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Autore: LadyDenebola    10/01/2014    1 recensioni
La Battaglia dei Cinque Eserciti è da poco terminata, portando via con sé anche la lunga e pericolosa missione della riconquista di Erebor. La giovane Leviar accorre dalle Montagne Azzurre per occuparsi di Bofur, rimasto ferito e incosciente. Sarà l'occasione per far nascere definitivamente l'amore? O i due si lasceranno sopraffare dalle opposizioni attorno a loro?
Concepito come il seguito di "Muffin, partenze e..." e col titolo (spero) provvisorio! Buona lettura! ^__^
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bofur, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino dell’autrice:
Benritrovati/e a tutti quelli che perseverano nel leggere questa storia! Per riscattarmi dal ritardo con cui ho aggiornato l’ultimo capitolo, stavolta ho bruciato le tappe ed eccomi qui con un nuovo incontro fra Bofur e Leviar, nel quale ho messo tutto il mio amore >_> (ma non voglio anticiparvi niente XD). Spero gradirete! Ringrazio chi leggerà, chi metterà la storia nelle preferite e/o seguite e chi commenterà.
Buona lettura! ^___^
 
 

VI.
Dori non perse tempo a riferire tutto ai fratelli, così che, quando ebbe il permesso di scendere a pranzo, Leviar si ritrovò addosso due paia di occhi in più che la fissavano sconvolti. Non era bastata un’altra ramanzina di Dori quando era ritornato col suo bagaglio, quindi.
Nori provò più volte a prendere la parola, ma o non riusciva a esprimere quel che pensava o temeva solo che avrebbe finito col provocare Dori. Preoccupazione inutile, considerando che il più anziano dei tre fratelli era per natura predisposto alle polemiche.
<< Ho trovato Bofur in perfetta salute >>commentò infatti questo mentre si serviva di carne alla brace, senza sollevare gli occhi dal piatto.
<< Quand’è guarito? >>domandò Ori.
<< Stanotte >>rispose Leviar, e Dori ridacchiò beffardo:<< Che combinazione! >>
<< Se l’hai davvero visto avrai notato che è ancora convalescente >>lo rimbeccò Leviar.
<< E ancora immaturo >>aggiunse il cugino.<< Per lui, sembra non sia successo nulla di scandaloso >>
<< Sei tu che stai trasformando tutto in uno scandalo! Ho dormito sul divano, per tua informazione >>
La forchetta di Dori cadde con un tintinnio mentre lui puntava un dito contro la cugina.
<< Non mi importa. Anzi, stammi bene a sentire perché non mi ripeterò: non saresti proprio dovuta restarci, là! >>
<< Ma perché non ti fidi della famiglia di Bofur? Ne avete passate tante, insieme, o no? >
<< Qui non c’entrano nulla le nostre avventure. È la rispettabilità della nostra famiglia che ora dobbiamo difendere, grazie a te >>
Leviar li guardò uno a uno: le parve di leggere la delusione negli sguardi che le restituirono, perfino in quello di Ori. Le passò l’appetito, ma non dovette abbandonare tragicamente la tavola: per sua fortuna, erano ormai arrivati alla fine del pranzo e Ori si stava alzando per sparecchiare. La nana decise di approfittarne.
<< Faccio io >>esclamò strappandogli i piatti di mano.<< Voglio iniziare a darmi da fare. In fondo, sono venuta anche per aiutarvi >>
Ori ebbe un attimo di esitazione, poi sorrise.
<< Allora io me ne torno a lavorare alle Memorie del nostro viaggio >>esclamò raggiante.
<< Memorie? >>
<< Sì. Balin mi ha chiesto di mettere per iscritto tutto, dalla partenza dalla Contea fino alla riconquista di Erebor. Entreranno negli Annali dei Durin >>spiegò il giovane nano, il petto gonfio d’orgoglio.
<< E ha pensato a te? Ma è magnifico! >>sorrise Leviar: sapeva quanto Ori fosse bravo a scrivere… addirittura più bravo che in qualsiasi altra attività nanica.
