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Autore: BlueAngelxx    07/01/2014    4 recensioni
Dean e Cas. Uno è un tutor di fisioterapia, l'altro uno studente di infermieristica.
Cosa li accomuna? Il fatto che si troveranno a fare il primo tirocinio accademico proprio nello stesso reparto.
Genere: Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Ciao a tutte :D
Questa l'ho iniziata qualche giorno dopo una tragica lezione di infermieristica Clinica ù.ù
Che brava studentessa che sono se studio per gli esami le cose e poi ci faccio le fanfic sopra xD
Vabbè ma so che a voi non dispiace :P
Spero che vi piaccia (Io sto cercando di migliorare il mio stile di scrittura, quindi mi raccomando, come al solito ditemi quel che ne pensate)
:D 
Buona lettura a tutte <3



Sono sdraiato sul divano. Guardo il soffitto e non riesco a non pensare al fatto che mancano appena poche ore al mio primo giorno da tutor per il tirocinio delle matricole e sono nervoso come un adolescente al suo primo appuntamento. Questa cosa mi fa incazzare in un modo che non riesco neanche ad immaginare. Ho venticinque anni, per la miseria! Ho studiato, ho dato anche gli esami e sono anche preparato. Sono un medico, grande grosso e vaccinato. Come faccio ad essere nervoso per il primo giorno di tirocinio?

Dalla porta del salotto riesco a sentire tutti i rumori provenire dalla case: mio fratello continua ad andare avanti e indietro per la sua camera, nervoso quasi più di me. Il suo amico Garreth gli ha appena detto che gli è arrivato il voto dell’esame di Procedura penale che ha sostenuto appena qualche settimana fa e da allora mio fratello non fa altro. Sento che continua a ripetere qualcosa riguardo al fatto che il suo professore sia quello che è: un enorme e grandissimo stronzo. Sorrido sotto i baffi, indeciso se essere contento per il fatto che nonostante tutto il suo esame andrà benissimo o per il fatto che il suo professore sia quello che è.
Sto seriamente pensando che mi sta per venire una cristi di nervi. Quasi quasi mi alzo e gli vado a dire di fare piano. Non è mica l’unico in questa casa che è nervoso per qualcosa.  
Faccio in tempo a fare un respiro profondo per cercare di calmarmi e sento mia madre cantare. Menomale che almeno lei è tranquilla. Riconosco qualche nota, ma niente di definito, non riesco proprio a capire che cosa stia cantando.

Faccio appena in tempo a chiudere gli occhi per lasciarmi cullare dalle note solitarie intonate da mia madre che sento arrivare un messaggio sul cellulare. Alzo gli occhi al cielo, chi diavolo può essere? Chuck

Come ti senti? Io continuo a scrivere al computer, non riesco a calmarmi!

Sempre il solito Chuck. Posso dire con sicurezza che se in quel preciso momento c’è qualcuno più nervoso di me quello è lui, anche se sinceramente non ho mai capito il perché. E’ uno dei migliori dottori dell’ospedale. Cardiologo, per giunta. Di cosa doveva preoccuparsi lui?
Mi stiracchio, lanciando un’occhiata alla borsa della palestra che ho lasciato all’ingresso. 


Sento la voce di mia madre chiamare mio fratello. Tipico. Ha deciso di chiamare lui perché lo vede molto più tranquillo e sicuro di me. Certo, lui è un altro genio nella famiglia Winchester. Stringo un pugno, ricordando quello che aveva detto mio padre qualche anno fa. Lo ricordo bene, come se fosse successo ieri.
-Almeno uno dei miei figli diventerà qualcuno un giorno!-

 

Quello stronzo di mio padre. Lui non aveva mai capito niente di me.

-Arrivo!-, è la risposta puntuale di Sam che mi arriva alle orecchie mentre decido di girarmi su un fianco per prendere con una mano il cellulare. -Solo un momento-
Ecco un urlo. Lo sapevo. Deve essere uscito il risultato dell’esame.

