Quando l'Albero della Driade comincia ad appassire, le ninfe capiscono che c'è qualcosa che non va.
Una forza oscura e terribile sta cercando di uccidere la grande quercia madre e lo fa avvelenando le acque dell'Eden, impenetrabile regno
dove le dee custodiscono gelose e protettive i desideri e le ambizioni dei bambini.
Per salvare la loro terra ormai morente e contaminata si rivolgeranno ai cinque Guardiani; ma la gravità della situazione costringerà
i magici protettori a chiedere l'aiuto di una vecchia conoscenza...
Per
Kendra,
quel pomeriggio il caldo aveva di gran lunga superato i limiti della
sopportazione. Se non fosse stato per il fatto che il sette Luglio era
vicino,
avrebbe stentato a credere che il tempo fosse così impazzito
da oltrepassare le
massime che, seppur straordinarie nei loro numeri, non erano mai
eccedute oltre
misura.
In cerca di fresco e riparo, si era adagiata all'ombra di un vecchio
olmo, per
poi chiudere gli occhi e, senza accorgersene, sprofondare
così in un sonno
quasi magico, in cui vide fuchi d'artificio colorati e luminosi issarsi
come
scintille in cieli di porpora vellutata.
Non riusciva a pensare ad altro, persino in sogno; ma d'altronde, come
sarebbe
stato possibile?
Il Tanabata1 era alle porte: una festa che loro
aspettavano
impazienti ogni anno. L'Oriente avrebbe indossato i suoi abiti
più
tradizionali, marciando allegro per le strade costellate di vivaci
bancarelle e
appendendo al bambù i propri sogni e desideri. E loro, ne
era certa, avrebbero
lavorato come matte, ispezionando accuratamente ogni cartellino alla
ricerca di
richieste meritevoli e nobili da realizzare.
Ma per la gioia dei pargoli, erano disposte a fare qualsiasi cosa e
anche
quella volta non sarebbero state da meno. In fondo, la loro esistenza
dipendeva
dai bambini. Senza quei sorrisi a scaldare i loro cuori, l'Eden sarebbe
appassito come un fiore in inverno portando la magia di cui era padrone
con
lui.
Fu un pensiero fugace, formulato con leggerezza, il suo. Espresso con
quella
fiducia che spesso e volentieri è riposta malamente in menti
sciocche e
frivole, Kendra non poteva affatto immaginare cosa sarebbe accaduto di
lì a
qualche istante, e quanto il produrre simili eventualità
anche solo nella
propria mente potesse essere dannoso, quasi un malocchio per tutto il
suo popolo.
Perché riaprendo candidamente gli occhi, riposata a
sufficienza e pronta a
tornare ai propri doveri, s'accorse di un dettaglio terrificante al
quale, di
primo acchito, non volle credere: alcune foglie ingiallite giacevano
silenti
sul suo corpo. Erano scivolate giù dall'olmo in maniera
discreta, quasi
impercettibile; per non farsi carpire nemmeno dai sensi.
Ma la ninfa le vide con chiarezza, credendo inizialmente di trovarsi
ancora
immersa in uno dei suoi sogni. Allungò timida una mano,
raccogliendone una,
rigirandola dal gambo più e più volte, incredula.
Iniziò a tremare, entrando
velocemente nel panico. Infine, si levò in piedi con uno
scatto poderoso, per
poi lanciarsi in una corsa sfrenata verso il cuore dell'Eden, luogo in
cui si
riunivano le Amadriadi e tutte le sue sorelle.
Sfrecciò sul prato verde e morbido, privo d'imperfezioni,
raggiungendo così
l'ampia radura che era da millenni luogo di ritrovo per ogni custode di
desideri. Nel centro, il soffice terreno lasciava posto a una cavea2
di pietra bianca abbellita dall'edera, la quale le donava un'aria
elegante e
orgogliosa, meritevole dello splendore che chiunque le andava
inevitabilmente
ad attribuire.