<< Lo so! Però pensavo fosse più facile; non credevo ci fossero tanti dettagli da dover ricordare >>disse Ori, con meno entusiasmo. Sollevò lo spalle.<< Be’, allora vado. Grazie per l’aiuto! >>
Leviar lo guardò andar via ancora col sorriso sulle labbra, ma quel senso di leggerezza si dissolse in un attimo quando si diede un’occhiata attorno nella sala ormai vuota. Quasi stava per rimpiangere di aver lasciato le Montagne Azzurre… A quel pensiero, scosse con forza la testa e andò in cucina per distrarsi un po’, nonostante a ogni piatto che insaponasse le tornavano in mente le parole di Dori, facendole strofinare le stoviglie con più energia del necessario.
<< A-ehm >>
A Leviar quasi sfuggì di mano un bel bicchiere dai riflessi azzurrini. Si voltò. Nori la osservava appoggiato allo stipite della cucina.
<< Sai >>esordì, gli occhi puntati sulle ultime foglie di tabacco che stava pigiando nella pipa,<< quando ti ho vista, stamattina, un po’ me l’aspettavo che non eri venuta solo per noi >>
Leviar lo guardò senza capire, ma Nori decise di prender tempo accendendosi la pipa, un’operazione che riuscì a far durare molti lunghi secondi.
<< Di te non ne ero tanto sicuro, perché non ne abbiamo potuto parlare dopo che eravamo partiti >>riprese con voce incerta,<< ma che Bofur avesse sviluppato un certo interesse per te era palese >>
<< Intendi che vi ha… che ve l’ha detto lui? >>si affrettò a domandare Leviar.
<< Non proprio >>Nori tirò una lunga boccata fuori dalla porta.<< Ogni tanto ti nominava. Voleva parlare di te, sapere meglio che tipo eri… Diceva che, quando è stato nostro ospite, gli avevi fatto una buona impressione >>
Leviar ripensò automaticamente al loro primo bacio nell’ingresso della loro casa, la vigilia della loro partenza. E Bofur le aveva pensato per tutta la durata della missione? Ricacciò indietro un sorriso gioioso e imbarazzato e tornò a suo cugino.
<< Non capisco perché ve la stiate prendendo tanto, però. Sì, d’accordo, non avrei dovuto dormire da Bofur, ma era tardi e Bombur voleva sdebitarsi. Perché non vi piace Bofur? >>
<< Non è questo. È che… be’, Dori è geloso e non gli va giù che tu possa innamorarti di uno che, a suo parere, è immaturo e… inadatto a te >>spiegò Nori non senza difficoltà.
<< È solo questo? >>esclamò Leviar. Sentì la rabbia risalirle dallo stomaco; gettò via la pezza e fece per andare a cercare Dori, ma Nori le pose una mano sulla spalla, fermandola.
<< Sbollirà da solo, ma tu non andare a provocarlo >>
<< Vuol dire che non potrò vedere chi voglio, però, visto il modo in cui ragiona! Bofur immaturo! A me è sembrato tutto tranne che immaturo! Pensavo lo conosceste! >>
<< Non esagerare, adesso! Non ti terremo mica rinchiusa: cerca solo di non far arrabbiare di nuovo Dori >>esclamò Nori, colpito.
<< E riguardo Bofur? Tu cosa ne pensi? >>gli chiese Leviar.
Nori si irrigidì e tirò due boccate nervose, ma la nana incrociò le braccia, facendogli chiaramente capire che era disposta ad aspettare una sua risposta anche fino al giorno seguente.
<< Sappiamo tutti che Bofur è un nano in gamba >>rispose alla fine Nori, con molta esitazione.<< Però mi piacerebbe che riflettessi bene prima di… be’, prima di dargli qualche speranza >>
Dettò ciò, Nori quasi scappò via, lasciandosi dietro una lunga scia di fumo e una cugina completamente senza parole.
 
Sebbene il loro primo incontro non fosse stato dei più gai e pacifici, nei giorni seguenti Leviar ebbe davvero tanto da fare nell’aiutare i cugini. Che restasse a casa a preparare il pranzo per Dori e Nori quando lavoravano in cantiere o sistemasse le decine di fogli che Ori seminava in ogni stanza in cui entrava, riuscì a dimenticare la discussione con Dori. La sua unica distrazione fu l’aver rivisto Balin, ma il vecchio nano era sempre così impegnato con gli affari di re Dain che riuscirono a scambiarsi solo poche, frettolose parole.