-Dean! Dean! Dean!-. Lo sento che mi chiama mentre viene su correndo come un uragano. Nutro dei seri dubbi sul fatto che abbia respirato scendendo le scale dalla sua camera al salotto. -Ce l’ho fatta! CE L’HO FATTA! HO PRESO IL MASSIMO!


Si, va bene, ho capito che sei felice, ma potresti evitare di strillare come una donnicciola? 

-Sono felice Sam…-, gli dico, girando un attimo la testa verso la porta quel tanto che mi serve per guardare la sua espressione. Sembra quella di un bambino che ha appena scartato un regalo di Natale che voleva da tempo. Sono felice davvero, solo che non riesco a dimostrarlo completamente. Dopo avermi lanciato uno sguardo e un sorriso a trentadue denti lo vedo sparire come un fulmine. Non ho idea di dove stia andando, probabilmente a chiamare tutta la famiglia.  

 

Che te lo dico a fare. Mi sento uno schifo. Sono nervoso e inoltre è arrivato il risultato dell’esame di Sam. 

 

Ha preso il massimo vero? Mi dispiace Dean, non so cosa dirti per farti star meglio.

 

Non importa Chuck. Vado a prepararmi psicologicamente per la cena che, conoscendo quella donnicciola di mio fratello, avrà chiamato tutta la famiglia.

 

Saluta tua cugina per me.

 

Non ti offendere Chuck. Ma una come Jo non uscirebbe mai con un come te. xD

 

Non importa. Uno ci prova no? xD

 

Convinto tu. CI vediamo domani all’Ospedale. 

 

Non fare danni.

 

Non ne faccio mai.

 

Credici.

 

-Dean!-, sento Sam chiamarmi di nuovo. Che altro vuole da me? -Vengono gli Zii a cena!-
Detesto avere ragione. Io detesto sempre aver ragione.

Non posso pretendere niente di diverso da mio fratello. Anzi, già è tanto che è tornato da Stanford per stare con mamma e me la settimana prima dell’inizio dei tirocini accademici. Mi alzo e prendo la borsa della palestra, tenendo il braccio destro piegato e portandola dietro la schiena. Entro in quella che era la mia camera, mi tolgo la maglietta e la butto sul letto per poi lanciare uno sguardo alla borsa della palestra appoggiata ai piedi del mio letto. Mi rendo conto che appena torno a casa devo mettere tutto in lavatrice e prendere l’altra borsa con il camice e i miei vestiti puliti. Mentre mi dirigo in bagno, mi ricordo di quella volta che avevo quasi rischiato di portare i guantoni da box e i pantaloncini che solitamente uso per fare gli allenamenti.

 

Che vuoi che sia fare il tutor alle matricole? Ho provato a convincere sia me che Chuck stamattina ma senza riuscirci. Lui è troppo preso dalle sue crisi di panico. Io invece sono perseguitato dal terrore di combinare qualche macello già dal primo giorno di tirocinio. Mi sembra assurdo che già dal primo giorno si debba fare qualcosa di complicato, ma vallo a dire al mio sistema nervoso. Sono ossessionato dal fatto che combinino     qualche macello. Se sono un pessimo tutor come faccio?

-Viene anche Jessica!- 


Ma che bello! Esulto ironicamente. Una serata già tragica sui successi di mio fratello si è trasformata in una serata da depressione. Così, oltre a dover sentire tutti i futuri progetti di mio fratello sulla sua vita accademica, mi toccava anche sorbirmi le domande di mia madre su come andasse la mia vita sentimentale. Non è mica per niente, la mia vita da single va benissimo, le ragazze sono una seccatura, l’ultima che avevo avuto aveva cercato di farmi diventare vegano.
Capisco tutto, figurati. Ma…vegano? IO?