Kendra si fece largo frettolosamente tra la folla, scendendo rapida la
scalinata per giungere infine all'Orchestra3,
sulla quale la
Amadriade Cressida era intenta ad intrecciare con delle violette i
lunghi
capelli chiari di una giovane nereide. Assorta nei propri pensieri -
cosa che
non di rado le accadeva - non s'accorse della presenza della ninfa.
Aveva fama
per essere parecchio distratta, e per dimenticarsi spesso le cose. Era
normale,
ormai, vederla fermarsi a metà di un discorso per poi
cambiare argomento dal
nulla. Ma dati i suoi duemila anni, una piccolezza simile gliela si
poteva
benissimo concedere.
Kendra s'inginocchiò al fianco dell'anziana per poi
mostrarle la foglia.
- Madre, guardate qui, vi prego!
L'interessata interruppe il proprio lavoro, voltandosi in direzione
della
compagna. Ma non appena vide ciò che teneva in mano,
mollò all'istante la
treccia e si portò le mani alla bocca, sconcertata.
La stessa identica reazione si propagò nella folla attorno a
loro, non appena
anche le altre si resero conto dell'accaduto. Dal silenzio
improvvisamente
calato si levarono brusii confusi di paura.
- Dove l'hai trovata? - domandò la Amadriade scura in volto,
facendosi porgere
la foglia.
- E' caduta da uno degli olmi all'estremità est, Madre -
rispose Kendra,
preoccupata. Dopodiché, attese in silenzio assieme alle
sorelle il verdetto
dell'anziana, il quale arrivò non molti secondi dopo.
- Radunate tutte le driadi che operano in quella zona, devono
ispezionare ogni
singolo albero per accertarsi che non siano cadute altre foglie!
In meno di un attimo, le ninfe si sparsero per la foresta correndo ad
avvisare
le sorelle lontane. Un insieme di fruscii sommessi tra gli alberi
indicò che si
erano già attivate in funzione dell'ordine impartito loro, e
che rapide come
fulmini avevano cominciato la cruciale ricerca.
Kendra, troppo scioccata per muoversi, fece cadere il proprio sguardo
al
terreno, trattenendo le lacrime.
- Cosa accadrà adesso? - domandò; la voce le
tremava, incontrollata.
L'anziana assunse un'espressione seriosa, ma non una ruga si
generò sul suo
viso pulito e immortale.
- Dobbiamo sperare che quella foglia non significhi niente, per quanto
speciale
sia la sua caduta. Perché in caso contrario... - si
fermò, trovando enormemente
ostiche le parole che di seguito pronunciò,
con aria gravemente solenne -
... Saremmo tutte condannate a morte...
†
Quella notte Nord non era riuscito a prender sonno. Girovagava per la
fabbrica
con l'aria di chi sta passando le pene dell'inferno, senza tuttavia
rendersene
conto. Le braccia conserte dietro la schiena, il passo calmo e ben
calcolato,
faceva avanti e indietro, su e giù per ogni corridoio della
sua dimora,
accompagnato dal russare degli yeti che, in periodi come quello, si
concedevano
qualche pausa dal lavoro per evitare di diventare sonnambuli. Ma non si
trattava
di insonnia, né di problemi legati all'età.
In verità, era alla ricerca di idee per costruire nuovi
giocattoli, generare
nuove meraviglie che potessero stupire i bambini ancora più
dell'anno prima. In
testa aveva tante cose, tante piccole gemme grezze da raffinare. Ma
nessuna di
queste gli sembrava abbastanza 'wow', come diceva spesso Jack, da
venire
approvata dal suo buon senso.
Doveva inventarsi qualcosa perché il Natale diventasse
più magico, esplosivo e
incantevole della Pasqua, che a sentire Calmoniglio questa volta
avrebbe fatto
faville. Quel roditore tramava nell'ombra per porre i suoi ovetti
dipinti sopra
i pacchetti regalo, e questo Babbo Natale non poteva permetterlo. La
loro era
una sfida che andava avanti da sempre, un'amichevole giocata in modo
pulito che
favoriva sempre il legittimo vincitore: ovvero, il Natale.
