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Autore: RossaPrimavera    15/01/2014    6 recensioni
"Niente si sposa meglio con il freddo dell'oscurità"
Perché Pitch Black aveva già incontrato il potere del ghiaccio sul suo cammino, e lui i suoi intrattenimenti aveva sempre saputo sceglierli molto bene. In quella ragazza c'era qualcosa che lo divertiva e lo stimolava, ma Elsa tutto poteva aspettarsi, tranne che la sua stessa paura le portasse qualcosa di buono. Mani protese nell'oscurità, ghiaccio sospeso nell'ombra: i Secoli Bui non erano mai stati così inebrianti.
[Crossover Le 5 Leggende/Frozen; FRIGID DARKNESS, PITCH X ELSA]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Se guarderai a lungo nell'abisso, anche l'abisso vorrà guardare in te
[E.A. Poe]


Rolling in the Deep
di Elle H.


Dapprima fu solo il gelo, solo e soltanto il ghiaccio assieme a cui era stata generata, e con cui aveva suo malgrado imparato a convivere.
Ma le porte chiuse di una stanza possono diventare quelle di una prigione, e l'obbligo di indossare dei guanti fin troppo simile all'avvolgersi in catene. Il peggio si rivelò però essere la totale assenza di contatti fisici, tant'è che giunse a scoprirsi incapace di ricordare quali sensazioni provocasse una carezza. Dapprima quindi fu solo il gelo, che poi mutò in rabbia ed inquietudine, in dolore e solitudine, e frustrazione, e angoscia, e disprezzo... Ed infine, paura. Prigioni invisibili agli occhi, ma non per tutti.
Quando dall'oscurità della sua camera udì qualcuno pronunciare il suo nome e poche parole sussurrate, Elsa pianse nella certezza di essere diventata pazza. Sulle gote pallide lacrime troppo silenziose per una bambina della sua età, mentre il gelo iniziava a diffondersi per la stanza, ricoprendo con una patina di ghiaccio ogni superficie presente. Solo quando la voce si fece chiara e carezzevole riuscì a ritrovare l'autocontrollo. Nel momento in cui avvertì una mano straordinariamente calda posarsi sul suo viso, asciugandolo in una lenta carezza, capì che non si trattava del mero frutto della sua immaginazione. In uno slancio di infantile ottimismo, per un attimo sperò di aver trovato un nuovo amico, qualcuno che non avrebbe potuto ferire... Così forse sarebbe riuscita a sconfiggere il panico, e finalmente avrebbe imparato a controllare i suoi poteri.
Ma fu solo l'illusione di un secondo.
Quando il diavolo ti accarezza vuole l'anima: così si diceva ad Arendelle.
“Io sarò il vostro migliore incubo, principessa” sussurrò Pitch Black al suo orecchio, leccandosi lascivamente le labbra, deliziato dalla purezza di tutta quella paura.
Perché l'Uomo Nero le catene non le crea: le trasforma.

“Never look back 'cause it hurts.
My heart is so cold,
I feel the frost.
Never look back”
 
