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Autore: miss potter    15/01/2014    3 recensioni
Massaggi, rinfacciare cose, caffettiere e farfalle.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Sherlock Holmes  non poteva definirsi un uomo romantico.

“Non proprio il primo aggettivo che verrebbe in mente alla gente per descriverti, ecco!” avrebbe commentato qualcuno, sempre così dannatamente incline a spolverare zucchero laddove il brutto carattere dell’interessato, insieme a una chilometrica lingua biforcuta, non lasciava altro che veleno.

Perché Sherlock Holmes non era affatto un uomo romantico, neanche lontanamente attratto dalle smancerie sceme e del tutto prive di qualsivoglia utilità sociale scambiate dagli innamorati, o dalle parole dolci, dalle promesse solenni, dalle carezze, dai baci…

“Ogni giorno le persone si riempiono la testa di spazzatura non lasciando spazio alle cose importanti, davvero importanti!”

…le stelle.

“Ma è il Sistema Solare!”

Perché avrebbe dovuto importargli?

Tuttavia, c’è una cosa, un’unica cosa di cui a Sherlock Holmes, il sociopatico, la bestia, lo strambo, lo schizzato, il drogato, veramente importi…

“Che stai facendo?”

…il punto debole, dopo l’oppio e prima della Donna…

“Non ti piace?”

…l’unica persona per la quale è stato disposto a morire – sta ancora chiedendo perdono per questo anche se sa di averlo già ottenuto dal primo sguardo dopo… - e per la quale sarebbe disposto a rifarlo, altre mille volte… Ma altre mille zuccate sul naso proprio non rientrano tra le sue aspirazioni di vita.

“Sì…”

O forse, ripensandoci un po’ su, per la cosa che in questo momento questa persona, l’unica davvero importante, gli sta facendo alle ossa cervicali potrebbe anche pensare di sopportare altre botte.

“Come ti piace?”

No, non lo rifarebbe. Non potrebbe sopportare un solo secondo in più lontano da queste dita.

“Più in basso.”

La pressione del suo pollice tozzo ed esperto, da soldato e da dottore, sulla prima vertebra dorsale gli genera un lungo brivido che come un’anguilla scivola freddo e viscido su tutta la spina dorsale, e si scopre a tremare.

“Così?”

Trattiene un lamento tra i denti che premono forte sul labbro inferiore mentre chiude gli occhi e pensa a come diavolo ha potuto farne a meno.

“Pelle.”

Sì, e del sudore delle sue mani sulla sua, delle unghie perfettamente curate che disegnano le loro note sul suo pentagramma sempre pronto a suonarle.

“Come dici?”

“Più. Pelle.”

Ingordigia.

“Più pelle.”

E ride. Quanto gli è mancato quel borbottio ad intermittenza, che non è una risata perché sarebbe troppo buffa per essere definita tale. Sembra… una caffettiera.

“Va bene?”

E lui profuma di caffè.

“Perfetto.”

Lui è perfetto. Lo sono le sue mani, ora completamente aperte, entrambe che premono e sfregano e tirano più pelle possibile.

Chiede di più.

“John?”

“Sherl?”

“Sai che odio quel nomignolo.”

“A me piace chiamarti così.”

“Janine mi chiamava così.”

“E a me non piace Janine.”

“Non avresti dovuto permettere a tua moglie di farle da damigella d’onore.”

Questo massaggio si sta facendo sempre più rude. Probabilmente domattina avrà le spalle bloccate.

“Non parliamo di Mary.”

“Non parliamo di Janine.”

“Ma tu…” gli pianta i pollici sul trapezio “ci sei…” gli scosta la maglietta con fin troppo furore, se la sente tirare sul collo “andato…” e graffia, pesante, fino alle scapole “a letto.”

Sorride, l'uomo affatto romantico, e spera che quello fin troppo romantico non l'abbia visto arrossire. Perché lui non sa che quella notte l’ha passata agonizzando su un lercio materasso in una lercia casa di tossici in compagnia del suo lercio senso di colpa, pensando a cosa lui stesse facendo in quel momento con Mary.

