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Autore: Ayumi Yoshida    14/01/2014    1 recensioni
(Future!fic)
“Quando ho visto Miura piena di sangue, è strano, è paradossale, io ho visto te al suo posto.”
(Yamamoto/Gokudera, slightly Tsuna/Haru)
- Terza classificata al contest "Seme vs uke - lotta per la verginità" di HigurashiShinko -
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, G, Haru Miura, Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: Ayumi Yoshida

Titolo: La persona importante

Fandom: Tutor Hitman Reborn

Rating: giallo

Generi: introspettivo, angst, romantico

Avvertimenti: one shot

Introduzione:  (Future!fic)

“Quando ho visto Miura piena di sangue, è strano, è paradossale, io ho visto te al suo posto.”

Note: questa fic partecipa al contest "Seme vs  uke  - lotta per la verginità" di HigurashiShinko ^^

 

 

Oggi è un giorno speciale, Tsuna lo sa, e le sue mani sudate continuano costantemente a ricordarglielo. Haru, che cammina accanto a lui quasi saltellando, sembra splendere della luce fortissima del sole e continua a sventolarsi con la mano sorridendo. Fa caldo, è un giorno estivo come un altro, ma in qualche modo è diverso: Tsuna ha deciso.
Avrebbe da rimproverare mille cose a Reborn per il passato, ma comincia a pensare di nuovo che non può farlo per averlo praticamente costretto a diventare un boss, perché ha permesso a Haru di giocare ad essere la sua sposa per tutto quel tempo, e gli scoppia quasi il petto. Oggi glielo chiederà davvero, gli chiederà di diventare sua moglie, di vivere per sempre nella nuova tenuta in cui si sono trasferiti che gli sembra sempre così vuota, mancante di qualcosa. Hanno superato entrambi i vent'anni, può farlo. Ed è certo che lei accetterà, perché non gli è mai sembrata tanto felice come adesso.
“Haru...” sussurra, e all'improvviso tutta la confidenza e la sicurezza che ha acquisito in tutti questi anni sembrano venire meno. La ragazza si volta verso di lui e il suo sorriso divertito lo inonda, i suoi occhi scintillanti lo affogano piacevolmente. Le prende una mano nella sua in silenzio e la stringe. “Haru, io...”
Uno sparo. Tsuna s'irrigidisce e tende le orecchie, ormai gli succede spesso da quando è diventato boss, il suo corpo reagisce quasi immediatamente di fronte al pericolo e salta davanti a quello di Haru, frapponendosi tra lei e la casa. Non si vede fumo provenire dalle finestre, non è stato uno dei suoi a sparare.
“Haru, stammi dietro!” le ordina, ma ode un altro sparo, gira leggermente la testa verso di lei, e sente il corpo della ragazza accasciarsi sul suo, qualcosa di umido e appiccicoso tra di loro. Le loro mani ancora intrecciate sono piene di sangue, il sangue di Haru gli inzuppa la camicia.
“Haru... Haru! Gokudera, Yamamoto!” grida con tutto il fiato che ha per cercare aiuto: il terrore lo paralizza, non riesce a muovere un muscolo, soltanto le sue dita continuano a stringere quelle di Haru fino quasi a spezzargliele.
“Tsuna...” La voce di Haru è flebile, simile ad una fiammella che sta cercando di bruciargli il cuore per cicatrizzarlo, ma il ragazzo cerca di accoglierla dentro completamente per portarla sempre con sé. Egoisticamente, non riesce neppure a dirle di tacere. Urla di nuovo il nome di Gokudera e Yamamoto, ma Haru continua a sussurrare cose che non gli ha mai detto, quello che lui avrebbe voluto dirgli.
“Haru, io voglio sposarti!” esclama mentre le lacrime gli bagnano gli occhi: è arrabbiato, disperato, vuole baciarla. Haru gli sorride in silenzio, fiduciosa, gli sussurra che lo ama. Gli stringe le dita con la sua stessa forza.
Gokudera e Yamamoto corrono verso di loro insieme, con l'espressione scura; poi Gokudera vede Haru e spalanca la bocca orripilato.
“Salvatela, vi prego!” grida Tsuna senza vergognarsi di piangere davanti a due uomini, ma le dita di Haru perdono sempre più la stretta, diventano sempre più fredde.
Yamamoto la solleva leggermente tra le braccia e la stende sull'erba: il foro del proiettile che le ha perforato la schiena si vede anche sul petto, è completamente rosso vivo.
Ha perso troppo sangue.
Lo dice in un sussurro, ma è certo che nessuno l'abbia sentito: Tsuna è accasciato sul corpo di Haru, Gokudera guarda con occhi vitrei, immobile, il sole che sta tramontando oltre il giardino, cercando in tutti i modi di non concentrarsi su di lei. Yamamoto gli posa leggermente una mano sulla spalla, ma Gokudera sussulta comunque e lo guarda,  addolorato: Tsuna ha perso la sua persona più importante, sarà una lunga notte. Yamamoto lo abbraccia stringendo forte le palpebre: non vuole piangere a sua volta.

