Fanfic su artisti musicali > Alter Bridge
Ricorda la storia  |      
Autore: sheswanderlust    10/01/2014    5 recensioni
“ Cosa vuol dire che è svenuto? “
“ Non lo so, Mark, avevamo appena finito il concerto, mi sembrava stesse bene e l'attimo dopo è crollato a terra. Siamo in ospedale, per ora i medici non ci dicono niente, mi sp... ”
“ Che ospedale? “
“ UCLA Medical Center, hai bisogno dell'indirizzo?”
“ No. A dopo “
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: questa storia è frutto della mia fantasia, i fatti narrati non sono mai avvenuti, non conosco i personaggi di cui tratto.



Gli ospedali tirano fuori il meglio dalle persone.
O forse non il meglio, ma la verità.










“ Cosa vuol dire che è svenuto? “
“ Non lo so, Mark, avevamo appena finito il concerto, mi sembrava stesse bene e l'attimo dopo è crollato a terra. Siamo in ospedale, per ora i medici non ci dicono niente, mi sp... ”
“ Che ospedale? “
“ UCLA Medical Center, hai bisogno dell'indirizzo?”
“ No. A dopo “
 
 
Appena terminata la conversazione con Slash Mark uscì di casa correndo e salì in macchina. Imboccò a tutta velocità la strada verso l’aeroporto di Orlando, ringraziando che a quell’ora della sera ci fosse poco traffico; senza rallentare chiamò la prima compagnia aerea che gli venisse in mente e prenotò un posto sul primo aereo per Los Angeles. Dopo aver chiuso la chiamata lanciò il cellulare sul sedile del passeggero e strinse la presa sul volante per cercare di calmarsi. Accelerò e superò i due tir davanti a lui, sperando che il rombo del motore gli invadesse le orecchie e gli impedisse di sentire ancora ed ancora nella propria mente le ultime parole scambiate con Myles.
 
 
Le otto ore di volo che separavano le due città gli sembrarono eterne, probabilmente anche per l’impossibilità di tenere acceso il cellulare, che in quel momento rappresentava l’unico filo diretto tra lui e Myles. Il chitarrista si passò una mano sul viso e guardò fuori dal finestrino: l’alba cominciava a rischiarare la notte. In un altro momento si sarebbe perso nella bellezza di quello spettacolo; non quella volta.
Appoggiò la testa al sedile, chiudendo gli occhi per un attimo. Nemmeno gli annunci dei voli al terminal delle partenze ed il caos dell’aeroporto erano riusciti a sormontare le parole che continuavano a ronzargli nella mente.
Avevano litigato, quel pomeriggio. Era iniziato tutto per uno stupido nuovo brano. Avevano cominciato a discutere, prima in modo diplomatico, poi alzando il tono sempre di più. Dio, da quando lui e Myles litigavano per una canzone? La discussione era degenerata in uno scambio rancoroso di frasi che Mark ancora si chiedeva da dove gli fossero uscite. Aveva concluso con un “bravo, corri da Slash, è la cosa che ti riesce meglio” di cui si stava già pentendo pronunciandolo, figuriamoci quando l’unica risposta era stata il silenzio ferito del cantante, seguito dal bip intermittente della chiamata interrotta.
Mark sentì il groppo in gola farsi più stretto. Lui e Myles non litigavano. O meglio, litigavano, ma non per opinioni diverse su un nuovo pezzo. Loro dovevano avere opinioni diverse, era quella la loro forza. Loro fondevano quelle opinioni diverse e creavano qualcosa di totalmente nuovo. Ed invece quel pomeriggio si erano ritrovati a gridarsi contro come degli idioti, ed ora Myles era in ospedale in chissà quali condizioni.
Tutto questo non ha senso, era l’unica cosa che Mark riusciva a ripetersi, nell’immobilità forzata di quel volo diretto.
 
