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Autore: Agapanto Blu    12/01/2014    2 recensioni
Quando le urla della partoriente tacquero e si alzarono quelle più fioche e infantili dei nuovi nati, nessuno gioì.
Luka dal passato misterioso, Luka che combatte, Luka con brutti e bei ricordi che Yuki non conosce più.
Com'è successo che il Duras più amato dal re dei Demoni, già marchiato del simbolo dei peccatori perché appartenente alla famiglia maledetta, abbia scelto di tradire la sua stirpe, i suoi simili, per la fonte di vita dei suoi nemici?, per una donna umana che avrebbe dovuto voler uccidere?
***
Il passato di Luka e la prima vita di Yuki con lui, o come potrebbe essere andata secondo me.
ATTENZIONE: ci sono dialoghi o descrizioni presi dal manga, non è un tentativo di plagio ma una ripresa di alcuni particolari per "avvalorare" la mia tesi. :)
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Yuki Sakurai, Zess/Luka Crosszeria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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Capitolo I
INFERNUS
 
 
“Solo io conosco il tuo dolore,…”
 
 
Quando le urla della partoriente tacquero e si alzarono quelle più fioche e infantili dei nuovi nati, nessuno gioì.
Due, in quella notte, erano le motivazioni che facevano tacere i presenti nella stanza compresa la stessa neo-madre ed entrambe si riflettevano con la luce della luna rossa sulle due cicatrici a forma di croci incise nel braccio della donna. Chi, per un motivo o per l’altro, si ritrovava con un briciolo di compassione nel petto sapeva bene che per i tre esseri in quel letto minuscolo sarebbe stato meglio morire piuttosto che superare il parto; chi, degno demone, non aveva provato che una maligna soddisfazione all’idea di due nuovi membri della stirpe maledetta e aveva anche sperato di potersene prendere uno, era ora intimorito e in soggezione per via della figura al centro della stanza.
I capelli neri lunghi fino a metà schiena e il viso dai tratti sottili e raffinati, così belli da lacerare l’anima di chi lo guardasse, l’uomo si avvicinò di due passi, arrivando fino ai piedi della branda che aveva ospitato il travaglio.
La donna tremò e strinse d’istinto la presa sui due gemelli, due piccoli maschi paffuti e rosei che già le si erano addormentati ignari tra le braccia, ma non fu in grado di staccare gli occhi da quelli rubino del suo re.
“Vi prego…” si ritrovò a sussurrare, senza sapere da dove avesse preso il coraggio di supplicare il signore degli inferi, “Vi prego, sono appena nati…”
“Oh, Lilith,” sorrise Lucifero, scuotendo la testa con un sorriso crudele sulle labbra, “cresceranno, non lo sai?”
Lilith sapeva che avrebbe ricevuto una risposta del genere. Non ci si poteva aspettare pietà da quell’essere, né tantomeno poteva sperare in un po’ di compassione una donna come lei, meravigliosa con i capelli neri lunghissimi e gli occhi uno grigio e uno ametista ma schiava appartenente alla stirpe maledetta. E tuttavia, per un momento, ci aveva voluto sperare. Non per sé, sapeva di aver condannato la propria vita nell’istante in cui aveva scoperto di aver concepito i figli di un uomo che non era il suo padrone, ma per i suoi bambini aveva osato e avrebbe osato ancora supplicare.
“Per favore,” mormorò, la voce appena un po’ più forte, “non fate loro questo…”
Non poté finire. Lucifero fece un rapido cenno con la mano destra, portata in verticale accanto al proprio viso, e Lilith sentì la propria gola stretta in una morsa ferrea e invisibile che le strozzò la voce e le tolse l’aria. In uno spasmo, strinse più forte i gemelli tra le sua braccia.
Quello appoggiato al suo omero sinistro scoppiò a piangere per la pressione forte, l’altro divenne rosso per la paura o il dolore ma non versò una lacrima.
Lucifero sorrise ancora di più. Si spostò sul lato del letto, raggiunse le braccia della donna sempre più pallida che si dimenava pur di respirare e allungò le mani.
Il bambino di sinistra pianse ancora più forte quando sentì che oltre alla madre, sempre più gelida, gli veniva allontanato anche il fratello, ultima sua fonte di calore.
Ignorando i pianti di quello che per lui era ormai il più debole, Lucifero si raddrizzò con tra le mani il gemello di destra che ancora si ostinava a non piangere. Sorrise, quindi diede le spalle agli occhi imploranti di una Lilith ormai allo stremo e si diresse all’uscita.
“Quello” disse solo, sulla porta, accennando con la testa al gemello rimanente, “potete prenderlo.”
Quindi uscì. Fece due passi nel corridoio prima di sentire il suo incantesimo sciogliersi, ormai inutile, e la vita di Lilith dissolversi come cenere nel vento.
In quel momento, assieme al pianto sempre più disperato di Luze risuonò anche il primo di Luka.