Dopo averla la lasciata mi sono detto che era meglio lasciar perdere con le relazioni fisse. A volte è un pò una scocciatura, specie quando ti prendono quei momenti in cui hai bisogno di qualcuno vicino. Ma personalmente le ragazze sono troppo folli per me.
Mi tornano in mente le mie ex una per una mentre mi tolgo anche i jeans, rimanendo in biancheria. Sono stato con diverse ragazze durante le superiori e nei primi anni di università, ma ne avevo incontrate davvero di tutti i tipi. Prima ho conosciuto una che mi contraddiceva qualunque cosa dicessi e mi impediva di uscire con i miei amici. Qualche anno dopo ne ho avuta un’altra che pretendeva che ogni volta dovesse essere come la prima volta. Sorrido guardandomi allo specchio. Lisa. Me la ricordo bene. Era una bella ragazza, ma troppo impegnativa. 

Lancio uno sguardo ad un profumo che sta nel mio mobiletto in bagno. Ottimo regalo, peccato che la persona che me l’avesse regalato era una pazza psicopatica. Cassie. Di tutte, lei era la peggiore. Aveva passato parecchio tempo a cercare di cambiarmi e poi mi aveva lasciando dicendo semplicemente che non ero il tipo più adatto per lei. Non potevi dirmelo prima?, avevo pensato quando ci eravamo lasciati.

I primi tempi ho cercato comunque di lasciar perdere tutti questi inconvenienti, ma, dopo un po’, mi sono fatto un esame di coscienza e sono arrivato al punto che non valeva la pena legarsi le mani per una donna che dopo un pò di tempo si accorge che si è stufata di te.
A quel punto, ho deciso di vivere la mia vita come al casinò: mi accontentavo di amori di una notte, delle chimere che vedevo sparire alla luce del giorno come un sogno. D’altronde, molti amori erano solo quello, solo che più lunghi.

 

Un giorno mi sono guardato allo specchio e mi sono detto che non aveva alcun senso vivere una vita che ti sta stretta e adesso, a distanza di anni, sono parecchio convinto della mia scelta che ogni volta mi da sempre gusto. Quindi vuol dire che è quella giusta.
-Ma poi che senso avrebbe sistemare me? Sarebbe un ingiustizia per la popolazione femminile-,

ho detto una volta a Chuck mentre studiavamo anatomia. Ha strabuzzato gli occhi ed è scoppiato a ridere. Io sono diventato più certo di quello che avevo appena detto rendendomi conto che riuscivo a fare quello che volevo anche con gli uomini. 

 

Non che io preferisca gli uomini alle donne, quello no, però, se riesco con parecchi uomini, a maggior ragione posso farlo con le donne. Lasciando la mia mente vagare nei pensieri, mi infilo nella doccia e appoggio la testa contro il marmo freddo, lasciando che l’acqua calda mi calmi un attimo. Ruoto le spalle, cercando di togliere tutto il peso che in quel momento mi preme sulle spalle.   

Non c’è niente di meglio di una doccia. No, anzi, solo il sesso è meglio di una doccia calda.


Passo un tempo indefinito sotto la doccia per riflettere e, quando esco con l’asciugamano legato intorno alla vita ed un altro in testa, lancio un’occhiata alla finestra per guardare fuori. Il sole è ancora evidente nonostante siano quasi le sette di sera. Adoro il caldo, il sole, il sale, il mare e specialmente pochi vestiti.

 

Esco dal bagno e mi trovo a schiantarmi contro quella gatta morta della ragazza di mio fratello 

-Ciao Dean!-, mi dice con la sua voce da gallina. Le rispondo cercando di evitare qualsiasi tipo di discussione. L’ultima cosa che mi manca per quella serata è mettermi a discutere con una sedicenne civetta. Lei e Sam stavano insieme da quasi otto mesi e io ogni volta che me la trovavo dentro casa cercavo di capire perché quel secchione di mio fratello si fosse scelto una gallina o viceversa. -Ciao. Adesso scusa ma vado a vestirmi.-

Mi infilo in camera prima che riesca a dire qualcosa e apro l’armadio, scegliendo quella vecchia camicia a quadri rossi che mi piace tanto. Una volta mia madre aveva pensato di buttarla perché era tutta scolorita ma non avevo voluto sentire ragioni. Ci sono quasi cresciuto, dentro quella camicia, e nessuno poteva buttarla.