 
Fu con immenso sollievo che Mark, qualche ora dopo, accolse la voce meccanica del comandante che annunciava l’atterraggio; il sole californiano delle nove di mattina brillava sulla pista, ma non perse tempo ad osservarlo. Accese il cellulare. Nessun messaggio. Si slacciò la cintura ancora prima che il segnale lo permettesse e si alzò, precedendo gli altri passeggieri lungo il corridoio. Scese velocemente la scaletta ed attraversò l’aeroporto, scontrandosi con numerosi turisti allegri ed inconsapevoli. Tenendo a bada l’irritazione si infilò nel primo taxi che trovò fuori dall’aeroporto. Dopo aver comunicato la propria destinazione all’autista inviò un telegrafico sms a Slash. “Arrivo”. Solo in quel momento si accorse di non aver ancora detto niente a Brian e Flip. Provò a chiamarli entrambi, ma il loro telefono risultava spento. Imprecò.
Sì passò una mano fra i capelli corti, osservando città degli angeli che scorreva fuori dal finestrino e ritrovandosi ad odiarla. Odiava tutte quelle ragazze in bikini e shorts striminziti che percorrevano il lungomare mangiando un gelato, odiava i ragazzi che le superavano a bordo dei loro skate, odiava le coppie con la puzza sotto il naso che si fermavano davanti alle vetrine; odiava il sole caldo che baciava in modo quasi sfacciato gli edifici, così diverso da quello della Florida, così polemicamente esagerato; odiava tutto quel traffico, odiava quell’intera città perché era lei che gli aveva rapito Myles, era lei che l’aveva costretto in un letto di ospedale in non si sa bene quali condizioni.
 
 
Quando il taxi si fermò davanti al grosso edificio principale dell'UCLA Medical Center Mark infilò una banconota troppo grande in mano al taxista, correndo via prima che questi potesse anche solo contare il resto da dargli. Entrò e si diresse alla reception.
 
“ Sto cercando Myles Kennedy, è stato ricoverato qui ieri sera sul tardi “ disse all'anziana signora dell'accettazione. La osservò mentre con una calma del tutto fuori luogo sfogliava lentamente la lista dei pazienti.
 
“ Quinto piano, corridoio a destra, camera 45 “
 
Mark salì a due a due gli scalini; avrebbe potuto prendere l'ascensore, ma l'idea di stare fermo in quel momento gli faceva mancare l'aria. Le otto ore in aereo gli erano bastate.
Il corridoio del quinto piano era di un azzurro tenue che di rilassante aveva ben poco; tutto era ordinato, lindo e silenzioso, e la cosa non contribuiva a calmare i suoi nervi. Solo dopo aver svoltato due volte gli apparve la figura distinta di Slash, che lo aspettava in piedi fuori da una porta socchiusa alla fine del corridoio. Quando solo qualche metro li separava il chitarrista riccio aprì bocca, probabilmente per riferire a Mark ciò che i medici avevano detto, ma l’altro gli passò davanti senza quasi vederlo ed entrò nella stanza come una furia.
Si avvicinò al letto notando a malapena Todd, Brent e Frank.
Per un attimo si chiese se fosse tutto quel bianco da cui era circondato (le lenzuola bianche, il pigiama dell’ospedale bianco) a fare apparire Myles così spettralmente pallido e smagrito, ma qualcosa gli diceva che purtroppo non era solo un’impressione. I capelli scuri erano l’unica cosa che bilanciasse quel candore così insolito per lui. Sarebbe potuto essere addormentato, se non fosse stato per l’ago della flebo infilato nel braccio.
 
Solo dopo un tempo indefinito mormorò: “ Come sta? “.
 
“ Ha avuto un collasso, probabilmente a causa dello stress e della troppa stanchezza. Cadendo ha sbattuto la testa, ha un lieve trauma cranico, non è niente di grave. Hanno fatto altre analisi, il medico dovrebbe arrivare tra poco con i risultati “ rispose Slash, avvicinatosi anche lui al letto di Myles.
 
Mark rimase a fissarlo per qualche istante, poi si voltò, passandosi una mano sul viso e rielaborando le parole dell’altro chitarrista.
 
“ Cosa è successo? “ chiese, con voce bassa.
 
