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Autore: Sokew86    07/01/2014    2 recensioni
Lui incrocia le braccia come se lo stessi braccando, il suo astio gli indurisce il volto.
Lo invito a salire sul treno, prometto di fargli vedere la cabina come se fosse un bambino.
Non è un bambino, comunque, ha l’età per avere una famiglia propria.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fare il morto

19/12/2013

 

Fare il morto:

E’ una frase che per chi non lavora in ferrovia non vuol dire nulla.

Fare il morto significa investire qualcuno con il proprio treno, in ferrovia è una realtà da tener conto: infatti è la prima cosa che viene detta ai giovani ferrovieri.

Alcuni ferrovieri possono andare in pensione senza mai aver fatto il morto ma non sono uno di quei fortunati.

Il mio lo feci venti anni fa.

Si chiamava Olga, il cognome non so pronunciarlo, è troppo difficile per me.

Mi hanno detto che si era nascosta nelle cupole della gallerie, quelle che usano gli operai per ripararsi quando passa un treno, e che abbia aspettato pazientemente il mio arrivo.

Si era inginocchiata in mezzo ai binari e ha tenuto china la testa, come se pregasse o ringraziasse il mio gesto.

Sono stato fortunato, la mia velocità era di 140 kilometri orari e non ho visto  i suoi occhi, di solito a velocità minori  i suicidi incrociano  il loro sguardo con il tuo.

Mi hanno detto che il treno era stato recuperato senza che arrivasse prima la polizia, il suo corpo era stato tranciato in due e c’erano i suoi pezzi dappertutto.

Il giorno seguente né io, né il capotreno e né l’altro macchinista ,che ha recuperato il treno, ci siamo presentati  a lavoro.

Shock, è umano averlo.

Poi sono iniziati i processi, di norma l’azienda  cerca di far cadere la colpa sul personale.

Hanno controllato la scatola nera, tutto in regola.

Ho saputo  la  storia di Olga, una disperata che ha stento si manteneva  e che non aveva un posto in cui tornare e  non aveva voluto cedere alla vendita il suo corpo.

Olga mi aveva trasformato nella Triste Signora.

Non ho potuto far nulla, non è questa una punizione abbastanza dura?

Dieci anni dopo, oggi mi hanno chiamato  da una stazione e mi hanno detto di stare attento.

C’è un uomo strano che si aggira nella stazione e non sanno che intenzione abbia e  non sembrano intenzionati a scoprirlo.

Mi chiama direttamente un collega che è passato  di lì, mi dice “ Quello si butta”.

La stazione resta muta, nessuno va a parlare con quel uomo.

Il mio treno è diretto, se si butta farò il mio secondo morto.

Inizio a decelerare e mi fermo in quella stazione maledetta.

Non dovrei, il mio treno è diretto.

Scendo dalla cabina e non dovrei, sto ostacolando la circolazione.

Il capotreno mi guarda interrogativo ma gli faccio segno di lasciarmi fare, lui annuisce comprensivo  e avverte i passeggeri che ci dobbiamo fermare per un guasto tecnico.

Sono fuori dal treno ma sento le proteste.

Le ignoro, non dovrei? Sono al servizio del passeggero?

L’uomo strano lo riconosco immediatamente, dalla sguardo furtivo che lancia ai binari e al treno e dal viso travolto dalla disperazione.

Gli rivolgo la parole e lui mi guarda con odio.

Perché non voglio dargli la morte come l’ho data ad Olga?

Non demordo e continuo a cercare di farlo parlare, parlare sul serio: di dirmi la sua storia.

Lui incrocia le braccia come se lo stessi braccando, il suo astio gli indurisce il volto.

Lo invito a salire sul treno, prometto di fargli vedere la cabina come se fosse un bambino.

Non è un bambino, comunque, ha l’età per avere una famiglia propria.

Si chiama Mario mi dice e alla fine acconsente di venire con me in cabina.

Lo porto con me fino al capolinea e durante il tragitto mi dice la storia, la sua storia.

Una volta arrivati a destinazione, prendiamo un caffè al bar della stazione.

Non so come l’ho convinto e non so se ci riuscirei di nuovo.

Per tutto quello che ho fatto ho accumulato del ritardo considerevole, i colleghi sanno perché e mi acclamano, i passeggeri no.

L’azienda mi ha già fatto sapere che mi denuncerà per interruzione di pubblico servizio e abbandono del mezzo.

Ho già assunto un avvocato, ho accusato l’azienda per istigazione al suicidio.

Nessuno ha parlato con quell’uomo e per tutti sarebbe stato più comodo il mio secondo morto.

No, non l’ho fatto.

Oggi ho fatto il vivo.

NOTA DELL’AUTRICE

Questo racconto è vero. I due episodi descritti sono capitati a due colleghi di mia sorella (ma i nomi ovviamente sono inventati). E’ vero soprattutto che l’azienda abbia  minacciato di denunciare il macchinista per interruzione del pubblico servizio. 

Vorrei anche darvi una bella notizia , sono riusciuta a fare la prima pubblicazione con una casa editrice.

Lascio il link qua sotto se volete dare un'occhiata

http://www.poetipoesia.com/?libro=racconti-30

Francesca Moscarella
   
 
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