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Autore: Maharet    30/05/2008    13 recensioni
Ginevra è una ragazza come tante. Forse più bella, forse più sola delle altre. Ma la sua vita in fondo è normale. Finché non incrocia due occhi verde muschio che la cambieranno per sempre. 'Lanciò uno sguardo disinteressato a sorvolare le nostre teste. Poi i suoi occhi si posarono su Ginevra, e non si mossero di lì. Non che fosse una grossa sorpresa, in realtà. Tra di noi lei spiccava come un raggio di sole in una mattinata uggiosa. Ma quello che forse solo io notai, con immenso stupore, fu che Ginevra ricambiava lo sguardo. Voltai appena la testa e la trovai come paralizzata, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa in un leggero ansito. E capii che qualcosa era passata tra quei due.'
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice:

Pubblicare una storia in questa sezione è un po' una sfida per me, perché so bene che è una delle meno frequentate. Posso solo dirvi che è sostanzialmente la storia di una ragazza normale, finita in un mondo che tanto normale non è. Spero che possa piacervi. Preavviso che lo stile di questo prologo è un po' diverso dal resto della storia. Questo perché era nato come one-shot, con un finale completamente diverso, ma è mutato sotto i miei occhi e posso solo dire che il risultato per ora mi soddisfa. Ho già pronti una quindicina di capitoli, quindi direi che riuscirò ad aggiornare più o meno una volta a settimana. E ora... buona lettura!


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Ginevra era perfetta. Ma non nel senso lato del termine. Letteralmente. Ovviamente era bellissima, ma non si trattava solo di questo. In lei ogni minima imperfezione pareva soltanto accrescere il suo naturale splendore. I capelli ramati che le scendevano sulle spalle tutt'altro che lisci, eppure così lucenti da abbagliare. Il viso rotondo, a tratti quasi infantile, come quello di una bambola di porcellana. Sì, il paragone era calzante. Gli occhi erano grandi, cerulei, velati da lunghe ciglia. Le guance naturalmente tinte di un tenue color pesca, la bocca morbida non aveva mai conosciuto il contatto con un rossetto, ma non ne sentiva decisamente il bisogno. Noi misere mortali non potevamo fare a meno di sentirci brutti anatroccoli, accanto a lei.

Ma non era neppure questo a renderla perfetta. Ginevra era buona, in maniera quasi imbarazzante. Era il tipo di ragazza che ti lasciava copiare i compiti ogni santa mattina con un sorriso, senza chiedere nulla in cambio. Faceva da tutor agli studenti in difficoltà, e per quel che ne sapevo non aveva mai rifiutato un incontro, neppure quando lei stessa stava sveglia fino a notte fonda per mantenere la sua impeccabile media. Potrei continuare elencando gli sport che praticava, gli interessi che coltivava, ogni aspetto della sua vita da favola. Ma non è di questo che voglio parlare, perché non è questa la Ginevra che ho scorto solo per un momento, in una calda mattina d'estate. Perché anche allora, mentre avanzava quasi danzando tra i nostri compagni di scuola, Ginevra era sola. Nonostante tutti la conoscessero e la maggior parte di loro la rispettasse profondamente, nessuno le voleva bene. Perché Ginevra era troppo brava, troppo bella, troppo dannatamente candida per essere amata davvero. Era come un idolo, lontana ed irraggiungibile sul suo piedistallo. Quello che allora non sapevo era che non era stata lei a costruirselo, ma chi aveva intorno. Tutti noi, senza saperlo, avevamo contribuito a relegarla lassù. Lo scoprii il giorno in cui conobbi Rafael, e le vite di tutti noi cambiarono per sempre.

Ricordo ogni momento di quella mattina, come se mi si fosse impressa a fuoco nella mente. Nella quiete sonnolenta della prima ora la porta si aprì, e la nostra attenzione si risvegliò all'istante. Perché il ragazzo che si trascinò dentro con aria indolente non poteva definirsi perfetto, ma di sicuro era bello da mozzare il fiato. E un altro aggettivo mi balenò nella mente, solo per un istante. Pericoloso. Non c'era dolcezza nei suoi occhi scuri, non c'era ingenuità nel modo in cui si muoveva, con la sicurezza di chi ha la certezza di non essere rifiutato. Lanciò uno sguardo disinteressato a sorvolare le nostre teste. Poi i suoi occhi si posarono su Ginevra, e non si mossero di lì. Non che fosse una grossa sorpresa, in realtà. Tra di noi lei spiccava come un raggio di sole in una mattinata uggiosa. Ma quello che forse solo io notai, con immenso stupore, fu che Ginevra ricambiava lo sguardo. Voltai appena la testa e la trovai come paralizzata, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa in un leggero ansito. E capii che qualcosa era passata tra quei due. Una corrente, invisibile ma quasi tangibile nella sua forza. Rafael non staccò gli occhi da lei nemmeno per un attimo, mentre il professore con voce annoiata lo presentava alla classe. Poi fu tra di noi, con la sua camminata sinuosa e dinoccolata, e si lasciò cadere nella sedia accanto alla mia. No, sarebbe presuntuoso esprimerlo in questi termini. Nella sedia accanto a Ginevra è sicuramente più appropriato.

Fu quello il giorno in cui iniziò il cambiamento. Mentre alla cattedra il professore borbottava qualcosa sui logaritmi, nel disinteresse generale, io li osservai. Rafael era stravaccato sul banco, il viso appoggiato sulla mano sinistra, rivolto verso di lei. Ginevra stava rigida, immobile, lo sguardo fisso davanti a sé. Ma potevo scorgere il seno sollevarsi ed abbassarsi troppo rapidamente sotto la camicetta perfettamente stirata, ed una insolita tonalità di rosa colorarle le guance. Quando suonò la campanella scattò in piedi e si precipitò fuori dall'aula, quasi correndo. Non l'avevo mai considerata davvero umana, fino a quel momento. Solo vedendola così sconvolta mi resi conto che, in fondo, lei era come me. Soltanto una ragazza. Ma era troppo tardi.

La mattina dopo nessuno dei due si presentò in aula. I loro banchi rimasero vuoti per tre giorni, prima che qualcuno si decidesse a chiedersi che fine avessero fatto. Li cercarono in tutto lo stato, per quel che ne so. Per settimane i loro nomi comparvero su tutti i canali TV. Erano come spariti nel nulla.

Senza Ginevra le giornate sono un po' meno luminose, almeno per me. Andandosene, si è portata via un pezzo della mia adolescenza. Non posso fare a meno di ripensare a quell'istante in cui l'ho guardata davvero, per la prima volta. Non posso farne a meno, perché fu anche l'ultima.



   
 
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