19/12/2013
Fare il morto:
E’ una frase che per chi non lavora in
ferrovia non vuol dire nulla.
Fare il morto significa investire
qualcuno con il proprio treno, in ferrovia è una realtà da tener conto: infatti
è la prima cosa che viene detta ai giovani ferrovieri.
Alcuni ferrovieri possono andare in
pensione senza mai aver fatto il morto ma non sono uno di quei fortunati.
Il mio lo feci venti anni fa.
Si chiamava Olga, il cognome non so
pronunciarlo, è troppo difficile per me.
Mi hanno detto che si era nascosta nelle
cupole della gallerie, quelle che usano gli operai per ripararsi quando passa un
treno, e che abbia aspettato pazientemente il mio arrivo.
Si era inginocchiata in mezzo ai binari e
ha tenuto china la testa, come se pregasse o ringraziasse il mio gesto.
Sono stato fortunato, la mia velocità era
di 140 kilometri orari e non ho visto i
suoi occhi, di solito a velocità minori i suicidi incrociano il loro sguardo con il tuo.
Mi hanno detto che il treno era stato
recuperato senza che arrivasse prima la polizia, il suo corpo era stato
tranciato in due e c’erano i suoi pezzi dappertutto.
Il giorno seguente né io, né il capotreno
e né l’altro macchinista ,che ha recuperato il treno, ci siamo presentati a lavoro.
Shock, è umano averlo.
Poi sono iniziati i processi, di norma
l’azienda cerca di far cadere la colpa
sul personale.
Hanno controllato la scatola nera, tutto
in regola.
Ho saputo
la storia di Olga, una disperata
che ha stento si manteneva e che non
aveva un posto in cui tornare e non
aveva voluto cedere alla vendita il suo corpo.
Olga mi aveva trasformato nella Triste
Signora.
Non ho potuto far nulla, non è questa una
punizione abbastanza dura?
Dieci anni dopo, oggi mi hanno chiamato da una stazione e mi hanno detto di stare
attento.
C’è un uomo strano che si aggira nella
stazione e non sanno che intenzione abbia e non sembrano intenzionati a scoprirlo.
Mi chiama direttamente un collega che è
passato di lì, mi dice “ Quello si
butta”.
La stazione resta muta, nessuno va a
parlare con quel uomo.
Il mio treno è diretto, se si butta farò
il mio secondo morto.
Inizio a decelerare e mi fermo in quella
stazione maledetta.
Non dovrei, il mio treno è diretto.
Scendo dalla cabina e non dovrei, sto
ostacolando la circolazione.
Il capotreno mi guarda interrogativo ma
gli faccio segno di lasciarmi fare, lui annuisce comprensivo e avverte i passeggeri che ci dobbiamo
fermare per un guasto tecnico.
Sono fuori dal treno ma sento le
proteste.
Le ignoro, non dovrei? Sono al servizio
del passeggero?
L’uomo strano lo riconosco
immediatamente, dalla sguardo furtivo che lancia ai binari e al treno e dal
viso travolto dalla disperazione.
Gli rivolgo la parole e lui mi guarda con
odio.
Perché non voglio dargli la morte come
l’ho data ad Olga?
Non demordo e continuo a cercare di farlo
parlare, parlare sul serio: di dirmi la sua storia.
Lui incrocia le braccia come se lo stessi
braccando, il suo astio gli indurisce il volto.
Lo invito a salire sul treno, prometto di
fargli vedere la cabina come se fosse un bambino.
Non è un bambino, comunque, ha l’età per
avere una famiglia propria.
Si chiama Mario mi dice e alla fine acconsente
di venire con me in cabina.
Lo porto con me fino al capolinea e
durante il tragitto mi dice la storia, la sua storia.
Una volta arrivati a destinazione,
prendiamo un caffè al bar della stazione.
Non so come l’ho convinto e non so se ci
riuscirei di nuovo.
Per tutto quello che ho fatto ho accumulato
del ritardo considerevole, i colleghi sanno perché e mi acclamano, i passeggeri
no.
L’azienda mi ha già fatto sapere che mi denuncerà
per interruzione di pubblico servizio e abbandono del mezzo.
Ho già assunto un avvocato, ho accusato
l’azienda per istigazione al suicidio.
Nessuno ha parlato con quell’uomo e per
tutti sarebbe stato più comodo il mio secondo morto.
No, non l’ho fatto.
Oggi ho fatto il vivo.
NOTA DELL’AUTRICE
Questo racconto è vero. I due episodi descritti sono capitati a due colleghi di mia sorella (ma i nomi ovviamente sono inventati). E’ vero soprattutto che l’azienda abbia minacciato di denunciare il macchinista per interruzione del pubblico servizio.
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