrabili ribollivano e i crepitii di altre fiammelle più piccole, generatesi in un secondo momento, riecheggiavano per tutta la valle mentre lentamente riducevano in cenere tutti gli elementi del paesaggio circostante che incontravano lungo il loro cammino.
Quello che per qualcuno poteva sembrare il rimbombante eco di desolazione e distruzione, per la giovane Chichi quello spettacolo non era per niente terrificante.
Non rappresentava nessuno dei suoi incubi peggiori, anzi. Le era così caldamente familiare , era proprio il caso di dirlo.
In realtà Chichi ricordava come fosse arrivata in quel posto così singolare, le ci era voluto solo qualche secondo per fare mente locale e rielaborare il tutto.
Gli avvenimenti di quella giornata si erano susseguiti così velocemente e senza un apparente motivo logico che ancora non le era ben chiaro il perché di quella fuga, così improvvisa quanto sentita.
Qualche ora prima, si trovava semplicemente in piedi davanti ai fornelli, nella piccola cucina della casetta in cui, da qualche tempo ormai, si era stabilita con il marito, Goku.
Era sola e super indaffarata, mentre tentava eroicamente di compiere l’impresa titanica quale era di preparare un pasto abbastanza abbondante per sfamare quello scimmione che aveva sposato.
Proprio quel ragazzo infantile che, oltre a mangiare quantitatevoli tonnellate di cibo che perfino un esercito di mille uomini affamati non sarebbe stato in grado di finire, restava fuori casa tutto il giorno perché troppo impegnato nei suoi cari allenamenti per ricordarsi di avere una moglie giovane e bella che, fedelmente e con immensa pazienza, si apprestava ad assolvere i suoi doveri.
E quando lei, preoccupata, al suo ritorno lo rimproverava un poco chiedendogli, a volte anche un po’ bruscamente, perché dovesse sempre farla aspettare così tanto, lui le rispondeva sempre al solito modo, col suo solito modo di fare ingenuo e vagamente dispiaciuto.

«Su Chichina, non è il caso di arrabbiarsi tanto… in fondo sono qui adesso, no? Non preoccuparti… » lui sorrideva, lei si voltava seccata, lui la impietosiva con i suoi occhioni dolci e lei, puntualmente, lo perdonava. Si abbracciavano e, quasi come un riflesso involontario, quando si staccavano Goku esordiva con la classica, e talvolta per Chichi fastidiosa, frase “Cosa c’è per cena?”

Ad ogni modo, anche quella volta come di consueto stava trafficando fra pentoloni e padelle, mentre nervosamente continuava a domandarsi dove diavolo fosse finito quello zuccone che la faceva disperare. Tra l’altro, quella sera era ancora più in ritardo del solito. Pensò che, probabilmente, con la stagione calda e la luce che di conseguenza durava più a lungo non si fosse ben reso conto dello scorrere del tempo e che quindi, accortosi di un certo languorino improvviso, fosse montato alla svelta sull’adorata nuvoletta dorata.
Fatto stava che Chichi era troppo in pensiero per concentrarsi: distrattamente, tocco un pentolino bollente e prima di realizzare cosa stesse facendo, spostò la mano verso un altro fornello scoperto e si scottò.
Emise un forte urlo e soltanto dopo osservò il dito, arrossato e leggermente gonfio, e lo portò alla bocca cercando un po’ di sollievo.
Si innervosì ulteriormente e spense tutti i fornelli, fregandosene completamente dei vari processi di cottura. Prima di farlo, però, ripensò alla scottatura e osservò attentamente la fiammella blu del gas: di punto in bianco, associò quel fuocherello alla sua vecchia casa, ai ricordi dei suoi primi anni di vita.
Ebbe come un’illuminazione, come se quel contatto spiacevole con la fiammella fosse stata la scintilla che le serviva.
Strane sensazioni la pervasero: la sua arrabbiatura iniziale divenne sempre più forte, quasi irrazionale.
Bruciava e cresceva dentro di lei come una piccola fiamma, una piccola scintilla alimentata dal vento, che anche a volerlo fermare, inconsapevole continua a soffiare, e così la fiamma ad ardere. Non comprendeva cosa le stesse accadendo, ma il suo istinto le suggeriva un’unica soluzione possibile: fuggire.
Come un incendio che imperterrito divampa all’interno di un’abitazione, distruggendone prima le fondamenta, poi i muri, per arrivare infine al tetto. Per vivere ha bisogno di bruciare, bruciare continuamente ed espandersi fino a distruggere i confini del posto in cui si trova.
Lo stesso, in quel momento, valeva per Chichi. Quando cucinava troppo, troppe pentole che bollivano in uno spazio limitato; le toccava allontanarsi subito, anche se per poco e aprire una finestra, di modo da far fuoriuscire il vapore.
Era l’unico modo, non c’era molto da riflettere.
Devi farti da parte, anche se solo per un attimo, perché o te ne vai o il fumo ti entra dentro: si infiltra dalle narici e in pochi secondi ti porta a tossire. Potrai dimenarti, portarti una mano al viso convinto che ti aiuterà a resistere - o forse solo a prendere tempo - ma poi non hai più scampo, devi iniziare a correre.
Correre e ancora correre, più forte che puoi, riporre tutte le tue energie e speranze sulle gambe. Perché se non lo fai, il fumo ti invade e il fuoco ti prende. Svieni e soccombi, e allora sì che è davvero finita.