Slash lo guardò confuso. “ Te l’ho detto, avevamo appena finito il concerto e…”
 
“ No “ lo interruppe Mark. “ Intendo dire perché è successo, cosa aveva, stava male? Cosa avete fatto quel giorno? Non avete notato niente di strano? “
 
“ No, sembrava tutto normale “ prese parola Frank. “ Mi sembrava stesse bene “
 
“ E durante il concerto è andato tutto bene, ha cantato alla grande..  “ annuì Slash.
 
Mark proruppe in una risata sarcastica. “ Già, è solo di quello che ti importa, vero Slash? Se è andato bene il concerto tutto ok, non c’è nessun problema “ esclamò, riuscendo a malapena a trattenere la rabbia.
 
“ Sai benissimo che non intendevo questo “ ribatté Slash gelido, guardandolo fisso.
 
“ Già, già, certo… “. Mark uscì velocemente dalla stanza, seguito dagli altri quattro. L’ultima cosa che voleva era mettersi ad urlare di fianco a Myles, e sentiva che di lì a poco non sarebbe più riuscito a controllare il proprio tono di voce.
 
“ Senti, se credi che a noi non importi niente di lui… “ iniziò Brent quando si furono chiusi la porta alle spalle, prima di essere interrotto da un Mark furibondo.
 
“ Se ora siamo qui è tutta colpa vostra e della vostra smania di suonare costantemente” ringhiò.
 
“ Mark, ora non… “. Il riccio iniziava a scaldarsi.
 
“ No, Slash, non hai nessun diritto di incazzarti! “ tagliò corto il chitarrista. “ Sei tu che l’hai portato allo stremo, tu che l’hai trascinato da una parte all’altra del mondo, tu che non gli hai lasciato neanche un attimo per prendere fiato negli ultimi due anni! Complimenti, queste sono le conseguenze “. Ormai stava urlando.
 
“ Non l’ho mai obbligato a fare niente! Non sei l’unico a volergli bene qui dentro, ficcatelo in testa! “

“ Tu gli vuoi bene perché lui ti serve, perché è il cantante migliore che potessi trovare, perché senza di lui saresti spacciato, Slash. “ sibilò Mark. “ Questo non è volergli bene “.
 
Slash dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non avventarsi su Mark. Rimasero a guardarsi in cagnesco per qualche istante eterno.
Mark si allontanò di qualche passo. Tremando dalla rabbia prese il cellulare e provò nuovamente a chiamare Brian e Flip. Niente.
La voce di Todd lo raggiunse.
 
“ Li ho avvisati io. Hanno preso il primo volo disponibile, ora sono in aereo, probabilmente è per questo che non ti rispondono “.
 
Mark si girò. Il bassista lo guardava gelido ed il chitarrista lesse uno scintillio ferito nei suoi occhi; per un attimo si pentì di ciò che aveva detto. Poi annuì, secco.
In quel momento un rumore di passi li fece voltare; un dottore alto e dinoccolato si avvicinava a loro. Subito il gruppetto gli fu attorno e l’uomo non poté evitare di sorridere.
 
“Allora” cominciò. “Come avevo già detto si è trattato di un collasso, sicuramente causato dallo stress o dall’eccessiva stanchezza. È una reazione ovvia, l’organismo ad un certo punto non ce la fa più e crolla “.
 
Aprì la cartellina che teneva in mano e scorse alcuni fogli.
 
“… l’elettrocardiogramma è buono, la pressione bassa ma nella norma. Cadendo ha sbattuto la testa procurandosi un leggero trauma cranico, nei prossimi giorni potrebbe avere un po’ di emicrania, gli prescriverò un analgesico. Le sue condizioni non sono gravi” un sospiro di sollievo collettivo accolse queste parole. “dovrebbe svegliarsi nel giro delle prossime ore; con le flebo provvederemo a stabilizzare i parametri più carenti, per il resto prescriveremo degli integratori. Se va tutto bene potrà tornare a casa già domani mattina. E dovrà rallentare un po’ il ritmo, ovviamente, o la prossima volta potrebbe non essere così fortunato”.
 