Elsa attirava gli incubi che era una meraviglia, e la paura attraeva l'Uomo Nero come una calamita. Per uno spirito del suo calibro non esistevano confini né restrizioni, non durante il culmine del suo potere almeno, quel periodo della storia che forse un giorno i posteri avrebbero ricordato come i “Secoli Bui”. Arendelle era tutto sommato una bella preda, una delle tante gemme da apporre alla sua corona di Re degli Incubi, ma mai incantevole quanto gli occhi della sua principessa.
Occhi azzurri come il cielo, e freddi come una landa di ghiaccio: in essi Pitch vedeva muoversi grandi poteri e l'inquietudine tipica delle creature chiuse in gabbia. Incapace di controllare le sue abilità, Elsa tentava di soffocarle... Ma più cresceva, più tenerle a bada diveniva difficile.
Nella paura la ragazzina ci sguazzava, la viveva e la respirava; i suoi sogni avevano tutti le dimensioni dell'incubo, realtà indefinite in cui i suoi poteri causavano solo morte, orrore ed abbandono. Pitch non doveva neppure faticare per creare i suoi incubi: era un passatempo affascinante osservare come essi si modellassero da soli sui quegli inebrianti timori. 
Ogni tanto la rabbia prendeva il sopravvento in lei, ma la paura non la lasciava mai sola, era la sua ombra fidata, la sua compagna onnipresente; e che non si stancava mai di provocarla.
“Dolce principessa, oggi i tuoi genitori non sono venuti a trovarti. Forse iniziano a credere che un giorno non riusciranno più a controllarti?”
“Stai zitto, tu non capisci niente!”
Voce leziosa, risate divertite, e mani che strisciavano nell'oscurità a sfiorare Elsa senza mai rivelarsi del tutto; persino nella luce del giorno era del tutto impotente contro di lui.
“Tu vivi le tue giornate nella paura, e tu sai quanto io ami la tua paura... Ma non devi soffrire così, Elsa. Non puoi costringerli ad amarti, ma puoi farti temere per quello che sei”
Quella volta la voce carezzevole si fece più sensuale, così vicina che la giovane riuscì a vederlo chiaramente per la prima volta.
I suoi occhi corsero ad esaminare il suo viso così pallido da sembrare grigio, e rimase per un attimo turbata dinnanzi a quello strano connubio di tratti e di colori, corti capelli neri come la notte e tratti spigolosi, dal naso aquilino e dalla mascella forte. Poi il suo sguardo si soffermò sui suoi occhi, e da lì non osò muoversi più.
“Tu puoi provare che tutti si sbagliano: io conosco il tuo potere! Perché vivere in questa prigione, quando potresti creare un palazzo di ghiaccio solo per il tuo capriccio?”
Confusione, angoscia, dubbio. A quindici anni compiuti, Elsa iniziava a vacillare di fronte alla concezione di cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Erano ormai molti anni che nessuno riponeva più la sua completa fiducia in lei, e Pitch riusciva ad essere sempre così dannatamente convincente...
“Vattene! Lasciami sola”
“Come desideri principessa, ma ricorda le mie parole: non sarai mai libera finché non imparerai a destreggiarti nell'abisso in cui sei caduta”
Eclissi di luna in quegli occhi oscuri, un mescolarsi di oro e argento che in alcun modo le avrebbe lasciato scampo. La sua voce sempre più vicina, il respiro caldo sulle proprie labbra.
“Mostra loro la brava ragazza che vorresti essere”
Un gioco di parole, una sfida derisoria... L'esperimento di uno spirito che vuole trasformare paura in forza. Un qualcosa che si rivelò poi di vitale, fondamentale importanza.
Perché quando i suoi genitori morirono, Pitch Black divenne il suo unico conforto.
 
“I feel the darkness on my shoulder,
the frost is in my heart.
So cold my hair is frozen,
touching my skin, my flesh”
 
