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Autore: Artemys    10/01/2014    5 recensioni
Bella Swan non è la ragazza fragile che finge di essere. La sua goffaggine è studiata, la sua incapacità di mentire è frutto di una recitazione praticamente perfetta.
Una maschera che ha imparato a cesellare da quando aveva undici anni, sotto la guida di sua nonna, insieme ad altre due ragazze che condividono il suo stesso triste destino.
Isabella, Arsinoe e Fatima.
Future guide dei clan che, da secoli, combattono una guerra silenziosa. Regine di una realtà sconosciuta anche a coloro che fanno della segretezza la loro unica legge.
Addestrate ad un solo scopo: uccidere vampiri.
Ma cosa succederebbe se Bella, lasciata sola dalle altre due, scoprisse che non tutti i vampiri sono assassini? Se decidesse di avvicinare uno di loro per infiltrarsi in quel mondo? Sarebbe capace di lasciare fuori i sentimenti?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Holaaaaa! Buon anno a tutti! Sì, lo so, è già passato qualche giorno, ma fa lo stesso. Dopo tanto penare, anche questo capitolo vede la luce. Come al solito è stato un parto -.- Sì, non credo che riuscirò mai a scrivere qualcosa senza entrare in travaglio, è stato una sofferenza fino all'ultimo, basti dirvi che ci ho messo un giorno solo per sistemare le note e l'html. L'ho già detto in passato, ma questa volta l'apporto dei capitoli di Midnight sun è stato fondamentale, capirete perchè.  Purtroppo, più la storia procede, più l'angst mi richiama a sè, perciò anche stavolta la demenzialità di Bella è tenuta a freno per necessità di trama e di contesto. Che dire... sono abbastanza soddisfatta di come è venuto, ci ho lavorato veramente tanto, ma sono sicura che qualcosa mi sarà sfuggito. In questo periodo ho anche cominciato ad editare i primi capitoli, in parte perchè erano pieni di refusi, poi perchè l'impostazione grafica era penosa e sto cercando di imparare a dare un minimo di decenza al lato estetico della FF; col tempo metterò a posto anche tutti gli altri, so che sembra una boiata, ma essendo io tecno-impedita, puntigliosa e incontentabile, ogni capitolo mi impegna qualche ora. Comunque, tornando al capitolo, sono abbastanza contenta. Magari non è il più brillante, il più divertente, o il più emozionante che ho scritto, ma mi è piaciuto lavorarci, è stato di soddisfazione, perchè ho potuto cominciare a scavare nei retroscena, sia della famiglia Cullen (aspetto che mi interessava relativamente, visto che, detto fuori dai denti, non sono frutto della mia immaginazione, rientrano nel Canon, non sono quindi terreno per sperimentazioni, almeno in questo frangente), che del trio (Streghe non c'entra nulla, è solo più comodo). In particolare, finalmente, ho potuto svelare qualcosa di più del legame che unisce le tre Regine. Poi... boh, non mi viene in mente altro da dire, sono stanca; sicuramente mi verrà in mente qualcosa domani e mi prenderò a schiaffi. In ogni caso c'è sempre la mia pagina facebook, chi la segue e ha visto lo spoiler postato un paio di mesi fa è testimone dei miei sforzi e della mia buona volontà a darle un senso. Bene, ora, prima di lasciarvi al capitolo, vorrei ribadire, spero per l'ultima volta, che io non ho intenzione di lasciare questa storia incompleta. Non posso prevedere quanto tempo ci vorrà, sicuramente tanto, sia per via dei miei tempi lunghi riguardo la stesura dei singoli capitoli, sia perchè la storia stessa è pensata per essere lunga, molto lunga. Di nuovo, i miei tempi sono biblici, lo so, me ne rendo conto, però non sono tali perchè mi diverto a tirarla per le lunghe o per far dispetto a voi, ma per i seguenti motivi:
- il tempo che dedico alla scrittura è poco, e non sempre, quando ho tempo per scrivere, l'ispirazione mi sostiene, quindi magari scrivo qualcosa che poi mi fa schifo e perdo metà del tempo a cancellare e riscrivere tutto; assurdo, perchè poi la volta che sono ispirata vado a ri-scaravoltare tutto di nuovo, giusto per cercare di dare una parvenza di decenza al tutto;
- quando scrivo lo faccio per me stessa, è un momento che dedico a me, alla mia creatività, quel poco che ne rimane, ed è un po' come fare palestra: se la alleno poco e passa del tempo tra una sessione di allenamento e l'altra, ogni volta è difficile rimetterla in moto, e gli esercizi vanno fatti bene, con cura ed attenzione, altrimenti poi "ci si fa male" e non servono a niente. Mi spiego?
- conseguenza del punto sopra: sono polemica, soprattutto con me stessa, ogni cosa che scrivo viene messa in discussione dieci volte e dieci volte ancora, e sono perfettamente consapevole che anche così quello che scrivo potrebbe essere migliorato, quindi capite quanto sia laborioso avere a che fare con me stessa -___- inoltre io non riesco a scrivere capitoli brevi, mi è fisicamente impossibile. Sia perchè, coi tempi che mi prendo tra una pubblicazione e l'altra, mi sembra il minimo postare un capitolo di una lunghezza decente, sia perchè non ha senso scrivere un capitolo in cui non succede niente, e visto che io non ho dimestichezza con la sintesi, per narrare un evento ho bisogno di dargli il giusto spazio. Sono un po' come un Ent, solo in forma scritta ;)
Infine, questo è quanto, mi dispiace se alcuni di voi trovano insostenibili i miei tempi, io non riesco a fare diversamente, gli impegni sono tanti, il tempo che dedico alla scrittura e a EFP è tempo che tolgo al sonno, perchè come tutti ho una vita che mi reclama, e visto che non è un lavoro o materiale che posso presentare all'università per ottenere CFU validi, purtroppo finisce in fondo alla lista delle priorità. Mi è stato consigliato di interrompere e aspettare di avere meno impegni e più tempo da dedicare alla scrittura, ma questo vorrebbe dire lasciare perdere, perchè gli impegni che ho sono tanti e possono solo aumentare. Se ritenete che non valga la pena, che la storia non meriti l'attesa per n motivi, mi dispiace, io seguo FF bellissime ma che aggiornano ogni tot mesi quindi ci sono abituata, è evidente che la mia non ha gli stessi meriti di quelle che hanno stimolato in me l'interesse e la pazienza. Vi ringrazio comunque.
Dopo questo sproloquio infinito, vi lascio al capitolo. Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate! :)


Artemys







 
 

 

 

 

 

Hounded

 
In spite of her deeply-rooted dislike, she could not be insensible to the compliment of such a man's affection, and though her intentions did not vary for an instant, she was at first sorry for the pain he was to receive; till, roused to resentment by his subsequent language, she lost all compassion in anger.1
Jane Austen, Pride and Prejudice
 