 
[Sound the bugle now. Play it just for me.
As the seasons change, remember how I used to be.]

 
Luka aveva otto anni e davvero tanta fame quando incontrò Lucifero per quella che credeva essere la prima volta.
Dal momento in cui aveva ucciso i suoi genitori e lo aveva preso per sé, Lucifero non si era più mostrato al piccolo Crosszeria per anni. L’unica motivazione era che troppo piccolo era inservibile. Cosa se ne faceva di un bimbo di due, tre, quattro anni, che piange tutto il tempo e non sa fare nulla? Attendere che gli schiavi crescessero, effettivamente, era la parte che detestava di più. Ma per Luka…
Lucifero assaporò ogni istante, dal momento in cui le porte della sua stanza furono aperte e il giovane Cadenza –Opast di medio livello destinato alla grandezza– vi trascinò dentro il bambino fino a quando il demone se ne andò lasciandolo in ginocchio a terra, decisamente troppo debole per resistere ad un qualsivoglia attacco.
Per quanto infantile, Luka era bellissimo. I capelli neri morbidi e luminosi, come pece, lunghi fin oltre la schiena e gli occhi di un argento fisso e gelido come mercurio congelato in un iceberg. La pelle diafana era tesa sul corpo troppo magro, di cui si vedevano bene le ossa, e la sua tinta così chiara faceva risaltare i lividi che la costellavano come in un cielo al negativo.
Nonostante le sue condizioni, il piccolo fece forza sulle braccia per sollevarsi abbastanza da alzare la testa verso il padrone che l’aveva fatto chiamare ma non rabbrividì, come aveva fatto sua madre, quando incrociò lo sguardo rosso del signore dei demoni. Aveva già ucciso due demoni di livello A, per guadagnarsi quel poco di cibo che lo aveva tirato su e gli aveva permesso di sopravvivere, e questo intrigava il re dei demoni da morire. Il piccolo strinse i denti, un lampo d’acciaio passò nei suoi occhi che apparvero d’un tratto troppo cattivi e arrabbiati per un bambino.
No, Luka non sembrava un bambino, forse perché non lo era mai stato. Era un adulto in miniatura ed era troppo bello perché Lucifero aspettasse anche solo un giorno in più.
Senza una parola, allungò la mano e lo afferrò per i capelli, poi se lo tirò addosso.


 
[Now I can’t go on, I can’t even start.
I’ve got nothing left, just an empty heart.]

 
Quella notte, per la seconda volta in vita sua, Luka pianse.


 
[I’m a soldier, wounded so I must give up the fight.
There’s nothing more for me: lead me away...
or leave me lying here.]

