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Autore: Alex_Andria    12/01/2014    2 recensioni
Alexandria e Sophia, contravvenendo agli ordini di Gabriel che le voleva al sicuro dentro i confini della Reggenza di Altieres, escono di nascosto e si imbattono in una vile aggressione ai danni di un giovanotto di nobile lignaggio. Ma nessuno aveva fatto i conti con l'intraprendenza di una Principessa e col coraggio di un Cavaliere in gonnella.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexandria Mayfield, Gabriel Stuart, Gareth Eldrige, Sophia Lord, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non potete andare e lasciarmi qui! Non è giusto! Anch’io sono un Cavaliere dell’Ordine della Croce, proprio come voi.”
Alexandria era arrabbiata. Nello studio della Reggenza di Altieres l’aria era tesa. Gabriel aveva chiamato a raccolta i cugini Sinclair per fare il punto sulla situazione. Mentre stringeva i pugni, sfogando in quel modo il suo sdegno, non smetteva di puntare il cugino, sfidandolo. Gabriel, dal canto suo,  la fissava relativamente tranquillo, sapendo che non c’era modo per lei di disobbedire ai suoi ordini.
“Devi rimanere con Sophia, non può restare senza protezione, Sandria.”
“Perché non rimane con lei Jerome?”
Gabriel alzò gli occhi al cielo mentre i gemelli ridevano sotto i baffi e Jerome la guardava come se fosse pazza.
“Stai dicendo che Jerome dovrebbe dormire con Sophia?”
I gemelli scoppiarono a ridere apertamente, Jerome incrociò le braccia e fulminò Gabriel con lo sguardo, pensando che ora il pazzo fosse lui.
“Non devono condividere per forza lo stesso letto. Basta che stia con lei nella stessa stanza.” Alexandria provò a essere convincente, sfoderando tutto il fascino del sud di cui era capace, anche se ormai dubitava che in lei ne fosse rimasta traccia.
Alla fine esplose, sbraitando contro i cugini. “E’ solo perché sono una donna e le donne non sono ammesse nel regno dei maschi. Poco importa se la mia spada ferisce quanto la vostra!”
“Alexandria” disse Gabriel con un tono che somigliava a quello che le madri usano per convincere i bambini, “che tu sia una donna rende solo più facile il fatto che sia tu ad occuparti di Sophia. Sai bene quanto sia delicata la situazione. La sua incolumità è la nostra prima prerogativa, l’hai forse dimenticato? E finchè non verremo a capo del perché abbia quelle strane visioni, la futura regina di Altieres non è al sicuro. Rimarrei io con lei se potessi ma l’incontro con i Principi Axel e Bryce Vandemberg di stanotte è troppo importante, non posso mancare.”
Gabriel si alzò dal bordo della scrivania in mogano finemente intarsiato dai mastri di Altieres e, rivolto ai cugini “maschi”, disse: “L’appuntamento è a mezzanotte al Coppelius, cercate di arrivare possibilmente sobri e senza ossa rotte.”
Poi uscì dalla stanza, seguito da Jerome che, passandole accanto, le fece una smorfia divertita e le diede un buffetto sulla guancia.
Alexandria non si ritrasse ma gli allontanò la mano in modo brusco, stringendo le labbra per impedire alla sua lingua di schioccare contro il cugino. Gli ordini, lo sapeva bene ormai, erano ordini e per Gabriel la discussione era chiusa.
I suoi cugini quella sera sarebbero andati all’incontro coi Principi Vandemberg e lei avrebbe fatto da balia a Sophia.

