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Autore: piperina    15/01/2014    4 recensioni
Da quando aveva ricevuto quella telefonata, Klaus Mikaelson, l’ibrido originario votato alla causa del sangue e del dominio, non era più se stesso. Dapprima non aveva avuto alcuna reazione, non credendo a ciò che gli era stato detto. Poi, più passavano le ore, più capiva che quello non era un sogno, né un incubo: era la realtà.
Un ipotetico momento situato dopo la partenza di Klaus per New Orleans.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elena Gilbert, Elijah, Klaus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Vampire Stories'
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*Beautiful Drop Dead*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da quando aveva ricevuto quella telefonata, Klaus Mikaelson, l’ibrido originario votato alla causa del sangue e del dominio, non era più se stesso. Dapprima non aveva avuto alcuna reazione, non credendo a ciò che gli era stato detto. Poi, più passavano le ore, più capiva che quello non era un sogno, né un incubo: era la realtà.

Era successo davvero. Com’era stato possibile? Chi l’aveva reso possibile? Perché nessuno aveva fatto niente?

Si era versato da bere, ma gli tremava la mano. Il cristallo era scivolato alla presa delle sue dita e si era schiantato sul pavimento di marmo, producendo un suono che riecheggiò nel suo petto.

E poi, il buio.

Elijah aveva trovato la villa semi distrutta. Non che non se lo aspettasse, ma era il ritratto della disperazione e della furia più cieca.

Klaus gli era saltato subito al collo, ingaggiando con lui una lotta carica di rabbia e di risentimento. «È colpa tua!»

«Non sono stato io e lo sai.»

«L’hai abbandonata!»

Elijah non se lo sarebbe mai perdonato e lui lo sapeva. «Era innamorata di te!» esclamò, dando voce a una delle sue più grandi sofferenze: la donna che aveva amato per cinquecento anni, nonostante fosse stata la sua compagna per pochi mesi e gli avesse dichiarato il suo amore, non aveva mai smesso di amare suo fratello.

«Ma ha scelto te

«Tu eri troppo impegnato a tenerla lontana per accorgerti di quanto prezioso fosse ciò che avevi tra le mani.»

Quelle parole l’avevano zittito per qualche istante. Klaus aveva guardato Elijah come se non riuscisse a riconoscerlo, poi, d’un tratto, l’aveva colpito in pieno viso con un pugno e l’attimo dopo era sparito.

Klaus non avrebbe mai dimenticato la voce di Damon Salvatore al telefono. Non avrebbe mai dimenticato quelle parole.

Il vampiro gli aveva detto altre cose, ma lui non era stato a sentire, troppo sconvolto da quelle tre parole che gli si erano impresse a fuoco nella mente.

«Katherine è morta.»

 

 

 

 

 

Nessuno ebbe sue notizie per due mesi. Elijah aveva unito le forze con Rebekah per trovarlo, ma invano: di Klaus non c’era traccia da nessuna parte. I Mikaelson avevano proprietà sparse ovunque e loro due lo cercarono in ognuna di esse.

Fallirono ogni volta.

«Si farà vivo quando lo vorrà» disse Rebekah con un sospiro carico di stanchezza e delusione, rientrando nella dimora di New Orleans.

«Lo so, ma fra quanto?»

«Tu cosa pensi?» si fermò in mezzo all’atrio d’ingresso e osservò il volto di Elijah. «A te quanto tempo serve?»

Lui non rispose. Non provò neanche a dar voce ai propri pensieri. Decise di aspettare che Niklaus fosse pronto per accoglierlo a braccia aperte, come aveva sempre fatto – e come non avrebbe mai smesso di fare.

Always and forever.

 

Fu Elena a trovare un’improvvisa sorpresa nel tragitto che portava a casa Salvatore: Klaus.

«Elena» sembrava ubriaco, ma non c’erano bottiglie intorno a lui né si sentiva odore di alcolici.

«Klaus…» rispose in modo esitante, rallentando il passo e fermandosi a pochi metri da lui. Lo scrutò con attenzione e provò un brivido: sembrava fuori di sé.

«Ho bisogno di un favore.»

Il buio calò su di lei.

Elena si svegliò nell’immensa villa che Klaus aveva costruito a Mystic Falls per sé e i suoi fratelli. Si trovava in quella che ipotizzò essere una stanza per gli ospiti, sdraiata su un divano. Doveva essere mezzanotte o poco più tardi, perché non vi era più luce in cielo.

La porta si spalancò e lei scattò in piedi, tutti i sensi in allarme.

«Cosa vuoi da me?»

«Te l’ho detto. Un favore.»

Adesso era sicura che lui avesse bevuto e parecchio anche. I movimenti dell’ibrido non erano disinvolti e sicuri come sempre e la sua voce tremava un poco. Cosa l’aveva ridotto in quello stato? Possibile che fosse per…

Klaus posò una borsa sul letto matrimoniale che troneggiava su tutta la stanza. «Indossali.»

«Cosa sono?» chiese lei, guardinga. Non si era mai fidata del Klaus sobrio, quello ubriaco ispirava ancor meno fiducia se possibile.

«Vestiti.»

Elena rimase in silenzio per una manciata di secondi, mentre cercava di capire in che razza di casino fosse finita. «Di chi?»

Lo sguardo che lui le rivolse ebbe il potere di distruggerla. «Puoi ben immaginarlo. Indossali.»

Rimasta sola, la vampira avanzò con cautela verso il letto. Aprì la zip della borsa e trattenne a stento un’esclamazione di stupore – e paura. Svuotò il contenuto sulla coperta ricamata e si sentì congelare il sangue nelle vene.