Mark si lasciò cadere su una delle poltroncine addossate al muro del corridoio, prendendosi la testa fra le mani ed inspirando lentamente. Non era niente di grave. Ancora tremando dalla rabbia per la discussione avuta poco prima si alzò e tornò nella stanza di Myles; si sedette su una sedia accanto al suo letto, osservandolo. Erano passati pochi minuti quando sentì delle voci conosciute in corridoio; qualche secondo dopo Flip e Brian entrarono nella stanza trafelati.
 
“ Come sta? “ chiesero all’unisono, avvicinandosi.
 
“ Collasso a causa dell’eccessiva stanchezza. Cadendo ha sbattuto la testa, lieve trauma cranico. Per il resto dovrebbe essere tutto ok “ recitò Mark, abbracciandoli. “ Probabilmente lo dimetteranno domani mattina ”.
 
“ Grazie a Dio “ mormorò Brian con un sospiro di sollievo.
Mark annuì.
 
I tre rimasero in silenzio per un tempo indefinito.
 
“ Sapevo che sarebbe successo “ mormorò ad un certo punto Mark.
 
 “ Che vuoi dire? “
 
“Era ovvio. Si stava portando al limite. “
 
“ È per questo che hai litigato con Slash? “ mormorò tentativamente Flip. Il silenzio dell’amico fu una risposta abbastanza eloquente.
 
“ Mark, sai che non è colpa sua “

“ Avrebbe potuto evitarlo “
 
“ È una scelta di Myles, né noi né Slash avr… “ cominciò Brian.
 
“  Avrebbe potuto stargli dietro, controllarlo meglio “ lo interruppe Mark, secco.
 
“ E se anche l’avesse fatto? Sai com’è Myles, lui non si ferma mai “, ribattè Flip.
 
“ Non mi importa. Non bisognava permettergli di arrivare a questo “ concluse lapidario Mark, proprio mentre Slash, Todd, Brent e Frank entravano nella stanza.
 
Per qualche istante regnò un silenzio imbarazzato tra i sette uomini riuniti attorno al letto di Myles, silenzio che fu Brian a spezzare.
“ Slash, cosa è successo di preciso ieri sera? Stava male? “ 
 
 “ No, non stava male “ mormorò Slash, affabile, sedendosi sulla poltrona dall’altro lato del letto rispetto a Mark. “ Non è successo niente di più di ciò che vi ha detto Todd al telefono; avevamo appena finito il concerto, immagino fosse stanco ma mi sembrava allegro, giusto qualche istante prima stavamo parlando e poi è caduto a terra, privo di sensi “.
 
Brian annuì, sedendosi su una sedia di fronte a lui.
 
“ Per fortuna c’era la solita ambulanza fuori dal locale; li abbiamo chiamati immediatamente. L’hanno caricato sulla barella, hanno controllato il battito ed hanno detto che era molto debole“ continuò il chitarrista, sospirando.
 
“ Questo prima non me l'hai detto“ mormorò Mark, stupito.
 
“ Non me ne hai dato il tempo “ replicò Slash, guardandolo negli occhi.
Mark distolse lo sguardo, tornando ad osservare il petto di Myles che si alzava e si abbassava regolarmente.
 
 
 
La sala relax dell’ospedale era piuttosto affollata, all’ora di pranzo. Una famigliola era in un angolo, in silenzio, probabilmente in attesa di notizie sul proprio caro, altri leggevano, mangiavano o parlavano sottovoce tra loro, prendendosi una piccola pausa prima di tornare accanto ai letti di mariti, mogli, fidanzati, amici, genitori, figli.
Mark inserì una moneta nel distributore automatico ed digitò il codice del doppio espresso. Per un attimo sentì nel proprio cervello la voce di Myles che lo rimproverava (Mark, seriamente, sai quanto fa male il caffè?). La represse. Sentiva di meritarsi una sana dose di caffeina. Il ronzio della macchina si concluse con un tac; Mark prese la tazza di caffè bollente e si appoggiò al muro accanto alle macchinette.
 