Chichi conosceva bene il fuoco, quell’elemento naturale che poteva rivelarsi così utile e indispensabile in certe occasioni, quanto estremamente dannoso e letale in altre.
In quel momento, il fuoco dentro di lei aveva oltrepassato di granlunga il limite della sopportazione umana. Era un fuoco metaforico, un incendio che sembrava ardere sempre più ogni qualvolta che respirava.
E più stava ferma, più esso divampava e si estendeva bruciando ogni singolo brandello di carne viva che incontrava.
E più il fuoco bruciava e più Chichi soffriva, e più Chichi soffriva più lei stessa apprendeva che l’incendio si stava consumando nel pieno della sua incontrollabile furia.
Ormai schiava solo dei suoi più puri e irragionevoli istinti, preda del suo tormento, vittima del suo stesso dolore, si decise a mollare tutto, dimenticando ciò che la circondava. E cominciò a correre, a correre, ancora a correre…

Chichi si risvegliò di soprassalto, ancora una volta a causa di quell’incubo ricorrente che la tormentava.
Vittima di un incubo passato, che non era mai stato così reale. Così reale da non essere più presente. A piedi scalzi, abbandonò il caro vecchio letto in cui aveva dormito per anni prima di doverne condividere uno con un uomo.
Già, Goku… un’altra vittima, insieme a lei, di un matrimonio forzato e ormai fallito.
Non era l’unica a sentirsi soffocata da quella relazione, anche se doveva ammettere che il suo ex marito era molto più bravo di lei a nascondere ciò che provava. Strano sposarsi con un ragazzo che non ha mai detto di amarti, vero?

Era stata una stupida, illusa, giovane nel pieno di una cotta adolescenziale talmente trascinata da un sogno, che esisteva solo per lei, da non rendersi conto di quanto fosse illogico. Anche se, doveva ammetterlo, il sentimento per lui era ancora forte.
Dannatamente forte.
Perché nonostante tutto, lei lo amava.
Era stanca, depressa, schiacciata da quella situazione apparentemente irrisolvibile… eppure, a distanza di anni, ancora lo amava.
Nella disperazione, aveva pure pensato di avere un bambino: una creatura da curare, che lo spronasse a maturare.
Ma lui era fatto così, non c’era verso di cambiarlo e non sarebbe neanche stato giusto.
Ancora un po’ scombussolata dal sogno, si affacciò alla finestra della camera di quella casa in cui aveva imparato a convivere con sé stessa.
I suoi Monti Friggi Friggi erano lì, alti e fieri, che la osservavano senza poterla giudicare.
Ma soprattutto, erano completamente liberi.
Il fuoco, completamente estinto. L’incendio, completamente finito.

  
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