 
“Muoviti!”
Luka non fece quasi caso al calcio che lo colpì al costato mentre cercava di alzarsi. In ginocchio sul pavimento, aveva pulito tutti gli alloggi del suo padrone e ora il corpo gli doleva per lo sforzo e i lividi che Cadenza si era divertito a procurargli di tanto in tanto, come in quel momento, mentre lo sorvegliava. In silenzio, si alzò e raccolse velocemente tutto ciò che aveva usato, per non lasciare nulla che potesse far perdere le staffe al suo padrone, e si diresse alla porta. Imboccò, senza protestare contro le spinte violente del demone alle sue spalle, la strada per la minuscola cella che gli era stata destinata come stanza, ma che per lui era la visione più bella della sua misera vita, perché significava che non era costretto a passare di nuovo la notte nella camera lussuosa e magnifica del padrone. Camera che, per lui, era la più atroce delle gabbie.
Quasi inciampò quando Cadenza lo colpì alla schiena con una spallata per fargli oltrepassare la porta di legno, ma riuscì a tenersi in piedi e rimase immobile, senza osare spostarsi di un millimetro, fino a che l’eco dei lucchetti chiusi non scemò del tutto e il suono sottile dei passi del suo aguzzino non fu ben più che inudibile. Allora osò prendere un respiro più profondo e raggiungere il sottile strato di paglia, ormai sporca e gelida per l’umidità, che gli faceva da letto. Voleva solo sdraiarsi un attimo e recuperare le energie, giusto quelle che gli sarebbero bastate a sopportare le ore che lo dividevano dall’alba e dal giorno che, con il sonno che ne sarebbe conseguito, gli avrebbe permesso di racimolare quel po’ di coraggio per alzarsi anche al tramonto successivo.
Luka abbassò le palpebre e nel nero che ne arrivò si raggomitolò su sé stesso, avvolgendo le braccia al corpo troppo magro per scaldarlo un po’.
Aveva accettato il suo destino. Lo comprendeva e in parte lo condivideva anche. Sapeva che la sua stirpe meritava ciò che ora lui stava subendo. Però a volte era così difficile…
Nel suo angolo buio, senza prestare caso ai morsetti che un paio di topi davano ai suoi piedi nudi, chiedendosi se ancora fosse vivo e soprattutto se fosse commestibile, lasciò per l’ennesima volta che le parole crudeli del resto dei demoni lo torturassero.
“Voi Crosszeria, tsk! Siete dei traditori schifosi, fate venire il voltastomaco solo a guardarvi!” “È colpa vostra, solo vostra! Se il vostro maledetto antenato non ci avesse venduti, adesso non saremmo tutti alla mercé degli umani!” “I nostri nomi! I nostri VERI nomi! Chi li conosce, può costringerci ad obbedire ai suoi ordini! Il bastardo ci ha venduti!” “Uccidervi tutti? E perché? Per risparmiarvi il destino a cui avete condannato noi?” “No, sarebbe troppo facile. Avete condannato la nostra stirpe alla schiavitù agli umani e allora sarà questa la vostra pena: non avrete tregua nemmeno nella vostra casa, marchiati con due ‘X’ scavate nel braccio sinistro, sarete maledetti. Criminali, sarete schiavi dei fratelli che avete tradito!”
Luka sobbalzò, sulla soglia tra sonno e coscienza, mentre la voce suadente e crudele di Lucifero che pronunciava la sua condanna gli rimbombava nel cervello.
Per un Duras, un demone infernale, il vero nome era sacro, nemmeno i parenti ne venivano a conoscenza perché se pronunciato costringeva il proprietario ad obbedirvi. Luka capiva per quale motivo tutti gli esseri infernali, dai più deboli di livello A ai più potenti Generali Opast, si fossero scagliati contro il suo clan e una parte di lui condivideva la loro rabbia per quell’antenato di cui nemmeno sapeva il nome. Ma nei suoi undici anni ancora credeva che un minimo di giustizia potesse esistere, anche ad Infernus, e che qualcuno prima o poi avrebbe capito che lui, dopo tutti questi millenni, non poteva certo avere colpe di ciò che il suo avo aveva commesso.
Spalancò gli occhi di scatto quando percepì Cadenza apparire di fronte alla sua porta e scattò in piedi d’istinto appena prima che l’Opast spalancasse la porta di legno.
Cadenza era alto, adulto già da un paio di secoli, e aveva lunghi capelli rossi e occhi piccoli pieni di crudeltà, una muscolatura taurina e un volto affilato e massiccio che ben vi si accostava. Non era minimamente paragonabile alla bellezza sottile ed elegante di Luka, ma come tutti i demoni era di bell’aspetto, ennesima trappola per gli umani.
Luka si accorse di avergli raggiunto il petto in altezza, seppure il suo corpo fosse molto più affusolato e malnutrito. Guardò Cadenza negli occhi e capì che cosa l’uomo fosse venuto a fare.
Una parte nascosta di lui tremò, ma il suo corpo non lo diede a vedere e rimase fermo in attesa che il Duras confermasse i suoi sospetti.
“Seguimi,” ordinò il rosso con disprezzo, squadrandolo dalla testa ai piedi come se fosse a sua volta incapace di credere alle parole che stava per pronunciare, “inizi l’addestramento.”