A fatica erano riusciti a convincere Brent e Frank a tornare a casa per la notte; o meglio, li avevano caricati a forza su un taxi dopo averli visti essere sul punto di addormentarsi in posizioni scabrose sulle sedie che dal corridoio avevano trascinato nella stanza di Myles. Todd e Slash erano rimasti. E lui, Brian e Flip, ovviamente.
 
Bevve un sorso di caffè, beandosi del calore che gli scendeva giù per la gola. Alzando gli occhi vide Slash varcare la porta della sala relax e dirigersi verso il distributore automatico; i loro sguardi si incrociarono e Slash gli rivolse un cenno di saluto. Inserì una monetina e premette anche lui il pulsante del doppio espresso. Mark si chiede se stesse sentendo nella propria testa i rimproveri di Myles. Il chitarrista riccio prese il bicchiere di plastica e, senza dire una parola, si appoggiò al muro accanto al più giovane.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno sorseggiando il proprio caffè, prima che Mark prendesse la parola.
 
“ Mi dispiace “ mormorò, senza osare guardare l’altro. Con la coda dell’occhio lo vide annuire.
 
“ Lo so “
 
“ Non ho dato il meglio di me, prima “
 
“ È comprensibile “
 
“ È che… “ Mark prese un respiro profondo. Gettò il bicchiere di plastica ormai vuoto nel bidone poco lontano e poi tornò ad appoggiare la schiena al muro, passandosi una mano fra i capelli. “ … mi sento in colpa “ continuò, liberandosi del peso che aveva continuato ad opprimergli il petto per tutta la giornata. “ Avrei dovuto dirgli di fermarsi a prendere fiato ogni tanto, avrei dovuto impedirgli di ammazzarsi di lavoro come ha fatto negli ultimi anni… Avrei dovuto fare qualcosa per evitare che si arrivasse a questo punto. E non l’ho fatto “.
 
“ Probabilmente avremmo dovuto farlo tutti “ mormorò Slash dopo qualche istante di silenzio, voltandosi a guardarlo. “ Ma lui è Myles. Pensi davvero che sarebbe bastato dirglielo? Avremmo dovuto come minimo legarlo al letto… “
 
Mark si ritrovò suo malgrado a ridacchiare.
 
“ Mi sento in colpa anche io “ riprese Slash, più serio. “ Però non credo che saremmo riusciti a fermarlo. È il suo carattere, è fatto così: non riesce a stare fermo, è qualcosa che va contro la sua natura “.
 
“ Ora però è in un letto d’ospedale “
 
“ Lo so. Appena si sveglierà cercheremo di farlo ragionare “.
 
Mark annuì. Per qualche minuto ognuno si perse nei propri pensieri. Fu di nuovo Mark a rompere il silenzio.
 
“ È che ho sempre l’impressione che ci sia qualcosa, dietro questo suo non sapersi fermare. È come se correre da un lato all’altro del mondo e buttarsi a capofitto in un progetto dopo l’altro lo aiutasse a non pensare. Come se fermarsi per lui volesse dire essere costretto a pensare a tutto ciò che si impegna tanto a dimenticare e ad esorcizzare attraverso la musica”.
 
Slash annuì. “Peccato che non è fuggendo che si dimentica; forse si dimentica per un po’, ma alla fine tutto torna a galla. Torna a galla fino a quando non riesci ad elaborarlo e ad accettarlo come qualcosa che nel bene o nel male fa parte di te” mormorò.
 
Mark sorrise. Era strano ritrovare in Slash i suoi stessi pensieri, dopo che appena qualche ora prima avevano rischiato di arrivare alle mani.
 
“Vorrei riuscire a farglielo capire, una volta per tutte” concluse.
 
I due rimasero in silenzio per lunghi minuti, ognuno perso nei suoi pensieri. Questa volta su Slash a rompere il silenzio.
 