Il camminare senza meta portò il Guardiano nella sala del
globo, dove le
lucette dorate rappresentanti i bambini credenti nel mondo splendevano
più che
mai: visione che il vecchio Nord si soffermò ad ammirare,
desideroso di
godersene ogni prezioso attimo come se fosse l'ultimo. Non aveva mai
smesso di
ringraziare i propri compagni, ed in particolare Jack, per averlo
aiutato a
riaccenderle. Quella volta, il suo più oscuro timore si era
fatto tangibile e
se non fosse stato per il giovane spirito del gelo, Pitch sarebbe
riuscito a
riportare la paura nel mondo, causando di conseguenza la fine dei
Guardiani e
di tutte le gioie esistenti.
Non si sarebbe mai più preso pause dal lavoro, avrebbe
continuato a svolgere il
suo compito in eterno, custodendo la meraviglia di cui era
rappresentante con
dedizione e adoperandosi fino all'ultimo per la felicità dei
bambini, loro
fonte di vita e speranza. Mai più una simile disgrazia si
sarebbe abbattuta su
di loro!
Ma porre assolutismi del genere non significa che poi le cose brutte
non
accadranno. Essi non sono che un monito, una solenne promessa. Se poi
il male
sarebbe tornato, i cinque Guardiani avrebbero lottato per prestarle
fede e
sostituire le tenebre con la luce, di nuovo. Era quella la forza che
loro
possedevano: l'eternità per vegliare su quelle anime
innocenti e pure, e
salvarle dalla corruzione riempiendone di meraviglie e
sogni oltre
l'immaginazione i candidi visi.
Questo significava essere un Guardiano.
Bip!
Un suono improvviso ed inaspettato attirò l'attenzione di
Nord, che si diresse
al proiettore olografico. Una spia segnalava ad intermittenza l'arrivo
di un
messaggio. Certo che potesse trattarsi di uno scherzo di Calmoniglio
per distrarlo
dal lavoro, premette il pulsante d'avvio pensando già a una
bella risposta da
appioppargli, ma si ricredette quando davanti a lui non comparve la
proiezione
del Coniglio, bensì quella di una bellissima donna, dai
lunghi capelli chiari
lasciati cadere lungo il viso. La sua dolce voce meccanica, storpiata
dall'apparecchio, assunse un tono preoccupato e iniziò ad
esporre la missiva:
- Caro Nord, è molto che non ci si vede. Spero che
vada tutto bene, e che tu
non faccia lavorare troppo i tuoi yeti. Ma non ti invio questo
messaggio per
chiacchierare, bensì per chiedere urgentemente il tuo aiuto.
Due giorni fa,
alcuni alberi dell'Eden hanno iniziato a perdere le foglie, e nel giro
di
qualche ora dai confini più remoti del regno l'epidemia si
è spinta fino a noi,
al cuore della foresta. Nonostante i nostri sforzi, questa strana
malattia non
si è fermata, ed ha continuato ad espandersi fino a che...
Non ha colpito
l'Albero della Driade, la nostra fonte di vita e potere. Non sappiamo
cosa stia
succedendo, né chi possa esserci dietro a un simile scempio,
ma temo per la
vita delle mie sorelle. Abbiamo paura... Che la nostra casa possa
venire
distrutta. Ti imploro di aiutarci, amico mio. I desideri dei bambini...
Potrebbero essere in grave pericolo.
E il messaggio si chiuse.
Nord si era pietrificato sul posto, incapace persino di formulare un
qualunque
pensiero. Pallido per lo sconcerto, si riprese quanto bastava
perché potesse
correre a tirare la leva che avrebbe segnalato agli altri Guardiani
sparsi per
il mondo l'emergenza incombente. Con un colpo secco e deciso,
azionò il
meccanismo e le aurore boreali si manifestarono attorno all'imponente
edificio,
diramandosi nelle quattro direzioni che le avrebbero condotte dai
magici
protettori. Sfidando neve, gelo e qualunque intemperia, sarebbero
giunte fino
alla dimora di Calmoniglio, Dentolina, Jack Frost e Sandman.