<< Ti annoi, vero? >>
Leviar sollevò la testa nell’istante in cui Nori afferrò la scatola di chiodi che gli stava porgendo. Avevano trascorso l’intero pomeriggio a sistemare porte e architravi nei pressi dell’ingresso di Erebor, e ora il sole morente gettava fredde ombre fra le abitazioni, ma il rumore dei martelli e le urla dei nani erano ben lontani dall’arrestarsi.
Leviar alzò le spalle.
<< Potrei anche fare di più, oltre che passarti quel che ti serve >>
<< Hai ragione, ma in due ci intralceremmo soltanto >>sorrise Nori.
La cugina guardò gli altri tre nani che lavoravano ciascuno a una porta di quello che sarebbe diventato un magazzino, lavoro da completare entro sera. Nori le lanciò un’ultima, attenta occhiata prima di pescare un chiodo e dire:<< Dai, qui posso finire da solo. Tu va’ pure a farti un giretto. Sarà meno noioso che restare qui >>
<< Ahhh, grazie, grazie, grazie! >>Leviar gli mandò un bacio e corse via, come se fosse rimasta chiusa in prigione per anni e anni. Non sapeva bene dove andare, ma, osservando gruppetti di bambini che giocavano fra strade e vicoli, le venne in mente di poter fare un giro fra le poche botteghe aperte.
Fu quando passò davanti una salita familiare che si ricordò di Bofur, e i piedi, meccanicamente la condussero da quella parte. In un attimo, risentì le parole dei cugini ma, si disse mentre la casetta a due piani appariva alla vista, non poteva certo evitare Bofur e la sua famiglia finché sarebbe rimasta a Erebor.
Nessuno, tuttavia, le venne ad aprire quando bussò. Le finestre erano tutte chiuse, ma dal comignolo saliva una leggera spirale di fumo. Riprovò, e una finestra si aprì alle sue spalle.
<< Sono tutti al negozio, se stai cercando i giocattolai >>la informò una nana che si appoggiò al davanzale per osservarla con vivo interesse.
<< E dove lo trovo il negozio? >>
La nana puntò un dito giù per la strada.
<< Prendi la seconda scalinata a destra sul ponte principale. Devi arrivare al secondo livello, ma non è lontano dall’Ingresso >>
Leviar ringraziò e tornò indietro, impaziente e un po’ agitata al pensiero di poter incrociare Dori, anche se a quell’ora le strade erano molto più tranquille, coi nani che, se non stavano al chiuso di qualche bottega, erano tutti sparpagliati nei cantieri. Non le ci volle molto per trovare il negozio di giocattoli: in una stradina pulita e illuminata da alcuni bracieri poggiati alle pareti si ergevano alcune botteghe, tutte però con le porte chiuse. Leviar si avvicinò a un pesante portone di legno, sovrastato da un’insegna decorata a colori vivaci e disegni di giocattoli di ogni tipo.
Bussò con energia.
Fu nientemeno che Bofur ad aprirle, poggiato con pesantezza su una gruccia, il viso leggermente sudato alla luce delle lampade.
<< Leviar! >>esclamò con un sorriso.<< Ma dov’eri finita? Sono giorni che non ti fai vedere! >>
<< Ma non dovresti risposare? >>replicò invece Leviar vedendolo tremare mentre si spostava per farla entrare.
<< È quello che gli ho detto anch’io, ma mio fratello è più testardo di un mulo >>le rispose la voce di Bombur.
Leviar lo cercò con lo sguardo: la bottega non era molto grande, o forse le dava quest’impressione per via dei due larghi banconi che ne occupavano due lati e degli scaffali carichi di giocattoli di ogni sorta. La nana quasi non notò Bombur, seduto dietro una pila di scatole e chino su quello che sembrava un cavallino di legno.
<< Sono stanco di riposare >>sbuffò Bofur, alzando le spalle con fare annoiato. Avanzò zoppicando sotto la luce. Leviar sentì un tuffo al cuore: non lo vedeva da una settimana, ma le pareva che i segni di stanchezza e dolore sul viso del nano fossero più marcati di prima.
<< Come mai questa visita, Leviar? >>
La ragazza distolse a fatica lo sguardo da Bofur per rispondere al fratello.
<< Volevo vedervi: me ne sono andata senza neanche ringraziarvi >>
<< Non preoccuparti! Quando è venuto a prendere le tue cose, Dori ci ha ringraziati anche a nome tuo >>la rassicurò Bombur.
