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Autore: Brin    29/05/2008    7 recensioni
L'abisso. Il nulla. L'angoscia. L'impotenza. Facce di una medaglia tremenda che è una realtà spesso dimenticata, molte volte ignorata, e soprattutto temuta: la schizofrenia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ELOGIO DELLA FOLLIA



E’ nero. E’ scuro. E’ buio.

Mi stringo nelle coperte, come un bambino impaurito. So che ci sono, nascoste da qualche parte, e nonostante la paura provo a spiare oltre il copriletto che mi copre il naso.

C’è solo la luce della luna che filtra dalla finestra, ma riesco a vedere lo stesso le ombre sulle pareti: hanno ghigni orrendi e malformi mentre ridono di me. Quando allungano le loro dita scheletriche nella mia direzione, schizzo terrorizzato giù dal letto. Fuggo a ripararmi in un angolo, con la schiena contro il muro e la testa affondata tra le ginocchia.

Sono loro, sono loro mi dico, e sento il cuore impazzire. Tremo come una foglia, fragile come il cristallo e vulnerabile come un neonato.

Non so come difendermi.
Vorrei allontanarli, scacciarli, ma non posso. Lo desidero disperatamente, ma non posso oppormi a loro.
Li sento sussurrare nel buio il mio nome, e non smettono di ridere. Sono venuti dalla luna per me e come ogni volta che li vedo, un’angoscia senza fine mi assale e mi divora lo stomaco.

Lontani, lontani! gli grido, agitandomi come un indemoniato, ma loro non sembrano essere intenzionati a risparmiarmi.

Mi vogliono, mi odiano, mi perseguitano.
Si nutrono della mia angoscia, della mia paura, di tutto ciò che mi appartiene.

Li vedo avvicinarsi, con quelle orribili dita cadaveriche che si agitano come ragni disgustosi, e chiudo gli occhi per non vedere.

E’ tutto un incubo: quando riaprirò gli occhi, loro non ci saranno più. E riderò della mia stupidità, e scoprirò che la notte non fa poi così paura.
Scoprirò che non è più necessario che io implori aiuto, e che non mi potrò più sentire perso perché le mie suppliche non vengono raccolte da nessuno. Non mi chiameranno più pazzo solo perché la mia realtà è diversa dalla loro. Solo perché io sono strano.

Speciale.

E non mi serviranno più delle allucinazioni per sentire di esistere. Non sarò più prigioniero di me stesso. Avrò confini, avrò un corpo e avrò un mondo. Ritroverò ciò che di me avevo perduto: non faccio che ripetermelo in quegli interminabili istanti in cui tengo gli occhi serrati, cercando di convincermi che prima o poi questo inferno finirà.

Ma quando sento un tocco leggero e freddo sulla caviglia, le mie speranze crollano l’una dopo l’altra, e io ricado nell’abisso. E questa volta non ci sarà via d’uscita.

Sono costretto ad assistere impotente allo scempio che fanno di me, mentre banchettano con le mie carni. Le loro dita si muovono con abilità: sono leggere mentre sfilano la mia pelle come fossero fogli di carta. Vogliono arrivare a Me, vogliono portarmi via l’Amore.

E io non ce la faccio più.

Sembro impossessato dal demonio, da quanto mi dimeno, ma non smetto di supplicarli: gli imploro di lasciarmi andare, di sparire. Piango disperato mentre alzo lo sguardo al soffitto e chiedo perché.
Perché deve succedere a me, perché sono stato condannato io a questo inferno.

E loro mi guardano con quei loro occhietti spiritati e deformi. Sogghignano mentre mi divorano, e io mi sento morire.

Scalcio e urlo, e non faccio caso alle voci concitate che provengono dal corridoio.
Scalcio, e la mia mente grida e si dispera mentre il mio corpo si muove furioso. Sono un animale pensante ridotto ai minimi termini.

Ho paura.

Angoscia. Disperazione. Mi vogliono. MI VOGLIONO.

Aiuto.

Aiutatemi.

HO PAURA.