“ Gli voglio bene anche io, Mark. E non perché mi serve, non sono un bastardo senza cuore, o comunque non lo sono con i miei amici e con la mia band. Gli voglio davvero un gran bene e non farei mai nulla che gli possa nuocere. Se mi fossi accorto che non stava reggendo quei ritmi l’avrei fermato. Voglio che tu lo sappia “
 
Mark si voltò ed incrociò gli occhi scuri e sinceri del chitarrista.
 
“Lo so”
 
 
 
 
Quando Slash e Mark tornarono nella stanza trovarono Myles sveglio, seduto sul letto a parlare con Brian, Flip e Todd.
Nel giro di un istante Slash percorse lo spazio che li separava e lo strinse in un abbraccio.
 
“ Non ti azzardare mai più a farmi spaventare così, Kennedy ” mormorò contro la sua tempia.
 
Mark rimase sulla porta a fissare l’amico. Nel vederlo sveglio e sorridente una sensazione di rabbia gli aveva stretto lo stomaco. Improvvisamente voleva prenderlo a sberle. Forte. La sensazione si acuì quando Slash liberò Myles dal suo abbraccio stritolatore e questi si girò verso Mark e mormorò un “ciao”.
I presenti sembrarono cogliere l’atmosfera tesa fra i due ed uscirono velocemente dalla stanza. Passandogli davanti Brian gli scoccò uno sguardo severo e Flip mormorò un “evita di fare cazzate”.
 
Quando la porta si richiuse dietro di loro Mark e Myles rimasero a guardarsi, impassibili.
 
“ Mark… “ cominciò Myles per poi fermarsi, non sapendo come continuare.
 
Mark lo squadrò. Solo ora si accorgeva di quanto fosse dimagrito dall’ultima volta che l’aveva visto; e già normalmente era fin troppo sottile. Distolse lo sguardo, passandosi una mano fra i capelli, senza nemmeno sforzarsi di trattenere la propria irritazione.

“ In questo momento ti odio “ mormorò a denti stretti.
 
Myles lo guardò, ferito.
 
“ E non mi guardare così! “ sbottò Mark. “ Sei… Tu sei veramente… “ si passò una mano fra i capelli. “ Sei un idiota! Ti rendi conto di dove sei? Sei finito in ospedale, e tutto per la tua incapacità di regolarti “ urlò finalmente. “ Cosa credevi di fare? Ti sembra sensato non prenderti una, e dico una, settimana di pausa? Una cazzo di settimana di pausa in un anno, Myles, chiedo tanto? “.
 
Myles distolse lo sguardo.
 
“ Noi avremo pure sbagliato a permettertelo, ma tu sei un completo idiota! Tira fuori le palle ed inizia ad affrontare qualunque cosa tu stia cercando di evitare comportandoti così, perché sei davvero arrivato al limite “
 
“ Oh Mark, adesso non cominciare a vedere chissà quale problema dietro tutto questo!” sbottò Myles, con gli occhi al cielo. “ Ho un po’ esagerato, tutto qui “
 
Mark proruppe in una risata incredula. “ Tutto qui? Credi che io sia stupido? Ti conosco Myles, tu hai bisogno di essere sempre impegnato perché hai una paura folle di avere tempo per pensare “ sibilò, avvicinandosi a lui sino a vedere ogni scintillio delle sue iridi.
 
“ Non dire stronzate “ commentò lapidario Myles.
 
“ Non sono stronzate . Datti una svegliata, è una vita che scappi e non riesci a superare niente di ciò che ti è successo “
 
“ Non sono affari tuoi! “ ringhiò il cantante, improvvisamente aggressivo.
 
“ Sì che lo sono! “
 
“ Perché? “
 
“ Perché ti voglio bene, cretino! “ urlò Mark.
 
Il silenzio calò nella stanza, rotto solo dal respiro pesante di Mark. Dopo qualche secondo Myles rispose nell’unico modo in cui potesse rispondere: abbracciandolo. Immediatamente Mark rispose, stringendolo come aveva voluto fare da quando era entrato in quella stanza, incurante della flebo e della non poi così remota possibilità di rompergli una costola.
 
