Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Laylath    11/01/2014    5 recensioni
Le falene seguono l’istinto, si avvicinano troppo alla luce, le loro ali bruciano e così muoiono.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji, Zoe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Falena
 


Terribile imprudenza.
Due parole che tutti quanti le avevano ripetuto decine, se non centinaia, di volte da quando era entrata nella Legione Esplorativa. Molto probabilmente avevano ragione: del resto in un corpo con una percentuale di decessi così alta era necessario dosare meticolosamente tutti i fattori di rischio. Le imprudenze gratuite come le sue erano decisamente da evitare.
Ma Hanji si era sempre fatta beffe di quegli avvertimenti, come una bambina che proprio non ce la fa ad obbedire ai consigli dei genitori, troppo attratta all’idea di fare quei giochi spericolati. Ed i suoi balocchi pericolosi si chiamavano titani: nella peggiore delle ipotesi l’avrebbero mangiata.
Aveva evitato per un pelo le loro fameliche bocche innumerevoli volte, spesso spinta indietro da qualche componente della sua squadra. Tutto perché durante i suoi esperimenti e le sue ricerche non poteva fare a meno di avvicinarsi il più possibile a quelle creature, affascinata proprio come una falena lo è dalla luce di una candela.
Ma se questi erano problemi che in genere rimanevano interni alla sua personale squadra di ricerca, c’era un’imprudenza che tutti, persino Erwin, le rimproveravano sempre: la sua smania di lanciare il cavallo al galoppo non appena avvistava un titano solitario. Senza aspettare che gli altri si organizzassero in qualche manovra, non lasciando a nessuno il tempo di correrle dietro… perché comunque è da folli andare incontro alla morte in quel modo e chiunque ci penserebbe due volte.
Ma ad Hanji questo non  importava: quando l’esaltazione si impossessava di lei tutto il resto spariva.
Spronava il suo destriero al galoppo, spavalda giocatrice di una partita che ogni volta era sicura di vincere, aggiungendo sempre maggiori tasselli alla sua conoscenza di quelle enigmatiche creature.
 
Le falene seguono l’istinto, si avvicinano troppo alla luce, le loro ali bruciano e così muoiono.
Quella semplice frase, letta in un libro di scienze quando era ancora piccola, le tornò curiosamente alla mente. Adesso capiva di essere stata solo una stupida falena: aveva pensato di essere intelligente ed invece aveva solo seguito il suo imprudente istinto ed ora si era bruciata le ali.
Classe dieci metri, maschio: nessuna traccia di anomalia.
Semplicemente quel titano era la candela a cui si era avvicinata troppo.
Era solo in mezzo alla boscaglia e non si era comportato diversamente da qualsiasi altro esemplare di quel tipo: Hanji proprio non riusciva a capire come potesse essere successo. Socchiudendo gli occhi per far fronte al dolore tremendo che le pervadeva tutto il corpo, ricordò solo che stava volteggiando da un tronco all’altro per confondere il suo avversario ed un attimo dopo un lampo accecante e doloroso le era esploso in testa, seguito da una scarica elettrica lungo tutta la schiena che le aveva mozzato il respiro per dieci, interminabili, secondi.
Distanze calcolate male di qualche decimo? Velocità troppo lenta del meccanismo di manovra tridimensionale? Errore suo? Chi poteva dirlo… sapeva solo che il sangue che le usciva dalle labbra non era niente di buono e che per la caduta che aveva fatto, considerata anche la manata del titano, era un miracolo che fosse ancora cosciente e viva... per poter vedere la creatura che si avvicinava a lei col chiaro intento di mangiarla.
Chissà come ti avrei potuto chiamare…
Un ultimo pensiero veramente sciocco da parte di chi sta per morire. Chiuse gli occhi stancamente, accorgendosi che la vista era sfocata nonostante gli occhiali fossero ancora, miracolosamente, integri.
Quanto sarebbe durata? Attimi? Minuti?
Faceva più male di quanto ne provava adesso?
 
