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Autore: BlazeForrester    06/01/2014    2 recensioni
"«Tra meno di un mese sarò incoronata.» le porte si sarebbero aperte e io avrei potuto rivedere Anna."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest
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Buona Epifania a tutti! Ho deciso di scrivere questa storia, dopo aver visto "Frozen", film di cui mi sono innamorata. Oggi ho deciso di scrivere questa storia, anche grazie all'insistenza della mia ragazza. Spero possa piacervi e di riuscire ad addolcirvi il rientro a scuola/lavoro :) Buona lettura! :)

 

Feelings of Ice

 

 

«Tra meno di un mese sarò incoronata.» le porte si sarebbero aperte e io avrei potuto rivedere Anna.

Poggiai la fronte contro il vetro, per chiunque altro sarebbe stato freddo ma non per me.

La notte era scesa da poco e le luci in città avevano cominciato ad accendersi. Dentro al castello i pochi servitori stavano preparando la cena e rimettendo a posto gli interni.

Mi tolsi un guanto e disegnai in aria tanti piccoli ghirigori, ad ogni passaggio delle mie dita, lucenti strisce di ghiaccio riempivano la parete della mia cella. Era così che chiamavo camera mia. La cella.

Era stato difficile nei primi giorni di prigionia ma nostra Madre e nostro Padre non mi avevano mai lasciata sola. Poi il destino beffardo se li era portati via. Allontana da tutti quelli che amavo: i nostri genitori, ormai dipartiti e Anna, aldilà di quella porta. Quante volte avevo sognato di aprirla mentre la piccola dolce Anna bussava, chiedendomi di giocare con lei, ma ormai quei giorni erano passati. Anna non bussava più. Sentivo i suoi passi esitare un attimo e poi proseguire dritti per la loro strada. Quante volte avrai pianto pensando alla desolazione di questo castello? Quante volte avrai pensato di essere sola, credendoci? Hai dovuto affrontare il funerale dei nostri genitori da sola mentre io ero rinchiusa qui dentro. Piccola Anna, quante volte hai sofferto per colpa mia?

«Principessa Elsa, la cena.». Non avevo fame, però sapevo che i domestici si sarebbero preoccupati. Aspettai qualche secondo e aprii lentamente la porta. Il carrello pieno di vivande era al suo solito posto, di fronte alla mia porta, nel corridoio vuoto.

 

Fuori ormai era buio pesto, avevo sentito Anna dare la buonanotte ai domestici e andare a letto ore prima. Non si era soffermata di fronte alla mia porta. Che la mia sorellina si fosse scordata di me? Un vulcano di emozioni mi stava divorando l’anima. Mi ero voltata e rivoltata nel letto per ore. Avevo disegnato storie sulle pareti, avevo intrecciato i miei capelli, ma il sonno non si era presentato. Ero davanti al fuoco, facendo avanti e indietro, quando presi la decisione. «Andrò da lei».

Corsi alla porta e la spalancai chiudendomela alle spalle. Fu come essere buttati in acqua all'improvviso. Paura. «No! No! No! Questo è il mio castello e non può succedere niente!» Per un attimo, il freddo gelo che era dentro di me, prese il sopravvento ma riuscii a ricacciarlo giù. Le gambe tremavano e il cuore batteva a mille, una scossa di eccitazione mi pervase. Ridendo piano mi diressi verso camera di Anna. Ogni passo era un brivido che mi entusiasmava. Quasi danzando, mi ritrovai difronte alla porta della camera della mia piccola sorellina. Aprii la porta senza troppi indugi. Volevo vederla.

Il suo letto era stato messo dove una volta stava il mio, ci avevamo dormito abbracciate infinite notti. Quanto mi mancavano. Quanto mi mancava il suo fiato che mi solleticava il collo. I suoi piedini caldi. Il suo profumo d'estate. La mia piccola Anna.

Avvicinandomi al letto, mi accorsi che lì non c'era più la mia piccola sorellina.

 

Ormai donna Anna era meravigliosa. Un corpo ardente ne aveva preso il posto. Le coperte lanciate fuori dal letto mi permettevano di ammirarla. Snelle gambe toniche scalciavano le poche lenzuola rimaste. I suoi capelli avevano creato una criniera, marchiata da una ciocca più chiara. Sfiorai quest’ultima, il segno del mio peccato.