Ci sono giorni in cui uno si alza alla mattina ed avverte forte, inesplicabile e perentorio, l’impulso di non muoversi dal proprio letto.
È quasi possibile sentire una voce baritonale che, con tono paterno e intrisa di pietà, ti intima, ti prega di rimanere fermo dove sei, per il tuo bene!
Alcuni credono sia una manifestazione divina che cerca di proteggerci dall’alto, altri ritengono sia quello che viene comunemente chiamato “sesto senso”… Io credo sia un misto tra le due cose: il mio istinto di autoconservazione dà una sbirciatina a ciò che il futuro mi offre nella giornata e, se proprio la dea Sfiga ha deciso di passare a prendersi un tè sulla mia spalla, mi ordina di restare al sicuro sotto le lenzuola.
In quanto studente delle superiori, mi capita di sentire spesso quest’impulso, effettivamente più spesso di quanto la mia sicurezza imponga… e meno di quanto la mia pigrizia reclami; ammetto di aver assecondato tali istinti in passato, prima che la mia presenza a scuola fosse finalizzata a soddisfare obbiettivi che vanno al di là della mia istruzione. Forse è per questo che stamattina non ho notato niente… sì, insomma, a forza di fingere che Pigrizia avesse la stessa voce di Autoconservazione, ho finito per non riuscir più a distinguere l’una dall’altra, e stamane devo aver bellamente mandato a cagare la povera Autoconservazione, sentendomi anche fiera di me stessa, scambiandola per Pigrizia. Deve essere per forza andata così, non c’è altra spiegazione, anche perché noi Cacciatori dovremmo essere più sensibili a queste cose e, se così non fosse stato, ora non starei qui a pregare in aramaico che questa giornata di merda arrivi ad una fine, dovesse anche coincidere con la mia fine!
Ed è solo passata l’ora di pranzo. Ugh!
Che giornata di merda!
“… e poi la trovata del secolo: restare ferma davanti al furgone per vedere se il vampiro ti salverà prima che ti investano! Geniale Bella, davvero!”
“Mi hai fatta MORIRE!”
“… hai un’idea di quello che ho passato? Mi è venuto un attacco di panico! Andrew non sapeva come fare a calmarmi, ha dovuto prendermi a schiaffi!”
“Scusa, ma non credo che sia così che si curano gli attacchi di panico. Quello è il metodo per le crisi isteriche, e conoscendoti…”
“FAS!”
“Cosa?!”
“IL PROBLEMA NON SONO IO, MA QUESTA SQUINTERNATA DELLA TUA AMICA!”
“Perché improvvisamente è diventata la mia amica? Tu cosa sei, il suo cacatua impagliato?!”
“Mmmpfh… Ahahahah!”
“ISABELLA MARIE SWAN! TU NON HAI IL DIRITTO DI RIDERE! GIURO CHE, SE QUEI VAMPIRI TI UCCIDONO, IO TI AMMAZZO!”
“AHAHAAHAHAH!”
“SMETTETELA DI RIDERE, PAZZE FURIOSE!”
Vorrei smettere di ridere, ma non posso, non…. Non ci riesco! Davvero, se solo potessi!
Oddio, non respiro!
“ANACLETO! SPONGEBOB! DATECI UN TAGLIO, O V’IMPALO ALLA TURCA2, TUTTE E DUE!”
Il grido belluino di Ary si spegne nel vuoto. Sia io che Fas smettiamo di ridere e ci guardiamo reciprocamente allibite, mentre la bionda tira un sospiro di sollievo e sorride soddisfatta. Il suo compiacimento e il silenzio durano la bellezza di tre secondi netti.
“Oddio, ha ragione! Sei uguale!” esclamiamo all’unisono io e Fas, indicandoci a vicenda, per poi tornare a rotolarci dal ridere.
Tra le lacrime e i sussulti vedo la povera Ary afflosciarsi sulla sedia e massaggiarsi la radice del naso. “Odio quando parlate insieme…” borbotta, ma non riesco a darle retta, anzi, mi fa ancora più ridere3.
Sarà la tensione, sarà l’isteria, non lo so! Sta di fatto che sentire Fas ridere in quel modo, proprio come Spongebob, mi impedisce di smettere di ridere a mia volta! È contagiosa!
Mi impongo di respirare profondamente, mi fa male il diaframma a forza di ridere in questo modo.
“Bene, quindi, facendo il sunto dei progressi della giornata?!” sospira a singhiozzi Fas, asciugandosi le lacrime agli occhi.
“Oh, se permettete, vorrei io quest’onore!” bercia Ary massaggiandosi le tempie. “Un’auto sfasciata, un umano gravemente ferito…” enumera, mimando il conteggio con le dita.
“Quello non è stata colpa mia” sbuffo roteando gli occhi.
“Zitta tu! Dicevo: un umano gravemente ferito e con una possibile cotta per Bella…”
“Oh, Gesù!”
“Almeno una sessantina di umani che potrebbero essere testimoni di una evento paranormale, un vampiro che si è esposto per salvarti la pellaccia contro ogni logica e buon senso…” prosegue Ary, ignorandomi caparbiamente.
“Come io avevo immaginato” sbuffo sottolineando pigramente l’ovvietà della cosa con un gesto della mano.
“… un padre che oggi ha rischiato l’infarto, una madre apprensiva incita e giustamente ultra preoccupata…”
“Questo è davvero un colpo basso!” sibilo fulminandola con gli occhi.
“Una Ary semi-infartuata, con relativo ragazzo che ancora si chiede se non fosse stato il caso di portarla in infermeria, una Fas sconvolta che ha urlato come una banshee in mezzo alla strada…”
“Racimolando un notevole figura di merda!” sbuffa lei con una smorfia e incrociando le braccia. Svaccata sulla sedia, braccia conserte, gambe accavallate e cipiglio severo. Bruttissimo segno.
“Che scusa hai dato?” chiedo curiosa. Fas mi risponde con un’occhiata che potrebbe gelare l’inferno.
“Ho detto di aver visto un topo. Per fortuna August non mi conosce molto e ci ha creduto…”
“August? Ma che razza di nome è?!”
“Perché scusa? Noi tre veniamo dalla fiera del ‘Che razza di nome è?!’, se è per quello!!
“Ragazze!” sbotta Ary, lanciandoci uno sguardo che è puro veleno e, nonostante lo schermo sia solo un tramite, sento il brivido che preannuncia il pericolo corrermi sotto la pelle. “In ultimo, ma non per importanza, una Bella che si è chiaramente bevuta il cervello e ben due vampiri incazzati che vogliono farla fuori. Ho dimenticato qualcosa?” chiede freddamente, concludendo la sua tirata.
Io mi stringo nelle spalle, soppesando le parole.
“Mmm… sì, il mio pick up ha un’ammaccatura sulla fiancata”.
Mi stringo mentalmente la mano per la sparata, mentre osservo le differenti reazioni delle mie amiche attraverso lo schermo. Fas si sta sforzando di rimanere seria, ma lo vedo che si sta mordendo la guancia per impedirsi di ridere, mentre Ary… dal tic della palpebra inferiore dell’occhio destro, direi proprio che sta sognando di darmi un pugno. O due.
“Bella…” esala in un sibilo che evoca scenari di morte e distruzione.
Rettifico, sta sognando di usarmi come punching ball.
“… sono seria! La situazione è molto grave”.
Il silenzio cala, denso e pesante. Scrollo le spalle e sospiro.
“Lo so” dico tamburellando le dita sul ripiano della scrivania, gli occhi fissi sull’onda sinusoidale tracciata nell’aria dal movimento delle nocche. So che mi stanno fissando, so che sono preoccupate, so che sono stata avventata ma… “Che cosa avrei dovuto fare? Fare un back flip4 per mettermi al sicuro sul cassone del pick up?! Ero tentata, ma poi ho pensato che sarebbe stato difficile da spiegare!”
Attendo la risposta velenosa che so di meritare, ma per qualche ragione non sento altro che silenzio. Dopo qualche secondo alzo gli occhi, convinta di trovare lo schermo spento o il video impallato per qualche problema di connessione, ma Fas e Ary sono lì che mi guardano, silenziose e concentrate, gli occhi che a tratti sembrano perdersi nella contemplazione di qualcosa di lontano.
“Lasciamo perdere” mormora alla fine Fas con una nota secca nella voce, “ora sarà meglio concentrarsi sulle conseguenze”.
“Giusto” sospiro io, la piccola vocina del mio animo che pigola di sollievo viene subito schiacciata dalla sensazione costante che mi porto dietro da quando ho lasciato Edward all’ospedale. Braccata.
“Hai parlato di due vampiri che vogliono farmi fuori. Chi, dove, come e quando”.
“Rosalie e Jasper” esclama piatta Ary, lanciandomi un’occhiata significativa. Non sono sorpresa, ma un brivido mi corre giù per la schiena.
Ansia, paura, eccitazione.
Adrenalina.
Braccata.
“Dipende da dove ti farai trovare, ma progettano di attaccarti a casa” riprende Fas, le pupille innaturalmente dilatate mentre scruta le possibilità del mio futuro, le iridi animate da un fremito costante, come se stesse sognando. “Rosalie progetta di colpirti nel sonno. Niente sangue, solo un colpo in testa. È metodica” spiega, pronunciando l’ultima parola più lentamente, con ammirazione, come se stesse guardando un artista all’opera. “Jasper è più caotico… non ha ancora deciso il come o il quando. È convinto, ma non è sicuro di come fare ad ucciderti senza essere tentato di bere il tuo sangue. Continua a cambiare idea. Non capisco se lo faccia per nascondere la propria strategia a Edward o se per evitare che Alice lo veda cadere in tentazione… Comunque nessuno dei due sta tenendo conto delle azioni dell’altro, il che potrebbe tornarti utile”.
Corrugo la fronte e annuisco. Rosalie potrà anche essere metodica, ma non mi preoccupa più di tanto; Jasper mi inquieta, e non poco. Il vampiro biondo è un osso duro, è esperto, a giudicare dalle cicatrici. Non sarà facile da eliminare. Mi dispiace solo per Alice, non mi perdonerà mai per aver fatto fuori il suo compagno. Ora che ci penso, se elimino Rosalie, poi dovrò fare i conti con Emmett. Seh, e poi?!
Alice…
“Aspetta un secondo!” gracchio facendo un balzo sulla sedia. “Che cazzo vede Alice?! Voglio dire, non ha ancora avuto nessuna reazione vedendomi rispondere agli attacchi nelle sue visioni?”