A breve sarebbero arrivati. E Nord sperava solo che il
problema delle
ninfe, nel frattempo, non s'aggravasse ulteriormente.
†
- Sai, Nord, comincia proprio a piacermi l'idea di essere diventato un Guardiano - Jack sfoderò un'ironia tagliente più di una spada nel far sapere gentilmente al vecchio Natale quanto l'essere chiamato nel cuore della notte l'avesse reso felice. D'altra parte, Sandy era più vivace che mai. Fluttuava attorno al ragazzo esibendo un sorriso gentile e affranto insieme, per cercare di scusare quella piccola pecca nel loro lavoro che a volte, lo sapeva, poteva creare qualche problema.
- Sono molto contento per te, Jack - ma come al solito Nord non carpiva il gelido umorismo dello spirito.
- Ora che ci siamo tutti, potresti spiegarci il problema? - Calmoniglio pareva nervoso, forse perché anche lui, come il collega, aveva passato la notte a pensare ad una qualche trovata per rendere più allegra la propria Pasqua.
Dentolina saettava da un punto all'altro della sala, intenta a conversare animatamente con le proprie fatine sui nuovi dentini da recuperare nel mondo. I suoi atteggiamenti facevano pensare che ignorasse i compagni, anche se in realtà vi prestava molta attenzione. Abituata a fare gli straordinari tutto l'anno, aveva imparato velocemente a impegnare la mente in più attività consecutive al fine di non rimanere mai indietro col programma. Ma persino lei dovette infine arrestarsi e, con una calma decisamente inusuale per lei, avvicinarsi al resto del gruppo trepidante e col cuore in gola.
- E' accaduta una cosa gravissima nel regno delle ninfe, dobbiamo andare a controllare - spiegò rapidamente il vecchio Nord, che di certo non aveva voglia di stare troppo a chiacchierare sulla situazione.
- Che genere di cosa? - domandò Calmoniglio, perplesso. Sandman generò sopra la propria testa un punto interrogativo fatto di sabbia dorata.
- Alberi stanno perdendo le foglie, se non ci sbrighiamo l'Eden rischia di scomparire. Questa notte mi è arrivato un messaggio di Cressida, Amadriade del regno e mia cara amica. Situazione è molto grave per loro!
La sintesi stretta parve convincere il resto dei Guardiani, che senza attendere oltre si diressero alla slitta. Come al solito Calmoniglio propose di usare le proprie gallerie, in quanto più sicure, ma Nord lo prese per la collottola buttandolo letteralmente a bordo. Jack si sistemò impaziente accanto a Sandy, il quale non vedeva l'ora che il mezzo si mettesse in moto. Ad un colpo di frusta, le renne bramirono esuberanti lanciandosi in una corsa sfrenata fuori dalla galleria di ghiaccio. La slitta spiegò le ali facendo scricchiolare il legno con il quale era costruita, e che dava l'impressione che dovesse cadere a pezzi da un momento all'altro. Al momento cruciale, con uno schiocco decisivo gli animali s'impennarono in cielo solcando le correnti gelide del polo come percorsi immaginari nell'aria. La slitta acquistò stabilità e Nord, tirato fuori il globo per il teletrasporto, sussurrò lieve il nome del regno delle ninfe perché al suo interno vi comparisse la miniatura tempestata di fiocchi di neve. In seguito, con un lanciò lo spedì in aria attivandolo. Si manifestò così un vortice di cristalli di ghiaccio luccicanti dentro al quale fu da subito ben visibile una verde foresta sterminata. L'ultimo comando alle renne, e queste con un salto si gettarono all'interno.
Il viaggio non durò che un secondo. Dai freddi e densi cieli del nord, la slitta si ritrovò a sorvolare una distesa boscosa verde e rigogliosa. L'ambiente si fece mite e piacevole, ed un caldo vento estivo rilassò i cinque Guardiani, i quali ammirarono meravigliati sull'orizzonte un'alba che aveva le sfumature dell'oro.