All’improvviso cominciò ad accarezzarsi il corpo. Si morse una delle dita, mentre con l'altra mano scese lenta sul suo seno. Sentii il mio viso avvampare. Mai in vita mia ero stata così calda. Con la voce impastata dal sonno pronunciò qualcosa che non riuscii a capire. Mentre le sue dita stringevano e torturavano uno dei suoi rosei capezzoli, caldi gemiti uscirono dalle sue labbra morbide. «..ah..» un gemito più forte, di una voce diversa. Abbassai lo sguardo, le mie mani ripetevano tutto ciò che Anna stava facendo al suo corpo. Le sue lunghe dita affusolate che finora avevano accarezzato il suo torace finirono sulla sua calda intimità. Ormai priva di inibizioni, la mia mano seguì il mio ventre fino al centro pulsante, ma i guanti erano d'intralcio. Lentamente me li tolsi, lasciandoli volare a terra. La mia Anna iniziò ad agitarsi e la mia mano corse di nuovo sul mio sesso.

I nostri respiri risuonavano nella stanza. Immaginai che fossero le dita di Anna. Immaginai di baciarla. Di stringere a me il caldo corpo della principessa. Cercai di tenere gli occhi aperti. Anna si stava contorcendo, stringendosi il seno mentre aumentava l'intensità dei movimenti. Ci stavamo muovendo all’unisono. Gemiti ancora più forti. Movimenti sempre più veloci. Fino all'estremo piacere. Ondate di piacere ci fecero tremare. «Elsa!» «Anna!». Spalancai gli occhi. Anna aveva urlato il mio nome? Anche lei... I suoi occhi si mossero e lentamente si aprirono. Quasi sapesse dov'ero. I suoi splendidi occhi color smeraldo mi inchiodarono al muro. «Elsa… Sei di nuovo venuta a trovarmi nel sogno?». Che mi avesse bramata altre volte? Che avesse fantasticato si di me mentre si procurava piacere? «Non fare quella smorfia, lo faccio solamente perché non posso toccarti. Se tu potessi aprire quella porta lo potremmo fare insieme.» Si drizzò e percorse quei pochi passi che ci dividevano. «Elsa, per una volta permettimi di aprire quella porta…» In punta di piedi, mi baciò. Come se un raggio di sole mi avesse scaldata durante il freddo inverno, il suo tocco mi risvegliò dalla glaciale prigionia. Forse potevo veramente aprire quella porta.
«Elsa… posso toccarti.» mi sfiorò il volto. «Sei bellissima.» “Tu lo sei molto di più” , pensai, ma non glielo dissi. Temevo di rompere quell'incantesimo. Una lacrima scivolò sulla mia guancia. Anna la prese. Era diventata un piccolo fiocco di neve. «Neve? Elsa, perché le tue labbra sono così fredde?» scivolai via. Iniziai ad avere paura. «Elsa, perché il tuo corpo è freddo? Perché la tua lacrima è diventata neve?» Non ci sarebbe mai stata speranza per noi due. La guardai per un’ ultima volta e fuggii via. La sentii esitare e poi corrermi dietro. Pochi passi dividevano le nostre camere. Spalancai la porta di camera mia, chiudendola in faccia ad Anna. Era disperata. Stava piangendo anche lei. Scivolai tenendo le mani posate sulla porta. Grossi blocchi di ghiaccio riempirono la stanza. «Elsa! Elsa aprimi!» Bussava forte contro la porta. Ma non le avrei permesso di entrare, ero troppo angosciata. L'avevo già ferita fin troppe volte. «Cosa diavolo vuoi a quest'ora della notte!?» «Elsa, so che eri in camera mia! Aprimi, ti prego!» Mi asciugai le lacrime «Vattene!» «Non sai dirmi altro!». Venni colpita al cuore. I suoi passi si allontanarono. Rimasi immobile senza respirare, poi la porta di camera sua si chiuse con un gran frastuono. Poggiai le labbra sul freddo legno della porta «Anna, ti amo…».

  
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