Mi inifilo le prime cose che trovo nell’armadio e alzo il colletto della camicia. Sento suonare alla porta e riconosco le prime voci. Riesco con precisione a sentire tutti i complimenti dei miei zii. Sospiro. Si preannuncia davvero una serata patetica. 

Dopo qualche secondo sento la voce di mia zia Hellen.

-Dean! Dov’è il mio futuro tutor preferito?

Sorrido per poi aprire la porta e scendere. Hellen, la sorella di mia madre, era senza dubbio la mia zia migliore. Era parecchio burbera, ma voleva bene sia a me che a Sam e non ci aveva mai dimostrato il contrario. Sono sul punto di salutarla quando mi sento arrivare uno scappellotto da dietro la testa.

-Ciao idiota-

Sempre adorabile, mia cugina. 

-Ciao Jo-

-Domani inizi il tuo primo tirocinio! Come ti senti?-, chiese senza alcuna nota di presa in giro prendendo una birra dal tavolo e ricevendo una ramanzina da mia madre. Abbozzo un sorriso. Forse sarebbe andata meglio delle mie previsioni. -Mi sento come se avessi appena ingoiato una palla chiodata.

-Sei sempre il solito pappamolle. Io il primo tirocinio da tutor di medicina l’ho fatto a chirurgia.

-Brava- rispondo acido. -Vuoi un applauso?

-Coglione, intendevo dire che il tuo non può essere peggio del mio. 

-Nutro seri dubbi in proposito.


Lo pensavo veramente. Mia cugina faceva la dottoressa nel reparto di medicina d’urgenza. 

 

-Nah, non sono mica dei cerberi i tuoi specializzandi, Dean. Fai il fisioterapista, per la miseria.

-Non ci scommetterei.

- Ce ne sono alcuni che sono dei tipi interessanti, se è questo quello che vuoi sapere. Ce n’è uno che somiglia ad un angelo.

-Sai qualcosa? 

-Ovviamente. Lavoro pur sempre come dottoressa e non dimenticare che sono una tua collega, come tutor didattico. Però non te lo dico. Così ti lascio la sorpresa domani mattina.

-Sei una stronza. 

-Alla salute Dean-

La guardo mentre si scola la birra che ha in mano. Come aveva fatto lei a diventare dottoressa che io non avevo neanche passato l’esame d’ammissione a medicina ma sono diventato un fisioterapista? Faccio spallucce mentre vedo mia madre che arriva in salotto, felice come una pasqua. Deve essere sicuramente merito di Sam.

 

-Vorrei fare un brindisi-, la sento iniziare, dopo essermi voltato e aver visto Sam abbracciato a quella specie di polipo biondo. -Brindiamo ai miei due figli. A Dean, che domani inizia il suo primo tirocinio da tutor e che mi sembra ieri che mangiava la torta con le fragole solo se gli tagliavo i bordi.

-Mamma…-

-Suvvia, tesoro! Devo pur farmi prendere dai sentimentalismi qualche volta, no?

Se ne è convinta lei.

-Brindiamo anche a Sam, che ha preso il massimo in un altro esame.-

Guarda prima me e poi mio fratello 

-Vostro padre sarebbe fiero di voi

 

Quelle sono le parole peggiori che mi può dire. Mio padre non sarebbe mai stato fiero di me. Fino a qualche anno fa, non ho fatto altro che ammazzarmi di lavoro e di studio solo per sentirmi dire una cosa che mio padre non si era mai degnato di dirmi, al contrario di quello che diceva sempre a Sam. E’ sempre stato fiero di lui, ma mai di me.