Le renne fecero atterrare il mezzo proprio nella radura principale del regno. Dopo averle calmate, Nord si ricongiunse ai compagni per incontrare le Amadriadi, le quali avevano continuato ad aspettare per ore. Cressida sembrava quella più preoccupata, mentre le sue colleghe Neophasia e Pandora parevano in grado di mitigare la propria agitazione in atteggiamenti più quieti.
- Grazie per essere venuti - la committente del messaggio si fece avanti e con un sorriso stanco strinse cordialmente la mano all'uomo - Perdonate se il nostro benvenuto è così spartano, miei cari amici, ma la situazione non ci permette altrimenti. Vi prego, seguiteci.
I Guardiani annuirono, seriosi, e vennero condotti nella parte più fitta della foresta, dove la luce filtrava in sporadici raggi di luce candida tra gli alberi. D'improvviso Jack sentì una strana forza premere sul suo corpo. Un'oppressione lieve ma in costante crescita, gravava su di lui come un peso sul petto. Respirare gli divenne più difficile. Strinse il suo bastone, pronto a qualunque evenienza. Si stavano avvicinando a qualcosa di importante e lui ne avvertì talmente intensamente la presenza da sentirsi svuotato d'ogni pensiero. Qualsiasi cosa fosse, aveva una mole di potere tanto vasta da spiazzare e tener lontano qualunque essere vivente osasse entrarne nelle vicinanze.
Lentamente gli alberi si fecero più radi, fino a fare spazio a un'altra piccola radura tenuemente illuminata da una luce soffusa che aveva le fattezze di una sottile nebbiolina dorata, che riempiva l'aria rendendola pesante.
Fu allora che Jack comprese il motivo di tanta apprensione. Nel centro, circondato da un fiume che scorreva placido, si ergeva solenne e maestoso un albero. Il tronco grosso e la corteccia nodosa lo rendevano imponente e grandioso.
Arrivata al fiume, Cressida si fermò, senza proseguire.
- Osservate, miei cari Guardiani - e indicando il terreno, mise in risalto le foglie che continuavano anche in quel momento a cadere, sull'acqua e sulle grosse radici.
Neophasia si fece avanti, con passo svelto.
- E' peggiorato dall'ultima volta... - affermò grave - Qualcosa... Sta cercando di ucciderlo.
Calmoniglio si fece avanti con un balzo.
- E non si sa chi potrebbe essere stato?! - domandò, agitato. Cressida chiuse gli occhi, scuotendo la testa addolorata.
Dentolina volò verso l'albero, raccogliendo con aria triste una foglia per osservarla. E fu a quel punto che vide qualcosa che la incuriosì.
- Ragazzi, venite a vedere!
Tutto il gruppo si mosse a grandi falcate verso di lei, puntando lo sguardo dove la fata indicò loro. E si accorsero di un fatto a dir poco strano, cui mai avrebbero saputo pensare se la Guardiana non gliel'avesse fatto notare. Il fiume che circondava il gigante nodoso, simile a un fossato, scorreva rapido come al solito, ma... Era sporco. La trasparenza che normalmente lo avrebbe caratterizzato scompariva per far posto ad una melma verdastra e densa che impediva alla luce di passarvi attraverso. Questa arrivava sino alle radici ristagnandovi attorno putrida, corrodendone la corteccia e strappandone grossi pezzetti che finivano per galleggiare via, o sparire sul fondo.
Qualunque cosa fosse, quella fanghiglia stava divorando l'albero. Se non fossero intervenuti le conseguenze sarebbero state a dir poco disastrose. Perché quella pianta, quel colosso, era il tramite grazie al quale i desideri dei bambini giungevano nell'Eden, un regno distaccato dal mondo e per questo incapace di comunicare con l'esterno. Se fosse morto, le ninfe e tutto il loro regno sarebbero morti con lui.
- Be', è chiaro - affermò Jack con disinvoltura - Blocchiamo il corso del fiume e non ci saranno più problemi, no?
Neophasia e Pandora si voltarono verso di lui squadrandolo autoritarie. Solo Cressida osò rivolgersi a lui in toni pacifici. In fondo, lui ancora era giovane e di cose da imparare ne aveva parecchie. Era normale che fosse ingenuo.