 
[Sound the bugle now. Tell them I don’t care.
There’s not a road I know that leads to anywhere.
Without a light I fear that I will stumble in the dark,
lay right down, decide not to go on.]


Luka fece passare lentamente il polpastrello del pollice sull’artiglio d’argento che portava all’orecchio destro. Gli sarebbe bastato fare appello ad una briciola dei suoi poteri perché quello mutasse nella sua spada nera, lunga e affilata, con l’elsa intagliata in modo spezzato, come a renderla a sua volta tagliente, e una grossa gemma rosso sangue all’incrocio tra questa e la lama.
E a Lucifero sarebbe bastato attingere ad ancor meno potere per farla a pezzi e ridurlo all’obbedienza con la forza. Luka lo sapeva, ma non poteva impedirsi di immaginare di impugnare la sua spada per provare a difendersi dal suo padrone, non solo per difendere il verme dagli altri.
Costringendosi a non sospirare, aprì piano la porta che conduceva negli appartamenti di Lucifero ed entrò, silenzioso, chiudendosela alle spalle. Oltrepassò la piccola anticamera ed entrò nella stanza da letto senza una parola.
Una tagliola nel suo petto scattò sui suoi polmoni, mozzandogli il fiato, quando vide Lucifero di spalle, intento a fissare la luna rossa di Infernus oltre i vetri lucidi della finestra. Se il signore dei demoni aspettava proprio lui, senza nient’altro a distrarlo, allora per Luka non sarebbe stata una notte indolore.
“Master?” chiese, inginocchiandosi piano a terra.
Lucifero si voltò senza una parola e rimase a contemplare la sottomissione del suo prediletto per un po’.
Il suo servo più amato con poteri magici superiori a quelli di chiunque altro, forse anche ai suoi. Un cuore di giaccio e privo di scrupoli, i suoi occhi erano come lame d’acciaio e i suoi capelli la notte. Il corpo era ancora magro per la malnutrizione cui era sottoposto, ma anche se sottile e slanciato verso l’alto si era gonfiato un po’ per gli allenamenti, i duelli e le battaglie. Ormai la pelle somigliante a carta di riso non mostrava solo le ossa, ma in alcuni punti lasciava vedere perfettamente l’intrico di vene, nervi e tendini tesi sui muscoli scattanti e potenti. Era palese che fosse un guerriero, tutto di lui era spaventoso eppure bellissimo. Ed era suo.
Si avvicinò al suo Brand Zess e gli infilò una mano tra i capelli. Si gustò per un po’ la sensazione di morbidezza, prima di stringere la presa e tirare il ragazzo in piedi. Questi non si lasciò sfuggire un gemito, nulla, e una volta in piedi assecondò i movimenti della sua mano e alzò gli occhi sul suo viso.
Aveva sedici anni, l’aspetto ancora un po’ infantile ma che sembrava voler urlare al mondo quanto meraviglioso e virile sarebbe diventato in capo ad un paio d’anni. C’era da dire che per Lucifero, che apprezzava la bellezza fanciullesca, in quel momento Luka appariva come la creatura più bella mai creata. Senza riuscire a trattenersi, impose al Duras un bacio violento e possessivo, senza mollare la presa sui suoi capelli, che forzò la sua bocca ad aprirsi e la contaminò con cattiveria.
Lo stomaco di Luka si rivoltò, supplicandolo di scappare da quel supplizio che lo faceva sentire violato in modo irreparabile, ma la sua testa gli ricordò che ormai nulla lo avrebbe riportato all’integrità e che tirarsi indietro era proibito e punito in modo atroce. Così rimase fermo, sforzandosi di rimanere in silenzio, e lasciò che il suo padrone prendesse il suo divertimento dalla sua bocca e dalla sua sofferenza.
Quando si staccò, Lucifero era ancora più convinto della sua decisione.
“Voglio farti un regalo, Luka… Sei contento?” sussurrò all’orecchio del ragazzo, avvicinando la bocca in modo da far sì che le sue labbra gli sfiorassero il lobo ad ogni parola.
Luka dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non rabbrividire. Continuò a fissare il vuoto davanti a sé, in silenzio, aspettando di scoprire cosa gli sarebbe successo.
Lucifero schioccò le dita della mano libera e gli abiti di Luka scomparvero.
L’aria, gelida, iniziò a colpirgli la pelle, ma lui quasi non se ne accorse, preoccupato dalla piega degli eventi. Aveva quasi sperato di evitarlo, per quella sera, ma avrebbe dovuto sapere che la speranza aveva vita breve, ad Infernus.
Lucifero lo strattonò per i capelli e lo spinse verso il letto, facendolo cadere prono sul materasso enorme e lasciando che i fili delle tende del baldacchino prendessero vita e si avvolgessero attorno a quelle braccia muscolose eppure esili per legarle assieme dietro la schiena.