 

La persona importante

 

Haru si trovava nel mezzo della stanza, avvolta nel suo kimono a fiori preferito, con gli occhi chiusi e le labbra semiaperte in un sorriso che Bianchi non aveva avuto il coraggio di distendere quando l'aveva preparata per il rito. Si era occupato Reborn di ogni cosa, dato che Tsuna aveva trascorso la maggior parte dei due giorni successivi all'uccisione in quella stanza con il cadavere di Haru. Non aveva voluto un funerale in pompa magna, anche se forse sarebbe stato più adeguato a lei, ma soltanto una cerimonia intima, né all'italiana né alla giapponese, una piccola riunione della famiglia e di pochi altri; aveva atteso due giorni per dare il permesso di procedere alla sepoltura. Non era ancora pronto a separarsi da lei, Yamamoto l'aveva capito immediatamente quando aveva visto come il suo amico aveva stretto Haru tra le braccia sul prato. Aveva assistito a qualcosa che non avrebbe potuto esprimere a parole, ad un attaccamento che Tsuna non aveva mai dimostrato prima. Forse si sarebbe comportato allo stesso modo in una situazione del genere: se immaginava la persona a cui teneva di più al mondo cadere per terra uccisa durante una passeggiata importante, sentiva già il cuore gridare disperatamente aiuto e il corpo infuocarsi di rabbia. Era così, allora, che si sentiva Tsuna?
La sua persona importante, però, era ancora lì, qualche passo dietro il suo adorato boss, immobile. Da quando Haru era stata uccisa, Gokudera sembrava legato con un doppio filo all'impasse di Tsuna e se ne stava sempre da solo da qualche parte, in silenzio. Non reagiva neanche più alle sue battute per alleggerire l'atmosfera, non si lasciava più convincere dai suoi sorrisi. Stava morendo con Tsuna, morto in giardino con Haru, stringendole le dita senza neppure avere la possibilità di baciarla. Yamamoto non lo voleva.
Tsuna si sollevò finalmente dal pavimento dove se ne era restato accucciato tutto il pomeriggio e Gokudera fece un passo indietro automaticamente. Yamamoto si fece largo tra Bianchi e Kyoko per raggiungerlo e gli cinse le spalle con un braccio. Lui non sobbalzò neppure: Tsuna non accennava a dire nulla e neanche lui lo avrebbe fatto. Lottando contro l'istinto di allungare il braccio attorno al suo collo, Yamamoto conficcò le dita nella sua spalla con la stessa forza con cui Tsuna aveva stretto le dita di Haru fino alla fine: non l'avrebbe lasciato andare per nulla al mondo.
“Reborn mi ha detto” sussurrò Tsuna con voce spettrale “che i suoi informatori non sanno ancora di chi si tratti, ma che di certo non è un lavoro di un solo uomo. È una famiglia. Pensavo che sarei stato ascoltato quando avevo detto che avremmo agito soltanto per la pace...” S'interruppe e guardò davanti a sé, in silenzio. Gokudera lo imitò. “Due giorni fa è cominciata una guerra. Lottate con tutta la vostra forza contro chi vi attaccherà, proteggete con la vostra vita quella di chi amate, proteggetela fino alla fine... Perché potreste perderla come è accaduto a me.”
Reborn gli lanciò uno sguardo incomprensibile in silenzio, poi si diresse verso la porta, e tutti gli altri lo seguirono: soltanto Haru, Tsuna e i suoi collaboratori più stretti restarono nella stanza. Il boss afferrò ancora le dita di Haru e le si inginocchiò accanto.
Yamamoto cominciava a sentirsi di troppo. Sussurrò a Gokudera di andarsene, ma lui scosse la testa con forza. Fece un passo verso Tsuna e mormorò sconvolto, senza riuscire a trattenersi: “Così, è cominciata la guerra? Per colpa di quella?!”
“Gokudera!” Il sussurro di Yamamoto per zittirlo fu udito anche da Tsuna, che si voltò verso di loro e abbassò lo sguardo.
“Non per colpa di Haru. Per colpa mia. Perché sono stato così stupido, così codardo da metterla in pericolo. Non fate come me, date la vostra vita per quelli che amate, non permettete che succeda il contrario.”
Gokudera digrignò i denti, si liberò violentemente della stretta di Yamamoto e corse fuori dalla stanza. Yamamoto si morse un labbro.
“Mi dispiace.” tentò di scusarsi, ma Tsuna mormorò: “È colpa mia, sta così per colpa mia. Adesso si sente debole, dobbiamo proteggerlo, ma io non...”
“Obbedirò ciecamente alle tue parole.” lo interruppe Yamamoto con un sorriso, e Tsuna fu finalmente certo di potersi preoccupare solo di Haru, di potersi lasciare affogare nel dolore della sua morte per l’ultima volta.