La luce si accende, e delle persone in camice bianco mi sono subito addosso.
«Basta, basta!! I folletti!!» grido, grido, grido così forte che la gola mi fa male. I medici mi tengono fermo, qualcuno mi parla ma io sono troppo atterrito da quelle creature che sono ancora lì, ai miei piedi, e a cui nessuno sembra prestare attenzione. Perché nessuno mi crede? Perché nessuno cerca di capire che cosa mi succede?

Poi, quella parola. “Tranquillante”. E sono ancora più spaventato.
«No! No!» Così uccidete la mia anima, vorrei dirgli, ma non ho abbastanza tempo. L’istante successivo non c’è più niente.

Niente.

Mi sento così immenso da non poter essere contenuto.
Mi sento in ogni posto, in ogni frase, in ogni colore.
Sono dovunque, sono tutto e sono niente.

Sono tutto, ma non esisto più.





E’ mattina. Di nuovo.

Mi sento sereno, perché so che c’è qualcuno che mi aspetta. Oggi vogliono andare a caccia, e l’idea mi rende elettrico. Mi è sembrato di vedere quelle creature nascondersi, ma io lo so: oggi hanno paura di farsi vedere, sì. Lo sanno anche loro che oggi c’è la caccia, infatti si nascondono aspettando il momento migliore per venire da me.

Ma oggi non ci saranno buoni momenti. Non per loro, almeno.

Trotterello diretto verso il cortile, e quando esco i raggi del sole mi baciano il viso augurandomi il buon giorno. E io sorrido, e mi sento bene.

Li vedo in lontananza, ma mi bastano una manciata di secondi per riconoscerli. Sono loro, i miei amici dottori. Non quelli in camice bianco. Corro verso di loro, e mi sento impaziente come non lo sono mai stato prima in vita mia.

«Ciao Andrea, come stai oggi?» mi sorride lei, gentile come ogni volta.

«Ei!» la correggo. Non può sbagliare ancora, dopo tutte le correzioni che le ho fatto. Ehi, tu! Mi chiamavano sempre, così spesso che a fatica ricordavo il mio nome.

Ehi, tu!

Ei, tu!

Ei! E io mi giro subito. Io sono Ei. Ma lei mi chiama Andrea. Chi è il matto?

«Prima di cominciare, ho una cosa per te » il dottore ficca una mano nella tasca del giubbotto, e quando la tira fuori stringe una piuma bianca. Piccola, soffice, delicata e bellissima.

Io la guardo, me la rigiro tra le mani e guardo il mio amico fidato senza capire il perché di quell’oggetto.
«E’ magica. Purtroppo il suo potere dura un solo giorno, ma per quel singolo giorno ti proteggerà. Nessun folletto potrà farti del male.»

A quelle parole non riesco ad impedirmi di sentirmi felice. Mi sento bene, veramente bene, ed il pensiero che per quel giorno sarò completamente libero vale più di ogni altra cosa.

Libero dai folletti.

Libero dal dolore.

Libero dall’angoscia.

Libero di esistere e di stare bene.

Nascondo la piuma nel taschino della maglia, vicino al cuore, e la mano non accenna ad allontanarsi: rimane lì, a premere contro quel piccolo pezzo di stoffa che nasconde la cosa più importante che ho.

Sorrido impaziente, eccitato come un bambino.

«Andiamo a caccia di folletti!»




____________________________

E’ da molto che non pubblico, e ritorno a farlo con questa cosetta che ho scritto un mese fa.

Tutta colpa (o merito, dipende dai punti di vista) del mio professore di Psichiatria. La schizofrenia è una malattia di cui si parla pochissimo e si sa ancora meno. Si guarda allo schizofrenico con paura, ma credo che in pochi sappiano che cosa sia. Pur non potendo usare un linguaggio tecnico per spiegare in che cosa consiste questa patologia, spero di avervi trasmesso anche solo un quarto di quello che avrei voluto far sentire a voi lettori con questo breve racconto: l’angoscia, la disperazione e l’impotenza senza fine di queste persone.

Se ci sono riuscita, posso ritenermi più che soddisfatta, altrimenti… pazienza XD

Ditemi che ne pensate, ci tengo particolarmente ^.^


Brin
   
 
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