 
****
 
 
Alexandria indossava il solito completo da uomo stretto in vita da un’ampia cintura e portava i capelli raccolti in una lunga e pesante treccia che le sbatteva sulle spalle a ogni movimento.
Aveva deciso di mettere la tenuta da combattimento, nel caso si fosse presentato il tanto temuto pericolo che Gabriel paventava.
Con l’animo in tumulto, per nulla rassegnata, saliva le scale verso la stanza della cugina Sophia. Il sole era tramontato da un pezzo, Gabriel aveva salutato Sophia e insieme a Jerome aveva lasciato la Reggenza di Altieres per raggiungere il luogo dell’appuntamento con i Vandemberg, una piccola bettola nel cuore della Cittadella, frequentata da pochi, anonimi avventori. Il luogo perfetto per un incontro riservato, incontro a cui anche lei avrebbe avuto il diritto di presenziare. Istintivamente si portò una mano sul fianco dove anche sotto la stoffa sentiva il tatuaggio della Croce che le pulsava.
Si allenava con gli altri Cavalieri ogni giorno, aveva gli stessi loro poteri, subiva lo stesso trattamento dei suoi cugini maschi, eppure quella sera non poteva accompagnarli. Si sentiva inferiore a loro, non le era di nessuna consolazione il fatto che avesse il compito di vigilare sulla futura regina di Altieres. Per lei era solo un ‘resta a casa, Sandria, il posto in cui andiamo non fa per te.’
E più ci pensava, più si incupiva. Trovò Sophia stesa sul letto con un libro tra le mani. Sentendola entrare, alzò gli occhi dal libro e la scrutò dalla testa ai piedi, poi posò il libro e si mise a sedere, facendole cenno di andarle vicino.
“La tua faccia mi dice che sarà una lunga notte. Che succede, Sandria?”
Alexandria sbuffò e si sistemò sul letto accanto a lei.
“Odio essere una femmina.”
Sophia rise e le infilò il braccio sotto al suo.”Conciata così, tutto sembri tranne che una femmina, cugina. Sembra che tu stia andando in missione.”
“E’ così, infatti. Sei tu la mia missione.”
Sophia sgranò gli occhi e la guardò senza capire. Alexandria si divincolò da lei e si alzò, torreggiando su di lei.
“Devo badare a te, far sì che non capiti nulla alla futura regina di Altieres. Questi sono i miei ordini.”
Parlò scimmiottando il cugino Gabriel. Sarebbe stata anche comica come imitazione, tanto da far sorridere anche Sophia, se quelle parole non avessero fatto scattare la molla della ribellione naturalmente insita nell’animo della cugina.
“Dov’è andato Gabriel?”
La domanda la colse alla sprovvista. Possibile che Sophia non sapesse dell’incontro di Gabriel e dei Vandemberg?
Lui non le aveva vietato di parlarle di quell’incontro così non aveva pensato che Sophia non ne sapesse nulla.
“E’ fuori con tutti i cugini. E’ andato alla Cittadella per incontrare i Principi di Aldenor.”
“Oh! E tu sei qui per controllare che io non sia con lui a quell’incontro!”
Vista dal punto di vista di Sophia la questione assumeva nettamente un altro significato.
“Vuoi dire che io sono qui non per proteggerti ma per evitare che tu gli stia tra i piedi?” Alexandria aprì la bocca e poi la richiuse, esterrefatta.
“Quel ragazzo non ha ritegno! Prima mi ordina di stare con te perché devo proteggerti, impedendomi di andare con loro, adesso scopro che non ho nulla da proteggere se non la sua totale autonomia di movimento.”
“Non sopporta che le questioni da uomo diventino prerogativa anche di fanciulle poco avvezze all’autocontrollo e alla capacità di dialogo.” Anche Sophia si era alzata e la guardava con gli occhi che le brillavano per il disappunto.
“Stai parlando di te cugina. Io so controllarmi benissimo e riesco a intavolare discorsi anche con un manico di scopa.”
Mentre parlava, Alexandria aveva afferrato una bambolina di stoffa che la principessa teneva sul letto e le stava letteralmente torcendo un braccio.
“Lo vedo, Sandria” disse Sophia togliendole delicatamente la bambolina dalle mani.
“Credo che sia arrivato il momento di dimostrargli il contrario.”
Sophia scattò risoluta verso l’armadio, frugando in mezzo a una pila di vestiti e tirandone fuori uno nero da uomo, simile a quello che indossava Alexandria.
“Un regalo di mio fratello Cain.” Le ammiccò e scomparve dietro a un paravento per cambiarsi.
“Sophia, che diavolo hai in mente? Ho ordini precisi, non posso disobbedire a Gabriel!”
“I tuoi ordini sono di stare con me per proteggermi, dovunque io sia. Quindi non hai altra scelta che seguire me dovunque io vada.
E per combinazione, ho deciso di andare all’incontro coi Vandemberg.”
Sophia, vestita da uomo, i capelli legati sulla nuca, porse ad Alexandria un mantello nero con un cappuccio e ne indossò uno identico sulle spalle.
“Sbrighiamoci adesso. Non è buona educazione fare aspettare degli ospiti tanto illustri.”