Sta a vedere che ho fatto tutta questa fatica per veder andare tutto a puttane per colpa della preveggenza della succhiasangue.
“Calma” mi blocca Ary. Non mi ero nemmeno accorta di essere balzata in piedi e di avere il fiato corto e le palpitazioni. Dov’è finita la sedia?
“Fas ha scoperto di riuscire a creare delle interferenze nelle visioni di Alice” mi spiega con calma la bionda, non appena torno a sedermi composta davanti alla scrivania, il cuore ancora balbettante.
“Ricordi quando ti dicevo che a volte le mie visioni sembravano… disturbate? Ecco, quando abbiamo delle visioni del futuro è come se sia io che Alice ci collegassimo ad un canale… un flusso dove scorrono e coesistono le varie possibilità. Anzi, è più come un mare, dove le variabili fluttuano incessantemente. Fino ad ora ci siamo disturbate a vicenda, senza esserne consapevoli, perché nel momento in cui ci connettiamo, anche noi emettiamo delle onde… Sai, perché il fatto stesso di vedere il futuro modifica il futuro…”
“Sì, sì, il principio di indeterminazione5. Andiamo oltre” sbuffa Ary con fare annoiato. Quando fa così… se l’avessi a portata di mano, una ginocchiata nei denti non gliela leverebbe nessuno.
“Esatto” esclama Fas a denti stretti, la tensione nella linea del collo mi dice che i suoi pensieri non sono diversi dai miei. “Il punto è che ho capito come direzionare le mie onde di immissione per controllare le interferenze che creo nelle visioni di Alice. Posso tagliare alcune parti senza che lei se ne accorga, con un po’ di pratica credo che potrò anche inserire sequenze fittizie, ma non posso bloccare completamente le sue visioni. Ad ogni modo, per il momento siamo al sicuro, Alice non ha visto le tue reazioni agli attacchi, il che ti garantisce comunque l’effetto sorpresa. Anche se…”
“Cosa?” chiedo, il tono più brusco di quanto vorrei.
“Potresti non averne bisogno. Di reagire intendo” spiega, l’ombra di un ghigno si fa largo sul suo viso sottile, e per un attimo ho un flash di quando da bambine giocavamo a Peter Pan. Io ero Uncino, Ary era Wendy e Fas era Peter. Stessi capelli rossi, stesso ghigno da peste.
“Sembra che il tuo vampiro ci abbia preso gusto. Non importa cosa facciano i suoi fratelli, lui è sempre lì a difenderti” sorride maliziosa, la voce che sembra canticchiare le parole di una filastrocca.
“Per ora” dice Ary, bloccando sul nascere il mio tentativo di fare una linguaccia. “Le lezioni stanno per finire, Carlisle ed Esme sono già a casa che li aspettano. È in arrivo una bella riunione di famiglia e non possiamo essere certe di nulla. Quante armi hai con te?”
Faccio mente locale del contenuto della valigetta metallica che mi sono portata da Phoenix. “Tre coltelli, due pistole, un paio di caricatori di riserva, qualche shuriken6… il minimo indispensabile. In caso di necessità contavo sul deposito della nonna”.
Ary annuisce, “Pensi di sfruttare la baita?”
“Sì, se saranno loro a venire da me, preferisco tenerli lontani da Charlie. Inoltre, là avrei più gioco, aumenterei il mio vantaggio, e una volta finito lo scontro potrei far sparire i resti velocemente”.
“Sempre che lo scontro abbia luogo” puntualizza Fas, il fantasma di un ghigno che ancora aleggia sulle sue labbra.
“In ogni caso, ti conviene andare ora. Le lezioni sono finite”.
Controllo l’orologio: 15.007.
Charlie è ancora in centrale, dovrei tornare per tempo. Controllo per sicurezza che la porta della camera sia chiusa a chiave e m’infilo le scarpe.
“Prendi con te il telefono, non si sa mai…”
“Sì, mamma” sbuffo mentre litigo coi lacci della scarpa destra.
Ary è così, lo so: dolce, premurosa, comprensiva, acida, spacca maroni, critica, sputa sentenze… materna!
“Ah, e se potessi mandare una delle tue bestiole… sai, vedo meglio se è un posto in cui sei stata o in cui è arrivata una tua estensione mentale” mi chiede mentre scrollo il blocco della finestra. Dopo anni di inutilizzo e di umidità, il legno si è gonfiato ed ora la finestra è incastrata. Infilo le dita nella fessura e faccio leva con le nocche spingendo verso l’alto e, con un’altra veemente scrollata, la finestra si apre. Dovrò metterci dell’olio. Salgo in piedi sul davanzale tenendomi con le mani alla cornice della finestra. Il salto non è niente di eccezionale, ma il pino qui davanti si sporge coi rami verso la casa in modo così disponibile che sarebbe stupido rifiutare. “A dopo” esclamo, rivolta alle mie spalle, mi do una leggera spinta in avanti e salto. Mi aggrappo al tronco freddo dell’albero, non molto robusto, ma sufficiente a sopportare il mio peso. La corteccia è ruvida sotto le mie mani mentre mi lascio scivolare fino ad appoggiare i piedi sulla base di un ramo. Da qui a terra saranno appena cinque metri. Stacco le mani dall’albero, piego le ginocchia e salto di nuovo, con forza questa volta. Sembra una vita che non mi muovo sul serio, ho bisogno di levarmi di dosso un po’ di ruggine, per questo azzardo un avvitamento in aria prima di toccare terra, rotolando sull’erba. Decisamente meglio di quando atterravo sul cemento della città, a Phoenix. Mi rialzo, piena di energia e di adrenalina. Quanto mi mancava questa sensazione!
Senza pensarci un minuto di più comincio a correre, inoltrandomi subito nella foresta.
Il profumo dolciastro e denso del sottobosco mi invade mentre terra, radici, rocce e felci scorrono sotto i miei piedi. Qui non ho nessun bisogno di trattenermi, posso dare sfogo alle mie potenzialità, al mio corpo, che per settimane è dovuto rimanere come assopito, nonostante la presenza dei vampiri e la cenere assunta quotidianamente lo caricassero di energie, che chiedevano di essere sfruttate. Improvvisamente mi rendo conto di quanto sia stato stupido non sfruttare le ore di assenza di Charlie per allenarmi nella foresta, ma ero convinta di non poter rischiare, nel caso che Alice mi stesse tenendo d’occhio. Mi sa che d’ora in poi Fas avrà un bel po’ da fare con le visioni, non posso permettermi di rimanere inattiva e fuori allenamento in queste condizioni.
Sono passati anni dall’ultima volta, la foresta è cambiata, ma ricordo perfettamente i punti di riferimento che mi aveva insegnato la nonna per raggiungerla: la grande roccia spaccata, il pino storto, il burrone…
Proprio costeggiando il dirupo, scorgo una femmina di smeriglio8 che sorvola le cime degli alberi in fondo ad esso, volando in circolo alla ricerca di prede.
Perfetta.
Mi fermo, fissando lo sguardo su di lei, mi concentro.
È straordinario comunicare con gli animali: niente parole, solo sensazioni, immagini, impulsi.
Dilato la mente, lasciando che i miei pensieri si espandano al di fuori di essa. È come gonfiare un palloncino.
Come preparandomi ad urlare, inspiro profondamente e scaglio il mio richiamo mentale verso il rapace. Lo smeriglio vira verso di me, inclinando le ali, e sfruttando una corrente ascensionale si dirige verso di me. Alzo il braccio, inviando al rapace l’ordine di non stringere gli artigli per non ferirmi, e quello vi si appoggia con delicatezza. 
Lo smeriglio mi fissa coi suoi occhi ambrati, lo sguardo vigile e curioso. Ha un piumaggio splendido, sui toni del bronzo e del nero.
Concentrandomi sul contatto visivo, le invio le immagini dei Cullen e della direzione verso la quale si trova la loro casa. Conquistata la sua attenzione, so che mi ubbidirà e mi presterà i suoi occhi.
Appena comprende cosa voglio da lei, percepisco un pensiero di assenso, e lo smeriglio spicca di nuovo il volo. Compie ancora un paio di circoli sopra di me e poi riparte, nella direzione che le ho indicato.
Anche io ricomincio la mia corsa nella foresta, ma ora una parte della mia mente vede attraverso gli occhi del rapace, che sorvola le cime degli alberi.
Per orientarmi meglio, la faccio avvicinare alla statale, inviandole le immagini del lungo fiume di asfalto che si snoda sotto di lei con l’ordine di seguirlo, mentre io individuo la formazione rocciosa a di testa di lupo. Non sono lontana.
Lascio lo smeriglio al suo volo, concentrandomi sul mio sentiero, che ora si inerpica su una specie di scala naturale, fatta di rocce e radici. Aiutandomi con le mani scalo l’ultimo tratto, ormai quasi verticale, e arrivo ai margini di un’ampia radura. Al confine opposto, come uscita da un racconto, c’è la vecchia baita della nonna. Le imposte di legno sono chiuse, l’edera ha ricoperto metà della facciata, e il muschio ha formato uno spesso strato sulle tegole. L’erba è cresciuta alta e devo farmi largo per avvicinarmi. Sono passati tre anni dall’ultima volta che sono venuta qui. Poco lontano dalla casa, il varco tra gli alberi, che segnava il vecchio sterrato che collegava questo luogo alla strada asfaltata, è ormai quasi del tutto sparito. Nessuna macchina lo percorre da dieci anni, da quando la nonna ha lasciato Forks, e la foresta si è ripresa ciò che le apparteneva. Probabilmente anche la casa e la radura sarebbero in condizioni ben diverse, se non mi fossi presa cura di questo posto nelle estati che passavo con mio padre. Non che Charlie sapesse che venivo qui, questo era il nostro posto segreto, mio e della nonna. Credo che nemmeno il nonno ne sapesse niente.