Fu un sibilo e poi il rumore familiare degli arpioni che perforavano la pelle del gigante. Due secondi e poi l’altrettanto familiare rumore di due lame che roteavano a velocità assurda per qualsiasi soldato della Legione Esplorativa, eccetto uno. Un lamento disumano del gigante e poi Hanji sentì il terreno che vibrava per la caduta di quel corpo di dieci metri, ormai morto.
Levi…
Non disse quel nome e non aprì gli occhi: sapeva benissimo che era lui.
L’unico che non esitasse ad inseguirla nelle sue sconsiderate corse verso i giganti, pronto a tirarla lontano dalla fiamma quando si avvicinava troppo. Ma questa era arrivato troppo tardi.
“Ohi, Hanji!”
La sua voce, in genere così fredda e controllata, o spesso irritata, era invece carica di preoccupazione. Diverse volte le sue braccia l’avevano afferrata con rudezza ed esasperazione, ma questa volta le sollevarono il busto con una gentilezza estrema, tanto che Hanji aprì debolmente gli occhi per accertarsi che il suo salvatore fosse davvero Levi.
“Ehi…” riuscì a mormorare vedendolo.
I suoi contorni erano leggermente sfocati, ma la mente di Hanji fu rapida a sovrapporre l’immagine nitida del suo compagno. Mentre la mano destra la sorreggeva in quella posizione semisdraiata, la sinistra di Levi tastava con delicatezza e frenesia il torace ed il ventre di lei.
“Maledizione!” sibilò, mentre la sua rapida analisi confermava quanto temeva.
“Fa male… - protestò debolmente Hanji, supplicandolo con lo sguardo di smettere con quell’inutile visita medica che aveva l’esito scontato – per… per favore.”
“Stupida quattrocchi!” mormorò lui, tornando ad abbracciarla delicatamente anche con la sinistra.
C’erano lacrime negli occhi infossati di Levi? Hanji non lo seppe dire considerate le sue condizioni, ma la sua anima le disse che in qualche modo le iridi azzurre si erano incupite e questo accadeva solo quando qualcosa sconvolgeva profondamente il caporale taciturno e scontroso.
“Scusa…” sospirò Hanji.
“Perché sei stata così idiota? – le chiese Levi – Non mi hai dato il tempo di raggiungerti…”
E già, perché il copione prevedeva che lui arrivasse sempre in tempo per un eventuale salvataggio. Specie ora che la sua squadra era morta da qualche tempo, il caporale si era ripromesso di compiere perfettamente la sua parte ogni maledettissima volta e riportarla indietro illesa.
“E’… è normale che faccia… faccia così freddo?” chiese Hanji chiudendo gli occhi.
Levi scosse il capo: no, non era normale dato che erano in estate ed era pieno giorno. Era semplicemente il corpo che si abbandonava alla morte per via delle gravi lesioni agli organi interni e lui lo sapeva bene. E questa volta era incredibilmente doloroso doversi arrendere all’evidenza che la stava perdendo.
“Sì, ma dura poco. Poi dovrebbe andare… meglio…”
“Levi… - una lacrima colò sulla guancia sporca e pallida di Hanji – ho… ho paura…”
Perché la morte non fa paura quando ti sfiora ma non ti raggiunge; però quando capisci che ti sta portando via ti senti come una bambina in una camera buia e fredda, piena di incubi e terrore.
“E perché dovresti? – mormorò Levi dopo qualche secondo – Non lo sai che vengo sempre a salvarti, stupida?”
Mai il caporale aveva rivolto simili parole ad un commilitone morente, eppure ne aveva visto tanti. Aveva sempre pronunciato frasi cariche di grandi ideali e di promesse di libertà e vittoria, ma ora per quella ragazza che improvvisamente gli sembrava così fragile tra le sue braccia, si concesse di mentire. Una di quelle stupide bugie che in teoria non servono a niente… eppure Hanji sembrò tranquillizzarsi e riuscì persino a fare un pallido sorriso prima di abbandonarsi tra le sue braccia, posando la testa sul suo petto.
Un respiro, poi un altro… sempre più deboli e faticosi.
E poi più niente.
A Levi non restò che tenere stretto quel corpo fino all’arrivo dei rinforzi.
La falena era volata via con delle nuove, bellissime, ali.
  
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