Ormai era diventato bravo a rincorrere Gokudera. Lo chiamò più volte mentre cercava di ritrovarlo tra i corridoi, ma nessuno gli rispose. Yamamoto sospirò sconfortato e fece dietrofront.

Gokudera sentì i suoi passi allontanarsi con il cuore che batteva a mille schiacciato contro la porta della sua camera: mille timori lo stavano bloccando, ma più di ogni cosa non voleva parlare con Yamamoto. Troppe volte, negli ultimi tempi, si era mostrato debole davanti a lui, quando aveva visto quella donna guardarli per l'ultima volta, ogni volta che il Decimo le aveva preso la mano. Quando il Decimo aveva detto quelle parole. Qualcosa l'aveva sempre bloccato e non era riuscito a proteggere la persona più importante per lui.

Anche lui si bloccava spesso, più frequentemente di un meccanismo difettoso, e gli succedeva sempre in presenza di Yamamoto: il cervello cominciava a fumargli, la lingua gli si impastava e finiva per infuriarsi come un toro. Yamamoto continuava ad impigliarsi in ogni rotella di ogni ingranaggio del suo corpo, lo penetrava troppo facilmente, e lui si odiava per questo, si odiava perché si era sentito al sicuro senza motivo quando l'altro lo aveva abbracciato, quando gli aveva passato un braccio attorno al collo per consolarlo. Quel funerale lo aveva fatto arrabbiare ancora di più: vedere il Decimo disperato, sentirsi così disperato a sua volta, sentirsi al sicuro accanto a Yamamoto, avere voglia di ricambiare il suo gesto per non sentirsi più a disagio lo avevano reso ancora più insicuro. 
Quando aveva guardato per l'ultima volta il corpo vivo di Haru, aveva sentito un sussulto, perché aveva visto Yamamoto al suo posto, Yamamoto con una garza all'altezza del petto per ricoprire la carne lacerata dai proiettili al di sotto di una giacca elegante, una cravatta nera stretta alla bell'e meglio attorno al collo per concludere un funerale non voluto. Una mano fredda da toccare per l'ultima volta, una lapide o un'urna davanti a cui sentirsi malinconici e tristi, di fronte a cui chiudersi ancora di più in sé. La consapevolezza che era Yamamoto, la sua persona più importante. 
Era paradossale essersi avvicinato così tanto a lui, aver contato così profondamente su di lui per uno che faceva tutto da solo sin dalla più tenera età.

Il suo cervello razionale e perfetto si era inceppato come tutti i meccanismi del suo corpo, e questo lo spingeva a sentirsi fuori di sé tanto da mortificare persino il Decimo, da dire cose che non pensava nemmeno. 
Non poteva accettare di avere un rapporto del genere con Yamamoto. Lo avrebbe evitato come se fosse stato contagioso, non lo avrebbe mai più neppure sfiorato. Non gli avrebbe neppure più parlato, se non fosse stato necessario.