Raggiungo la veranda e mi siedo sulle vecchie tavole di legno, impolverate e insidiate dalle erbacce.
Ci sarà un bel po’ di lavoro da fare qui.
Mi appoggio con la schiena alla colonnina di legno e riprendo fiato.
Controllo l’ora: sono le 15.15, ormai i Cullen saranno arrivati a casa.
Attraverso gli occhi dello smeriglio, scorgo lo slargo tra gli alberi della radura nella foresta che custodisce nel segreto la casa dei Cullen. Il rapace si allontana dalla strada e sorvola le cime dei pini, avvicinandosi a quel vuoto e allo scintillio del torrente che scorre vicino alla villa. La strada sterrata che la collega con la statale è completamente oscurata dalla vegetazione, impossibile scorgerla dall’alto, così rimango sorpresa nel vedere la Volvo metallizzata di Edward spuntare dalle ombre degli alberi e parcheggiare nello spiazzo di fronte alla casa.
Appena in tempo, pare.
I giovani Cullen scendono dall’auto e, senza nessuna inibizione, si muovono alla loro naturale velocità, raggiungendo l’ingresso in un battito di ciglia.
Faccio planare il rapace, in modo che si abbassi al livello delle finestre, così da poter guardare dentro. Per mia fortuna, questi vampiri hanno una predilezione per gli ambienti luminosi: quasi tutte le pareti esterne della casa sono costituite da grandi vetrate o ampie finestre, il che mi permette di spiare facilmente ciò che avviene all’interno. Dopotutto, come potrebbero mai sospettare di un uccello?
Li trovo in quella che sembrava una comunissima sala da pranzo, seduti attorno ad un tavolo ovale di legno scuro.
Lo smeriglio, seguendo i miei ordini, si posa su di un ramo, proprio di fronte alla finestra aperta. Nessuno dei vampiri pare farci caso, impegnati come sono a scrutarsi l’un l’altro.
L’atmosfera sembra tesa. È come se stesse per avere luogo un vero e proprio consiglio di guerra.
Il dottore è seduto a capotavola, il che conferma la mia idea di lui nel ruolo di capofamiglia, mentre la sua compagna, Esme, è accanto a lui, con la mano protesa sul tavolo a coprire quella di Edward, seduto all’altro lato del vampiro biondo.
All’altro capo del tavolo, come a rimarcare la sua posizione sul fronte opposto, si è seduta Rosalie, l’espressione congelata in una smorfia ostile, ed Emmett è accanto a lei. La bionda non smette di fissare Edward in cagnesco. Jasper è l’unico ad essere rimasto in piedi, appoggiato alla parete alle spalle di Rosalie.
Non mi pare un buon segno.
Alice si è seduta accanto ad Esme, ha la testa china e si sfrega la fronte con le dita sottili, come se avesse mal di testa.
Strano… ero convinta che sarebbe stata dalla parte del suo compagno, come Emmett con Rosalie. Ma forse sta aspettando di avere una visione più chiara. Non ho dubbi che Fas stia facendo di tutto per confondere le acque, non mi sorprende che abbia mal di testa.
Dopo uno scambio di sguardi tra i presenti che sembra infinito, è Edward a rompere il silenzio, la sua voce mi arriva chiara attraverso le orecchie del rapace, come se fossi presente nella stanza.
 “Mi dispiace” dice, guardando prima Rose, poi Jasper e infine Emmett. “Non volevo mettervi in pericolo. E' stato avventato, e mi prendo la piena responsabilità delle mie azioni affrettate .”
Rosalie lo fissa, sembra pronta a saltargli alla gola. “Cosa intendi con 'mi prendo la piena responsabilità'? Le aggiusterai?”
“Non nel modo in cui intendi” dice Edward, il tono pacato e tranquillo, ma nel movimento guizzante con cui rinserra la mandibola mi fa sospettare che non sia poi così calmo. “Partirò adesso, se è necessario.”
No! Vaffanculo! Perché?
“No” mormora Esme. “No, Edward.”
Amo questa donna. Cioè, vampira. Oh, al diavolo!
Edward le da un buffetto sulla mano e le sorride mestamente, “Sarà solo per pochi anni.”
Ma sì! E tu credi anche che cambierebbe qualcosa? Se non mi attacco a te, mi attacco ad Alice, che onestamente mi ispira quasi di più. Certo, Jasper potrebbe crearmi qualche problema a questo punto…
“Esme ha ragione, comunque” dice Emmett. “Non puoi andare da nessuna parte. Non sarebbe di grande aiuto. Dobbiamo sapere che cosa stanno pensando le persone, ora più di prima.”
Vampirello legge nel pensiero! Vampirello legge nel pensiero! Trallallallero Trallallalà!
“Alice lo scoprirà in prima linea” esclama Edward lanciando un’occhiata alla vampira, intenta a scrutare il vuoto.
Edward, vaffanculo!
Carlisle scuote la testa. “Penso che Emmett abbia ragione, Edward. La ragazza probabilmente parlerebbe se tu sparissi. Partiremo tutti, o nessuno.”
E io vi seguirei a ruota. Grazie, Carlisle.
“Lei non dirà nulla” esclama convinto Edward, stringendo la mano sotto quella di Esme, che non lo lascia...
“Non conosci i suoi pensieri” ricorda Carlisle, ammonendolo con lo sguardo.
Eh, no, tesoro, non conosci i miei pensieri. I cacciatori non sarebbero durati così a lungo se qualcuno non ci avesse dato una protezione da quelli come te.
“Lo so già. Alice, appoggiami” dice Edward, una supplica appena accennata nella voce, voltandosi verso di lei.
Alice lo fissa stancamente. “Non posso vedere cosa accadrà. Se solo lo superassimo...” dice, lanciando un'occhiata a Rosalie e Jasper.
No, non poteva vedere quel futuro, non se Rosalie e Jasper erano così decisi a non ignorare l'incidente.
Il palmo di Rosalie sbatte contro il tavolo con un rumore sordo, vedo il legno tremare sotto l’impatto. “Non possiamo concedere ad un'umana la possibilità di dire qualcosa. Carlisle, devi capirlo. Anche se decidessimo di sparire, non sarebbe prudente lasciare vicende dietro di noi. Viviamo in modo differente rispetto al resto della nostra specie, sai che ci sono quelli a cui piacerebbe avere la scusa per puntare il dito. Dobbiamo essere più attenti di chiunque altro!”
“Abbiamo lasciato chiacchiere dietro di noi prima d'ora” le ricorda Edward con fare condiscendente.
Non molte, da quanto mi risulta.
“Solo chiacchiere e sospetti, Edward. Non testimoni e prove!”
“Prove!” sbotta il rosso, scettico.
Alzo gli occhi al cielo, provo una certa simpatia per Edward in questo momento. Mi pare di sentire Arsinoe…
Colgo il movimento con cui Jasper annuisce, i suoi occhi sono aspri, le braccia incrociate sul petto e le labbra serrate.
Lui sarà sicuramente una bella gatta da pelare.
“Rose...” inizia Carlisle.
“Lasciami finire, Carlisle. Non deve essere una grande esibizione. Oggi la ragazza ha battuto la testa. Così forse il danno potrebbe diventare più serio di quello che sembra.” Rosalie alza le spalle. “Ogni mortale va a dormire con la possibilità di non risvegliarsi. Gli altri si aspetterebbero che ripulissimo da soli. Tecnicamente, dovrebbe essere compito di Edward, ma è chiaramente al di là delle sue possibilità. Lo sai che io sono capace di controllarmi. Non lascerò nessuna prova dietro di me.”
“Sì, Rosalie, tutti noi sappiamo quanto sei abile come assassina” ringhia Edward, e subito mi vengono in mente le foto dei cadaveri degli uomini ritrovati a Rochester mesi dopo la scomparsa di Rosalie Hale.
Sì, non ho dubbi sulle sue capacità.
Lei sibila verso Edward, furiosa, come una vipera pronta a scattare.
“Per favore, Edward” dice Carlisle, per poi voltarsi verso Rosalie. “Rosalie, ho guardato dall'altra parte a Rochester perché sentivo che dovevi avere giustizia. L'uomo che hai ucciso aveva mostruosamente sbagliato. Questa non è la stessa situazione. La ragazza Swan è innocente.”
Sono innocente, sì! Come un serial killer, armato di mitra, in un centro commerciale, di sabato pomeriggio. Ma grazie comunque per il sostegno, dottore.
“Non è niente di personale, Carlisle” disse Rosalie tra i denti. “E' per proteggerci tutti.”
Il compagno di Barbie si prende un momento per riflettere, abbassando gli occhi sul tavolo, e il silenzio cala nella stanza. Poi annuisce.
Rosalie si illumina, come ad una bambina cui hanno promesso il regalo che voleva.
Merda! Vaffanculo, Ken! E tu, Edward, che cazzo ti ghigni?
“So cosa vuoi dire, Rosalie, ma... vorrei che la nostra famiglia fosse protetta in modo degno. L'occasionale... incidente, o la mancanza di controllo, è una spiacevole parte di quello che siamo. Assassinare a sangue freddo una bambina senza colpa è completamente un'altra cosa. Credo che il rischio che rappresenta, parlare o meno dei suoi sospetti, non è niente in confronto al rischio più grande. Mettiamo a repentaglio l'essenza di quello che siamo.”
Ok, ora capisco perché Edward ha smesso di ghignare e ha l’aria di chi vorrebbe tanto fare un applauso. Scusa, Carlisle, sei un signore!
Rosalie, invece, sembra una che abbia appena inghiottito un limone, “Sarebbe essere responsabili”.
“Sarebbe essere insensibili” la corregge gentilmente Carlisle. “Ogni vita è preziosa”.
Rosalie sospira pesantemente e sporge il labbro inferiore. Povera bimba!
Emmett le da un colpetto sulla spalla. “Andrà tutto bene, Rose” dice, incoraggiandola a bassa voce.
“La domanda” riprende Carlisle, “è se dovremmo partire.”
“No” si lamenta Rosalie. “Ci siamo appena sistemati. Non voglio ricominciare di nuovo da allieva di scuola superiore!”
“Potresti mantenere la tua attuale età, ovviamente” dice Carlisle.
“E trasferirci di nuovo presto?” lo contraddice subito. Sembra proprio un’adolescente che fa i capricci.
Carlisle scrolla le spalle.