Luka non tentò nemmeno di muoversi, rimase fermo ad aspettare l’inevitabile, ma passarono i minuti e nessun corpo caldo e violento, pensante perché troppo più grande del suo, arrivò a schiacciarlo.
“Luka…” sospirò Lucifero, in un tono che spaventò il ragazzo.
Non osò muovere il corpo, ma voltò la testa per guardare il proprio padrone da dietro la spalla.
Lucifero si era tolto i guanti neri della divisa e si era portato un indice alla bocca. Dopo un secondo, lo tolse e Luka poté vedere che c’era un taglio sul polpastrello dal quale stillavano gocce dense di sangue rosso scuro.
Il suo stomaco si contorse ancora di più.
“Il mio bellissimo Luka…” si lasciò scappare Lucifero, la voce ridotta ad un ansito spaventoso che il suo schiavo ben conosceva.
Luka strinse i denti, irrigidì la mascella e mantenne la sua espressione stoica, ma non staccò gli occhi da Lucifero che si avvicinava con il dito sanguinante teso verso di lui. Una parte di lui voleva urlare di terrore ma l’altra, più forte, voleva solo lasciar fare così che tutto finisse il più in fretta possibile. Ed era quella che gli aveva permesso di sopravvivere fino ad allora, quella che sapeva quando combattere e quando chinare la testa.
Lucifero vide l’espressione di Luka, spenta, e sorrise.
“Sigilleremo questo contratto speciale” rivelò, inginocchiandosi sul materasso in modo da avere le gambe del Duras bloccate dalle sue, “con il mio sangue.”
Luka sentì il proprio cuore rallentare mentre metteva in pratica tutto l’autocontrollo che aveva imparato ad avere per non pensare davvero a ciò che quella frase significava. Zitto, osservò l’espressione compiaciuta del suo signore che ghignava nel vederlo così debole nelle sue mani.
“Cosa ne diresti se colorassi il tuo Brend Zess, il tuo Marchio da Peccatore?” continuò quello e intanto strinse la mano sana sul braccio sinistro del ragazzo, all’altezza del gomito, e lo tenne fermo mentre avvicinava il dito sanguinante alle due ‘X’ incise nella sua carne. Luka continuò a fissare il suo viso con espressione spenta, come se non gli importasse, e questo fece diventare più grande il sorrisetto crudele del re dei demoni. Adorava la resistenza gelida che quello schiavo gli opponeva e il modo silenzioso con cui tentava di resistere alle ferite che gli venivano impresse tanto nella carne quanto nella mente, lo adorava da impazzire. “Non preoccuparti,” sussurrò ancora, con finta gentilezza, piegandosi in avanti per avvicinarsi e osservare meglio il suo lavoro, “dovresti essere in grado di resistere al dolore.”
Per un attimo Luka sentì il dito posarsi sulla parte alta di uno dei bracci della prima ‘X’, ma poi un qualcosa di rovente iniziò a consumargli la carne, lì dove il sangue toccava la cicatrice e iniziava a riaprirla a viva forza per poi infilarsi nei tagli nuovamente aperti e infettarli.
“Ricordati sempre…”
Luka sentì appena la voce di Lucifero attraverso la cortina di dolore, tanto forte da sovrastare tutto il resto e da fargli credere che fosse l’intero corpo a bruciare tra le fiamme di un rogo inestinguibile. Irrigidì la mascella, tentando di trattenere l’urlo che gli stava graffiando la gola, ma sentì il suo viso contrarsi in una smorfia di sofferenza pura contro il suo volere. I suoi muscoli, tutti, si tesero e irrigidirono, sconvolti da una ferita che non avevano visto arrivare e che non potevano fermare o raggiungere in alcun modo. D’istinto, provò a muovere le braccia, ma quelle erano legate e il signore dei demoni vi premeva ora sopra con il proprio peso pur di tenerlo bloccato sotto di sé. Con il corpo di Satana così premuto addosso, Luka sentì una durezza contro il suo fianco che lo avvisava che quella violazione non sarebbe stata l’unica di quella notte.
“...che tu sei mio.” gli mormorò Lucifero all’orecchio, ma la sua voce suadente ebbe solo il potere di far irrigidire ancora di più la mascella di Luka che, occhi fissi sul vuoto, cercava di mantenere il controllo sul corpo che ora cercava di dimenarsi. “Ogni ciocca di capelli, ogni goccia di sangue.
Il fuoco che lo bruciava tutto raddoppiò la propria temperatura quando Lucifero terminò, con l’ultima parola, di passare il dito anche sulla seconda ‘X’ e a quel punto per Luka fu troppo.
Chiuse gli occhi e urlò di dolore.


