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Autore: Pervinca Potter 97    14/01/2014    1 recensioni
Volteggio per la sala di controllo, accennando un valzer che ha poco a che vedere con quello che Joseph Lanner aveva insegnato alla più atletica versione di me, nell'Ottocento. Chiudo gli occhi per evocare l'odore e la musica della sala da ballo viennese, schiacciando i piccoli tasti bianchi della console che permettono al TARDIS di ballare con me, facendosi e lasciandomi trasportare da note inventate, su e giù per l'Universo, in tutto il tempo e lo spazio. Premo anche i tasti blu, dei quali, come più della metà dei bottoni della mia cabina, non conosco l'utilità ma solo il bel suono. Un suono perfetto da inserire in un valzer.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Volteggio per la sala di controllo, accennando un valzer che ha poco a che vedere con quello che Joseph Lanner aveva insegnato alla più atletica versione di me, nell'Ottocento.
Chiudo gli occhi per evocare l'odore e la musica della sala da ballo viennese, schiacciando i piccoli tasti bianchi della console che permettono al TARDIS di ballare con me, facendosi e lasciandomi trasportare da note inventate, su e giù per l'Universo, in tutto il tempo e lo spazio.
Premo anche i tasti blu, dei quali, come più della metà dei bottoni della mia cabina, non conosco l'utilità ma solo il bel suono. Un suono perfetto da inserire in un valzer.
Il TARDIS sussulta, come un ragazzino inesperto che scivola su una pista di ghiaccio.
«Ultimamente perdi più colpi del solito, eh Sexy?»
La cabina vibra in uno scossone che mi fa perdere l'equilibrio. Mi aggrappo alla leva di comando, quella a forma di timone che però non è un timone.
«Non c'è bisogno di offendersi, signorina.»
Imperterrita lei non mi ascolta, dimenandosi in quello che ormai è diventato un tango con le stelle.
Rido forte, probabilmente non senza un cenno di psicopatia.
«Oh, mia damigella, cosa penserà la corte vedendoci così avvinghiati?»
Il TARDIS improvvisamente si immobilizza. Starà pensando che un tango a Vienna non è in effetti molto conveniente.
«Brava bamb...»
Le ultime lettere di uno dei vezzeggiativi per la mia cabina sequestrata si perde nel frastuono di una non ben localizzata esplosione.
«Ma cos...?»
Un pesante fischio si alza dal perno centrale, che erutta un vapore violastro. Il TARDIS riprende ad agitarsi, impazzito.
Stiamo precipitando.
Dallo schermo non riesco a individuare in alcun modo il perché, in compenso la grossa palla tonda e blu di livello 5 che mi è famigliare sembra salutarmi.
«HA HA! Precipitiamo! Sulla Terra, chissà perché non mi stupisco!»
Mi aggrappo alle leve gialle per atterrare quanto più comodamente mi sarà concesso.
Sento aria di nuova avventura, nuovo mistero. Cominciavo ad annoiarmi.

-

Ho sfondato una casa. Sono atterrato in discariche, piscine e campi pericolosamente nocivi, ma di distruggere una casa non mi era mai successo.
Ho distrutto già cose, naturalmente. Sono piuttosto bravo a farle esplodere.
Ma una casa, insomma...non è cosa da tutti i giorni.
Faccio un respiro profondo, preparandomi ad aprire la porta del TARDIS con un sorriso smagliante.
Un incidente, uno sfortunato incidente. Colpa della cabina telefonica, questa disgraziata. Lanciata in aria da bambini cattivi. Uhm, missili. Daleks. No, ci sono. Aerei militari. Di Daleks.
«Buooooongiorno, mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, sono il Dottore e la colpa di questo disgraziato contrattempo è da attribuirsi a qualunque scusa possa essere di vostro gradimento e non mi coinvolga!»
Ma ad accogliermi fuori non c'è nessuno. Niente donne spaventate, nessun uomo con la spranga. Non è così che accade di solito, il mio egocentrismo ne è deluso.
«Eeehi, voi? Ho appena distrutto casa vostra! Io! Con una cabina! Blu! Vi devo soldi!»
Mi guardo intorno. Niente.
Divarico le gambe e metto le mani sui fianchi, abbattuto. Picchietto le nocche delle mani sulla tasca dei pantaloni e mi giro a guardare il TARDIS. Pur avendo distrutto una casa, non mi sembra messa peggio del solito. A volte capita che faccia le bizze e mi porti in qualche posto strano. Giusto perché vuole, o perché ne ho bisogno io, o perché...c'è bisogno di me.
«Tu...»
Istantaneamente mi volto, senza nemmeno proteggermi il viso da chi potrebbe essere il padrone di casa armato di spranga. Per il semplice tono di voce che ha usato. Di supplica. Di estasi.
Un mistero, mistero molto strano.
«Finalmente. Sei. Arrivato.»
È un sibilo eccitato, quasi asmatico, che traspare una gioia che ho sentito poche volte esprimere dagli umani. Poche volte in modo così puro. «Portami via con te, Dottore.»
Il suo volto, la sua anima è illuminata da un grande sorriso.
«Ti aspetto dal primo episodio che ho visto.»
  
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