“Mi piace qui! C'è poco sole, e stavamo diventando quasi normali!”
Mpf! Normali come un maiale con le ali che canta “Wannabe”9.
“Bene, non dobbiamo certo decidere adesso. Possiamo aspettare e vedere se diventerà necessario. Edward sembra certo del silenzio della Swan.”
Rosalie sbuffa.
Fottiti bionda, mi hai già rotto i maroni!
Ed è mai possibile che nessuno abbia ancora considerato il vero problema? Jasper rimane immobile contro la parete, silenzioso. Edward, sveglia, lo senti che ha già deciso dove scavarmi la fossa?
“Jasper” dice Edward, richiamando lo sguardo del biondo, che si volta a guardarlo inespressivo.“Non pagherà per un mio errore. Non lo permetterò.”
Bravo il mio vampirello. Il tuo complesso da principe azzurro mi inquieta, ma aspetterò che questa storia sia finita per consigliarti di farti vedere da uno bravo.
“Se ne avvantaggerà allora? Oggi sarebbe dovuta morire, Edward. Sistemerei soltanto ciò che è giusto.”
“Non lo permetterò” ripete Edward, sottolineando le proprie parole con un gelido sguardo di sfida.
Jasper aggrotta le sopracciglia, sembra sorpreso. Ci credo! Insomma, il comportamento di Edward è tutto fuor che logico… ma a caval donato non si guarda in bocca!
Jasper scuote la testa. “Non lascerò Alice vivere nel pericolo, anche il più leggero. Tu non provi per nessuno quello che provo io per lei, Edward, e non hai vissuto quello che ho vissuto io, anche vedendo o meno i miei ricordi. Tu non capisci”.
“Non sto contestando questo, Jasper. Ma ti sto dicendo, adesso, che non ti permetterò di far del male ad Isabella Swan”.
I due si fissano, senza ostilità, sembrano studiarsi, come per capire quanto sia ferma la posizione presa dall’altro.
“Jazz” dice Alice, interrompendoli.
Lui esita, mantenendo lo sguardo in quello di Edward per qualche secondo, poi si volta. “Non ti sprecare a dirmi che puoi proteggere te stessa, Alice. Lo so già. Ho ancora...”
“Non era quello che stavo dicendo” lo interrompe Alice. “Ti stavo chiedendo un favore”.
In un istante capisco di essermi persa un passaggio fondamentale. Il telefono vibra nella mia tasca, mentre Edward spalanca la bocca ed emette un rantolo quasi animalesco, da bestia ferita. Fissa Alice con espressione devastata, tutti gli altri lo scrutano circospetti, tranne Alice e Jasper, che sembrano aver ben chiara la situazione. Che anche Jasper abbia qualche potere che gli permette di comprendere il dialogo silenzioso che sta avvenendo tra la sua compagna ed Edward.
Il telefono continua a vibrare nella mia tasca, ma lo ignoro, troppo presa da quello che sta succedendo. Che cosa ha in mente Alice?
“So che mi ami. Grazie. Ma davvero apprezzerei se non cercassi di uccidere Bella. Prima di tutto, Edward è serio e non voglio che voi due vi battiate. Secondo, è mia amica. Almeno, lo diventerà”.
Che cosa?
La mia mano scatta verso il telefono e prendo la chiamata.
“Che sta succedendo? Che cosa ho fatto?” dico, la gola secca e gli occhi sgranati.
“Ho avuto una visione” risponde Fas dall’altro lato, “ho nascosto alcune cose, ma non ho potuto celarla completamente. È una di quelle forti, molto vivide. Da come sta reagendo Alice, direi che le cose si stanno sistemando”. È evidente che Ary le sta facendo la telecronaca in tempo reale.
“Che cosa ha visto?” bercio, incapace di tranquillizzarmi. Io ed Alice amiche? Vuol dire che mi conviene lasciar perdere Edward e concentrarmi direttamente su di lei?
“Ha visto te, insieme a lei. Siete l’una accanto all’altra, vi abbracciate e ridete. È una visione divisa in due momenti: nel primo tu sei umana, nel secondo…”
“Nel secondo?”
“… sei una vampira”.
Inghiotto l’aria e il respiro mi si spezza in gola.
Vampira.
Sento il sangue defluire dal mio viso ed improvvisamente mi sento fredda, come se il solo pensiero avesse evocato la morte nel mio corpo.
Esiste la possibilità che mi trasformino e che io accetti la cosa, che sia felice.
Non è possibile. Non ci credo. Io non… come potrei? Come potrei essere felice, separata per sempre dalla mia famiglia? Fas… Ary…
Il pianto di Bree mi risuona nelle orecchie, gli occhi blu di Teresa mi fulminano, l’amarezza e il rancore li hanno resi duri.
Dalle labbra mi esce un singulto.
“È molto nitida, Bella. Si va consolidando. Io… non so da cosa dipenda, entrambe le possibilità coesistono. Sicuramente diventerete amiche, ma la tua trasformazione…” la sua voce trema, incespica nelle parole. È come se mi stesse diagnosticando un cancro.
Fas, ti prego.
“Quando?”
“Non lo so, è incerto. Ma non sei molto più grande di come sei adesso, da trasformata”.
Quanto tempo ho prima che la situazione mi sfugga di mano? Che cosa accadrà perché io accetti la trasformazione?
Forse non avrò scelta.
Chi è il bastardo succhiasangue che mi morderà?
Quanto tempo mi rimane?
Giorni? Mesi? Qualche anno?
“Se ti può consolare, sei bella da far schifo come vampira” esclama Fas, cercando di farmi ridere. Ma la sua voce mi sembra così lontana, come se l’avessi già persa.
Perché di una cosa sono certa: le perderei. Anche se, per qualche inspiegabile ragione, riuscissi ad accettare di vivere con me stessa in forma di vampira, Elizabeth non mi permetterebbe mai di sopravvivere.
Sarebbe capace di sguinzagliarmi contro le mie sorelle, senza problemi.
“Ma... Alice...” ansima Jasper, guardandola come se stesse cercando una scappatoia, un’incertezza nell’espressione di lei, qualcosa a cui aggrapparsi. Vorrei tanto che ci fosse.
“Le vorrò bene un giorno, Jazz. Romperò con te se non la lascerai stare” ribatte seria Alice.
Fantastico. Davvero fantastico.
In un certo senso, mi lusinga e mi fa piacere che Alice voglia essere mia amica. Anch’io, in realtà, sono curiosa di conoscerla. Solo vorrei evitare la parte in cui il mio cuore si ferma e io divento un blocco di pietra ingurgita-sangue.
Edward, nel frattempo, è rimasto immobile, gli occhi e la bocca spalancati in quell’espressione sconvolta di dolore e disperazione. Sembra una statua. È possibile che un vampiro cada in stato di shock10?! Sono concentrata sul modo in cui Alice ha pronunciato il mio nome: come se mi conoscesse da una vita.
“Alice” esala Edward, uscendo dal suo stato catatonico. “Cosa...era...?”
“Te l'avevo detto che stava arrivando un cambiamento. Non lo so, Edward” esclama l’altra, serrando la mascella in un movimento nervoso.
“Cosa, Alice? Cosa stai nascondendo?”.
“E' a proposito della ragazza?” Domanda. “E' a proposito di Bella?”
“Che cosa succede, Fas?” chiedo io, un fremito mi scuote il polso e serro più fermamente le dita sul telefono.
“Non lo so!” sussurra Fas, in sottofondo sento la voce di Ary che borbotta, confusa pure lei. In questo momento invidio profondamente le capacità di Edward.
“NO!” grida improvvisamente lui, balzando in piedi e sbattendo le mani aperte sul tavolo. Il legno del ripiano geme, mentre la sedia si rovescia, finendo un paio di metri più indietro.
“Edward!” anche Carlisle si alza, il suo braccio sulla spalla del ragazzo.
“Si sta solidificando” sussurra Alice. “Ogni minuto sei molto più deciso. Sono rimaste solo due possibilità per lei. E' l'una o l'altra, Edward.”
“Fas?!”
“Credo che abbia visto la seconda parte della visione, Bella. È probabile che Alice non volesse mostrargliela, ma non sia riuscita a nascondergliela. Non ho visto nient’altro!” dice Fas, parlando velocemente, incespicando nelle parole, come quando è nervosa.
“No” dice di nuovo Edward, il tono piatto, incolore. Fissa il vuoto, gli occhi sgranati e i denti stretti in un muto ringhiare.
“Qualcuno per favore può spiegarci il mistero?” si lamenta Emmett, alzando gli occhi al cielo.
“Devo partire” sussurra Edward, rimettendo a fuoco lo sguardo e fissandolo negli occhi di Alice, come a cercare una conferma o un consiglio.
“Edward, ne abbiamo già discusso” esclama ad alta voce Emmett, ovviamente alterato dall’essere stato palesemente ignorato ed escluso dalla conversazione. “Sarebbe il modo migliore di far parlare la ragazza. Inoltre, se te la svigni, non sapremmo per certo se lei abbia parlato o meno. Devi restare e affrontarlo con noi.”
“Non ti vedo andare da nessuna parte, Edward” dice Alice, scuotendo il capo. “Non so se ormai tu possa partire”.
Perché non dovrebbe poter partire?
“Non lo sento” bisbiglia Edward, rispondendo ad un pensiero di Alice. Jasper si stava agitando.
Dio, che nervoso! Come si fa a convivere con due che dialogano in questo modo e non dargli fuoco tre volte al giorno?!
“Perché mi stai facendo questo?” geme Edward, prendendosi disperato la testa fra le mani.
Li annodo! Giuro che li annodo! Altro che diventare amiche, se Alice non comincia a parlare la faccio diventare un colabrodo.
“Anche?” sussurra Edward, rivolgendo alla vampira uno sguardo incredulo.
“Ti dispiace se gli vado addosso con un panzer?” gracchia Fas nel mio orecchio, scocciata quanto me.
“Mettiti in fila, tesoro” bercio io, sbuffando come un treno.
“Merda!” annaspa Fas.
“Cosa?”
“No” ringhia Edward, serrando occhi e pugni e scuotendo veementemente la testa, “Non devo seguire quel corso. Partirò. Cambierò il futuro.”
“Puoi provarci” dice Alice, la sua voce risuona scettica.
“Fas!”
“Oh, andiamo!” urla Emmett.
“Bella…”
“Presta attenzione” sibila Rosalie, “Alice lo vede innamorarsi di un'umana! Com'è classico di Edward!”