Larghe pareti di ghiaccio, svettanti colonne costellate da arabeschi di brina, evanescenti coltri di neve a formare un morbido tappeto sotto i suoi piedi. E sulle labbra di Elsa il sorriso consapevole di una donna: l'anatroccolo che diventa cigno, la principessa che si incorona regina.
“Deduco che alla fine tu abbia deciso di seguire il mio vecchio consiglio”
Lo sguardo di Pitch Black brillò di profondo compiacimento, come quello di un maestro che osserva la sua allieva prediletta prendere il massimo dei voti.
“Sei qui per rovinarmi la festa, Pitch?”
Incredibile come il loro rapporto si fosse evoluto in quegli ultimi tre anni, diventando un qualcosa di estremamente intimo e confidenziale.
Dove l'Uomo Nero era rimasto immutabile, nella sua natura di spirito, Elsa era cambiata: la sua fredda bellezza si era trasformata di pari passo coi suoi poteri, fino a divenire qualcosa di travolgente. A Pitch piaceva guardarla, scorrere con gli occhi il suo giovane corpo, ora inguainato in un affascinante abito di ghiaccio, così stretto da sembrarle dipinto addosso e teso ad evidenziare ognuna delle sue delicate forme conturbanti.
“Al contrario, Vostra Grazia. Sono venuto ad assistere al tuo successo”
Pitch aveva modi languidi e crudeli come quelli di un gatto, elementi che da sempre avevano avuto il potere di turbare Elsa, finendo poi per affascinarla inevitabilmente, stringendola in una morsa di timore e desiderio.
Durante la sua triste adolescenza, Pitch era stato il suo unico confidente, il solo contatto fisico e umano che aveva potuto concedersi: il suo legame con il mondo e con il suo stesso essere. Il baratro su cui si era accidentalmente sporta, e da cui era stata inevitabilmente inghiottita.
Niente si sposa meglio con il freddo dell'oscurità
Una provocazione sottile, una muta richiesta che fece sorridere il Re degli Incubi.
Nel corso dei secoli aveva preso l'abitudine di cercarsi un qualche passatempo tra gli umani, un modo come un altro per intrattenersi e godersi al meglio il suo dominio. Quell'insolita ragazza dai poteri magici aveva svolto perfettamente quel compito, fornendogli gli incubi migliori e intrattenendolo con la sua vita travagliata. Era stato partecipe di ogni fase della sua vita, e seguendola l'aveva vista crescere e maturare, arrivando a conoscere ogni sua più intima sfumatura. In un certo senso si poteva dire che sì, si era anche affezionato... La sua natura lo divertiva, lo affascinava. Era stato per lei spina nel fianco e porto sicuro: con lui non era mai stata sola.
Aveva sempre amato il gelo, amava la pelle perennemente fredda di Elsa, si deliziava nel vederla sorridere di fronte alla certezza che in alcun modo avrebbe potuto ferirlo. Quando quella sera si chinò su di lei, posando per la prima volta le labbra sulle sue, Elsa si sentì pervadere da un calore che non ricordava di aver mai provato. Le labbra dello spirito sapevano di ombra, di oscurità e di morte: qualcosa che non le era del tutto estraneo, e quel qualcosa le piaceva.
Pitch affondò la lingua nella sua bocca, profanandola, appropriandosi del suo primo, inesperto bacio. Infilò una mano tra i suoi lunghi capelli biondi, così chiari da parere quasi bianchi, spingendola duramente contro di sé. Il suo era un bisogno vorace, famelico, di quel genere che non lascia alcuna via di fuga, facendo terra bruciata di tutto ciò che lo circonda. Gioì segretamente quando si accorse che la giovane regina ricambiava il bacio con trasporto, stringendosi a lui con occhi socchiusi, trasognati: lo sguardo di una bambina, il corpo di una donna; qualcosa che lo fece quasi impazzire.
Quando per un attimo si separarono, la lingua di Pitch scorse lentamente sul labbro inferiore dellagiovane, mordicchiandolo poi con un tale desiderio, una tale carnalità che non si stupì nel riconoscere il balenare di un rossore sulle sue guance diafane.
“C'è oscurità dentro di te, Regina delle Nevi: permettimi di mostrartela”
Un'ultima provocazione, pronunciata quasi con sacralità, mentre le sue lunghe dita si dilettavano a infilarsi sotto a quel vestito di ghiaccio, sciogliendolo con voluttà.
Per Elsa non rimase che assentire con un gemito, avvertendo le labbra dello spirito lambirle il collo. Artigliò le dita alla sua casacca, realizzando che quanto stava per accadere sarebbe stato l'inizio perfetto della sua nuova vita.