<< Davvero? >>Leviar non riuscì a trattenersi: ora che ci pensava, Dori non le aveva affatto detto com’era andata quella “visita”, tanto era arrabbiato con lei e i suoi ospiti.
Un grugnito di conferma annunciò l’arrivo di Bifur da una porticina laterale e semicamuffata nella parete. Il nano posò sul banco una scatola piena di giocattoli malandati, alcuni dei quali addirittura rotti. Per nascondere l’imbarazzo, Leviar si avvicinò e ripescò un soldatino con una gamba scheggiata.
<< Non sono vostri, vero? >>notò dando un’occhiata ai balocchi esposti attorno a lei.<< Sembrano diversi da quelli che avete qui >>
<< Erano del giocattolaio che lavorava qui prima di Smaug. Vogliamo riparare tutti i giochi che abbiamo trovato in negozio, o, almeno, quelli recuperabili. Alcuni sono davvero ben fatti che sarebbe un peccato buttarli >>spiegò Bofur tornando a sedersi con un basso ringhio.
Leviar osservò ogni suo movimento, e dopo l’ennesima smorfia che vide sul suo volto scoccò un’occhiata di rimprovero a Bombur, che si strinse nelle spalle.
<< Be’ >>borbottò allora la ragazza dopo una pausa,<< tornerò a trovarvi quando sarete meno impegnati, che ne dite? >>
<< Non essere sciocca! >>esclamò subito Bombur con tono burbero.<< Siediti e raccontaci come ti stai trovando a Erebor! Ci farà bene avere un viso nuovo con noi >>
Bifur annuì e offrì a Leviar il proprio sgabello, per poi appollaiarsi comodamente sul bordo di un banco, afferrare un piccolo scalpello e un soldatino di legno e guardarla con impazienza, gli occhi sgranati. Leviar non seppe se ridere o provare imbarazzo: le parole di Bombur avevano risvegliato l’attenzione dei suoi compagni. La fissavano tutti, ora, in attesa. Con un sorriso appena accennato, Leviar ripose il soldatino e cercò di trovare le parole più adatte per far apparire interessanti le giornate monotone che aveva trascorso aiutando i cugini.
I tre nani la ascoltavano in silenzio e con interesse, senza interromperla ma tenendo sempre lo sguardo sul proprio lavoro, come se da tempo avessero atteso qualcuno che offrisse loro come sottofondo il resoconto delle proprie giornate. Leviar non poté fare a meno di sentirsi lusingata da tutta quell’attenzione che le stavano dimostrando, anche se, mentre parlava, non poteva evitare di sbirciare Bofur. Come gli altri due, anche lui era concentrato su quello che sembrava un cubo malformato di legno. Teneva la gamba convalescente distesa davanti a sé, e di tanto in tanto una vaga smorfia gli oscurava il viso. Nell’osservarlo, alla fine Leviar non resistette più: spinse verso di lui il proprio sgabello e, ignorando il suo sguardo attonito e le proteste, vi poggiò su la sua gamba.
Sentendosi il viso leggermente arrossato, alzò gli occhi su Bofur, che ricambiò ancora sconvolto e, come lei, con le guance imporporate.
<< Il medico ha detto che non devi sforzarti >>spiegò lei fissandosi le mani,<< e se tieni la gamba in quel modo potresti rallentare la guarigione >>
<< Sono… mi sono distratto >>bofonchiò Bofur con un sorriso imbarazzato.
Per togliersi da quella situazione, Leviar indicò il cubo posato davanti a lui. Il nano colse al volo l’occasione e le mostrò la testa di lupo che stava scolpendo. Era ancora un abbozzo: era stata intagliata solo la parte superiore, dalla quale Bofur aveva già ricavato un paio di orecchie irte, coi peli rizzati e folti.
<< Mi porterà via un paio di giorni, se voglio fare un buon lavoro >>disse, la voce più disinvolta.
<< E riesci a scolpire un lupo senza un disegno? >>esclamò Leviar, ammirata.
<< Ne ho visti anche troppi, di lupi, negli ultimi tempi >>si schermì Bofur, con una risatina, ma evidentemente fu un movimento troppo brusco per la sua gamba, perché in un secondo il sorriso si trasformò in un basso gemito.
Leviar scattò verso di lui, ma il giocattolaio si raddrizzò prima che potesse aprir bocca.