 
***




Lo vede innamorarsi di un’umana.
Com’è classico di Edward.
Innamorarsi.
“Bella?”
Umana.
“Bella… stai bene?”
Edward.
“Bella, tesoro, per favore…”
Innamorarsi.
“Cazzo, di’ qualcosa!”
Esito ancora un momento, mi sento come se avessi appena guardato negli occhi Medusa. “Merda!” rantolo, incapace di articolare altro.
Improvvisamente, la colonnina di legno cui sono appoggiata è diventata gelatina e sotto di me si è aperta una voragine.
Sudo freddo, il mio cuore singhiozza.
Credo di aver sfiorato l’infarto.
Ho una fottuta paura del cazzo!
Innamorato…
Un vampiro, innamorato… di me…
Se Dio esiste, credo che mi stia punendo.
“Cosa?” dice Emmett, sorpreso. La sua risata rimbomba attraverso i muri. “E' questo che accadrà?” Ride di nuovo. “Difficile inizio, Edward.”
Vaffanculo! Che cazzo ti ridi?!
Ho bisogno di vodka, ora.
E di qualcosa da prendere a botte.
Meglio se qualcuno.
Meglio se un vampiro.
Edward Cullen, se mi capiti a tiro, ti spezzo le gambe.
“Ti prego” esalo a fatica, enfatizzando ogni parola, “dimmi che non è vero. Dimmi-che-quella-cazzo-di-vampira-bionda-con-un-palo-della luce-infilato-su-per-il-culo-si-sbaglia!”.
“Innamorarsi di un'umana?” ripete Esme con tono sbalordito. “Della ragazza che hai salvato oggi? T'innamorerai di lei?”
“Cosa vedi, Alice? Esattamente” domanda Jasper.
Lei si gira verso di lui, mentre Edward continua a fissare raggelato una parte del suo viso.
“Tutto dipende dal fatto che sia forte o meno. O la ucciderà” spiega tranquilla, tornando ad incontrare lo sguardo del rosso. A dispetto del tono calmo, lo sguardo che gli rivolge è feroce, “Il che mi irriterà molto, Edward, per non menzionare cosa succederà a te...” si volta di nuovo verso Jasper, “oppure sarà una di noi un giorno”.
Dopo questa, Alice, dovrai faticare parecchio per avere la mia amicizia. La mia morte la irriterà molto… una bestemmia irripetibile mi esce sibilante dalle labbra. “Fas” ringhio, incapace di contenermi mentre sento parlare della mia vita come se fosse una partita di football, “credevo si parlasse di una possibilità!”
“Non accadrà!” grida di nuovo Edward, “Né l’una né l’altra!”
E ti conviene impegnarti perché sia così. Ti assicuro che non ho nessun problema a farti fuori, se questo vuol dire salvare la mia pellaccia da umana, non mi interessa se sei innamorato di me.
“È una possibilità” mi assicura Fas, “Alice vede come temporanea la tua condizione umana perché le sto nascondendo il futuro che ti vede capace di difenderti e quindi, immagino, evitare di essere trasformata. Ma continuo a non vedere come, né quando, né chi, Bella. E, ovviamente, non le sto facendo vedere cosa accadrebbe se tu morissi per colpa di Edward”.
“O le conseguenze per me e per loro se dovessi trasformarmi” aggiungo io lugubre. 
 “Dipende” ripete Alice, inconsapevole di quanto parziali siano le sue visioni. “Potrebbe essere abbastanza forte da non ucciderla, ma ci andrà vicino. Servirà una sconcertante quantità di controllo, molto più di Carlisle. Potrebbe essere già abbastanza forte... L'unica cosa in cui non è molto forte è quella di stare lontano da lei. E' una causa persa.”
“Ho qualche possibilità di scrollarmelo di dosso io, se lui non è capace?” chiedo con asprezza, meditando tutti i modi possibili per stargli alla larga e rendermi assolutamente non-amabile.
Ti farò vedere i sorci verdi, vampirello.
“No. Bel tentativo però” commenta Fas, probabilmente vedendo gli esiti fallimentari delle mie idee.
Vaffanculo.
Edward continua a fissare inorridito Alice, che invece gongola.
Se sarà, sarà un’amica di merda, ci scommetto.
Dopo un lungo momento, Carlisle sospira.
“Bene, questo... complica le cose”.
Grazie, Capitan Ovvio!
“Sono d'accordo” lo appoggia Emmett, ancora in procinto di scoppiare a ridere.
Se solo Emmett sapesse come stanno davvero le cose, non riuscirebbero a farlo smettere di ridere nemmeno pestandolo a sangue.
Oh, cos’è oggi, il Giorno dell’Ironia?
“Suppongo che i piani rimangano gli stessi, comunque” dice Carlisle pensieroso. “Rimarremo, e guarderemo. Ovviamente, nessuno... farà del male alla ragazza.”
Vedo Edward irrigidirsi, senza guardare nessuno in particolare.
“No” dice calmo Jasper. “Non sono d'accordo. Se Alice vede solo due strade...”
“No!” esplode Edward in un ruggito sofferente. “No!”
A questo punto, forse preferirei che Jasper seguisse il suo piano iniziale.
Se si tratta di combattere, di difendersi da un attacco di vampiri, allora so come muovermi. Sono nel mio elemento.
Ma ora… questo… questa situazione…
È un casino!
È uno stramaledetto dannatissimo casino!
Io… non so cosa fare… non so… CHE COSA DEVO FARE?
Ho bisogno di muovermi.
Devo correre.
Scappare.
Fuggire il più lontano possibile da tutto questo.
Edward sembra pensare esattamente la stessa cosa, e ho voglia di ridere, piangere e urlare allo stesso tempo per questa sintonia che ironicamente ci lega.
Lui esce di casa, corre così veloce che gli occhi del falco riescono a malapena a coglierne il movimento. Salta il fiume e sparisce nella foresta.
Lui corre, veloce come io non potrò mai essere, e vorrei correre anche io, lasciarmi alle spalle questa sensazione opprimente di vuoto che minaccia di schiacciarmi, ma sono bloccata.
Il mio corpo non mi risponde.
Improvvisamente, mi rendo conto che sono scossa da un tremore convulso.
Mi mordo il labbro, forte, fino a sentire il sapore del sangue.
Sanguino, sono viva, sono umana.
Stai calma!
“Dove sta andando?” chiedo, la gola secca per la paura.
Non avrà intenzione di venirmi a cercare?!
In questo momento, non so cosa sarei capace di fare!
Sono talmente sconvolta che ho voglia sia di strozzarlo che di mettermi a piangere.
“È diretto ad est, raggiungerà i confini di Seattle”
“Va a caccia?”
“No… vuole solo correre, allontanarsi e pensare” mi rassicura Fas.
Inghiotto, cercando in me la forza per smettere di tremare.
Imponendomi di stare calma, libero lo smeriglio inviando un pensiero riconoscente, e abbandono la sua mente.
Sbatto le palpebre diverse volte, prima di rimettere a fuoco ciò che si trova realmente di fronte a me.
Ha ricominciato a piovere. Al riparo della tettoia di legno, non mi ero accorta di nulla.
“Bella…”
“Dammi un momento” gracchio seccamente e, senza una parola di più, chiudo la telefonata.
Lascio il telefono sullo scalino, all’asciutto, e con uno sforzo mi metto in piedi, aggrappandomi alla colonnina. Le gambe mi tremano, mi sento svuotata e allo stesso tempo percorsa da una scarica elettrica.
Muovo qualche passo, diretta verso gli alberi che circondano la radura, incurante della pioggia che lentamente mi inzuppa i vestiti e i capelli.
Giunta davanti ad un pino mi blocco, osservando le striature della corteccia scabrosa alla ricerca di un disegno, un profilo che sia vagamente umano. La mia mente deve essere davvero sottosopra perché, in un guizzo di immaginazione malata, vedo un intreccio di solchi che somiglia in modo allarmante al volto di Edward Cullen.
Il mio pugno si abbatte sul tronco prima ancora di formulare il pensiero cosciente.
Destro, sinistro, destro, sinistro, calcio.
Ancora.
Di nuovo.
Faccio qualche passo indietro, prendo la rincorsa e sferro un doppio calcio.
Scatto.
Gli alberi scorrono attorno a me.
Salto da una roccia all’altra, spicco un balzo e mi aggrappo ad un ramo. Mi dondolo, dandomi la spinta con le gambe e con gli addominali, compio due giri completi e mi stacco, passando ad un altro ramo, poi un altro, e un altro ancora, sempre più in alto.
Le mani fanno male, i polmoni bruciano, l’aria è fredda e la pioggia si è fatta più fitta e violenta.
Oscillo, ancora e ancora, poi mollo la presa, cadendo nel vuoto.
Per un istante, sospesa nell’aria, mi sento libera, leggera. Vorrei volare via.
Via da tutto.
Ma la vita non ti lascia scappare, ti illude e poi ti riagguanta, la stretta più ferrea e crudele, e io rotolo a terra, colpendo il suolo con violenza, senza nemmeno tentare di attutire l’impatto.
Rovino al suolo, rocce e radici mi colpiscono come una folla inferocita: la schiena, le costole, le gambe, i fianchi…
Quando smetto di cadere ho male dappertutto. Ma non è ancora abbastanza.
Cerco di sollevarmi, ma, quando sono quasi in piedi, le ginocchia cedono e collasso di nuovo a terra.
Ho bisogno di fare del male a qualcosa, a qualcuno. Comincio ad afferrare tutto ciò che mi capita a tiro e a scagliarlo lontano: sassi, erba, felci.
Percuoto il terreno come se fosse un tamburo, i pugni serrati all’inverosimile, seguendo quel ritmo caotico e belligerante che mi scuote l’anima.
Ho bisogno di urlare.
E urlo.
Urlo come credo di non aver mai fatto.
Sento la gola bruciare, scorticata dalla violenza della voce che mi esce come il ruggito di una bestia morente. Urlo con tutta me stessa, con tutto il fiato che ho, fino a sentire i polmoni completamente svuotati, fino a tremare per lo sforzo. Eppure non sento niente all’infuori del dolore e del sangue che mi pulsa nelle orecchie.
Tutto ciò che è successo nelle ultime settimane, negli ultimi mesi, mi è crollato addosso. Tutta la rabbia, il rancore, la paura, la solitudine…
Non mi sono mai sentita così schiacciata, così stupida, così impotente, così piccola.
Così sola.
Improvvisamente, le mie spalle sono troppo deboli per reggere tutto questo peso.
Perché?
Perché sono qui, da sola, ad affrontare tutto questo?
Nonna, perché non sei qui con me? Non sono pronta, non ce la faccio senza di te. Credevo che almeno avrei avuto Ary e Fas, ma loro… non sono qui.
Ho sbagliato tutto? Eppure non saprei tornare indietro e fare diversamente.
Cosa devo fare, nonna?
È una cosa più grande di me, non so come gestirla, eppure… non riesco a mollare. Non riesco a pensare di partire e lasciar perdere.
Non so se ormai tu possa partire.
Le parole di Alice mi risuonano nella mente. È questo che voleva dire?
Non si riferiva ad un impedimento fisico o dato da fattori esterni, ma da una sorta di blocco mentale? Il non riuscire nemmeno a pensare di partire senza sentirsi trascinare a terra da un profondo senso di vuoto, vergogna e smarrimento?
Anche Edward si sente così?
Perché? Non dovrebbe ancora essere innamorato di me, non ne ha motivo, e onestamente non vedo come potrebbe averne in futuro. E io? Perché mi sento così?
Lo so il perché: è una vigliaccata. Non è da me lasciarmi qualcosa di irrisolto alle spalle, e non voglio che se ne occupi un’altra cacciatrice. Soprattutto, non voglio che Elizabeth arrivi ai Cullen prima di aver scoperto tutto su di loro. Non so nemmeno io il vero perché, sono anomali certo, ma… li voglio capire.
E poi, dove dovrei andare? A Phoenix? Non c’è più nulla per me lì, solo Elizabeth che mi fiata sul collo e mi guarda come una bomba pronta ad esplodere. A Jaksonville? No, ho promesso a me stessa di stare lontano da mia madre, Phil e il bambino. Meritano molto di più di tutto questo. E Charlie? Come faccio a lasciarlo dopo così poco tempo, senza distruggerlo?
Non voglio andarmene, ma… non voglio nemmeno morire.
Sbatto le palpebre. Le lacrime scorrono bollenti sul mio viso congelato dalla pioggia.
Abbasso gli occhi sulle mie mani, scorticate dalla corteccia, ricoperte di terra, ghiaia, erba, schegge di legno e sangue.
Le braccia, i pantaloni, la maglia, sono completamente ricoperti di terra e sangue.
Sangue.
Il mio sangue… una lama a doppio taglio
Una scintilla di comprensione balena nella mia mente e, all’improvviso, tutto si fa più chiaro, più calmo.
Inspiro profondamente, tranquillizzandomi, mentre il cuore rallenta il suo galoppo disperato e il tremore abbandona le mie membra. Pian piano, riprendo il controllo del mio corpo, e coscienza dei danni che mi sono procurata nella mia scenata isterica.
Con cautela, cerco qualche appiglio per rimettermi in piedi. Le ginocchia sono ancora un po’ ballerine e tento qualche timido passo, come se stessi tastando il terreno, per riprendere sicurezza nella mia stabilità. Lentamente, appoggiandomi di tanto in tanto agli alberi, mi incammino di nuovo verso la casa nella radura.
Non sono andata molto lontano.
Quando arrivo al limitare del bosco, ho ripreso completamente controllo del mio equilibrio. Avanzo nello spiazzo, in mezzo all’erba alta e, a pochi metri dalla veranda, mi fermo.
Rimango così, col viso e i palmi aperti rivolti al cielo piangente. In questi otto giorni mi sono quasi abituata al clima di Forks: respiro normalmente, non mi sento girare la testa ogni volta che esco all’aperto… Certo, non è tutto rose e fiori, ma va meglio. Ma non mi ero ancora soffermata sulla pioggia vera e propria, non ero mai rimasta così, inerme e tranquilla, a lasciarmi investire.