“Sometimes I regret I had to do,
'cause our love was somehow true.
But I had to leave you,
for the sake of the moods”


Il tempo scorre, il clima muta, lo spazio cambia; i rapporti si evolvono.
Gli umani crescono, invecchiano, muoiono; gli spiriti possono solo osservare ed apprendere.
Gli attimi trascorsi sulla Montagna del Nord erano stati così travolgenti che, anche a distanza di anni, Elsa riusciva a rievocarli con estrema chiarezza. Nulla di ciò che era avvenuto dopo era riuscito ad intaccarli... Lo scontro con Hans, il rinnovato affetto per Anna, la scoperta di come fosse l'amore fraterno la chiave per controllare i suoi poteri, e la piena accettazione dei suoi doveri di regina.
Pitch si era stranamente limitato ad osservare. Con una strana fitta al cuore si era reso conto che Elsa era, per quanto stupefacente, nient'altro che un essere umano, una creatura mortale. In uno slancio di magnanimità, che forse nascondeva molto di più, aveva deciso che lasciarla compiere il suo destino e farle dono della sua felicità fosse il minimo che poteva fare, prima che scomparisse del tutto dalla sua presa.
Con la stoica freddezza che solo quattrocento anni di vita possono conferire, aveva accettato di cedere un pezzo della sua corona, di risparmiare il regno di Arendelle.
Ma solo perché al sorgere dell'alba l'incubo finisce, ciò non implica la scomparsa della paura... C'erano notti in cui Elsa si svegliava ancora affannata, sconvolta da antichi timori, smaniando per un contatto che mai avrebbe concesso a nessun altro. E allora erano di nuovo le lunghe dita di Pitch a modellarle il seno, i suoi denti stranamente aguzzi sulla pelle morbida del suo collo, il suo corpo che si muoveva con cieca frenesia dentro al suo. Quando il suo algido cuore virava verso le antiche paure, verso le incertezze future, Pitch tornava ad essere la sua ombra strisciante, il suo conforto segreto. Lontano dall'estenuante ottimismo di Anna e della corte, vicino alla natura cupa che aveva finito per legarli inevitabilmente l'uno all'altra. C'era troppo di Pitch in Elsa per evitare che si separassero completamente.
Talvolta si erano scontrati persino, un giocoso conflitto di forze opposte, e allora dinnanzi ai loro occhi comparivano creazioni di frastagliata bellezza: ghiaccio nero come l'ombra, il gelo dell'incubo fatto realtà.
Niente si sposa meglio con l'oscurità del ghiaccio.
A distanza di mille anni, Pitch Black ancora riusciva a ricordare la beatitudine che Elsa gli aveva ispirato, la gloria di quei giorni oscuri mischiata al piacere di bersi i suoi gemiti, la fierezza di sentirsi l'unico in grado di poterla toccare, possedere; in un certo senso, amare.
Fino alla fine.

"Frozen tears turn into my skin,
frozen memories of you.
Sometimes I see your face,
as pure as you are mine"
 
Il ghiaccio è infido, cela una natura ingannevole, è sempre pronto a spaccarsi sotto ai tuoi piedi quando meno te lo aspetti; e quando ti inghiotte, non c'ė alcuna via di scampo.
Il ghiaccio di Jack Frost era il ghiaccio di Elsa, la storia del ragazzo così simile a quella di lei: il sacrificio per una sorella minore, il bisogno di sentirsi riconosciuti, la paura di ferire e venir feriti.
Pitch era stato quasi sopraffatto dal ricordo, tanto che per un istante aveva creduto che quella fosse una sorta di seconda occasione, un dono del cielo, dell'Uomo della Luna, di chicchessia... L'opportunità che aveva agognato per tempo immemore.
Il ritorno ai Secoli Bui, il fascino del ghiaccio di nuovo dalla sua parte.
Niente si sposa meglio con il freddo dell'oscurità.
Ma era stata solo l'illusione di un secondo.
Jack Frost non era Elsa, e questo aveva avuto modo di impararlo a caro prezzo.
Più misero e patetico che mai, bloccato nelle viscere della terra dalle sue stesse creature, privato della forza e dei poteri: mai aveva toccato una tale bassezza.
Un'altra fine, un'altra perdita: non gli rimanevano che i ricordi. Memorie affievolite, giorni che sbiadivano senza mostrare pietà alcuna; quasi non riusciva più a ricordare che sensazioni provocasse una carezza. La sua carezza.
Jack Frost non era Elsa, ma sopratutto Elsa non era uno spirito, una creatura immortale.
Lui Elsa l'aveva vista morire, provando per la prima volta l'aspra sensazione di sentirsi del tutto impotente, un sentimento divenuto poi fin troppo familiare grazie ai Guardiani. Ora, sempre per la prima volta nella sua vita di spirito, assaggiava quell'emozione che tanto l'aveva attirato un tempo: la paura. Dunque era così che si era sentita un tempo la sua Elsa, quando l'aveva scelta come suo personale intrattenimento: lo smarrimento, il terrore di dimenticare ed essere dimenticati.
Una prima goccia a rotolare lungo la sua guancia scarna, scivolando sulle labbra secche.
La sua paura, e sapeva di sale.
"Never look back 'cause it hurts, my heart is so cold.
I feel the frost, never look back"