“ Non ti azzardare mai più a dire che non sono affari miei, perché lo sono. Tu sei il mio migliore amico. Qualunque cosa ti riguardi è affar mio “ mormorò.
 
“ Scusa… Grazie… “ rispose Myles dopo qualche attimo di silenzio.
 
Mark ridacchiò. “ Scusa o grazie? “
 
“ Tutti e due “
 
“ Non voglio più litigare per stronzate “ continuò Myles. “ Non pensavo quello che ti ho detto ieri pomeriggio “

“ Nemmeno io. Non è così che devono andare le cose. Noi che litighiamo per motivi stupidi, tu che finisci in ospedale. Non è così che deve andare “
 
“ Niente sta andando come dovrebbe andare “
 
“ Lo so “ Mark si sedette sul letto, senza sciogliere l’abbraccio. “ Sistemeremo tutto ciò che c’è da sistemare “
 
“ Va bene “
 
“ Tu però smettila di scappare “
 
“ Ci provo “
 
“ Non ti permetterò di finire di nuovo in ospedale, lo sai. Non mi faccio problemi a legarti al letto “
 
La risata di Myles si interruppe sul nascere nel sentire il tono serio del suo chitarrista. “Lo faresti davvero? “ chiese, lievemente preoccupato.
 
“ Ne dubiti? “ Mark lo allontanò da sé per squadrarlo con un sopracciglio alzato.
 
Myles rispose allo sguardo per qualche istante, poi tornò ad appoggiare la fronte alla sua
spalla.
“No, effettivamente no” mormorò, sorridendo.
 

“ Avete finito di litigare come una coppietta di sposini? “ esclamò Flip, entrando assieme agli altri tre e schivando per un pelo un cuscino tiratogli da Mark.
 
“ Sei violento, quasi quasi ti rimpiazziamo e ci cerchiamo un chitarrista più mansueto” borbottò scherzoso Brian, tornando ad accomodarsi sul letto di Myles ed aprendo un pacchetto di patatine preso ai distributori automatici.
 
“  Marshall, ma quanto mangi? “ esclamò a mo’ di risposta Mark, guardandolo divertito.
 
“ Noi bassisti siamo una specie rara, dobbiamo preservarci “ si intromise Todd, prendendo una patatina dal sacchetto di Brian.

“ Sante parole, Kerns! “ concordò Brian. “ Mi stai simpatico, quindi ti offrirò anche una Golia “ continuò con tono solenne, tirando fuori un pacchetto di caramelle dalla tasca.
 
Nel clima tranquillo che invadeva la stanza Myles si girò verso Slash.

“ Slash, come facciamo per… “ iniziò.

“ Ho annullato i prossimi tre concerti… e non fare quella faccia! “ esclamò velocemente nel vedere l’espressione afflitta di Myles. “ Hai bisogno di riposarti. Li recupereremo più avanti, ora pensa a riprenderti “ disse mettendogli un braccio attorno alle spalle.
 
“ Vi siete messi d’accordo? “ chiese Myles, guardando alternativamente i due uomini che gli stavano accanto.
 
“ Certo “ risposero entrambi, scambiandosi uno sorriso d’intesa.
 
Myles sbuffò, ma fu più una risata che uno sbuffo. Si appoggiò al cuscino, ascoltando in silenzio il chiacchiericcio caotico attorno a lui. Nonostante il mal di testa, nonostante fosse così debole da essere sul punto di addormentarsi di nuovo, si sentiva stranamente bene.
Forse non c’era davvero bisogno di scappare.
 










Piccola oneshot senza pretese, uscita di getto tra un viaggio in treno e qualche esame da preparare. La pubblico istintivamente, così come mi si è formata nella testa. I commenti sono oro per gli autori, quindi spero vogliate dirmi cosa ne pensate. E anche se non lo fate grazie lo stesso per aver letto. :)
sheswanderlust

 
 
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Alter Bridge / Vai alla pagina dell'autore: sheswanderlust