Sam qui, Sam là. C’era sempre stato solo Sam nella sua vita. Nella mia, invece,  c’era stato un periodo in cui ero stato veramente convinto che lui fosse meglio di me. Sono due anni che è morto ed io ce ne ho messi altrettanti per rendermi conto che mio padre nient’altro era che uno stronzo.

 

Sento Jessica mormorare qualcosa a mio fratello mentre io stringo il pugno cercando di non tirarlo contro il muro in quel preciso momento. Non sarebbe niente se non fosse per il tono con il quale lo dice, con quella malinconia che lascia capire tutto. C’era stato un periodo, quando Sam era ancora piccolo, in cui avevo sentito mia madre piangere quasi tutte le sere mentre si prendeva cura di mio fratello. Era il periodo in cui mio padre se ne era andato.
Non che ci fosse mai stato per me, ma vedere mia madre in quello stato non aveva fatto che aumentare il mio odio per lui. 

 

-Non è vero-, borbotto solamente, non curante del fatto che mi sentano o meno. Pensassero quello che vogliono, tutti quanti. Prendo la mia giacca di pelle dall’appendiabiti e raccolgo le chiavi della mia macchina posate nel piattino all’ingresso.

 

Alzo di nuovo il volume della voce. 

-Vi ringrazio tutti per essere venuti qui. Vi chiedo scusa, ma devo scappare.. Scusa mamma, passo più tardi per spiegarti tutto.-

Non me ne fregava un cazzo di quello che pensavano gli altri, ma per mia madre quella serata era importante e mi sembrava il minimo almeno spiegarle lo stretto indispensabile.
Apro la porta, mi giro e me ne vado per rimanere fermo un attimo sul pianerottolo di casa con la testa e la schiena appoggiata al portone. Spero che qualcuno mi segua, ma mi rendo conto che non ho la minima voglia di spiegare a qualcuno come mi sento.

 

-Tutto a posto?-.
Sento una voce provenire da lì vicino. Sbuffo, indeciso se rispondere o se mandare il proprietario della voce a farsi un giro. 

-Sto una Pasqua, guarda.-

-Donna?-.

Rido, -Peggio. Famiglia.

Apro un occhio per trovarmi uno strano ragazzo che mi fissa perplesso. Cosa vuole da me? Apro anche l’altro e mi giro a guardarlo, scostandomi lentamente per avvicinarmi un po’. -Perchè ti interessa?-, chiedo. Forse risulto un pò troppo acido, ma non ci presto molta attenzione

-No…niente. E’ che mi sembravi un po’…scombussolato tutto qua-

-Solite cose delle cene di famiglia. Niente che un hamburger e un bicchiere di whiskey non possano risolvere.

Lo vedo sorridere. Non ho mai avuto un debole particolare per gli uomini ma devo comunque ammettere che ha un bel sorriso.

-Sono d’accordo.- mi dice, guardandomi in faccia e incrociando le braccia. Mi ricordava qualcuno che avevo già visto all’ospedale, ma non sapevo bene chi. Rimango zitto. Dire la classica frase  “Scusa ma non ci siamo già visti da qualche parte” sarebbe decisamente controproducente. Lo vedo che mi squadra molto attentamente per qualche minuto. Inutile spiegare che sento il mio ego schizzare alle stelle. Ghigno sotto i baffi. Solitamente erano le donne a guardarmi con quell’espressione.

-Emh-, lo richiamo giusto per prenderlo un pò in giro. -Ci sei?-
Accavallo le gambe e incrocio le braccia per girarmi leggermente su un fianco e rimanere appoggiato alla porta con una spalla. 

-Scusa, ero sovrappensiero-.

L’ho notato. 