 
****

La notte era mite e senza luna. Con i cappucci calati sul viso e i mantelli che svolazzavano, muovendosi leste tra i vicoli della Vecchia Capitale, nessuno le avrebbe scambiate per una principessa e un Cavaliere della Croce in gonnella.
Vedendole, chiunque le avrebbe confuse per due che avevano qualcosa da nascondere, oppure che volevano nascondersi da qualcuno.
In realtà sarebbero state esatte entrambe le supposizioni.
Nascondevano il fatto che in quel momento avrebbero dovuto essere a letto, al sicuro nella Reggenza; si nascondevano dagli occhi indiscreti di coloro i quali le avrebbero potuto riconoscere.
Sophia era eccitata. Pregustava il momento in cui avrebbe sorpreso Gabriel facendo il suo ingresso trionfale al Coppelius.
Alexandria era agitata. Aveva disobbedito agli ordini, anche se tecnicamente non aveva lasciato il suo posto al fianco di Sophia.
L’unica cosa positiva era che alla fine sarebbe stata presente anche lei all’incontro, come doveva essere fin dall’inizio.
Nessuna delle due parlava, divorate da quei pensieri. Ogni tanto udivano delle risa e dei rumori di vetri rotti, probabilmente bottiglie vuote che si frantumavano dopo essere state svuotate da studenti ubriachi e abbandonate al loro destino.
Erano quasi arrivate al Coppelius quando si imbatterono in un gruppetto di loschi individui. Avevano preso di mira un giovane di bell’aspetto, alto, biondo e molto ben vestito.
“Accidenti” disse Sophia, fermandosi.
Alexandria la spinse dentro la rientranza di un portone.
“Perché ti sei fermata? Siamo quasi arrivate!”
“Conosco quel tipo, l’ho visto moltissime volte a casa del mio tutore.”
“Chiunque sia, è davvero nei guai. Quei tipi non mi sembrano molto amichevoli. Dobbiamo andare Sophia. Sono certa che se  la caverà.”
Sophia annuì e Alexandria stava per spingerla fuori quando il giovane urlò indignato “Voi non sapete chi sono io!”
Uno dei balordi lo strattonò, canzonandolo.
“No, non lo sappiamo ma sono sicuro che il signorino muore dalla voglia di dircelo.”
Si rivolse al resto della combriccola, sputando a terra e sghignazzando, seguito dalle risate sguaiate di tutti gli altri.
Le due ragazze rimasero immobili nel loro nascondiglio. Alexandria aveva voglia di imprecare, le venivano in mente parecchie frasi che aveva ascoltato dai soldati durante gli addestramenti. Erano così abituati alla sua presenza che ormai non facevano più caso al fatto che fosse una ragazza.
Strinse forte il braccio di Sophia e bisbigliò preoccupata “Si mette male! Ho un terribile presentimento. Dobbiamo andarcene da qui.”
“Il mio nome è Gareth Eldrige! Avete davanti il Duca della Chiave, razza di canaglie!”
Alexandria sussultò. “Sophia, quello è il Duca della Chiave?”
Sophia annuì “Te l’ho detto che lo conoscevo.”
“Ma non mi hai detto che era il Duca della Chiave!” Disse Alexandria, pizzicandole un braccio.
Sophia soffocò un grido e le rispose restituendole il pizzico sulla coscia.
“Tu non me lo hai chiesto e poi non sembrava importartene granchè.”
Avrebbero potuto continuare così per un bel po’ se non avessero visto il luccichio delle spade sguainate all’indirizzo della gola del malcapitato giovanotto. Sophia trattenne il respiro, temendo il peggio. Alexandria, senza perdere tempo, sguainò la spada e si fiondò fuori. “Non ti muovere, Sophia. Qualunque cosa accada rimani nascosta.” Diede le spalle alla cugina e scomparve nella mischia.

