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Autore: iloveroseandrosie    13/01/2014    0 recensioni
Cosa dovrei fare se la mia compagna di stanza del college è bellissima, dolcissima e sembra anche che io le piaccia? Ovviamente, la maggior parte di voi dirà: "Cosa aspetti?! Buttati tra le sue braccia!".
E perché no, in fondo siamo al college, a Los Angeles, la città che ha il maggior numero di bar e locali LGBT, più di così cosa posso volere?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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UCLA, University of California, Los Angeles.

Non appena scendo dalla macchina, vengo travolta da una folla di gente che sembra andare un po’ dappertutto, senza una meta precisa. “La mia vita universitaria comincia oggi”, penso tra me e me con un sentimento misto a terrore ed eccitazione.

Sentendomi un attimino spaesata, mi chino e faccio per tirare fuori da borsa dalla macchina dei miei che gentilmente, con la scusa di salutare un’ultima volta la loro piccola bambina che se ne va all’università, mi hanno portata fin dentro la mia stanza pretendendo di conoscere la mia coinquilina. Cari.

Attraversiamo quindi il grande campus, dove mi sembrano tutti un po’ persi ma stranamente così a loro agio in quell’ambiente che calmano pure me. Entriamo nel nostro dormitorio, o almeno credo. Saliamo un piano di scale e arriviamo davanti alla porta C18, la mia stanza.

Da un lato avevo così tanta paura di entrare e scoprire chi fosse la mia compagna di stanza, ma dall’altro ero super eccitata! Dopo essere stati una buona manciata di secondi davanti alla porta, sento mio padre che, impaziente, dice: “Ci diamo una mossa, Kat? Ho la macchina parcheggiata in doppia fila e ho visto un po’ di poliziotti qui fuori!”, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte di mia mamma. Mio padre non è mai stato molto, come dire… “sentimentale”. Lui ama le cose fatte velocemente e senza troppe smancerie, anche se dentro di lui è completamente l’opposto.

Faccio un profondo respiro, prendo la valigia, apro la porta e… sono dentro. La stanza non è grandissima, ma per essere in due può andare bene. Volevo conoscere la mia coinquilina, la persona con la quale avrei diviso, o almeno lo speravo, la maggior parte delle mie avventure da matricola. Però non era in stanza. Anzi proprio non era arrivata, la stanza, a parte il mio borsone, le mie valigie e i miei genitori, era vuota.

“Bene, penso che possiate tornare alla macchina ora, così mi sistemo bene, magari mi faccio una doccia, e poi vado a vedere un po’ le persone come sono qui”, dissi ansiosa di mandarli via, prima che mi facessero fare figuracce come erano soliti fare.

Dopo baci, bacini, bacetti, abbracci, lacrime (da parte della mamma, intendiamoci) e raccomandazioni (della serie “non parlare con gli sconosciuti”), riesco finalmente a farli andare via. Non che non gli voglia bene, anzi! Ma stavano cominciando a diventare un po’ opprimenti, e poi ad un certo punto se ne dovevano comunque andare, quindi tanto vale farlo adesso che non hanno ancora causato danni a nessuno. Specialmente alla mia reputazione.

Vedendoli andare via dalla mia finestra, che ho scoperto dare sul campus, ho un attimo di panico. Cosa faccio qui da sola? Come devo comportarmi? Cosa dovrei fare ora?
Non conosco nessuno!

Per non farmi prendere dall’ansia mi metto a disfare le valigie. Finite le prime due, sento qualcuno fuori dalla porta che faticava ad aprirla. Pensando che fosse la mia coinquilina (della quale non so neanche il nome), corro ad aprirle. Peccato che si fosse appoggiata alla porta per cercare di far pressione e aprirla non usando le mani avendole impegnate a reggere mille borse, e così me la ritrovai tra le braccia.

Mi sentivo terribilmente in imbarazzo, quanto sono stupida! Cercando di rimediare all’accaduto, le dico che pensavo di aiutarla aprendola, ma che evidentemente non avevo fatto che peggiorare la cosa. Lei, molto dolcemente mi risponde: “Ma no figurati, solo che non sapevo come aprirla senza mani e se non l’avessi aperta probabilmente mi ritrovi accampata li fuori, haha”.

Era dolcissima. Bellissima. Aveva gli occhi di un colore che non avevo visto neanche nei più bei dipinti, un misto tra verde chiarissimo, azzurro e grigio. Un colore che non avrei neanche potuto immaginare, talmente bello. E la bocca. La bocca era perfetta. Era bellissima, non potevo non fissarla.
La situazione però stava diventando un po’ imbarazzante: io che ancora la reggevo per le braccia, che la fissavo, e lei che aveva smesso di parlare da almeno un minuto e mezzo mi guardava. Mi diedi una scossa, la aiutai a rimettere in piedi, e presi le borse che si era lasciata dietro.

“Quindi tu sei Kat?” mi chiese lei.
“Si, come fai a saperlo?”
“Ho incontrato dei signori molto carini che mi hanno saputo indicare la stanza C18, e mi hanno detto che tu eri già dentro da cinque minuti. Sono i tuoi? Mi sono sembrati simpatici!”
“Haha, e io che pensavo di averla fatta franca non facendoli parlare con nessuno e mandandoli via prima che tu arrivassi! Vabe, sono carini si, ma un po apprensivi…” dissi io mimando il gesto di “che pizza” con le mani.
“Beh, quello mi sa che un po’ tutti i genitori lo sono!”

Decidiamo di mettere a posto le nostre cose, parliamo un po’ di noi, scopro che ha una sorella di 16 anni che va al liceo, un fratello più grande, di 23 anni, che già lavora all’estero, e un cane di nome Sally. Al che mi fa ricordare una cosa…

“Ma non mi hai detto come ti chiami!” le urlo facendo finta di sgridarla, ma sorridendo.
“Haha, vero! Beh io sono Lily, nome del cavolo eh?”
“Non è vero! A me piace! Pensa al mio: Kathryn. Quante persone pensi che azzecchino l’ordine giusto delle lettere? Haha”

Continuiamo a chiacchierare per una mezzoretta, fino a quando lei non decide di farsi una doccia, e io di farmi un giro in corridoio a vedere un po’ i nostri vicini come sono. Non faccio in tempo a mettere i due piedi fuori dalla soglia, che noto un volantino che invitava ad andare all’aperitivo, nel parco del campus, organizzato per le matricole. Torno dentro camera nostra, e urlo a Lily (in realtà alla porta del bagno) di sbrigarsi che dobbiamo andare a quest’aperitivo. Sento un “Ok” da sotto l’acqua della doccia, e comincio a cercare i miei vestiti.

Dieci minuti dopo, sento la porta del bagno aprirsi, e, stupita che Lily abbia finito così presto di lavarsi e vestirsi, mi giro trovandomi davanti a lei in asciugamano. Era magnifica. Il suo corpo poteva fare invidia a qualsiasi modella di Victoria’s Secret, e il suo viso struccato era ancora più dolce di quanto no lo fosse con il filo di trucco che avevo addosso prima. Non posso fare a meno di guardarla, e dalla mia bocca mi scappa un “Sei bellissima” , al quale mi risponde con un sorrisino timido, chiudendosi di nuovo in bagno, ma questa volta lasciando socchiusa la porta. Come se volesse provocarmi.

E beh, non mi sono seduta li davanti a guardarla vestirsi, ma una sbirciatina ogni tanto l’ho data.

Wow.
  
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