- Non è così semplice, Jack Frost - pronunciò calma, con un lieve sorriso ad incurvarle le labbra sottili - Immagina il fiume come una vena. Se si bloccasse, la morte dell'Albero della Driade diventerebbe imminente.
Lo spirito del gelo rimase come stregato dallo sguardo dell'Amadriade. Si perse nei suoi occhi grandi e profondi, avvertendo in lei l'essenza dell'eternità farsi viva, pulsante. Nonostante fosse la più anziana riusciva a conservare una bellezza senza pari, e una saggezza illuminante. Senza sapere come risponderle, si limitò a voltare lo sguardo, imbarazzato. L'anziana tornò a spiegare:
- L'unico modo per fermare questa catastrofe incombente è trovare il responsabile.
- Credete che sia... ? - Dentolina insorse preoccupata.
- No no no, Pitch è stato sconfitto, non può essere lui - Nord scosse energicamente la testa, come a voler negare a se stesso che una simile eventualità potesse realmente verificarsi.
- Già, l'ultima volta che l'abbiamo visto è stato trascinato nel suo buco dai suoi stessi incubi - Calmoniglio diede man forte al collega, col tono fiero e deciso che spesso accompagnava le sue parole, riempiendo di speranza i cuori dei compagni.
Sandy annuì serioso, incrociando le braccia. Persino per lui il ritorno dell'uomo nero non era plausibile.
Fu allora che Jack, il quale nel frattempo si era allontanato dal gruppo, esordì esclamando qualcosa dalla parte opposta dell'albero.
- Forse qui c'è qualcosa che può esserci d'aiuto! - e detto questo si chinò a raccogliere un'oggetto caduto a terra e finito tra l'erba soffice. Come non notare prima una simile stranezza?
- Di cosa si tratta? - Nord si sporse sulla mano aperta dello spirito, recante il piccolo indizio.
Si trattava di un dente di ferro.
Con una mossa fulminea Dentolina lo afferrò, analizzandolo in ogni particolare con un'attenzione che solo lei poteva possedere per simili oggetti. E fu allora che, spaventata, lasciò cadere il molare a terra, quasi fosse diventato incandescente.
- Tutto bene? - Jack si avvicinò alla fata, la quale sembrava più in ansia che mai. Dopo aver deglutito a vuoto, e ricacciato indietro l'agitazione e la paura, la Guardiana dei ricordi sussurrò con voce tremula:
- So... So a chi appartiene quel dente...
- Bene! - Calmoniglio parve ritrovare l'energia - E di chi si tratta?
Oh, quanto arduo fu per Dentolina rispondere. Soprattutto perché il proprietario del dente non era una figura alla quale si usava pensare spesso. Per fortuna.
Ma se davvero quella persona era coinvolta nell'avvelenamento dell'albero, questa volta le cose non sarebbero state così semplici. Così, la fata prese un profondo respiro. E mentre il suo cuoricino batteva a mille, svelò infine l'identità del possessore del dente.
- Appartiene... A una strega di nome Baba Yaga.
Angolo di Momoko
Allora, innanzitutto, salve a tutti e molto piacere di conoscervi. Sono Momoko, e pubblico per la primissima volta in questo fandom. Devo dire che Le Cinque Leggende è un film stupendo, che ho adorato sin dalla prima volta in cui l'ho visto
(1) Tanabata: festa tradizionale giapponese che cade in sette di Luglio, periodo in cui le due stelle chiamate Vega e Altair sono particolarmente visibili. E' usanza scrivere i propri desideri su dei foglietti chiamati Tanzaku ed appenderli ai rami di bambù, sperando che si realizzino.
(2) Cavea: quella che noi oggi definiremmo 'platea', facente parte dell'antico teatro greco. Si tratta di una serie di scalinate sulle quali la gente si sedeva per assistere agli spettacoli.
(3) Orchestra: si trova al centro della cavea, è una piazzola circolare sulla quale si esibiva il coro, ovvero il gruppo di attori.
Sperando che questo sclero possa esservi piaciuto, mi dileguo çwç
A prestoooo,
Momoko <3