 
****

Sophia non si rese subito conto di quello che stava succedendo.
Le ci volle qualche secondo per  capire che la cugina l’aveva lasciata da sola per affrontare quei balordi.
Aveva sempre pensato di essere lei la più impulsiva tra tutte le cugine, lei quella che non pensa mai alle conseguenze delle sue azioni, lei la spericolata del gruppo.
Si sporse dal suo nascondiglio quel tanto che bastava per vedere come se la cavavano Alexandria e Gareth, mettendo  in moto il cervello per trovare il modo di aiutarli a uscire fuori da quell’impiccio.
Alexandria e Gareth si davano le spalle l’un l’altra, fronteggiando il nemico che li aveva circondati con le armi in pugno.
Brandivano pugnali e daghe e li sventolavano minacciosamente sotto il naso dei due giovani, intimidendoli e insultandoli. Alexandria, il cui viso era ancora celato dal cappuccio nero, era l’unica armata. Impugnava salda la spada, mantenendo il corpo in equilibrio, cercando di avere occhi ovunque e tenendo alta la guardia.
Gareth continuava a ripetere ai suoi aggressori che si stavano mettendo davvero in guai seri e che meglio avrebbero fatto se li avessero lasciati andare illesi. Solo così le conseguenze della loro scelleratezza sarebbero state minime.
Sophia non capì se il Duca della Chiave stesse bluffando o era veramente convinto che quegli uomini li avrebbero lasciati scappare senza torcere loro un capello.
Il fatto che Gareth non smettesse di informarli dell’importanza della loro preda, la fece tragicamente optare per la seconda ipotesi.
Lei e Alexandria si erano messe davvero in un bel guaio: doveva cercare aiuto e in fretta. Contravvenendo alle raccomandazioni della cugina,
sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio e svicolò non vista in mezzo a due edifici divisi da un carruggio angusto che la fece sbucare dall’altra parte dell’isolato.
Non perse tempo e corse a perdifiato in direzione del Coppelius.
 
 ****

“Smettetela di gridare il vostro prezioso nome. Non vi lasceranno andare più facilmente, milord!” Sibilò Alexandria a denti stretti a un esterrefatto Gareth che faticava a capire come mai fosse ancora sotto la minaccia del ferro di quei rozzi individui.
“Non è colpa mia se non frequentano l’alta società e non conoscono la gente che conta. Peggio per loro! Io li ho avvertiti che finiranno male per ciò che mi stanno facendo. Per chi mi hanno preso? Io…
“Sono il Duca della Chiave, lo abbiamo capito perfettamente!” Alexandria, esasperata, finì la frase per lui.
“Dobbiamo trovare il modo di svignarcela prima che ci facciano a fette. Sapete usare un’arma?”
Gareth emise un sospiro lamentoso e Alexandria capì che le uniche armi che il Duca era avvezzo a usare ferivano solo il cuore delle fanciulle.
Ciò nonostante gli passò la sua spada e con un gesto fulmineo si portò la mano destra al fianco e una lama dalla splendente luce azzurra si materializzò tra le sue dita.
Gareth si fece animo e cominciò a muovere la spada come se stesse falciando dell’erba. I gentiluomini che li circondavano scoppiarono in una risata fragorosa. Se la prendevano comoda, erano in netta maggioranza e loro due erano una preda più che facile.
“Se usciremo vivi da questa disavventura obbligherò mio fratello Stephen a insegnarmi a tirare di scherma.”
“Fermi!” Come pezzi di un ingranaggio che si blocca se il meccanismo di inceppa, a quella voce l’accozzaglia di malandrini si fermò. Un uomo basso e tarchiato con un occhio bendato, simile a un pirata anche nell’abbigliamento, si fece strada tra di loro fino a Gareth.
Lo squadrò dalla testa ai piedi e poi gli sorrise beffardo.
“Avete detto di chiamarvi Gareth Eldrige e di avere un fratello di nome Stephen, è così?”
Alexandria guardò l’omuncolo che evidentemente doveva essere il capo della banda e poi guardò Gareth che, lieto che finalmente qualcuno avesse riconosciuto il suo nobile lignaggio, aveva abbassato la spada e sorrideva sollevato all’indirizzo del nuovo venuto.
“Sono io in persona.” Accennò a un lieve inchino mentre Alexandria lo urtò bruscamente da dietro, facendogli perdere l’equilibro.
Gareth la guardò con molto disappunto finchè l’omuncolo non gli si fece ancora più vicino.
“Conosco bene vostro fratello”,disse mostrando un sorriso sdentato. “E’ un ladro e un imbroglione. Bara a carte e mi ha rubato un mucchio di monete d’oro.”
La sensazione di sollievo che Gareth aveva provato scomparve più velocemente di un battito di ali di una farfalla.
“Sono certo che vi state sbagliando, milord!” Disse Alexandria con la spada ben stretta tra le due mani.
“Credo che non si sbagli”, disse Gareth, vanificando puntualmente ogni tentativo di salvargli la pelle da parte di Alexandria.
“Ma insomma, Duca! Ma voi da che parte state?”
Alexandria era stufa. Aveva lasciato sola Sophia, disubbidendo agli ordini di Gabriel,  per soccorrere quel tipo che attirava guai come il miele attira le api.
Ormai era sicura che se non fosse morta per mano di quei manigoldi, la sua tomba sarebbe stata costruita mattone per mattone da Gabriel e dai suoi cugini.