 
[Then from on high, somewhere in the distance,
there’s a voice that calls: “Remember who you are.
If you lose yourself, your courage soon will follow,
so be strong tonight. Remember who you are.”]


Strinse appena la presa delle mani sugli avambracci. Le ginocchia al petto, le braccia incrociate appoggiate su di esse, rimase con lo sguardo perso nel vuoto, verso un cielo troppo alto per essere raggiunto.
C’era una tempesta, un grossa tempesta, poco lontano dall’albero morto e secco sul cui ramo il giovane Duras si era seduto ore e ore prima, approfittando della libertà dagli ordini del suo master. Il firmamento di quella notte era coperto di nuvole spesse e dense, grigie e strette come grossi topi intenti a combattere tra loro, ma una pioggia di fulmini si abbatteva sulla linea dell’orizzonte, illuminando a giorno il viso spento e apatico del ragazzino, tutto raggomitolato nella sua divisa da Opast troppo grande per lui.
Luka abbassò di poco lo sguardo, muovendo solo gli occhi, e lo spostò su se stesso. La pelle bianca dei polsi, lasciata visibile dalla manica, mostrava senza possibilità di equivoco i lividi spessi che sembravano avvolgersi come serpenti attorno alle articolazioni e che proseguivano e si gettavano sotto la stoffa per nascondersi alla vista, calco perfetto delle corde che lo avevano stritolato nella camera da letto. Non osò pensare a come fosse ridotto il resto, la schiena contro cui Lucifero aveva premuto le ginocchia per tenerlo fermo e il petto che aveva preso a calci e le gambe che aveva stretto tra le mani per costringerle nella posa che lui aveva preferito. Sapeva bene che l’unico motivo per cui il suo viso non mostrava tracce della violenza del re era che questi ne amava la perfezione leggiadra. Per l’ennesima volta, Luka desiderò avere il coraggio di passarsi la lama sul volto, di sfregiarsi in modo irreparabile e in un modo tanto ributtante da far fuggire da sé anche il suo padrone, ma la parte più apatica di lui lo fermava sempre con le stesse motivazioni: la prima, il suo viso era forse la sola cosa che gli desse un minimo di vantaggio sugli altri Duras, l’unico motivo che Lucifero aveva per tenerlo con sé nonostante il rischio di ribellione e non eliminarlo a priori visto il potere magico enorme che stava mostrando sempre più e che ancora stava crescendo; la seconda, che il suo master si sarebbe infuriato oltre ogni immaginazione se il suo giocattolo preferito si fosse rotto e la sua collera sarebbe stata qualcosa di terribile che nessuno sano di mente avrebbe mai voluto affrontare. E Luka ne aveva prese troppe per avere voglia di subire un altro pestaggio e altre torture.
Senza sospirare, si raggomitolò un po’ di più e riportò lo sguardo sui fulmini che massacravano la terra così lontano da lui, ma ormai aveva visto.
Era debole. Non c’era modo di negarlo, ormai. Il suo corpo era troppo fragile, i muscoli non servivano a nulla se lui non aveva la forza di usarli, e i suoi poteri erano fuori controllo. Ogni cosa di lui diceva ‘vittima’ a qualsiasi demone incrociasse la sua strada.
Una serie più rapida di fulmini colpì un campo. Dapprima fu solo un lumino, ma ben presto le fiamme divorarono tutta la zona e si espansero ai domini limitrofi. E i fulmini continuarono a cadere.