-Io sono Castiel Novak comunque.- 

Lo vedo tendermi la mano e alzo leggermente lo sguardo giusto per notare che ha fatto qualche passo indietro rispetto a dov’era prima. -Piacere, Dean Winchester.- 

-Ah tu devi essere il figlio di Mary!- 


Perfetto, un altro di quelli che sanno tutto di me ma io non so niente di loro. -Si.-, rispondo laconico.

-Tu, con il nome dell’angelo del giovedì, saresti?-
Preferivo sorvolare su come fossi in possesso di quell’informazione. In ospedale se ne incontra di gente strana. 

-Mi sono trasferito qua qualche giorno fa. Prima abitavo dall’altra parte della città.-

Rimango sorpreso. Ha circa una ventina d’anni. Mi sembra abbastanza presto per andare a vivere da solo, in una zona sperduta come quella poi.

-Come mai? Se posso chiedere.

-Studio. Sono venuto a stare da mio fratello per tutta la durata del semestre.

 

Come immaginavo. Sono sul punto di uscire dal cancello di casa quando sento qualcuno armeggiare con le chiavi del portone. Faccio appena in tempo a scansarmi per dare l’impressione di non essere rimasto in quella posizione per tutto quel tempo.
Prima ancora di capire, vedo Jo, con la sua testa bionda, fare capolino dalla porta per farmi un occhiolino. -Tua madre ha appena tirato fuori la torta. Che vuoi fare?

Una torta? Ma che stava succedendo a casa mia?

-Senti, togliti quell’espressione dalla faccia. E’ pur sempre tua madre, no? Su, vieni dentro. Oh, vedo che hai fatto amicizia.-

Ancora prima che io riesca a dire qualcosa, esce dalla porta e si appoggia in una posizione molto simile a quella che avevo preso alcuni minuti prima.

-Ti lascio dieci minuti e tu rimorchi il primo che passa per strada. Ma che bravo. 

 

Non so dire se divento più rosso io o il famoso Castiel, che adesso era appoggiato al cancello di casa mia. –Jo, per favore.

-Si si- 

Mi rendo conto che mi sta tirando letteralmente dentro casa. Adesso faceva anche la cugina gelosa? Da quando?

Lancio un’ultima occhiata al ragazzo, abbastanza sicuro che non lo troverò quando, e se, Jo deciderà di lasciarmi andare dal mio stillicidio familiare. 

-Beh, Cas, ci si vede in giro!-

-Come?

-Mi madre abita qui. Ci incroceremo qualche volta.

-Lo spero-

Ecco che mi sfoggia di nuovo quel suo sorriso e io alzo un sopracciglio, certo di star facendo una smorfia. Certo che era proprio un libro aperto!

-Si può sapere da quando ti fai rimorchiare dagli uomini per la strada?

-Ci tengo a precisare che sono io che ho rimorchiato lui. 

-…e da quando andresti anche con gli uomini?

-Non ci vado con gli uomini! è che stava la a sbavarmi addosso. Che dovevo fare, scusa?

Mi guarda con la faccia da schiaffi. Che vuole? 

-Potresti evitare di fare il cascamorto con qualsiasi cosa respiri!

Faccio spallucce per poi andare in cucina a prendermi un altro bicchiere di birra per superare il resto della serata incolume. 

 

L’unica cosa che non capisco è che non riesco a togliermi il sorriso dalla faccia al pensiero di rivedere di nuovo quello strano ragazzo. Persino le battutacce acide di mia cugina sembrano non turbarmi più di tanto. 

Quando ormai sembra troppo tardi per tutti li vedo rinfilarsi le giacche e i cappotti e uscire a scaglioni, esattamente come quando erano arrivati. 

Ho bevuto, ma, nonostante tutto, riesco a guidare abbastanza bene e, una volta arrivato a casa, poso il borsone per terra. Dopo aver controllato di avere tutto, mi butto sotto le coperte. Provo a dormire per quelle cinque o sei ore che mi servono per essere nel pieno delle mie facoltà mentali. 

Speriamo bene, è il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi

   
 
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