<< Va tutto bene >>la rassicurò, boccheggiante.<< Non mi abbatto per così poco >>
<< Saresti dovuto restare a casa >>
<< Non ce la facevo più a restare lì, anche se Bifur e Bombur si alternavano per non lasciarmi solo >>ribatté lui con voce insolitamente dura.<< Dovevo uscire >>
<< E i massaggi alla gamba? Almeno quelli li fai? >>
Bofur tossicchiò e riprese lo scalpello, di colpo ammutolito.
<< Non li fai? >>esclamò Leviar. Indignata, si voltò per rimproverare Bombur, ma Bofur la bloccò prima che potesse dire alcunché.
<< È solo colpa mia: a sera sono così stanchi che non voglio dargli ulteriori noie con questa bamba >>sussurrò.
<< E allora te li farò io >>Le parole le uscirono di bocca prima che si rendesse conto del loro significato. Pur senza vederlo, Leviar avvertì Bofur trattenere bruscamente il respiro e le proprie guance avvampare più di prima. Concentrò la propria attenzione sulla testa di lupo, ostentando tutta la tranquillità di cui era capace – o almeno era quello che sperava.
<< Non occorre >>riuscì a dire Bofur dopo alcuni secondi di apnea.
<< Sì, invece >>ribatté Leviar, il senso di responsabilità di nuovo più forte dell’imbarazzo.<< Da solo non puoi fare un lavoro preciso >>
<< Non… devi scomodarti >>farfugliò il nano, tornando a scolpire con mani incerte.<< Hai già fatto molto per me, senza contare che… be’, non dovresti >>concluse a voce bassissima, tanto che Leviar, suo malgrado, dovette avvicinarsi per udirlo.
Ma quelle parole la misero in allarme e finalmente la fecero voltare verso Bofur. Il giocattolaio tenne gli occhi fissi sul legno, studiandolo come se stesse cercando di ritrovare il punto in cui aveva interrotto il lavoro.
<< Non ti starai facendo degli scrupoli per i miei cugini, vero? >>mormorò lei e, senza aspettare risposta:<< È una cosa che farei per chiunque. Il dottore si era raccomandato che massaggiassi la gamba per la circolazione, e visto che l’unica a preoccuparsene è la sottoscritta, allora ci penserò io >>concluse con forza.
Bofur aprì la bocca, ma non gli venne in mente nient’altro con cui ribattere, perciò si limitò a mormorare un imbarazzatissimo << Grazie >>. Soddisfatta, e ancora abbastanza rossa in viso, Leviar lo osservò riprendere il lavoro con mano più ferma, nonostante per molti minuti non si scambiarono né uno sguardo né una parola.
Leviar perse la cognizione del tempo: fuori dall’unica finestra si vedeva ormai soltanto buio, ma non sapeva dire con precisione che ora si fosse fatta.
<< Forse dovrei andare >>disse alla fine, dopo averci rimuginato su.<< I miei cugini saranno tornati a casa, e se non mi vedono potrebbero preoccuparsi >>
Bombur si riscosse e la fissò quasi spaventato.
<< Possiamo chiederti un ultimo favore? >>le chiese con sguardo supplichevole.<< Riaccompagneresti Bofur a casa? >>
Leviar cercò di nascondere la propria sorpresa e confusione, ma era davvero troppo scortese rifiutare, anche dopo che Bofur aveva rimproverato il fratello per quella richiesta così egoista.
<< Oh, andiamo! Sei esausto, ti si legge in faccia >>sbottò Bombur. Afferrò Bofur per un braccio e lo tirò su come se fosse un fuscello, poi gli ficcò sotto il braccio la gruccia e lo costrinse ad andare alla porta.
<< Per me non è un disturbo >>rassicurò Leviar una volta che furono usciti – o meglio, stato sbattuti – in strada.
<< Certo che lo è >>borbottò Bofur.<< Ti farò soltanto perdere tempo >>
<< Io non ho fretta >>replicò serenamente la nana, ma, in cuor suo, già prevedeva nuovi rimproveri per quando sarebbe rincasata.
