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Autore: Amy_Streghetta    14/01/2014    0 recensioni
- Perché non corri?
- Non sono capace.
Will si sedette per terra accanto a lei.
- Il tuo problema, Leah - mormorò - è tutto qui. - e le picchiettò tre volte la testa.
- Stai dicendo che sono incapace e pure scema?
[...]
- Non c'è NIENTE che tu non possa fare, Leah. Tu sei all'altezza di tutti i tuoi sogni.
La ragazza fece una smorfia amara.
- Non di tutti - disse prima di riuscire a fermarsi.
***
Introduzione pessima. It's better on the inside, provare per credere :')
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Have you ever felt hopeless?'
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NOW ... NOW IT'S JUST TIME TO RUN



- Basta, mi arrendo! Non ci riesco, non sono capace e sono stanca di continuare a provarci senza risultato!
Leah, ansimando, si gettò a terra, sfinita. Erano ore che si allenava, ore che correva quel circuito tentando di battere il tempo della campionessa in carica. Invano. Tutto inutile.
Sentì le lacrime calde cercare la strada verso gli occhi e tentare di aprirsi a forza un varco in quella corazza di indifferenza che cominciava a starle fin troppo stretta. Le asciugò con un gesto rabbioso della mano. Non doveva piangere, non lì, non ora, non ... Ma chi voleva prendere in giro? Singhiozzò. Non aveva più senso ormai mandare avanti la farsa della ragazza forte e imperturbabile. La verità era che in quel momento si sentiva solo molto debole, molto stanca e ... molto sconfitta.
- Che stai combinando?
Era Will, che la scrutava dall'alto in basso con un'espressione indecifrabile sul volto arrossato dallo sforzo, i capelli castani sudati e in disordine.
- Non si vede? - Leah alzò le mani in un gesto sconfitto. - Mi sto crogiolando nella mia inettitudine.
Will sospirò.
- Te l'hanno mai detto che sei una lagna?
- Non preoccuparti, ogni volta che sto per dimenticarlo compari tu alle mie spalle con quell'aria da sapientone per ricordarmelo.
- Ah, come faresti senza di me ...
- Starei di sicuro molto meglio.
Will abbozzò un sorriso, incrociando le braccia sul petto. Aveva lo sguardo fisso sulla pista. Lo fece scorrere lungo tutto il circuito, poi si posò su di lei. Occhi azzurri negli occhi nocciola. Rimasero così per un tempo indefinito, poi Leah abbassò i suoi, incapace di sostenere un secondo di più quel contatto. Le bastava guardare la catenina che Will portava al collo, quella che gli aveva regalato la sua ragazza dopo tre anni di fidanzamento, per sentire una strana, insolita rabbia infuriare dentro.
- Perché non corri?
- Non sono capace.
Will si sedette per terra accanto a lei.
- Il tuo problema, Leah - mormorò - è tutto qui. - e le picchiettò tre volte la testa.
- Stai dicendo che sono incapace e pure scema?
Will rise.
- Sto dicendo che i tuoi limiti sono i paletti che ti sei posta da sola. - e dopo un minuto di silenzio aggiunse - Se tu volessi, potresti battere Mia. Anche adesso.
- Se, certo, come no. Ora so che mi stai proprio prendendo in giro.
- Perché? Sono serissimo. Non c'è NIENTE che tu non possa fare, Leah. Tu sei all'altezza di tutti i tuoi sogni.
La ragazza fece una smorfia amara.
- Non di tutti - disse prima di riuscire a fermarsi.
Will la guardò a lungo.
- Non è così.
- Invece si - insisté, mordendosi il labbro inferiore. - Tu non capisci.
Non era più sicura di stare parlando ancora della corsa. Will scosse la testa.
- Tu continui a non capire. Ma io ti dico che la differenza è tutta qui. È nella linea sottile tra chi si accontenta e chi no, tra chi si ferma e chi continua a correre anche quando i polmoni sono ridotti in poltiglia. La differenza è tra chi preferisce rinunciare alla corsa e chi invece osa arrivare al traguardo per scoprire cosa c'è dopo la fine. Quella coppa se la prende solo chi ci crede, solo chi dimostra di volerla veramente. Tutto il resto, sono chiacchiere che la gente ama raccontarsi per giustificare la propria codardia. La comodità è piacevole, Leah, e per niente stancante. La vita può regalartela oppure no. È la vittoria che richiede fatica, sudore, dedizione. La vittoria è di chi ha coraggio, di chi ci crede. La vittoria è di chi ha il coraggio di crederci.
 
E Leah ci credette. Al primo fischio dell'arbitro stavano lì, tutte le atlete in fila sulla linea di partenza, e proprio nel mezzo c'era lei, con le gambe che tremavano, le mani sudate e il cuore che non c'era una parte del corpo dove non lo sentiva rimbombare.
Al secondo fischio Leah era pronta. I muscoli erano tesi, scattarono prima ancora che avesse modo di rendersi conto che la corsa era già iniziata. Sembrava che avesse vissuto una vita intera solo per quel momento, quel singolo momento che per lei era la vita, era la morte. Quell'istante in cui c'era tutto, in cui finalmente ogni pezzo del puzzle andava al suo posto, in cui finalmente Leah sapeva che c'era un posto anche per lei, da qualche parte.
E Leah corse. Corse come non aveva mai corso prima, come non aveva mai pensato di poter correre. In quel momento Leah non corse per vincere: corse per la vita. Per la vita che l'aspettava dopo il traguardo, se solo avesse avuto la forza di osare raggiungerlo, e poi lasciarselo alle spalle, via verso il vento, via verso il cielo azzurro, via verso il sole, via verso tutto ciò che i suoi occhi avrebbero avuto il coraggio di guardare.
  
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