“Non hai perso il vizio, vedo.”

“Non sono geloso.”

“Sei un fottuto cieco: vedi ma non osservi, e nel mio campo è il peggiore degli handicap. Ti rallenta incredibilmente.”

Ora la schiena comincia a scricchiolare e che possa andare dritto all’Inferno se non gli sta piacendo da morire.

“È uscita dalla tua camera da letto con una tua camicia addosso. Con solo una tua camicia addosso.”

Adora vederlo, sentirlo così arrabbiato. Gli sorge uno sfizioso sorriso malinconico sulle labbra sottili mentre trafigge con lo sguardo, più di quanto non faccia lui stesso per la maggior parte del tempo con la parte idiota del mondo…

“E poi è entrata in bagno, dove ti stavi lavando…”

…almeno finché non lo posa su di lui, e allora con quegli occhi blu ci farebbe l’amore per il resto della vita.

“John…”

“…e l’ho sentita ridere. Vi ho sentiti ridere.”

“John…”

“A te non interessa tutto questo.”

“Mi stai facendo male.”

“Benvenuto nel mio mondo.”

Le sue dita abbandonano la pelle congestionata della schiena del detective che deve raccogliere tutte le sue forze per allungare un braccio indietro e recuperare ciò per cui entrambi hanno sofferto e sacrificato.

Presenza.

“Stai con me…” e gli esce strano come lo dice, come se non glielo volesse dire davvero o come se non ce ne fosse bisogno, in un sussurro che diventa gemito di liquido piacere quando cede e riporta la mano pellegrina sul suo collo.

Calore.

“…e smettila di rubarmi le battute.”

A questo punto si aspetta un ceffone che sa di meritare - e non per la battuta - e che invece non arriva.

Il soldato lo abbraccia.

“Che stai facendo?”

È un po’ goffo: gli ha passato il braccio sinistro intorno al petto, la mano che stringe la spalla destra mentre l’altro braccio è tenuto disteso, parallelo a quello destro dell'altro uomo, le dita della mano che sfiorano pelle e lenzuola finché non si ricongiungono con le sue, intrecciandosi e stringendole forte.

Ha paura che voli via?

“Non ti piace?”

Parla sulla porzione di muscolo che fa incontrare collo e spalla. Gli tremano le labbra.

“John?”

“Mh?”

“Come hai capito che mi amavi?”

Gli sorride addosso ed è come la scarica elettrica che fa ripartire un cuore. Lo attraversa da capo a piedi tornando indietro ed esplodendogli nello stomaco.

“Hai sorriso.”

Farfalle.

“Lo faccio spesso quando ci sei tu.”

“Tu sapevi.”

“So tante cose.”

“Quella no.”

“Quella quale?”

“Che anche una persona viva e vegeta può farti felice.”

Ora sono due caffettiere, e questo caffè è il più buono che Sherlock Holmes abbia mai assaggiato.












Note
Il titolo è tratto da una citazione di William Shakespeare.









Apologia dell'imperdonabile essere che è l'autrice
Ho molto peccato. Oh sì.
Chiedo perdono al fandom e in particolare alle meravigliose persone che mi seguono perchè manco da tre mesi. Okay, sono più di tre mesi e per di più ho lasciato in sospeso una long *err, sarebbero due* DUE long. Ci sto lavorando.
Esami e... beh, VOISAPETECOSA *silent screaming* mi hanno tenuta fisicamente e mentalmente occupata ma ho deciso di farmi perdonare con questa cosina (?) partorita questa sera come augurio di buona notte a me stessa e a tutti voi in lettura.
Come potrete dedurre, è ambientata in un momento imprecisato dopo la 03x03 e no, NON HO INTENZIONE DI PROFERIRE PAROLA A RIGUARDO. I miei feels hanno già fatto abbastanza danni ç___ç *ovviamente intende che è più che disposta a delirare in compagnia con chiunque abbia voglia di condividere gioie e dolori di qualsiasi tipo*.
Spero sia di vostro gradimento, ecco, e... boh, mi sento più in colpa di Sherlock in questo momento. Vi voglio bene.

miss potter
  
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