Dio, è nella pioggia11.
La nonna lo diceva sempre; lo ripeteva ogni volta che pioveva, o che io mi lamentavo per la pioggia, specie quando doveva andare da Charlie per l’estate. Strano, perché non sono nemmeno sicura se fosse credente o no, né a quale religione, nel caso. Faccio fatica a pensarla inserita in un contesto religioso. Non era tipo da lasciarsi inquadrare in questo modo, l’avrebbe trovato limitante. Ho sempre pensato che il suo credo non si potesse celebrare che con un’arma in mano. Diceva sempre che essere una Cacciatrice ti prende anima e corpo, è uno stile di vita, ti accompagna fino alla tomba. Lo spazio rimanente è davvero poco. E poi, se il nostro uccidere i vampiri è un atto di fede, a quale dio lo offriamo?
Ora, sotto questo scrosciante pianto del cielo, capisco cosa voleva dire. La pioggia può essere lieve o violenta, sottile o grossolana, ma, una volta che ti è addosso, scorre carezzevole sulla pelle, lavando via tutto. Porta via lo sporco, le lacrime, la tensione, i pensieri. La pioggia t’inzuppa i capelli, s’impiglia tra le ciglia, scivola nelle orecchie e s’infiltra sotto i vestiti. Intride tutto di un odore più fresco, vibrante, e tutti i profumi s’intensificano. Perfino il suono, dal picchiettare allegro sulle tegole, al gorgoglio prodotto dai rivoli che scendono dalle grondaie, è talmente vario e denso di sfumature da catturare completamente la mia attenzione. La pioggia è qualcosa di totalizzante, non lascia spazio per nient’altro, nel bene e nel male. Tutto sta nel come l’accogli. Io l’ho sempre percepita come un nemico, un ostacolo; non avevo mai considerato che potesse essere un’alleata, una panacea per il corpo e lo spirito.  
La pioggia lava via tutto il resto, ti riempie. E se sono colma di pioggia, almeno per qualche secondo, sono libera, e in pace. Quindi, se è questo che le persone intendono per “trovare un contatto con Dio”, allora sì, Dio è nella pioggia.
Riapro gli occhi. Le mie mani sono quasi pulite, la pelle si sta riformando sulle ferite aperte e il dolore va scemando sempre più.
Mi riavvicino alla veranda.
Il telefono inizia a vibrare nel momento stesso in cui lo prendo in mano.
“Non te ne vai”.
La voce di Fas risuona tristemente rassegnata nelle mie orecchie.
“Non ho motivi abbastanza validi per andarmene” rispondo io laconicamente, apatica, mentre estraggo la chiave nascosta sotto un’assicella scorrevole del pavimento.
“Rimanere in vita e umana mi sembra un motivo più che valido” mi rimbecca astiosa Fas, strillando nel microfono.
Sospiro pesantemente, scrollando le spalle, “Non ho un posto dove andare”.
“Puoi venire da me, o da Ary!” Ovvio.
La serratura s’inceppa, ruggine e disuso non hanno giovato.
“Bella!”
“Non voglio andarmene” ammetto, sapendo che fingere con lei non è giusto e non mi porterà da nessuna parte. “Non riesco a… rinunciare. Non so come fare a superare questa cosa, io… ho bisogno di restare. Devo capire”. Perfino mentre le dico mi rendo conto di quanto siano illogiche le mie parole. Testarda.
“Sei la solita testona!”
Mi manchi così tanto, sorella mia.
“Lo capisci che potresti morire? Come puoi fare questo a noi, ai tuoi, a Marie, ai clan… a te stessa?” grida, ormai alle lacrime.
La porta cede. Entro nella penombra immobile della casa, l’odore familiare di lavanda e polvere mi penetra nei polmoni.
“Ne ho bisogno, Fas”, ti prego, capiscimi, come hai sempre fatto. “Sento che devo farlo, per noi, per la nonna, per i clan, e per me stessa. Non riesco… non riesco nemmeno a… pensare di andarmene. Lo so che è assurdo, hai ragione, lo so, ma, davvero, ho bisogno di capire. Se la scelta dovesse essere uccidere, morire o essere trasformata, è chiaro che li ucciderei. Ma prima voglio fare un tentativo, se non altro per il caso di Alice. Lo sai anche tu quanto cambierebbe le cose se...”
“Non fingere di farlo per me, Bells. Ti conosco troppo bene e da troppo tempo. Sei una maledetta testona, ficcanaso e incosciente; purtroppo hai anche un dannatissimo sesto senso, che spesso ti da ragione, ma temo che questa volta tu stia facendo un passo troppo più lungo della gamba”.
“D’accordo. Forse, ma non cambio idea” esclamo mentre mi sfilo di dosso i vestiti bagnati. Perfino le calze e le scarpe sono zuppe.
“Ora ti faccio una domanda Bells, e voglio che tu sia sincera” dice, e me la immagino mentre mi scruta coi suoi occhi verdi e penetranti. “Sei veramente sicura che saresti in grado di ucciderli, a questo punto?”
Penso ad Alice, al suo viso da folletto e alla sua voce trillante, al suo modo saltellante di camminare e a quanto mi ricordi Fas. Penso ad Edward, alla sua espressione sofferente, poi curiosa, al suo tentativo di non inspirare il mio odore per impedirsi di attaccarmi, al modo in cui mi ha salvato, così impulsivo e illogico; l’ammirevole autocontrollo di Carlisle, i gesti protettivi e materni di Esme, la risata di Emmett…
L’idea di farli a pezzi e darli in pasto alle fiamme non mi esalta. Non mi rende nemmeno del tutto triste, ecco, ma non mi procura sollievo o eccitazione, come alla fine di qualsiasi caccia. Mi delude, ecco, mi lascia insoddisfatta e… vuota. Non voglio rinunciare all’occasione di conoscere e capire queste strane creature, e non riesco a pensare ad un obbiettivo che vada oltre la loro morte.
“Sì” esclamo atona, “ma, per il momento, preferirei evitarlo. Inoltre, dubito che da sola riuscirei ad eliminarli tutti. Se ne facessi fuori uno, gli altri mi verrebbero addosso, e poi alle altre toccherebbe mettere una pezza al tutto. Idem se loro, o meglio, se lui mi facesse fuori per primo. In ogni caso, se uno dei due muore è guerra, giusto?! Dell’opzione trasformazione non voglio nemmeno parlarne… non ne ho la forza in questo momento. Comunque, tu hai parlato di possibilità, giusto?”
“Bella…” sospira Fas, esitando, come se volesse dirmi qualcosa.
 “Giusto?” insisto, sperando che la mia volontà di restare umana e in vita possa aiutarla a vedere più chiaramente; sperando che, in qualche misura, il mio futuro dipenda ancora da me. Spalanco le ante dell’armadio nell’ingresso, che cigolano laconicamente. L’odore di polvere e lavanda si fa più intenso.
“Sì, ma… è rischioso. È un confine molto sottile, tutto si basa sul suo autocontrollo. E diciamoci la verità: tu provi un gusto sadico nel portare le persone al limite della sopportazione!”
“È un’arte! E poi, scusa, Alice ha detto che l’unica cosa in cui è una frana è starmi lontano. Sta tranquilla che io ho un sano amore per il mio spazio personale” esclamo stizzita, metto in viva voce e appoggio il telefono per terra mentre, con gesti pratici e veloci, finisco di liberarmi dei vestiti fradici ed estraggo una delle vecchie coperte ripiegate all’interno dell’armadio.
“Bella, lo capisci che se s’innamora di te…”
“Pff! Amore! Vorrei proprio capire come!” sbuffo, avvolgendomi stretta nella trapunta patchwork e recupero il telefono. “Senti, Fas, parliamoci chiaro, lui non può innamorarsi di me! Tutt’al più penserà di essersi innamorato dell’altra Bella, e poi qui l’amore non c’entra nulla. Abbiamo a che fare con un vampiro che si nutre di sangue animale e che ha un gravissimo complesso da principe azzurro” dico alzando gli occhi al cielo. Vado alle finestre per aprire le imposte e far entrare un po’ di luce, che entra malaticcia e tenue in questo regno di polvere. Finalmente posso chiudere la porta con un calcio, interrompendo la corrente fredda che mi gela la nuca. “Pensaci: un bel giorno arriva una ragazza con un profumo strepitoso, irresistibile, che mette a rischio la sua mascherata tra gli umani perché gli scatena naturali istinti omicidi. Scappa, poi torna, evidentemente deciso a far violenza su sé stesso pur di non attaccarla e continuare a comportarsi come un umano” elenco con calma mentre spazio con lo sguardo sull’ambiente a me familiare: il salotto, la piccola cucina, il corridoio che porta alla zona notte... È tutto come l’avevo lasciato, ovviamente. Marcio verso il divano, coperto con un vecchio lenzuolo celeste, che mi affretto a rimuovere, per poi lasciarmi crollare sui cuscini blu. “La ragazza rischia di morire” continuo, sistemandomi meglio addosso la coperta, “per lui sarebbe la soluzione ad ogni problema, e invece la salva, contro ogni logica, rischiando di smascherarsi e lasciandole intuire la sua reale natura. La sua famiglia vorrebbe eliminare la ragazza, diventata un pericolo, ma lui non vuole. Quale modo migliore di convincere sé stesso e gli altri che sarebbe un errore ucciderla, per preservare la loro parvenza di umanità e, allo stesso tempo, giustificare l’irrefrenabile e oscura ossessione che lo attrae verso di lei, se non innamorandosene?”
Sospiro, lasciando che la pausa ad effetto penetri in profondità. “Un amore tragico e sofferente, impossibile, che diventa un ottimo deterrente per lui e per gli altri, ma in realtà è semplice e classica sete, provocata dal sangue straordinariamente invitante e succulento di una Cacciatrice che, per colmo della sfiga, ha un effetto ancora maggiore su questo particolare vampiro. Arriverà un momento in cui Edward, per sentirsi meno bestia, idealizzerà l’attrazione che prova per me e la sublimerà, raccontando a sé stesso la favola del vampiro innamorato. Punto!”
Ecco la mia illuminazione, la presa di coscienza che mi salva dall’isteria, ed intendo aggrapparmici con le unghie e con i denti.
“Fine psicologa…”
“Hai una spiegazione migliore?”
“No, anche perché non vedo come potrebbe innamorarsi di te, se sarai acida e stronza con lui anche solo la metà di come sei di solito. Ah, no, aspetta, l’altra Bella ha la spina dorsale di una medusa!”
“Ed è saporita come un cavolfiore. Andiamo, va bene che è strano e che i gusti son gusti, ma…” ridacchio, felice di aver ritrovato un minimo di positività. “Bella” sospira Fas, il tono sconsolato che s’infiltra nella sua voce e uccide, spietato, la risata neonata, “Io non so come sia possibile, ma quello che vedo io, nel tuo futuro, è un vampiro innamorato”
“Ossessionato, prego!”
“Come ti pare. Il punto è che non è sano, per nessuno dei due, specialmente per te!”
Polemica, agguerrita, preoccupata. Come quando le ho detto che mi sarei trasferita a Forks.
“Senti, io non ho nessuna intenzione di lasciarci le penne, e l’idea di diventare un blocco di marmo non mi esalta, perciò farò in modo di rimanere umana. La visione include questa possibilità, no?! Bene, quindi diventerò amica di Alice, in qualche modo gestirò la questione di Edward, tu avrai la tua corona, i clan delle informazioni utili, e il mio cuore continuerà a battere. Lo prometto!”
Ogni promessa è debito. Sai che ti puoi fidare, non ho mai mancato alla parola data, Fas.
“Prometti anche” sospira lei dopo un momento di silenzio, scandisce lentamente le parole, per essere sicura che io percepisca pienamente il peso delle sue emozioni e di ciò che mi sta chiedendo, “che se le cose si mettessero male, farai di tutto per andartene via da lì in tempo per evitare lo scontro?”
La risposta mi si blocca in gola, un respiro strozzato lascia le mie labbra mentre vago con lo sguardo oltre il vetro della finestra. So cosa dovrei rispondere, ma, per qualche illogico e oscuro motivo, esito. Non è che voglia arrivare allo scontro, piuttosto non sono completamente certa di riuscire ad essere abbastanza onesta con me stessa da saper riconoscere quando sarà opportuno battere in ritirata. Il mio istinto di autoconservazione ha dimostrato di avere qualche avaria, ultimamente. Che sia una conseguenza dell’averlo forzatamente represso troppe volte per poter arrivare alle mie prede?
Il cielo grigio incombe sulla radura, le nuvole sono basse tra le montagne e a questa altitudine sembra quasi di poter arrivare a toccarle. La cortina di pioggia è meno fitta però, il vento ha cambiato direzione, ora spira da est, le cime dei pini e le onde d’erba alta si piegano al suo passaggio. Forse ha sfiorato i tetti di Parigi ed ha volato tra i grattacieli di New York, giorni fa’, raccogliendo un po’ di determinazione dalle mie sorelle e portandola fino a me, qui, sperduta tra montagne e foreste, e ora mi restituisce la voce. “Sì” esclamo, osservando il movimento di una goccia di pioggia che scivola lungo il vetro, e mentre pronuncio quella singola sillaba mi sento cadere, come quella goccia. “Sì” ripeto, con più fermezza, la sensazione di scivolare lungo un vetro senza appigli si intensifica, “lo prometto”.
Mi sento una bugiarda.
Ogni promessa è debito, certo, ma questa è la prima volta che non sono completamente sicura di riuscire a mantenerla.