Perché non si avvicinavano?, perché non colpivano quell’albero e non lo incendiavano, lasciando che lui vi bruciasse assieme?
“Guerra, Zess. Solo questo esiste ad Infernus. La legge della natura ‘Uccidi o sarai ucciso’ qui raggiunge il suo massimo splendore. Non è una regola non scritta, è la nostra semplice dottrina ed è l’unico credo a cui ci affidiamo. Quindi vedi di imparare ad ammazzare gente più grossa e cattiva di te in fretta o ti assicuro che non vivrai ancora a lungo.”
Luka rabbrividì nel sentire le parole del Generale cui lo avevano affidato perché imparasse a combattere. Erano arrivate nel bel mezzo di un pestaggio, mentre lui ancora non aveva la forza di liberarsi da un avversario tanto superiore. Aveva dodici anni, allora, ma le ricordava come fosse stato ieri. Così come ricordava il giorno in cui aveva deciso di metterle in pratica e aveva piantato la sua lama nella fronte del suo caro insegnante. Beh, quello era effettivamente stato il giorno prima.
Adesso cosa sarebbe successo, non avrebbe saputo dirlo. Aveva raggiunto lo status di Opast di alto livello già da tempo e l’uccisione di un Generale sommata al marchio di Satana ormai gli urlavano chiaramente nelle orecchie che agli occhi degli altri sarebbe stato qualcosa di leggendario, un assassino di Opast di meno di un secolo di vita, il prediletto del re dei demoni. Non sapeva se Lucifero gli avesse dato il marchio proprio in quel momento solo per caso o se l’avesse fatto apposta per accostarlo all’omicidio e rendere lui un qualcosa di nuovo e speciale agli occhi di tutti, ma da lì in poi ucciderlo sarebbe stato il desiderio di chiunque attraversasse la sua via, chi per paura e chi per invidia. Non credeva che il suo master volesse sbarazzarsi di lui, l’avrebbe già fatto, ma propendeva per l’idea che, sadico, avesse deciso di vedere quanto a lungo sarebbe sopravvissuto e con quanta tenacia avrebbe lottato. Era quello che voleva sempre, vederlo dibattersi e contorcersi per poi trovare chissà dove la forza per riprendersi.
Ma Luka era stanco di riprendersi, di guarire e ricominciare. Era stanco di guardarsi e provare l’impulso di distruggersi da solo per risparmiare la fatica ad altri.
Alzò gli occhi ai fulmini che continuavano a cadere sulla collina che ormai era tutta un rogo.
Non ci sarebbe mai stata fine alla sua sofferenza, se non fosse stato lui a mettercela. I demoni non avrebbero avuto pietà di lui e allora lui non avrebbe avuta di loro.
Sforzandosi ma senza tradire alcuna emozione con il viso, si alzò in piedi sul ramo. Il suo braccio sinistro pulsava ancora per il rito del padrone e sapeva le due ‘X’, nascoste al mondo dalla stoffa, svettavano sulla sua pelle in un denso e cupo scarlatto che le rendeva uniche. Un marchio di possesso e un’indipendenza, un bersaglio e uno spauracchio insieme, non poteva liberarsene e allora si sarebbe liberato di chi avrebbe cercato di fargliele pagare. Aveva già dato troppo e non aveva intenzione di spendere una goccia di sangue in più per mano di nessuno. Nessuno che non fosse quell’unico dal quale mai, lo sapeva, sarebbe potuto scappare o su cui avrebbe potuto prevalere.
Il suo master, purtroppo l’unico di cui gli sarebbe importato sbarazzarsi.