[Frozen - Within Temptation]




Commento finale
 
Scrivere questa storia è stato pressoché inevitabile dopo una visione natalizio compulsiva di entrambi i film, ma diciamo che l'idea vera e propria ha preso vita grazie ad alcune fantastiche gif su Tumblr. Santo Tumblr, che bello scoprire che c'è altra gente malata che shippa questa coppia.
Sia Pitch che Elsa sono più che shippabili con Jack (considerando che Jack è shippabile con tipo TUTTO, cosa a me molto gradita eheh), ma insieme nascondono un sacco di potenzialità e similitudini, forse troppo sottovalutate.
Cooomunque, il mio timore era di finire OOC, perché penso che sia Pitch che Elsa abbiano caratteri estremamente complessi da delineare. Molto delle loro storie viene lasciato sottintendere, e questo è in un certo senso un pregio: l'immaginazione ha largo spazio, ma è anche facile scrivere stronzate. Spero comunque di aver reso al meglio sia i personaggi che la trama, chiarendo che no, questa non è una classica storia d'amore, con il classico lieto fine. Mi piace rispettare le trame e, sopratutto, pur amandoli follemente, non riesco a delinearle uno per loro.
Alcune precisazioni:
-Con un paio di ricerche, tutto lascia intendere che Arendelle sia stato immaginato come uno dei tanti regni medievali sulle coste dell'attuale Norvegia. Considerando che i "Secoli Bui" altro non sono che il Medioevo, ho deciso di far coincidere questo periodo storico per la storia;
-Il Pitch Black del racconto è quindi nel culmine dei suoi poteri, non è ancora stato sconfitto dai guardiani e manco sa chi siano: sostanzialmente non conosce né minacce né paure. Ho voluto considerare solo la figura del film, come Uomo Nero, tralasciando il contenuto dei libri.
-Alcune battute dei dialoghi sono volutamente simili a quelle tra Jack e Pitch. Per OVVI motivi.
-Il titolo è un chiaro riferimento al "baratro", all'oscurità in cui vive Elsa; la canzone che accompagna la storia è invece "Frozen", un capolavoro di Sharon den Adel, vocalist dei fantastici Within Temptation, che trovo molto adatta alla situation.
***
Mi auguro che chiunque legga questa storia la trovi di suo gradimento e apprezzi il mio modo di scrivere... Ma ehi, io sono sempre aperta a tutte le critiche! È quasi un anno che non scrivo (e, di conseguenza, pubblico) qualcosa, quindi può anche darsi che abbia combinato qualche disastro.
I brutti periodi capitano a tutti, no? Ma è giunto il momento di ricominciare, e ho voluto farlo con questa coppia ed una versione un po' (abbastanza) pessimistica dell'amore. D'altronde, siamo poi così sicuri che niente si sposi meglio con il freddo dell'oscuritá?
Let me know, e alla prossima (forse!)

Elle H. 
   
 
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