 
 ****

A un tavolo appartato del Coppelius sedevano due principi, quattro Cavalieri della Croce, due soldati della guardia di Altieres, un medico della Misericordia, un tribuno degli studenti dello Studium della Vecchia Capitale e Gilbert Morgan, a cui quella sera era stato vietato di fregiarsi del titolo di Principe delle Taverne.
Tutti vestiti di nero, sembravano delinquenti della peggiore risma.
“Stuart, come hai fatto a sfuggire alla morsa in cui ti tiene stretto la mia piccola Sophia?”
Bryce Vandemberg scrutava Gabriel Stuart come se fosse depositario di un segreto che, se svelato, avrebbe risolto tutti i misteri legati al genere femminile.
Gabriel si limitò a scrollare le spalle.
“E’ molto semplice. Non gliel’ho detto.”
“Il delitto perfetto!”, commentò Axel, divertito.
“Non me la bevo, Gabriel!” Julian conosceva molto bene sua sorella Sophia. “Scommetto che l’hai rinchiusa in camera sua con un un esercito di guardia dietro la porta.”
“Dov’è Alexandria?” Azzardò Jordan, rivolto ai gemelli Sinclair.
I due si scambiarono uno sguardo complice e sorrisero scrollando le spalle, come prima aveva fatto Gabriel.
Era la risposta che Bryce stava aspettando.
“Stuart devo ricredermi su di te. Sei più intelligente di quello che sembri!”
“Spieghereste anche a noi di che diavolo state parlando?” Indicando se stesso e Gilbert, perplesso quanto lui, Ross Granville stentava a seguire il filo del discorso, la qual cosa non era per nulla una novità.
“Capisco che tu voglia tenere fuori Sophia, ma Alexandria è pur sempre un Cavaliere.” Julian prese le difese di Alexandria che aveva imparato a conoscere dopo che la Croce aveva legato i loro destini di Cavalieri.
“E’ vero. Alexandria è un Cavaliere.” Jerome,che non aveva aperto bocca fino a quel momento, stava per rivelare un segreto sconvolgente.
Tutti si prepararono a sentire quelle parole che li avrebbero turbati per sempre.”Ma prima di tutto è una…donna.” Calcò la voce su quella parola e sospirò sconsolato.
Tutti annuirono,scambiandosi sguardi compassionevoli.
Se Alexandria fosse stata presente a quell’incontro, Sophia avrebbe saputo ogni cosa prima ancora che Gabriel avesse avuto il tempo di  stringerla tra le braccia e baciarla. Dopotutto, era del loro fidanzamento che avrebbero discusso quella sera e sarebbe stato impossibile pianificarlo con la diretta interessata, la quale avrebbe preteso di coinvolgere le cugine e quelle avrebbero scomodato tutti i santi pur di renderlo un evento memorabile.
Invece doveva essere un segreto.
Strani movimenti erano stati registrati a Nalvalle, terra remota e selvaggia, le cui intenzioni nei confronti di Sophia si stavano dimostrando vaghe e sfuggenti. No, il fidanzamento doveva avvenire senza clamore, tra pochi intimi, sotto la stretta sorveglianza dei Cavalieri della Croce e la protezione di Aldenor.
Dopo quelle terribili rivelazioni, la compagnia degli uomini in nero, sotto la guida di colui che aveva passato gran parte della sua vita a progettare la cerimonia della propria dipartita e che quindi era stato nominato organizzatore capo dell’evento, discuteva di come trasferire Sophia ad Altieres, dove si sarebbe svolta la cerimonia, garantendo la segretezza del viaggio.
Mentre Gilbert illustrava la possibilità di muoversi via mare, utilizzando una piccola nave di proprietà della sua famiglia, una strana sensazione si impadronì di Gabriel. La spalla cominciò a pulsargli nel punto in cui la Croce gli ornava la pelle. Si alzò di scatto, facendo cadere la sedia e lo stesso fecero Jerome, Julian e Jordan. Vedendo la loro reazione tutti rimasero sconcertati.
Anche i gemelli balzarono in piedi, intuendo cosa stavano per dire i quattro Cavalieri: le armi della Croce erano state richiamate da uno di loro.
“Sophia!” gridò Gabriel. E come richiamata da una preghiera, la principessa di Altieres fece il suo ingresso nell’angusto locale, vestita da uomo, coi capelli scarmigliati e il fiato grosso, guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno.
Si fece spazio tra i tavoli che le ingombravano il passaggio e fece gli ultimi passi verso Gabriel quasi volando.
Lo strinse forte a sé e disse. “Alexandria!”
 
