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Autore: _Sebba    15/01/2014    4 recensioni
Sono vittima di una maledizione, costretta a combattere la mia stessa natura.
Un giorno al mese mi trasformo, ma sono stanca di dover uccidere per sopravvivere, devo cambiare qualcosa.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho bisogno di sangue, sono stanca.
Devo sentire quel liquido ferroso nella mia bocca.
I suoi occhi corrono da un lato all’altro del vicolo. 
Sa di non avere via d’uscita.
Urla, si dimena, ma non capisce che nessuno la verrà a aiutare.
Siamo a Las Vegas e qui la gente non si interessa di situazioni pericolose,
a meno che il problema non sia loro, ovviamente. 
L’odore pungente della morte mi solletica il naso.
Voglio provare di nuovo quella sensazione di estasi e libertà.
Ha il trucco sbafato, delle lacrime scivolano lungo il viso. Lacrime di terrore.
Povera illusa, crede di farmi compassione.
Sono esausta. Sto per morire, devo ucciderla.
Un gatto dal manto nero miagola acquattato sopra un cassonetto, sembra quasi volermi fermare.
Mi avvicino a passi lenti, calcolati, decisa a portare a termine la mia incombenza.
Le cedono le ginocchia, cade a terra in un colpo sordo lasciando cadere la testa da un lato,
i capelli biondo cenere le nascondono parte del viso, ma il collo è scoperto, non riesco a controllarmi, non manovro io le mie membra.
Le gambe si irrigidiscono, lo sterno fa pressione sui polmoni, vedo le mani raggrinzirsi.
Devo essere veloce, se non mi nutro in fretta morirò.
Sono a due passi da lei, cerca di difendersi inutilmente, tira un calcio, ma non provo dolore.
Mi avvicino al suo corpo, il suo respiro si condensa a contatto con la mia pelle fredda.
È giunto il momento, avverto la pressione, come tanti piccoli macigni, su ogni centimetro di pelle.
Le estremità delle mie dita tendono al viola.
Una manciata di centimetri mi distanziano dalla normalità.
Socchiudo gli occhi, le palpebre sono pesanti, vorrei dormire.
No, devo resistere. Voglio vivere, ma non posso uccidere per egoismo, non ancora.
Devo fermarmi e pensare, capire come misurare le mie azioni.
Non riesco, devo farlo.
I miei canini affilati penetrano le sue carni.
La libertà è vicina.
Il suo tocco sembra riscaldarmi le labbra.
Il sangue sta entrando in circolazione, ora le mie vene trasportano un elisir prezioso.
Basta poco per soddisfare i miei bisogni, per diventare umana. Poche gocce di quel liquido e tutto torna normale, niente rancore o sensi di colpa, almeno per qualche minuto. Se prima titubavo e soffrivo per la scelta da compiere, ora sono soddisfatta e senza rammarico, in fondo non è successo a causa mia. Io non volevo uccidere quella povera ragazza. Sono sensazioni volubili, un via vai di pensieri colpiscono ripetutamente la mia psiche, spesso contrastano tra di loro e producono una mera confusione che spesso contribuisce semplicemente a distorcere la realtà.
Il gatto ha ripreso a miagolare spaventato, però non sembra abbia intenzione di fuggire. I suoi occhi infondono sicurezza, sono gialli, dello stesso colore dei miei durante la trasformazione.
Finalmente sta iniziando a fare effetto, le mani assumono una tonalità rosea e i capelli divengono di un nero mogano.
Mi guardo attorno, noto una bottiglia di birra accanto al cassonetto e, avvicinandola al volto, vedo nel riflesso i miei adorati occhi verdi.
Sono tornata me stessa, sono libera, di nuovo.

La ragazza è accasciata accanto a una pozzanghera di acqua ormai tinta di un rosso spento. Sembra caduta in un sonno profondo, cullata dai clacson e dall’odore dello smog. Il gatto si avvicina alle mie gambe, solo ora noto che i folti peli del suo orecchio destro tendono al rosso scuro. Ironico, ha un che di vampiresco.
Sono stremata.

Ormai è da quattro anni che sono costretta a uccidere per sopravvivere, non posso continuare a fare del male a dei poveri innocenti. Iniziò tutto quando avevo sedici anni, mi tramutavo in vampiro per un giorno ogni primo del mese. Dopo la metamorfosi, non ero io a comandare il mio corpo, ma appena mi ritrasformavo, tutto ritornava alla mente in modo chiaro. La prima volta che successe non volevo crederci, era troppo lontano dalla normalità per essere vero e ricordo che continuavo a ripetermi che era stato solo uno strano sogno. Passarono dei mesi e iniziai a convincermi che era realmente cambiato qualcosa in me. Quindi cercai informazioni nella biblioteca accanto alla mia scuola e trovai un’antica leggenda sul vampirismo.
Lessi di una maledizione lanciata in un remoto paesino del Nevada nel XVI secolo che descriveva gli stessi effetti notati durante le mie trasformazioni. Infatti, a differenza di ciò che è stato tramandato dalle credenze popolari, io non ho mai provato dolore rimanendo esposta ai caldi raggi solari e, per esempio, né l’aglio, né i simboli religiosi hanno mai causato danni. Documentandomi scoprii che era una maledizione che si tramandava dalla nonna materna alla nipote femminile.
Quindi non potei fare altro che assecondare quella periodica mutazione e continuare a uccidere contro la mia volontà. Purtroppo vivo una storia già scritta con un’introduzione che mi impedisce di spezzare l’incantesimo e una malinconica conclusione. Dopo tutti questi anni non è cambiato nulla, sono ancora qui a lottare contro la mia stessa natura.
Nessuno sa del mio segreto, non l’ho voluto confessare nemmeno ai miei genitori, non ho mai avuto ottimi rapporti con loro e, infatti, sono scappata di casa circa due anni fa. È molto che cerco un modo per spezzare la maledizione, ma nessuna soluzione trovata è realmente utile per risolvere il problema.
Nonostante non possa comandare le mie azioni, mi sento colpevole.
Sono vittima di me stessa.

Inizio a sentire freddo, è meglio tornare a casa.
Gli occhi del gatto sono fissi sui miei e, mentre il riflesso della luna piena illumina la sua
lunga coda scura, il suono dell’antifurto di un’automobile echeggia tra le vie illuminate.
Ora devo andare, non vorrei rischiare di essere vista nei paraggi.
Mi dispiace lasciare il gattino-vampiro da solo, mi sono quasi affezionata ai suoi miagolii acuti.
Alla prossima, mio piccolo Dracula.


 
   
 
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