Si era fatto davvero tardi. L’aria nella montagna era più fredda e secca e, dove non arrivava il cono di luce dei lampioncini sul ciglio di ponti e strade, il buio era quasi palpabile. Mentre camminavano uno accanto all’altra, con gli operai che finivano di mettere a posto gli attrezzi, Leviar non se la sentiva di gioire. Ora che poteva fermarsi un attimo a riflettere, non riuscì a spiegarsi tutto quell’imbarazzo che lei e Bofur ancora provavano, come se l’ultima volta che si erano visti non fosse accaduto nulla. Forse non avrebbe dovuto aspettare una settimana per rivederlo, rifletté Leviar. O forse – e lo stomaco le si strinse dolorosamente – Dori doveva aver parlato a quattr’occhi con Bofur e gli aveva detto di lasciarla in pace…
<< Ti fermerai a lungo, a Erebor? >>
Leviar sussultò, presa alla sprovvista, ma non fu la domanda a farla esitare. Il sudore imperlava il viso del nano da sotto il pesante cappello mentre questi zoppicava sempre più vistosamente, il braccio tremante sulla gruccia.
<< Riposiamoci un po’ >>propose lei.
Bofur scosse la testa con un gesto secco.
<< Dovrei riposare solo io, ma comunque siamo arrivati >>ringhiò, sfoggiando ancora quell’insolita durezza.
Leviar arrossì e distolse lo sguardo.
Bofur sospirò.
<< Scusa >>mormorò.<< Sei l’ultima persona con la quale dovrei prendermela. È che mi dispiace farti perdere tempo. I tuoi cugini non manderanno giù nemmeno questo >>
L’amarezza con cui aveva parlato mise Leviar ancora più a disagio: era come se a entrambi fosse ben visibile l’ostacolo che si frapponeva fra loro, ma non la via per aggirarlo.
Per loro fortuna, erano arrivati davvero e, nel girarsi verso Leviar per salutarla, Bofur provò a ritirare fuori il suo vecchio sorriso spensierato. Dopotutto, avrebbe dovuto essere felice già solo per il fatto di saperla lì a Erebor.
<< Allora, mi dici per quanto tempo resterai? >>
<< Non l’ho ancora deciso. Forse qualche mese >>
<< Ottimo! >>Rinfrancato, Bofur le accarezzò la guancia con la mano libera.
A quel contatto, il cuore di Leviar sussultò felice e sollevato, tanto che un’idea folle le venne subito in mente. Strinse nella sua la mano di Bofur e lo guardò con decisione.
<< Che ne dici se ti facessi quel massaggio? >>
 
Bofur stava ancora tentando di opporsi quando, qualche minuto più tardi, Leviar lo costrinse a stendersi sul letto e si faceva dire dove trovare la pomata. In realtà, neanche lei sapeva bene quel che le stava passando per la testa: mezz’ora prima aveva fretta di tornare a casa, e adesso eccola lì a sedersi sul bordo del letto, accanto a un nano sempre più pietrificato. Leviar poteva quasi leggergli nella mente: di sicuro stava pensando che fosse impazzita, e probabilmente non aveva tutti i torti.
<< Allora >>sbuffò lei dopo aver svitato il barattolo, dal quale salì immediatamente un pungente e fresco odore di erbe,<< mi mostri la ferita o vuoi che faccia da me? >>
Bofur, che era rimasto a fissarla senza osare più muovere un muscolo, sobbalzò e si affrettò a tirar su la gamba dei pantaloni, farfugliando un agitatissimo:<< Faccio io, faccio io! >>
La fasciatura adesso interessava solo la coscia ferita e, nello slacciare le bende, Bofur dovette ammettere che il dolore era notevolmente scemato rispetto ad appena una settimana prima. Fu quasi una scoperta, per lui, vedere che il taglio si era ormai rimarginato, lasciando il posto a una cicatrice violacea.
<< Non pensavo fosse già messa così bene! >>notò, colpito.
<< Ovvio, se non hai nemmeno cambiato le bende >>ribatté Leviar senza paura di suonare troppo critica. Osservò le macchie di pus sulle bende vecchie e disse:<< Adesso sdraiati, per favore >>
Al nano non restò altro da fare se non obbedire, pur senza perderla di vista: puntellandosi sui gomiti, rimase a osservarla mentre prendeva un po’ d’unguento e iniziava a spalmarlo sulla cicatrice, dai bordi all’interno. Rabbrividì, e non seppe se per il contatto con quel composto freddo come il ghiaccio o con quello con le dita di Leviar. Lei, da parte sua, non diede segno di essersi accorta di niente: iniziò a distribuire la pomata e a massaggiare con movimenti circolari e leggere pressioni, ben decisa a non alzare lo sguardo sul volto di Bofur. Sapeva benissimo che se ne sarebbe dovuto occupare qualcuno, nano o nana che fosse, ma, pur continuando a ripetersi quel che aveva detto prima a Bofur per rassicurarlo, non poté evitare di arrossire o tremare.