  ****

“Non sarebbe una cattiva idea se segnassimo qualche punto a nostro favore, Milord!”
“Giovanotto, sembrate molto più bravo di me a questo gioco. Vi lascio la prima mossa.”
Gareth riprese l’arma in pugno e, serrandola saldamente tra le mani, cominciò a imitare i movimenti e il portamento del suo compagno di sventura.
Finalmente un minimo di luce aveva attraversato quel sentiero buio che era la sua mente.
Alexandria si fece animo e con uno scatto improvviso balzò sul capo banda, il quale, sicuro della protezione dei suoi uomini, era impreparato all’attacco. Lei lo prese alla sprovvista, lo afferrò per le spalle da dietro e gli appoggiò la lama della spada sotto al mento.
“Lasciateci andare e la sua testa resterà sul suo collo”, disse Alexandria con la voce più ferma che potè.
Doveva sembrare decisa e non far trapelare che in realtà stava morendo di paura e le tremavano le ginocchia.
Sapeva di avere la forza della Croce dalla sua parte ma fino ad allora non si era trovata in una situazione tanto pericolosa, non da sola almeno.
Dov’erano i suoi cugini? Dov’era Gabriel? Era diverso sapendo che c’erano loro a coprirle le spalle e a proteggerla se si fosse trovata in difficoltà.
“Ma che diavolo…” Gareth la guardava a bocca aperta e quando i suoi occhi si spostarono sul resto della banda, vide nei loro visi, dapprima sorpresi, un certo sollievo misto a ilarità.
“Voi non siete un uomo!”
Solo allora Alexandria si accorse che il cappuccio le era scivolato giù, lasciando scoperto il bellissimo viso e la lunga treccia color cioccolato.
“ Non sono un uomo”, disse Alexandria, stringendo più forte la preda tra le braccia e pressando più forte con la lama la gola.
“Ma ho una spada e ho in ostaggio il vostro capo. Lasciateci andare e non dovrete cercarvene un altro.”
Gli uomini risero e, preso coraggio, le si avvicinarono minacciosi.
“Io non lo farei se fossi in voi.”
Alexandria avrebbe riconosciuto quella voce tra un milione.
Gabriel, affiancato da Jerome, Julian e Jordan, armati e pronti allo scontro, erano comparsi all’improvviso dal nulla.
Dietro di loro i gemelli Sinclair spalleggiati da Ross Granville e Gilbert Morgan. Alle loro spalle, in una posizione più riparata, c’erano i principi Vandemberg, che tenevano Sophia stretta tra di loro, e Stephen Eldrige che scattò verso il fratello per tirarlo via dalla mischia.
Quando quei delinquenti di basso rango capirono con chi avrebbero dovuto vedersela, girarono sui tacchi e si dileguarono nel dedalo di viuzze che li circondava, lasciando il loro capo in balia dei nuovi arrivati.
“Lasciatelo a noi, milady.” 
Alexandria allentò la presa sul bellimbusto che aveva in ostaggio e lo lasciò alle premurose cure di Gilbert e Ross, sollevata.
“Guarda, Steph! Lo riconosci?”
Mentre veniva allontanato per essere rinchiuso in prigione, l’uomo guardò Stephen è sputò a terra, vicino ai suoi piedi.
Sophia si divincolò dalla stretta del suo tutore e corse ad abbracciare Alexandria.