 
[You’re a soldier now, fighting in a battle
to be free once more.
That’s worth fighting for.]




 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: Sound the bugle, Bryan Adams, Colonna Sonora di "Spirit-Cavallo selvaggio".




Salve!
Allora, se siete lettori della mia storia di HYP, non mandatemi contro anatemi! Lo so che con la vostra sono indietro, ma proprio non sono riuscita a resistere!
Tanto più che questa storia è un regalo: per te, Chrissy, onee-chan, che compi gli anni e che sarai sempre una persona speciale nel mio cuore perché una volta che ti si conosce, non si può fare a meno di volerti bene :)
Detto questo, ho da fare qualche precisazione.
-La storia sarà composta di sei capitoli, ognuno dei quali iniziato con una parte del piccolo discorso che Luka fa all'apertura di ogni episodio dell'anime e inframmentato da una canzone.
-Gli aggiornamenti non hanno una tabella, mi dispiace dirlo ma per ora non me la sento di porre una data perché non ho la certezza di poterla rispettare. Potrei aggiornare tra un mese come domani, non lo so, mi dispiace :(
-La storia della nascita e della madre di Luka è una mia completa invenzione, non supportata da nulla nel manga :)
-Il "monologo" di Lucifero (di quello che io ho capito essere Lucifero, visto che nel manga è sempre chiamato solo 'il Re dei Demoni', ma che potrebbe essere un mio errore) mentre marchia Luka è copiato dal manga, mie sono solo le descrizioni che ho cercato di fare rimanendo fedele alle immagini. Correlato c'è anche questo particolare: -Lo "stupro" di Luka non è solo dovuto al mio immenso sadismo, ma mi è venuto in mente perché nell'immagine Luka sembra essere messo su un materasso, perché viene sempre definito "il più amato dal re dei demoni", perché tutti parlano dell'alta posizione che aveva raggiunto, perché lui dice di non essere mai stato fedele ad Infernus e perché, nel ricordare il suo passato, Luka ha sempre delle reazioni dure, di spavento e sofferenza fisica. Mia elucubrazione, quindi, molto probabilmente sbagliata.
-La descrizione di Luka come "occhi come lame e capelli come notte" è presa dal manga, tutti sembrano divertirsi a definirlo così e allora vengo anche io :)
Credo di non aver altro da dire, non mi sembra ci sia niente di altro... Ah, sì, se vi chiedete "Ma dov'è Yuki?!" abbiate pazienza: comparirà nel prossimo capitolo!
A presto, spero!
Ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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