Dopo un po’, il nano iniziò a rilassarsi. Un basso e lento sospiro lasciò le sue labbra mentre reclinava leggermente la testa all’indietro. Leviar si concentrò per ignorare quel cambiamento e il sangue pulsante sotto la cicatrice che le provocava nuovi tremiti.
<< Va un po’ meglio? >>si azzardò a chiedere dopo un po’, almeno per spezzare il silenzio.
<< Decisamente >>mormorò in risposta Bofur. La tensione provocatagli dallo starsene poggiato sui gomiti gli faceva dolere le spalle: avrebbe voluto sdraiarsi comodamente sul cuscino, ma il cervello – o quel che ne restava ancora cosciente – si rifiutava di distogliere l’attenzione da Leviar. Forse era il sollievo che gli veniva dal massaggio, o forse era la sensazione – così intensa anche se provocata da movimenti tanto semplici – del contatto con la giovane nana, ma la sua unica certezza era che doveva restare lucido e tener lontane tutte quelle fantasie invitanti che gli si stavano parando davanti agli occhi.
Un lieve gemito di protesta sfuggì al suo controllo quando Leviar si alzò per prendere delle bende pulite. Osservò il suo viso arrossato alla luce delle candele, e tuttavia distinse un’espressione ben più decisa di quanto si sarebbe aspettato. Quasi la invidiò.
Leviar gli fasciò la coscia con la stessa delicatezza con cui l’aveva massaggiato, e con più rapidità, per i suoi gusti. Solo allora Bofur tornò alla realtà. Leviar lo guardò ancora con un misto di imbarazzo e dispiacere, e accennò alla porta.
<< Si è fatto davvero tardi >>mormorò.
<< Capisco >>Bofur si rimise seduto e risistemò i pantaloni.<< Porta i miei saluti a Dori >>aggiunse in tono scherzoso.
A quelle parole, il viso di Leviar si rabbuiò. Bofur non resistette più: se dovevano proprio salutarsi, l’avrebbe ripagata per quell’ultimo favore. L’attirò a sé con un gesto deciso e la baciò, cercando di imprimere in quel contato tutte le sensazioni provate negli ultimi minuti. Leviar gli si strinse di più, abbandonandosi contro di lui e costringendolo a indietreggiare sul materasso per stare più comodo. In un ultimo barlume di lucidità, Bofur si sforzò per separarsi da lei. Leviar lo fissò, confusa, e lui, sorridendo davanti la sua espressione, borbottò un semplice:<< Adesso va’ >>
Di colpo, Leviar si rese conto della situazione in cui erano finiti. Si rialzò in fretta e furia e si risistemò capelli e vestito, ignorando la risatina divertita e insieme nervosa di Bofur. Ma subito il nano si rifece serio.
<< Tornerai a trovarmi presto? >>
Leviar lo guardò stupita. Bofur aveva assunto un’aria incerta: di sicuro temeva di dover aspettare almeno un’altra settimana prima che si rivedessero. E così era: il fremito che il contatto col corpo di Leviar gli aveva provocato ancora non era scemato del tutto, ma lui già poteva figurarsi gli ostacoli cui sarebbero andati incontro, se avessero proseguito per quella strada.
Leviar poté intuire tutti questi pensieri, perché erano gli stessi che da giorni la stavano tormentando. Così, si chinò su di lui e gli diede un leggero bacio sulla guancia e, sorridendo con tutta la gaiezza che quelle preoccupazioni le potevano consentire, gli diede la sua parola. Poi, senza perdere altro tempo, andò via.
Tornata sulla via principale, si voltò indietro e scorse Bombur e Bifur svoltare un angolo, entrambi con dei pacchi chiusi alla bene e meglio stretti fra le braccia. E, dentro di sé, Leviar ringraziò i Valar per non essersi trattenuta più a lungo col giocattolaio.
 
   
 
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