“Mi dispiace averti lasciato da sola. Ho pensato solo a come poterti aiutare.” La teneva stretta e le accarezzava i capelli.
“Sto bene, cugina. Se non fossi corsa da Gabriel non so come sarebbe finita. Grazie, Sophia.”
“Se foste rimaste alla Reggenza, come io avevo ordinato, tutto questo non sarebbe successo.”
Alexandria sapeva che la sfuriata di Gabriel sarebbe stata impossibile da evitare, come anche una punizione esemplare.
Scostò delicatamente Sophia che non accennava a lasciarla andare e chinò gli occhi di fronte a Gabriel.
“Mi dispiace, Gabriel. Ho deliberatamente disubbidito ai tuoi ordini.”
“Non è per nulla vero”, si intromise Sophia. “Alexandria non ti ha disubbidito. Ha seguito me. Prenditela con me!”
Gabriel spostava lo sguardo dall’una all’altra, mille espressioni gli erano passate sul volto: il terrore nel vedere la cugina sotto scacco,
il sollievo nel vederla salva, la collera per il gesto sconsiderato che aveva messo in pericolo la sua vita e quella di Sophia.
“Non adiratevi con lei, Stuart. Se non fosse stato per lei io non sarei qui a parlare con voi.”
Gareth Eldrige si era avvicinato a loro, gli occhi verdi gli brillavano e aveva un sorriso imbarazzante, perché era impossibile non fissarlo talmente era bello.
Prese delicatamente la mano di Alexandria e gliela baciò, poi la guardò negli occhi e le disse: “Grazie, milady. Con la vostra spada avete trafitto il mio cuore.”
Alexandria pensò che sul trafiggere aveva ragione, ma non su ciò che aveva trafitto. Il cuore non assomigliava all’orgoglio di un uomo messo in ridicolo da una fanciulla con la spada.
“Sono lieta che stiate bene.” Gli sorrise, sfilando la mano dalle sue.
“Mi dispiace, Duca, di essere una donna. Farò in modo di non ripetere più lo stesso errore.”
Detto questo, si voltò e corse dai suoi cugini ansiosi di stringerla tra le braccia, lasciando Gareth con l’amara sensazione di non aver fatto colpo su una donna, per la prima volta nella sua vita.



L’angolo dell’Autrice.
Alexandria Mayfield è il mio personaggio, mio in quanto ne vesto i panni e in quanto, parlando di lei, parlo a volte di me.
Trovo che sia il personaggio jolly di Black Friars, l’unica donna Cavaliere della Croce che ha gli stessi poteri dei suoi colleghi maschi ma ha in più il vantaggio enorme di essere una donna.
Ho scritto questa ff pensando a questo e prendendo spunto da una conversazione con la mia Regina Anna e su come lei vedesse l’evolversi di questo personaggio in BF (Lav, grazie!)
Un grazie enorme al mio amore Gareth che mi incoraggia sempre e che mi leggerebbe anche se scrivessi l’elenco del telefono.
Grazie a Justin (parabatai, sono una piattola, lo so!) e a Bryce (Twin, adoro i tuoi pareri personali XD) che tormento impunemente, a Belladore per la consulenza su BF (Bells, prometto che non cercherò più di dare fuoco ai tuoi capelli :P) e a tutti coloro che mi hanno letto.
Alex
 
   
 
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