 

“Reborn mi ha appena riferito che la soffiata degli uomini di Dino era attendibile: domani accadrà qualcosa.”
La voce di Tsuna era piuttosto oscura e preoccupata. 
“Secondo te cosa succederà?”
Yamamoto lo fissò con gli occhi incuriositi, ma lui alzò le spalle. 
“Cercheranno di sicuro introdursi di nuovo, dato che l'hanno già fatto una volta e ci sono riusciti.”
Gokudera espresse la sua opinione a testa bassa, senza guardare il Decimo. Una mano che ben conosceva gli diede una poderosa pacca sulla spalla. 
“Bene! Dato che già sappiamo come agiranno, sarà più facile difendersi!”
Il sorriso di Yamamoto li colpì entrambi dimostrando tutta la sua serenità: non sembrava per nulla teso come Tsuna e Gokudera. 
“Scemo.” commentò Gokudera, a disagio. “Qui rischiamo la pelle.” avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne per via del Decimo e della sua ferita ancora troppo fresca. 
Si sottrasse alla mano che era posata sulla sua spalla con un gesto veloce, e volse gli occhi verso il Decimo per non guardare Yamamoto. 
“Speriamo che sia davvero così.” acconsentì Tsuna con un sorriso tirato più simile ad una smorfia, poi prese ad illustrare loro il piano di difesa a cui aveva pensato per proteggere tutta la famiglia. 
“Se vi posizionaste...”
Quando ebbero terminato, il buio aveva già cominciato ad avvolgere la stanza, e finalmente Gokudera staccò gli occhi dalla mappa della tenuta stesa sul tavolo, stropicciandoseli. La sua testa, però, continuava a ripetere quel piano appena ascoltato come una litania per non perderne neppure una parola. Era preoccupato, e sicuramente si riusciva a leggerglielo in faccia. Senza riuscire a resistere, si voltò verso Yamamoto per vederlo sorridere a suo modo, certo e rassicurante, ma si accorse che aveva la fronte contratta dallo sforzo e dall'agitazione. Il suo braccio si mosse automaticamente verso di lui, ma si fermò per aria a metà del percorso e ricadde lungo il fianco. 
Infuriato con se stesso, Gokudera si alzò di scatto e fece per andarsene, ma la voce del Decimo lo inchiodò al suolo. 
“Yamamoto, Gokudera, voi siete le mie braccia. Conto su di voi.”
“Certo.” replicò Yamamoto tentando di sorridere, ma con una strana austerità nella voce, e lo precedette all'uscita. 
Prima sorrideva, poi sembrava mortalmente serio: si comportava in modo strano. Gokudera annuì all'indirizzo del Decimo e corse fuori dalla stanza senza riuscire a trattenere l'ansia, sfilando velocemente tra i corridoi e ritrovandosi Yamamoto davanti proprio di fronte alla sua camera. 
“Entra.” lo invitò, e lui, con un po’ di riluttanza, accettò. 
Dall'ultima volta che vi era stato, Yamamoto non si era ancora liberato dei poster dei giocatori di baseball della Major League che tappezzavano ogni centimetro di muro. Li guardò trucemente, poi riversò lo stesso sguardo su di lui.

“Che hai?” borbottò “Sei strano.”

L’altro sorrise.

“Potrei dire lo stesso di te. In questi giorni, mi sembra che tu mi stia evitando.”

“Scemo. Il tuo cervello spappolato dal baseball non deve funzionare tanto bene.”

Yamamoto sospirò lasciandosi cadere sul letto.

“Può darsi. Sto pensando a cose strane, ultimamente, e sai cos’è che mi sorprende? Che non ne sono affatto sconvolto.”

Gokudera si portò le mani nelle tasche della giacca a testa bassa. Anche Yamamoto, allora, aveva avuto molti pensieri, dopo quello che era accaduto. A disagio, azzardò: “Che tipo di cose?”

“Preoccupazioni strane.” Yamamoto sollevò gli occhi al soffitto, l’unica parte della stanza non tappezzata da poster. “Pensieri su cosa conta davvero nella vita, sulle persone a cui tengo di più.”

L’altro spalancò la bocca senza riuscire a trattenere un verso sorpreso che attirò la sua attenzione.

“Cosa c’è? Credi che io sia diventato davvero scemo?”

Il sorriso largo di Yamamoto gli tolse il fiato, e Gokudera s’immobilizzò al centro della stanza.

