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Autore: Fantfree    12/01/2014    5 recensioni
In un futuro indefinito, gli uomini hanno creato una realtà virtuale quasi fantastica, Utopia, dove tutti i desideri si possono realizzare. Ma gli utenti che vi accedono sono troppi e stanno per fare andare in tilt il sistema. Così, l'organizzazione mondiale decide di compiere un passo molto azzardato: con una banale scusa, Utopia verrà cancellata per sempre. Ed i programmi viventi al suo interno saranno definitivamente eliminati. Compreso Deric. Ma quando crede che tutto sia finito, si risveglia in una sala piena di persone e si accorge già che qualcosa non va: la realtà virtuale non si sta depixelizzando a suo piacimento. Tenuto in quella tenuta insieme a tanti altri, organizzerà una rivolta verso coloro che si fanno chiamare "dottori" per scoprire qualcosa di più sulle loro tristi condizioni. Purtroppo, non tutto va come previsto e Deric verrà caricato su un elicottero pronto a raggiungere una destinazione ignota. Sarà lì che conoscerà Marshall, una creatura umanoide geneticamente modificata diventata cyborg a causa dei continui esperimenti subiti sul suo corpo. Insieme progetteranno una fuga e scapperanno in una città, dove finalmente Deric potrà riabbracciare Margaret... Ma sarà lì che scoprirà il suo triste destino... Quello di essere un androide...
Genere: Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Questa è la prima storia fantascientifica che scrivo, spero che vi piaccia!





DROID













<< Oggi è l'ultima volta che ci vediamo. >> Mi disse lei piangendo e abbracciandomi.
<< Ah, sì, per quella stupida protesta che ci impone di non vederci più. Noi e voi reali. >> Le risposi io altrettanto triste.
<< Qui avevo trovato tutto ciò di cui avevo bisogno, possibile che quella stupida protesta ormai legge da domani imponga di non... >> Si interruppe. Rimasi in silenzio perchè doveva soffrire molto.
<< Mi dispiace ma non ho più molto tempo. >> Disse lei voltandosi per non farmi vedere il suo volto triste. Voleva che di lei rimanesse un bel ricordo. Ma ricordo per me in quel momento così critico non poteva più essere niente da un momento all'altro.
<< E di noi altri che cosa ne sarà? >> Sapevo che era finita, che non c'era più niente da fare. A noi era permessa la speranza per credere in un progresso migliore ma ora?
In quel momento si aggrottò. Poi pianse molto forte. Ascoltai quei suoi ultimi lamenti di dolore e rimasi zitto. << Mi dispiace ma è finita. >> Poi si buttò a terra.
No, per me non c'era niente da fare, ero intrappolato lì ma sapevo che per lei c'era ancora una speranza. E sapevo che se fosse rimasta lì avrebbe potuto fare una brutta fine.
<< Ora va' e ricordati di me. >> Le dissi abbracciandola.
<< Per sempre. >> Mi rispose lei in lacrime. Poi sentimmo la voce principale che diceva: “I gamers sono pregati di abbandonare la sede entro cinque minuti.”
<< Hai sentito? Ora vai o rischi di scomparire per sempre. >> Le dissi con lo sguardo basso.
<< Dammi un buon motivo per tornare alla mia vita normale! >> Mi chiese lei.
<< Lì hai tutto. Una casa, una famiglia, degli amici veri. Qui lo sai che non è sicuro niente. >> Le risposi anche se non sapevo del tutto com'era la sua realtà.
<< NON ME NE VADO! >> Mi rispose lei.
<< Sì che devi invece... >> La incitai. << Va' e ricordati di me. Devi farlo. >>
<< Lo farò se tu mi prometti che ci sarai. >>
<< Ci sarò, sempre, lì dentro. >> Le risposi toccandole il cuore.
<< Ma io voglio rivederti! >>
<< Mi dispiace. >> Le dissi a malincuore. << Ricordati della prima parola che mi hai detto quando ti ho visto, il nostro team. >>
<< Opale... >> Rispose lei.
<< Sì, opale. E quando lo pensi pensa a me e io ci sarò. >> Poi ripresi. << Ora va' e vivi. >>
<< Ti prego, ho bisogno di te... >>Mi disse lei piangendo.