 
***



Un lampo squarcia l’oscurità della stanza.
Milleuno… Milledue… Milletre...
Il tuono rimbomba e la tapparella vibra.
Fantastico, la conclusione perfetta di questa giornata orribile.
Un crescendo di ticchettii contro il vetro annuncia l’inizio del temporale.
Sospiro, chiudo gli occhi massaggiandomi le tempie. Ho un terribile mal di testa, ho sonno, e il mio stomaco brontola.
Dov’è finito Andrew con quel panino? Ha detto che tornava subito…
Un altro tuono scuote il cielo e io ho la forte sensazione di aver messo la testa dentro la grancassa di un batterista metal.
“Era una notte buia e tempestosa…”
“Molto spiritoso, Fas, davvero!” mugugno stropicciandomi gli occhi. Quando li riapro, la rossa è riapparsa sul monitor, seduta alla sua scrivania. Anche nella sua stanza incombe il buio notturno, solo la luce giallastra della sua lampada da scrittoio dissipa l’oscurità, gettandole sul viso strane ombre da cui emergono, inquietanti, le sue iridi verdi.
Inspiro profondamente dal naso e tamburello con le unghie sulla scrivania. “Quindi?”
Fas distoglie lo sguardo dallo schermo e scrolla le spalle, “Quindi niente. Lo sai come è fatta.”
“Non ha intenzione di andarsene.”
Ho una strana sensazione di amaro che mi impasta la lingua e la voglia di tirare una sberla a qualcuno. Perché non capisce? Perché non cerca di semplificare le cose?!
Il silenzio di Fas mi basta come conferma, Bella non mollerà quest’osso. Temevo che sarebbe andata così, ma speravo che, lasciandole parlare tra loro, Fas sarebbe riuscita a farla ragionare. Mi sono imposta di non sorvegliarle, ma mi chiedo se lei abbia fatto tutto il possibile per convincerla. È vero che hanno un modo di comunicare tutto loro, ma…
“Ha promesso che, se dovesse diventare troppo pericoloso, se ne andrà” mormora, lo sguardo perso nel vuoto. Non come se stesse avendo una visione, semplicemente come se fosse troppo stanca per mettere a fuoco qualcosa.
“Più pericoloso di così?” chiedo aspramente. Un vampiro innamorato… Come fa Bella ad attirare sempre le peggiori disgrazie su di sé? Come si può essere così sfigati nella vita e avere anche la testardaggine di andare a istigare la sfortuna che ti perseguita?
“Lo so…” sospira Fas, poi torna a guardare lo schermo, sbirciando verso di me, “però devo ammettere che la situazione è interessante. Sì, insomma, è assurdo, rischioso, però sono curiosa.”
Curiosa?” ribatto incredula.
“Perché, tu no?” chiede, guardandomi con una punta di divertimento. “Non ti sembra curioso che, dopo generazioni di Regine che hanno battuto in ritirata, capiti un’occasione del genere, proprio ora che tocca a noi?”
“Elizabeth è ancora al comando, tu non hai il pieno controllo dei tuoi poteri e Bella preferisce fare il lupo solitario piuttosto che guadagnarsi il benestare di Elizabeth. Siamo molto lontane da…”
“Lo sai cosa intendo” interrompe Fas, gli occhi che brillano come quelli di un gatto nell’oscurità della sua stanza.
Scrollo le spalle e distolgo lo sguardo, puntandolo sulla finestra, dove le gocce di pioggia scivolano lungo il vetro. “Lo so, Fas. Vedo anche io quello che vedete tu e Bella, ma non sono certa che Marie avrebbe approvato una linea così rischiosa.”
“Il rischio è insito in quello che facciamo! Ce l’ha insegnato lei. E poi cosa credi? Che ci capiteranno occasioni meno rischiose di questa? Perché la cosa incredibile, qui, è che è capitato. Magari troppo presto, sicuramente prima di quanto potessimo immaginare, ma una chance così unica non l’avremo mai più, nemmeno andandocela a cercare” esclama Fas, la mascella contratta in un’espressione cocciuta che la fa somigliare molto a Bella.
Ci risiamo, lo sapevo che a lasciarle fare da sole finiva così: alla fine, per quanto possano urlarsi contro e beccarsi, si sintonizzano e si fanno trasportare, e a me tocca fare la parte della bacchettona. Se Elizabeth sperava che bastasse un oceano a ridurre l’effetto che hanno l’una sull’altra, ha fatto un buco nell’acqua clamoroso. Marie ha fatto bene i suoi conti…
Deglutisco faticosamente, mandando giù quel groppo in gola che mi prende sempre in questi momenti, quando il peso di quei cinque anni in cui sono cresciute insieme, senza di me, si fa sentire.
“Fas, credimi, lo so, capisco cosa vuoi dire, e probabilmente hai ragione. Ma è troppo presto, non siamo pronte. Bella non è pronta! E noi siamo troppo lontane da lei. Anzi, temo che questo sia uno dei motivi del suo intestardirsi ulteriormente sulla faccenda. Mi preoccupa, Fas! Non puoi non vedere che qualcosa non va in lei, non è completamente in sé. Non sono disposta a rischiare sulla sua pelle.”
Fas mi guarda, indecisa, mordicchiandosi il labbro. “D’accordo. Probabilmente hai ragione, né lei né noi siamo nelle condizioni ottimali per affrontare la cosa, ma… che cosa pensi che possiamo fare? Lo sai che se insistessimo, peggioreremmo solo le cose. Inoltre… Sì, Bella ha qualcosa che non va, è vero, ma proprio per questo ha bisogno che le stiamo vicine, dobbiamo sostenerla…” sospira, la tristezza e il senso di colpa che le incrinano la voce.
Mi si stringe il cuore a vederla così, sia lei che Bella. Le mie sorelline… le mie pazze, forti, impavide e incoscienti guerriere. Vorrei tanto poterle abbracciare, averle qui con me, al sicuro e vicine.
Tutte e tre di nuovo insieme, unite e indistruttibili. Ma ora, con tante miglia a separarci, siamo come bambole rotte. E posso sentire il senso di colpa e l’accusa, il senso di abbandono e tradimento riempire come gas velenoso i chilometri che ci dividono. Mi chiedo se riusciremo a superarlo, se non mi sia illusa, finora, che questa fase delle nostre vite fosse un dolore momentaneo, addirittura necessario, che potesse farci bene e che, a dispetto degli intenti di Elizabeth, potesse rinsaldare il nostro legame.
Sospiro e scuoto lentamente la testa. “Faremo come dici tu” mormoro, tornando a cercare il suo sguardo sullo schermo, “la sosterremo, le guarderemo le spalle e il fianco, come sempre, e la riporteremo a casa.”
Fas mi guarda e stiracchia un sorriso, non il suo solito ghigno, ma il sorriso timido e dolce da bambina spezzata che le sfiora le labbra quando ha paura ma si sente confortata dall’avere me e Bella. Quel sorriso malinconico e inquieto che ha ogni volta che vede la neve.
“A-ary…” mormora, ed ecco la leggera balbuzie che accompagna sempre quel raro sorriso. La tenerezza mi punge gli occhi e il cuore, sento il bisogno di abbracciarla. “P-pensa-vo c-che… ec-c-co… f-forse se di-dices-simo a B-bella…”
Si ferma, chiude gli occhi e inspira profondamente per calmarsi. Odia balbettare. Dopo qualche secondo riprende con più convinzione, “I-io mi sento in c-colpa a-a non dirle t-tutto. N-non voglio avere se-segreti con lei, con nes-suna di voi, lo sai. In questo mo-momento, poi, mi sembra an-ancora di più un tr-tradimento.”
Sbarro gli occhi, raggelata al solo pensiero. “No! Fas, assolutamente no, non puoi! Non possiamo! Se sapesse che nella visione c’era altro… E poi, non sappiamo che cosa vuol dire quello che hai visto. Hai detto che è stato solo per un secondo!”
“Sì, è un flash, ma è ricorrente! Non è stato un momento isolato, ogni volta che mi riconcentro sulla visione, quello riappare. Non sappiamo cosa vuol dire, ma Bella ha il diritto di sapere la verità. Stiamo parlando della sua vita, del suo futuro. E poi siamo sempre state unite, dalla stessa parte, non possiamo escluderla…” esclama con voce accorata, parlando velocemente.
“Non è questione di escluderla, ma di proteggerla! Andiamo, Fas! Già così la situazione è complicata, se poi sapesse che c’è qualcos’altro… non se ne andrebbe mai da lì. Nemmeno se questo dovesse costarle caro. Vuoi davvero rischiare di perderla, piuttosto che tenerle nascosta una parte di verità per un po’?!”
Mi viene da piangere, per Bella, per Fas, per tutte e tre, e per il mal di testa. Sento che ho gli occhi lucidi, ma ingoio le lacrime.
Fas mi guarda, è molto seria, ogni traccia di sorriso è svanita dal suo viso pallido e sottile.
“Mentirle… nasconderle le cose con la giustificazione che è per proteggerla… sembra qualcosa che farebbe Elizabeth” dice lentamente, anche se ha parlato con calma, senza infondere accusa nel suo tono di voce, ogni parola è come un pugno nello stomaco.
“Elizabeth fa… fa quello che fa, ma non vuole fare del male a nessuno, vuole davvero proteggerci tutti. La differenza, qui, sta nel fatto che noi vogliamo veramente bene a Bella, non ci facciamo influenzare da pregiudizi, risentimenti o paure. La stiamo proteggendo perché le vogliamo bene, la vogliamo tenere al sicuro” mormoro, non oso parlare più forte, ho troppa paura che la voce mi si spezzi in gola. Lo so che non l’ha detto per ferirmi, ma fa male lo stesso.
Io non sono come Elizabeth.
Sostengo lo sguardo di Fas attraverso lo schermo, come se fosse realmente nella stanza, e il buio che regna da entrambe le parti fomenta l’illusione che sia qui, con me, a scrutarmi con quegli occhi verdi ed ipnotici. Così, nel silenzio e nel buio, con luce e ombra che giocano sul suo viso e coi riflessi rossi dei suoi capelli, Fas sembra nel suo elemento e appare per quello che è: una strega.
La luce bianca e improvvisa di un lampo illumina a giorno la mia stanza per un istante, abbacinandomi, e l’incantesimo che tiene incatenati i nostri occhi si spezza.
La rossa, seduta nella semioscurità della sua tranquilla stanza parigina, sospira e scuote la testa, rassegnata. “Lo sai che potrebbe arrivare ad odiarti, vero?”
Odiarmi, certo. Bella si arrabbierebbe molto con Fas, le urlerebbe contro, lotterebbe con lei fino a far scorrere il sangue di entrambe e riducendo tutte e due a dei sacchi di patate ansanti ed esausti distesi a terra. Ma finirebbe lì. Passata la furia, capirebbe. Ritroverebbe con lei quella sintonia, quella perfetta armonia per cui, anche quando sono in disaccordo, riescono a capire quello che prova l’altra, ciò di cui ha bisogno l’altra, ed agiscono di conseguenza. Ma io, pur con tutto il mio affetto e la mia premura, resto quella che non capisce, quella che si oppone perché ho ragione e non sono disposta a cedere, anche se le voglio bene. Anzi, proprio perché le voglio bene.
Già non mi perdona di essere venuta qui, a New York. Penserà che sono come Elizabeth, che l’ho tradita di nuovo, che ho agito alle sue spalle, che ho costretto Fas a mentirle, che l’ho messa contro di lei. Non importerà che l’abbia fatto per lei, perché le voglio bene, perché voglio proteggerla. Io sarò la traditrice. È me che odierà.
Un dolore sordo, al centro del petto, mi toglie il respiro. Non riesco a trattenere le lacrime, una sfugge dalle ciglia e mi scende calda lungo la guancia.
Tiro rumorosamente su col naso e stiracchio un sorriso amaro, “Lo so.”
Deglutisco, inghiottendo dolore e senso di colpa. “Che sia” esclamo, asciugandomi la guancia con un gesto rabbioso e risoluto della mano, “preferisco farmi odiare e passare tutta la vita a farmi perdonare da lei, piuttosto che darle un motivo in più per mettersi in pericolo e rischiare di perderla.”





 
 

Note d'autore:

1- "A onta della sua radicata antipatia, Elizabeth non poteva rimanere indifferente all'omaggio che l'affetto di un tale uomo significava, e sebbene le sue intenzioni non variassero un istante, sulle prime ella si dolse della pena che stava per infliggergli; finché, spinta al risentimento dal progredire del discorso di lui, tutta la sua compazzione si traformò in ira." Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio. Al di là del fatto che la Meyer ha espressamente detto che Twilight si è ispirato al romanzo della Austen, io amo "Orgoglio e Pregiudizio", lo adoro, e scrivendo questo capitolo avevo in mente in parallelo proprio questo momento del libro :D
2- “L'impalamento era un antico metodo di messa a morte di una persona tramite tortura, consistente nell'infilzare il condannato con un palo di legno, per poi sollevarlo in posizione verticale fissando il palo nel terreno. Affinché entrasse con facilità nel corpo del condannato, la punta veniva spalmata di olio o miele, il punto di entrata poteva essere l'ano, la vagina oppure una parte bassa dell'addome, il punto di uscita poteva essere la bocca o una scapola. Se non venivano lesi organi vitali, il supplizio poteva protrarsi per molti giorni, prima della morte.[…] L'impalamento, introdotto dai tartari e dai turchi, era largamente praticato da tutti i principi rumeni in alternativa al taglio della testa, privilegio tradizionalmente riservato ai boiardi, e all'impiccagione con cui di solito si punivano i borghesi” (fonte Wikipedia, Impalamento). Era una minaccia scherzosa che faceva sempre mio padre, a me e mio fratello, quando anni fa trasformavamo le cene in incontri di lotta libera, al’epoca non avevo idea di cosa intendesse, tant’è che pensavo che c’entrasse qualcosa la turca/toilet O.o potete immaginare la mia confusione a riguardo. Una volta scoperto in cosa consistesse, lontano dal rimanerne traumatizzata, mi ha colpito per l’originalità della minaccia, trovandola pittoresca, e quindi ho deciso di regalarla ad Ary. Sì, ho dei problemi! -____-
3- Allora, per chi non sapesse come ridono questi personaggi dei cartoni, vi metto il link sia per Spongebob che per Anacleto. Al posto di Spongebob avrei voluto mettere la risata di mia sorella, che è ancora più demenziale e non si riesce a non ridere guardandola, ma poi mi avrebbe ucciso nel sonno, quindi mi sono dovuta adattare ;)
4- Io non faccio ginnastica, parkour, freerunning o qualsiasi altra cosa del genere, sono l’antisport, la mia agilità è pari a quella di un ciocco di legno, ma ammiro tantissimo chi riesce a fare queste acrobazie, e vista la vita che fa Bella, mi sembra il minimo che lei le sappia fare. Un back flip è praticamente un salto mortale all’indietro. Da quel che ho visto, non si fa partendo e atterrando da un punto più basso ad uno più alto, perché è impossibile darsi una spinta in alto sufficiente, ma considerando che i Cacciatori sono dotati di una forza superiore a quella di un umano, sebbene comunque inferiore a quelle di un vampiro, Bella sarebbe stata in grado di farlo.
5- Con questo intendo che agisce in modo analogo al principio di indeterminazione: il semplice fatto di vedere il futuro crea delle alterazioni in ciò che potrebbe accadere; purtroppo non studio fisica, l’argomento mi affascina ma arrivo a comprendere i concetti solo entro certi limiti, purtroppo per me la meccanica quantistica resta una nube indistinta ;)
6- Shuriken , alternativamente shiriken nel dialetto della capitale, è una parola giapponese che indica dardi di varie dimensioni e fogge. Sono […]dardi a forma di croce (jūjiken) o di stella con svariati numeri di punte, a volte più precisamente denominati shaken (lame rotanti), scagliati manualmente imprimendo al proiettile un moto rotatorio. Questa seconda categoria è più nota in italiano col termine di "stelleninja". L'arte marziale che ne tramanda le tecniche d'uso è nota come Shurikenjutsu. (fonte Wikipedia, Shuriken)
7- La Meyer è simpatica perché non ti mette un orario manco a morire, il che mi ha costretto, sia per amore di canon che di coerenza (e perché sono pazza e mi blocco su queste cose) ad andare a vedere la tabella oraria delle lezioni sul sito della Forks High School  >___<
… l’ho appena detto a mia sorella, mi ha guardata allucinata e se ne è andata… non giudicatemi!!! T-T
8- Lo smeriglio (Falco columbarius Linnaeus, 1758) è un uccello falconiforme della famiglia dei Falconidi. Questa piccola specie di falco dell'emisfero boreale, nota colloquialmente in Nordamerica come pigeon hawk («falco colomba»), nidifica nelle regioni olartiche settentrionali; alcuni esemplari migrano in inverno verso le regioni subtropicali e quelle tropicali più settentrionali.

9- E qui la Disney regala!!!
10- “È possibile che un vampiro cada in stato di shock?” (cit. Breaking dawn, cap. 7) Non mi diverto neanche un po’ a fare queste cose, proprio no xP
11- “Dio è nella pioggia” è una battuta presa dal film V per Vendetta, inserita nel monologo che, a parer mio, è il più poetico e bello del film: la lettera di Valerie. Io lo adoro, se non avete mai visto questo film, guardatelo, perché è meraviglioso, ogni dialogo è un capolavoro, ci sono monologhi di una forza comunicativa incredibile, per non parlare della recitazione, della trama in sé… insomma, sbavo!



 
   
 
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