“Io… Anch’io.” mormorò controvoglia. C’era qualcosa, in Yamamoto, che lo spingeva ad aprirsi, a parlare, anche se era l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare. “Anch’io ho pensato a questo, dopo quello che è successo a quella donna.”

“Non avevo mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Quando Tsuna è succeduto al nono boss della famiglia Vongola e ha detto quelle parole sulla convivenza pacifica delle famiglie mi aveva convinto…”

“Nella mafia, la convivenza pacifica non può esistere. È contraria al significato della mafia stessa.” replicò Gokudera spassionato, alzando lo sguardo. “Abbiamo abbassato la guardia, non dovevamo.”
“Tutto, però, stava andando così bene…”
Yamamoto si perse nella finzione di quelle parole così rassicuranti, e Gokudera provò voglia di fare lo stesso, ma si impose di non cedere.
“La mafia” cominciò a dire con voce dura, ma Yamamoto lo interruppe all’improvviso: “Quando ho visto Miura piena di sangue, è strano, è paradossale, io ho visto te al suo posto.”
Lo guardò: i suoi occhi erano limpidi, ma la sua voce oscillava ancora verso quella serietà che lo spaventava a morte, perché portava Yamamoto al di sopra dell’immagine dello stupido patito di baseball che si era fatto di lui, lo faceva diventare una persona di carne, che provava dei sentimenti. E quei sentimenti, l’aveva appena scoperto, erano simili ai suoi. C’era qualcosa che li legava indissolubilmente, che riusciva a collegare persino i loro pensieri, le loro paure e le loro emozioni.
“Quando Tsuna ha parlato di persone importanti da proteggere, da non perdere, io ho pensato a te. Gli ho giurato che ti avrei protetto. Dopotutto, io sono il braccio sinistro, devo proteggere e aiutare quello destro. Noi siamo le braccia di Tsuna, e le braccia possono toccarsi l’un l’altra, supportarsi. Credi che io stia dicendo un mucchio di sciocchezze, non è vero?”
Yamamoto si alzò in piedi e fece qualche passo verso di lui, fermandoglisi di fronte: finalmente potevano guardarsi negli occhi dopo giorni di contatti sfuggenti. Sorrise.
“Beh, mi dispiace se lo pensi, ma a me non interessa. Tu sei quella persona importante e non voglio perdere tempo a chiedermi il perché. Non oggi, neanche domani. Domani non sappiamo cosa può accadere. Potrebbe accadere come a Miura.”
Con le sopracciglia aggrottate, preoccupato, Yamamoto gli porse una mano. Di nuovo quel repentino cambiamento di umore. Disorientato, Gokudera non la afferrò, anzi, spinse le sue più a fondo nelle tasche. Quella confessione gli aveva procurato una strana agitazione, e sentì che l’ansia gli stava risalendo ancora dallo stomaco alla gola.
“Domani… potrebbe accadere come a Miura.” ripeté in un sussurro. Era quella la sua nuova litania, una litania odiosa e sconvolgente che lo terrorizzava. Avrebbe potuto perdere ogni cosa, avrebbe potuto non vedere più quei sorrisi che lo mandavano su tutte le furie. Le braccia di Tsuna avrebbero potuto non riuscire più a toccarsi, cravatte e giacche avrebbero potuto essere stirate di nuovo per un  funerale a cui nessuno avrebbe voluto assistere.
“Domani dobbiamo mettercela tutta per sopravvivere, per capire il perché!” esclamò imbarazzato, con lo sguardo torvo, puntellando il pugno destro sul petto di Yamamoto con tutta la forza che aveva. Lui si lasciò finalmente andare ad un sorriso dei suoi, sincero come lo sarebbe stato molti anni prima, e lo strinse a sé.
Yamamoto era di certo la sua persona importante, l’aveva capito da come era sobbalzato il suo stomaco quando lui l’aveva abbracciato. La sua testa era in panne, la sua lingua bloccata sul palato: non avrebbe detto nulla, forse avrebbero trascorso la notte in quel modo, e non gli dispiaceva. Non riusciva a capirne il perché, ma in quel momento sentì che non gli interessava più: l’importante era che Yamamoto fosse lì con lui, l’importante era riuscire a proteggersi e sopravvivere.
Avrebbe potuto tornare a ragionare la mattina successiva.