<< So che lo farai. A... A-... >> Non riuscii a finire quelle parole. Ma poi mi feci coraggio << Addio per sempre, Ma... >> No, Mae ora no. Volevo ricordarla con il suo vero nome e quindi aggiunsi: << Addio, Margaret e abbi cura di te. >>
<< Lo farò. >> Poi si sconnesse. Il mio ultimo ricordo della sua figura fu proprio quello. Piangeva. Ma potevo capirla.
Attorno a me molti programmi camminavano ignari della situazione. Solo chi aveva avuto l'influenza con le persone reali ne era al corrente. E io ero uno di quelli.
<< Deric? >> Mi sentii toccare una spalla. Mi voltai.
<< Ciao, Luke, amico mio. >> Dissi abbracciandolo perchè quella era l'ultima volta che ci vedevamo.
<< Purtroppo va così. Oggi ci disconnettono. >>
<< La macchina che ci ha creati è un potente software programmato dagli uomini per rendere il più simile possibile il mondo dei sogni. Ognuno di noi ha una pseudomemoria ed una pseudovita ma ragioniamo di testa nostra. >>
<< Sì, lo so perchè noi lo proviamo davvero ma gli uomini credono sul serio che questo sia tutto il frutto della macchina. Non hanno capito che cosa sono riusciti a fare, fino a dove sono arrivati creando una dimensione a loro comando... >> Sospirai << Dopo aver avverato i loro sogni ci lasciano così, dicendo che tutto questo è surreale e che causa danni a coloro che ormai la vita ce l'hanno completamente qui dentro. >>
<< Già è vero. Ma che cosa ne sarà...? >> Si interruppe ma capii lo stesso. Era molto stressato, poverino, ma lo ero anch'io.
<< Non lo so, ti giuro che non lo so e nemmeno Mae... >> Mi corressi << Margaret lo sapeva. >> Sospirai. E la sua immagine triste mi condizionò quegli ultimi momenti.
<< Tornerà a casa distrutta, immagino. Come tutti coloro che ormai si erano affezionati alla nostra realtà virtuale, Utopia. Avevamo avverato i loro sogni ed i loro desideri più inconsci. Noi non abbiamo mai desiderato niente. >> Mi disse. Ma riguardo ai desideri si sbagliava. Era esasperato, lo so e così non dissi nulla. In effetti a noi programmi proprio come agli umani era concessa l'immaginazione e la voglia di desiderare perchè così la macchina creava dei nuovi orizzonti e delle nuove applicazioni del gioco per tutti coloro che immaginavano qualcosa. Ma chiamarlo semplicemente gioco era sbagliato. Infatti era molto di più. Metteva in contatto delle persone molto distanti fra loro, ti faceva conoscere degli sconosciuti oppure potevi stare con chi volevi tu. Era proibito però creare dei programmi con la propria fantasia. A quello ci pensava il software che per ogni nuova occasione si inventava dei nuovi soggetti. Ed il motivo di questo fatto era abbastanza comprensibile: nessuno poteva plasmare degli amici con l'aspetto fisico ed il carattere che desiderava perchè poi sarebbero stati “schiavi” dei loro creatori. Se proprio non se ne poteva fare a meno si andava a fare richiesta anche se l'attesa della prenotazione era di mesi ma non ne era il caso poiché il più delle volte la richiesta non veniva accolta eccetto alcuni casi estremi e fortunati.
Capitava così di ritrovarsi sempre davanti a degli sconosciuti e se stabilivi con loro un rapporto li avresti potuti incontrare quando loro avrebbero voluto. Quel gioco, Utopia, aveva infiniti orizzonti, infinite dimensioni che ogni volta venivano create e distrutte a piacimento. Le più bizzarre? Beh, una volta ho visto delle intere montagne sospese grazie a grossi pilastri di acciaio che sostenevano un basamento dello stesso materiale, altre volte invece ho visto nuotare dei pesci nella sabbia del deserto e sguazzarci dentro poiché era non era fissa ma fluida come l'acqua; anche dell'acqua che aveva la resistenza dell'aria, non potevi nuotarci dentro perchè saresti caduto a fondo come cade un masso dall'ottavo piano. Questa era abitata da strane creature squamate volanti... Oppure il concerto fatto mentre si cadeva o negli scivoli d'acqua... Quella volta sì che è stato divertente ascoltare la musica... Ma adesso... Beh, ci stavano togliendo il nostro mondo, la nostra dimensione.
<< E allora che cosa vorresti come ultimo desiderio? >> Gli domandai io per farlo sentire un po' più sollevato.
<< No, è impossibile. >> Mi disse lui straziato.
