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Autore: justinbieber    06/01/2014    20 recensioni
Life Out of Control è il continuo della storia 6 Days
“Evelyn aveva perso sonno pensando alle cose che sarebbero potuti essere.”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Scooter Braun
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“C’è qualche problema in famiglia?”
“E’ successo qualcosa?”
“Ne vuoi parlare?”
“Devo chiamare i tuoi genitori?”
“Jenner, il preside le vorrebbe parlare.”


Non funzionava. Ormai le minacce, le parole dolci o i complimenti non significavano niente per me. L’unica cosa che significava davvero era capire il perché. Tre mesi ed ero ancora a cercare una motivazione.

Non mi avevano solamente tolto un compagno di classe, mi avevano tolto l’amore, la sicurezza e la voglia.

Ogni mattina mi svegliavo con un peso sul cuore – anzi, sul petto perché ormai il cuore era andato in frantumi, calpestato e spazzato via. Mi sentivo come se avessi perso una parte di me, mi sentivo vuota, sola.

Nessuno riusciva a capire il dolore che provavo. Quella voragine nel petto che ormai nessuno si prendeva la briga di riempire – e se mai ci avesse provato, lo avrei allontanato timidamente.

I professori mi chiedevano il motivo di questo mio peggioramento scolastico e di questa mia mancata concentrazione. Alcuni giorni rispondevo scuotendo la testa e scusandomi, altri scoppiavo a piangere e mormoravo un falso “problema in famiglia” – quando in realtà andava tutto bene con i parenti. Mamma e papà erano sempre a lavoro, Rafe era diventato come uno sconosciuto e mi andava bene perché era quello che volevo. Sapevo che avevo bisogno di avere qualcuno al mio fianco in quel momento ma non volevo nessuno – se quella persona non era Justin, non volevo nessuno.
Lo stesso valeva anche per la ragazza che mi aveva consolato alle quattro di notte del 3 Febbraio quando realizzai che non sarebbe mai più tornato a scuola. Cacciai la migliore amica che avessi mai avuto fuori dalla mia vita quando alla mia affermazione “Mi sento sola” ricevetti come risposta un “Non sei sola, hai miliardi di cellule che ti proteggono” 

La solitudine che avevo sempre letto nei libri, nei volti delle persone, ora riuscivo a leggerla nei miei occhi ogni mattina quando mi guardavo allo specchio. Disgustata cercavo di fare un sorriso e qualche volta ci riuscivo a portarlo avanti fino a sera. Ma fino alla sera riuscivo a portare anche un dolore lancinante al petto, le urla soppresse, i nodi allo stomaco, i pugni chiusi.

Tornavo a casa e mi buttavo sul letto. Cercavo qualche sua notizia, leggevo i commenti di alcune ragazze sotto le foto caricate poche ore prima:
- Che belle labbra
- Quanto sei carino!
- Stupendo ♥
Sentivo le mani tremare e il sangue gelarmi ogni volta che lui rispondeva flirtando, usando un punto e virgola e una parentesi chiusa a fine frase. Finivo sempre con lo stringere i pugni ed eliminare tutte le applicazioni in cui lui potesse essere presente; applicazioni che sarebbero state scaricate il giorno successivo.

La parola ‘Basta’ era ormai qualcosa di giornaliero per le mie labbra – così giornaliera che ci avevo fatto l’abitudine e che ormai aveva perso di significato. In fondo era una imposizione a cui avevo smesso di dare ascolto ma che continuavo a ripetermi ogni volta che finivo con il broncio e gli occhi chiusi. Un’imposizione a cosa, poi? Al mio cuore? Alla mia mente? Ai miei pensieri? Alla mia voglia matta di confessargli tutti i miei sentimenti? Ai miei rendimenti scolastici scadenti?

Volevo dimenticarlo, togliermelo dalla testa, farlo sparire ma non ci riuscivo – e la stella affissa all’entrata della scuola in suo onore, con il nome scritto in stampatello, non mi aiutava. Non mi aiutavano nemmeno i pettegolezzi che giravano nei corridoi, le ragazzine sedute in mensa con i loro iPod impostati sulla riproduzione continua del suo album, lo sguardo di pena di Naomi e i suoi abbracci pieni di gioia con Chaz o il ciondolo che, dopo essere stato attaccato al mio zaino per più di tre anni, dopo essersi intrecciato a Justin, era stato gettato con rabbia una settimana dalla sua espulsione dalla scuola.

Senza nessuno continuavo ad andare avanti ma non vivevo. No, quello no. Vivere riesce a tutti, giusto?
Vivere significa essere in grado di svolgere le funzioni vitali giorno dopo giorno, no? Io non ci riuscivo. Facevo fatica a respirare. Vedevo Justin accanto a ragazze alte e snelle che mi facevano sentire in colpa ogni volta che mandavo giù un boccone, anche d’insalata. La poca energia che avevo la tiravo fuori la notte per fare uscire quelle lacrime che aspettavano di rotolare lungo la mia guancia dalla mattina.

Quello non era vivere, era sopravvivere. 

  
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