Un paio di leggins neri. Una maglia attillata. Un giubbino di pelle. Un paio di stiletto dal tacco vertiginoso. Un arricciacapelli.

«Non può essere.»

«Può essere eccome.»

La voce alle sue spalle la fece letteralmente saltare dalla paura. Soffocò un’imprecazione colorita e tentò la vita del ragionamento, nonostante avesse ben poche speranze di riuscire a far ragionare Klaus in quelle condizioni.

«Io… non posso farlo.»

«Sì che puoi.»

«No, non posso, questo è… Klaus, questo è troppo… anche per te» usò un tono di voce basso e rassicurante. «Ti farai del male.»

L’ibrido piegò la testa da un lato e parve studiarla per qualche istante. Cosa vedevano realmente i suoi occhi?

«Sei ubriaco» continuò lei.

«L’ultima volta che sono stato ubriaco ho annegato Carol Lockwood nella fontana. Non mettermi alla prova, Elena, e non provare a scappare. Sto usando tutta la mia forza di volontà per non ammaliarti e costringerti a fare ciò che voglio. Te lo sto chiedendo

Lei si zittì e fece un passo indietro. Decise quindi di provare ad assecondarlo, ma voleva prima capire quali fossero le sue intenzioni: fin dove voleva spingersi? Qual era il suo scopo?

«Se indosso questi vestiti… cosa farai?» chiese, temendo la risposta.

«Voglio solo vederla un’ultima volta.»

Klaus sparì di nuovo in un soffio d’aria.

Rimasta sola per la seconda volta in pochi minuti, Elena prese coraggio e si spogliò dei propri abiti per indossare quelli della donna che le aveva rovinato la vita. Li sentiva strani addosso a sé, non la mettevano a suo agio.

A vestizione completa passò ai capelli. Lei aveva sempre avuto una splendida chioma di lunghi boccoli ed Elena cercò di replicare quelle onde il più fedelmente possibile. Se il risultato non fosse stato soddisfacente, la situazione si sarebbe ritorta contro di lei.

Trovò Klaus seduto sulla poltrona davanti al camino. Aveva lo sguardo fisso sulle fiamme, ma era come se non le stesse guardando veramente. Vederlo in quello stato le fece provare una gran pena.

Il rumore dei tacchi lo distrasse e quando posò lo occhi su di lei… Elena pensò che sarebbe scoppiata a piangere dal dolore che vi vedeva.

Klaus socchiuse le labbra, ma rinunciò a parlare. Era lei. Era di nuovo lì con lui.

«Katerina» sussurrò poco dopo, alzandosi in piedi e tendendo una mano verso di lei.

Elena si impegnò a fondo per mimare le espressioni civettuole e i movimenti sensuali della sua antenata e sembrò funzionare. Vide l’ibrido chiudere gli occhi e trattenere il respiro quando lei strinse la mano che lui le offriva.

Com’era possibile che un essere così spietato fosse capace di provare un dolore tanto grande?

«Zdravei, Katerina» disse, tirando la ragazza verso di sé.

La vampira era attenta a ogni minimo movimento, ma lui non tentò nulla di strano. Si limitò ad abbracciarla prima con delicatezza, quasi reverenza, poi con sempre più vigore. Affondò il viso tra i suoi capelli e lei giurò di averlo sentito singhiozzare una volta.

«Avrei voluto vederti prima» la voce dell’uomo era un mormorio confuso, ma l’udito sovrannaturale di Elena carpì ogni parola. «Non avrei dovuto lasciarti a Elijah. Ho sprecato la mia occasione.»

Perché si sentiva così in pena per lui? Perché, nonostante tutto il male che aveva causato, lei sentiva di dover fare qualcosa per alleviare il suo dolore?

Si mosse con estrema cautela, posando le mani sulle sue spalle – un altro singulto sommesso – e ricambiando l’abbraccio.

«Sono qui.»

Klaus non parlò. Rimase fermo, immobile come una statua, con la Petrova sbagliata tra le braccia, immaginando che fosse quella che ormai non avrebbe più potuto ricambiare il suo sguardo.

Katerina non c’era più. Era morta.

Sciolse l’abbraccio, tenendo le mani sulle spalle di Elena, la studiò con sguardo attento da capo a piedi e abbozzò un sorriso.

Lei fece l’unica cosa che le venne in mente.

«È tutto a posto. Va bene così» tentò di ricambiare il sorriso. «Ti perdono

Klaus trattenne il respiro e chiuse gli occhi. Una lacrima bagnò il suo viso e finalmente sulle sue labbra comparve un vero sorriso.

«Grazie.»

 

 

Elena rimise i vestiti di Katherine nella borsa e la lasciò sul letto. Legò i capelli in una treccia e scese le scale. Klaus non si fece vedere, ma lei avvertì la sua presenza in casa. Non lo cercò, si avviò dritta verso l’uscita e lo lasciò da solo con la sua disperazione.

Non avrebbe mai pensato di vedere il grande e temibile Lord Niklaus ridotto in quello stato… per Katherine.

Quei due erano legati da qualcosa che né lei né nessun altro aveva mai compreso, qualcosa che li avvicinava e li respingeva, un sentimento così intenso e morboso da far crollare il più potente essere sovrannaturale nello sconforto più totale.

 

Klaus non visitò mai la tomba di Katerina. Non chiese neanche dove fosse ubicata per non aver la tentazione di recarsi lì. Voleva ricordarla come l’aveva sempre vista: bella, determinata, seducente, con il fuoco negli occhi, quegli occhi che cercavano sempre i suoi.

 

Dentro ho un’immagine di te che non parla.

 

 

 

 

 

   
 
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