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Autore: Mary_the barefoot girl    10/01/2014    1 recensioni
Siamo negli USA, in una piccola città di provincia negli anni '60. La guerra in Vietnam è iniziata. Ray Casilang è un diciassettenne amante del rock'n'roll e della scrittura. Incontrerà Eddi, un ragazzo che riuscirà a diventare il suo migliore amico e con cui passerà momenti di gioia infinita, ma anche momenti strazianti.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io, Johnny e Billy non andavamo al fiume Thunder solo per pescare, ma anche a fare il bagno nei giorni d'estate. Eravamo li tutto il giorno e il tempo passava con la velocità di uno schiocco di dita. Facevi in tempo a dire due stupidate e la giornata era già finita. È una cosa strana, il tempo. Ormai sembra scontato il fatto che un'ora quando ti diverti sia un lampo e che quando ti annoi sia un'eternità, ma sinceramente se non se ne fosse accorto Henri Bergson non ci avrei mai pensato. È proprio un bastardo. Quando provi delle emozioni di cui non sapevi neanche l'esistenza, quando passi una serata con le persone a cui vuoi più bene al mondo, forse anche quando dai il tuo primo bacio a una persona che ami vorresti che il tempo si fermasse, che l'Universo si fermasse, che tutti si fermassero tranne te, per avere la possibilità di riflettere su ciò che ti succede. O anche semplicemente per osservare da lontano ciò che stai vivendo e fotografarlo nella mente in modo che quell'immagine, quella canzone, quell'emozione resti per sempre viva nei tuoi ricordi. Sono sicuro che l'unica arma che abbiamo contro il tempo sia la memoria. È l'unica cosa che nonostante i giorni, i mesi e gli anni non ti abbandona mai, almeno che non ti tradisca l'età che avanza com sta iniziando a capitare a me qualche volta. Però l'uomo ha un asso nella manica: la fotografia. È la più grande invenzione dopo la musica. Le fotografie parlano, raccontano e ti fanno sorridere. Ti fanno sorridere perché grazie a loro ti tornano in mente quei giorni di quando eri bambino e ti importava solo giocare con i tuoi amici, le sere in cui cenavi con tutta a tua famiglia, la soddisfazione di avere finalmente una Cadillac tutta tua, una chitarra elettrica nera e oro da far parlare, l'ultimo album di Elvis da ascoltare sul giradischi. Sono cose straordinarie. Sarebbe bello se si potessero fotografare le emozioni, almeno farei vedere quella foto alla gente quando parlo di Eddie. Perché per quanto uno scrittore sia bravo descrivere un'emozione è sempre complicato, non si riuscirà mai a far capire alle persone cosa provi finché non lo proveranno anche loro. Però siccome non si può è meglio che mi dia da fare. Era l'8 giugno 1966 e io e i miei amici eravamo giù al Thunder a fare il primo bagno dell'estate. Avevamo appena finito tutti e tre il primo anno di liceo ed eravamo sfiniti. I nostri genitori ci vollero far frequentare un liceo cattolico pieno di suore, regole e religione. Quando entra i c'era un odore di religione che ti avvolgeva e opprimeva tutte le tue idee e aumentava la tua voglia di ribellione e di scappare da li. L'unica cosa che ti dicevano era di studiare, pregare e pentirti. Dio quanto le odiavo! Insomma finito l'ultimo giorno di scuola eravamo i quattordicenni più felici del mondo intero. Il suono della campanella ci fece sentire liberi. Era come se un lucchetto si aprisse e una catena pesantissima cadesse dalle nostre spalle. Ricordo tutto come se fosse successo ieri invece che 48 anni fa: noi che correvamo giù al fiume, l'acqua gelata, le nostre risate, il Sole alto e abbagliante, la radio che sulla KAL, canale 14, mandava Can't Help Falling In Love. Era tutto così perfetto. Ma ricordo soprattutto un ragazzo dall'altra parte del fiume con i capelli ricci pettinati all'indietro. Anche lui aveva la radio, ma non sulla KAL, non so in che canale, ma so che stava ascoltando Like A Rolling Stone. Ricordo la prima volta che la ascoltai. Ero in macchina con mia madre e alla radio mandavano YMCA, a lei piaceva molto. Finita quella canzone mandarono Like A Rolling Stone e fu come se un calcio mi spalancasse le porte della mente. Ricordo la voce gracchiante di Zimmerman durante il ritornello: "How does it feel? How does it feel? To be on your own With no direction home Like a complete unknown Like a rolling stone?" Lo dice in un modo pieno di disprezzo, cattivo, forse addirittura crudele. Io a quel "How does it feel?" Risposi illuminato. Anzi, forse "dylaniato" è più appropriato. È stato folgorante, pensai che quella voce fosse la più bella del mondo. Mia madre disse che non avrebbe fatto mai strada con quella voce, ma con il tempo si è ricreduta. Forse anche un po' vergognata tanto da chiamarlo ancora oggi il nostro piccolo segreto. E così, quando vidi quel ragazzo che ascolava quella canzone, non potei fare a meno di incuriosirmi. Andai avanti per tre giorni a osservato da lontano per cercare di capire che cosa stesse ascoltando. Un giorno Dylan, Elvis, Gli Animals. Il quarto giorno non riuscii a trattenermi e andai a parlargli. E, beh, è la cosa migliore che abbia fatto in tutta la mia vita. Gli sorrisi e lo salutai. Lu abbassò la musica, mi sorrise e mi salutò. Aveva gli occhi tra il verde e l'azzurro, una pelle olivastra e i capelli neri. Questo è stato uno dei momenti in cui desiderai che il tempo si fermasse perché volevo godermi il più possibile tutta la felicità che stavo provando. È vero, non lo conoscevo. Ma sentivo che era la persona che stavo aspettando e ne abbi la piena certezza quando vidi a casa sua una chitarra elettrica e uno spartito con scritto Twist And Shout.
  
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