Realtà

Si era immaginato le urla e anche un pugno sul suo viso.
Non erano arrivati nessuno dei due.
Negli occhi blu del suo vecchio collega e amico vi era una profonda tristezza e amarezza.
Lui voleva che John si sfogasse, che urlasse la sua rabbia e la sua delusione, perché era logico che ne avesse, era logico che lo aggredisse.
Eppure John rimaneva lì davanti a lui come se fosse il fantasma della persona che lo aveva reso così umano e sentimentale, tanto da sacrificarsi per il suo bene.
Vide Mary prendergli la mano e intrecciare le loro dita, in un gesto così confidenziale da renderlo per un attimo spiazzato.
Le parole di Mycroft gli risuonarono in testa come i rintocchi di una campana a lutto: «Si è fatto una nuova vita.»
Aveva rinnegato quelle parole pensando, nel suo egocentrismo tipico, che John non avesse dimenticato in quegli anni.
Una parte di lui aveva desiderato che non soffrisse troppo per la sua morte, un'altra quasi desiderava che il suo amico continuasse a pensare alla sua caduta.
In entrambi i casi Sherlock non aveva previsto che John decidesse di unirsi così presto a un'altra persona, aveva pensato che si sarebbe comprato prima un animale domestico tipo un cane di quelli da salotto, anche se a ben pensare il lavoro alla clinica non gli avrebbe permesso di occuparsene molto, e poi erano ancora molte le strutture che non accettavano animali domestici.
Si, John e un cane, probabilmente con un nome assurdo come "Gladstone", di taglia media, forse un bulldog dato che erano considerati molto affettuosi.
E John aveva avuto bisogno di affetto.
Invece di un cane con problemi di eccessiva salivazione John si era trovato una donna.
Una donna che era stata al suo fianco le notti in cui al suo amico tornavano gli incubi della guerra e di un fantasma nero che si schiantava al suolo davanti ai suoi occhi.
Mary era stata al fianco di John quando lui non c'era stato, quando non aveva potuto.
Una parte di sé vuole rivendicare il legame che lo unisce al dottore, ma è la parte sentimentale, perché la ragione gli dice di mettersi da parte, di non coinvolgerlo più nei suoi casini.
Cerca una via di mezzo perché non può immaginarsi di nuovo da solo senza il suo collega.
Eppure mentre accetta questa nuova realtà, Sherlock ripensa a un suo vecchio sogno, avvenuto pochi mesi prima che potesse tornare, più che un sogno l'aveva catalogato come un possibile evolversi degli eventi elaborato dal suo cervello.
Aveva sognato con precisione le urla di John, il fatto che l'avesse preso per il bavero della giacca per fissarlo negli occhi e urlargli ancora la sua ira, il suo dolore.
E poi il gancio che non avrebbe evitato e che l'avrebbe fatto cadere a terra. Poi John su di lui che continuava a urlare che l'odiava per quello che aveva fatto mentre gli occhi si riempivano di lacrime. E anche lui nel sogno piangeva e con fatica gli chiedeva "scusa" e "perdonami" fin quando John non si sarebbe stancato di urlare e lui l'avrebbe stretto a se consapevole che il loro legame poteva essere recuperato.
La triste realtà era che nulla sarebbe stato come prima, che la donna che stringeva la mano del suo amico non se ne sarebbe andata come le altre, sarebbe rimasta al fianco di John e Sherlock non avrebbe potuto far altro che osservare la loro felicità cullandosi in un sogno che sarebbe rimasto tale.
Un'illusione che la sua mente aveva creato illudendolo che le sue azioni non avessero spezzato l'unico e vero legame che avesse mai stretto con un'altra persona.

Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento e che lasciate qualche recensione!!! ^^