<< Fa niente, tu dillo. Se ora tiri fuori ciò che hai dentro, ora che sta per finire tutto, fai la miglior cosa. >> Gli risposi io.
<< Vorrei tanto accedere alla realtà, capire che cosa sia, osservarla con i miei occhi. >> Poi aggiunse: << Ecco, te l'avevo detto che era impossibile. >>
In effetti lo desideravo tanto anch'io. Non era la prima volta che mi veniva in mente quella voglia ma mi accontentavo di ciò che mi raccontava Margaret. Da come la descriveva lei sembrava un mondo con persone che lavoravano, che discutevano e che arrivavano a casa la sera stremate. Forse quella era una reazione alla sua vita insoddisfacente. Devo dire che lei era un po' pessimista. Per questo era entrata a far parte del gioco: per trovare ciò che nella realtà non poteva. Non parlava molto spesso della sua vita reale: sapevo che aveva due fratelli, uno maggiore ed uno minore, sapevo che era studente ma non ho mai capito dove fosse cresciuta e dove stesse vivendo.
Mentre Luke faceva le sue riflessioni vidi una figura che mi pareva famigliare: << Ehi, ma quello è Dave! >> Urlai andandogli incontro. Mi stupii che fosse ancora lì, poiché Dave era umano.
<< Che ci fai qui, Dave? È pericoloso! >> Gli disse Luke che mi seguii.
<< Mi dispiace ma io da qui non me ne vado. >> Rispose lui.
<< Ma devi farlo! >> Cercai di convincerlo.
<< Il fatto è che io qui ci ho costruito la mia vita e se me ne vado la distruggo. Se devo morire lo farò qui, con il più bel ricordo esistente. >>
<< Ma... Noi siamo solo ologrammi! >> Gli dissi a malincuore.
<< No, siete molto di più. Grazie, amici per avermelo insegnato. >> In quel momento mi raggelò il cuore. Ma che cosa avevamo fatto? Avevamo reso delle persone
così schiave del nostro gioco! Ma quello era il nostro compito, il compito di tutti i programmi.

<< Senti, vattene o non avrai più tempo a disposizione. >> Gli gridò contro Luke. Era per il suo bene. Io al suo posto lo avrei fatto. Ma non potevo e dovevo affrontare il mio destino. Lui invece stava scegliendo di rischiare grosso!
<< NO! >> Rispose lui.
In quel momento la voce parlò : << A tutti coloro che sono rimasti nel gioco ormai non c'è più tempo a disposizione, siamo spiacenti. Fra pochi istanti il gioco verrà chiuso definitivamente. >>
In quel momento attorno a me sentii il panico: c'era gente che gridava che non voleva morire, altri che si salutavano per l'ultima volta...
<< Dave, sei sicuro di ciò che hai fatto, vero? Del tuo corpo non rimarrà traccia perchè intrappolato in questo gioco. >> Gli dissi io. Ero anch'io nel panico ma cercai di mantenere la calma.
<< Sì, io non ho paura. >> E poi aggiunse: << Sarà quel che sarà. >>
Una persona qualsiasi gli avrebbe dato del pazzo ma io riuscii a capirlo: la sua vita non sarebbe più stata la stessa senza il gioco e così aveva deciso di goderselo tutto fino all'ultimo istante.
<< Guardate! >> Urlò una persona dietro di noi indicando una grossa nube nera fatta di numeri e pixel che stava divorando tutto.
<< Omioddio! >> Urlò Luke. << E adesso che si fa? >>
<< Correte! >> Urlai. Così scappammo in preda alle nostre fatiche, corremmo per vivere gli ultimi istanti, poiché c'era una voce dentro che ce lo imponeva. Ma non servì a nulla. In poco tempo fummo inglobati là dentro, in un buco nero che divora tutto quanto. Vidi scomparire la mia mano, il mio braccio, il mio piede, la mia gamba... Pian piano tutto il corpo. Mi domandai che cosa ne sarebbe mai stato di noi e poi pensai a Margaret, lei era mia amica ma sentii in quel momento che poteva essere qualcosa di più. Desiderai di vedere la realtà e di arrivare da lei per dirle: “Sono qui, è tutto a posto, va tutto bene. Non è successo nulla. Lo vedi che ho rispettato la promessa?” In quel momento mi uscì una lacrima e fu l'ultima cosa che ricordo della mia vita ad Utopia. Poi fui dematerializzato completamente, inglobato. Non fui più nulla. O almeno così credevo.





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