 

 

 

Note

Ho voluto intendere la lotta per la verginità tema del contest in senso lato, come lotta per “rompere” la verginità del pensiero di Gokudera, non ancora pronto a pensare a Yamamoto in un modo diverso rispetto ad un semplice amico, mentre quest’ultimo ha già capito tutto da un po’ e non si fa problemi ad accettarlo. Mi è piaciuto molto cercare di ricostruire i caratteri dei personaggi in un futuro neanche troppo lontano dal manga, in cui la famiglia vera e propria si è ormai formata, tutti vivono sotto lo stesso tetto e nascondere i propri sentimenti è difficile. Ho cercato soprattutto di dipingere i due protagonisti come scissi, tormentati, sia per via di quello che accade intorno a loro, sia, soprattutto, per quello che provano. Spero che la loro evoluzione non appaia tanto differente dalla direzione presa nel manga. ^^

Per Tsuna, ho fatto un discorso a parte: ormai è diventato boss senza perdere quella volontà di fare del bene che lo caratterizza da sempre, vuole compiere il grande passo, ma qualcuno gli porta via Haru, a cui non è riuscito mai a confessarsi, e cade in depressione, ma non smette mai di pensare a chi è rimasto rinnegando il suo ruolo.

È la prima volta che scrivo qualcosa di angst su Reborn, quindi spero di non aver combinato casini e che i personaggi siano IC >.<

 



Edit del 31/01/2015: 

Qualche tempo fa (tanto tempo fa XD), siamo riusciti a rintracciare nuovamente la giudice e finalmente abbiamo avuto i nostri agognati risultati. 

Questa fic si è classificata terza, con un giudizio che riporto successivamente! ^^

3a classificata - Ayumi Yoshida
Grammatica e ortografia: 18,5/20
Stile e scorrevolezza: 10/10
Originalità: 9/10
IC personaggi: 4,5/5
Utilizzo dell’oggetto: 12/20
Giudizio personale: 5/5
Totale: 59/70

Cominciamo con il mio giudizio personale perché, sinceramente, non riesco a trattenermi.
Mi hai spezzato il cuore. L'inizio è stato straziante, vedere Tsuna così distrutto è stato un vero pugno nello stomaco.
E i pensieri di Gokudera e Yamamoto? Mio Dio, erano contemporaneamente belli (insomma, pensavano all'altro!) e distruttivi al tempo stesso.
Terminare la lettura con il magone (pensare al peggio col finale così aperto) è stato... wow.
Dovevo aspettarmelo con “funerale” come prompt.
Mi devi un cuore e uno stomaco, sappilo(?)

Passiamo alle cose serie.
Di errori ne ho trovati pochi, estremamente pochi, il che mi rende assai felice.
[…] ad un attaccamento che Tsuna non aveva mai dimostrato prima. Penso che quel “ad” non serva ma che vada un semplice “a”. Almeno a me hanno sempre insegnato che la “d” va solo quando la parola seguente ha la stessa vocale.
[…] Tsuna ed se ne stava sempre da solo da qualche parte, in silenzio. Visto che la parola seguente ha la consonante, la “d” di “ed” non serve.
Lo chiamo più volte mentre cercava di ritrovarlo […]. Manca l'accento: “chiamò”.
[…] per l'ultima volta il corpo vivo di Haru […]. Penso che qui ti sia confusa. “[...] il corpo privo di vita”, giusto?
[…] essere stirate di nuovo per un  funerale […]. Qui c'è semplicemente un doppio spazio.
Per quanto riguarda lo stile, non ho nulla da dire. Solo una parola: sublime.

I personaggi sono IC, quasi completamente. Tsuna ce lo vedo così distrutto dopo aver perso la “persona più importante”, ce lo vedo moltissimo.
Gokudera e Yamamoto... non mi convince molto Gokudera ma non saprei dirti il motivo. Sono entrambi IC ma Gokudera lo è leggermente (ma talmente poco che si nota appena) meno IC.

La storia è originale, pecca per la mancanza della “lotta per la verginità”. A parte la fuga iniziale di Gokudera, non c'è stato molto altro ad accennarla.
L'oggetto, il funerale, è stato usato alla grande. Entrambi hanno capito chi, per loro, è la persona importante e questa è una svolta degna di nota.

   
 
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