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Autore: ChiiCat92    16/01/2014    3 recensioni
Tom e Bill Kaulitz sono gemelli, e questo, ancora prima degli Hunger Games, ha complicato la loro vita.
Contro Capitol City non c'è speranza, si cerca di morire nel modo più dignitoso possibile.
è questo che pensa Tom, quando ogni anno aspetta che il suo nome venga estratto durante la Mietitura...
Genere: Avventura, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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22:

La donna non è leggera come l'uomo, che tradisce anche per gioco o per puro piacere; no, la donna trova sempre un valido motivo ai suoi tradimenti.

 

Il puzzo del sangue, della morte, del sudore, della paura, non è niente in confronto al suono delle risate. Sì, risate, le risate dei Favoriti che riecheggiano nella città come un macabro canto funebre.

Gustav, al mio fianco, rabbrividisce. Nel mio intimo, non posso che fare altrimenti.

Da qualche parte, non molto distante da noi, i Favoriti ridono, semplicemente, come se quello non fosse un gioco di mortale brutalità, come se non fossero tutti nemici, come se sulle loro teste non pendesse una spada di Damocle.

Ridono. Sembrano una combriccola di ragazzini che campeggiano fuori casa, lontano dai genitori, e che siano felici dell'esperienza che stanno vivendo.

Ma, ascoltando bene quelle risate, si capisce quanto siano finte, tese, nervose, crudeli.

Non sono risate sincere, nascondono dietro un sorriso coltelli affilati, e intenti omicidi.

Ormai i giochi stanno per finire, e anche i più forti cominciano a sentire la tensione su di loro.

Faccio il calcolo a mente.

Siamo rimasti in undici, di cui quattro in evidente svantaggio: io, Gustav, Ria e Astrid.

I favoriti sono sei. Considerando che le ragazze non saranno in grado di combattere...due contro sei. C'è una mina vagante di cui ancora non conosco la posizione: Josei.

Stringo l'elsa della spada in una morsa. Sento la mano dolermi.

- Abbiamo un piano? -

Mi chiede Gustav, con gli occhi stralunati, come se io fossi il suo unico punto di riferimento.

E d'altronde non è forse così?

“No, nessun piano”, vorrei dirgli, ma sono certo che se lo facessi, lui avrebbe una crisi isterica, ed è l'ultima cosa che voglio.

- La Cornucopia è al centro di una piazza, giusto? Loro sono in sei, staranno presidiando ogni possibile via d'entrata. Abbiamo bisogno di vedere dove sono le sentinelle, e magari abbatterle. -

Lui freme. Non so se ha già ucciso qualcuno...e non voglio chiederglielo. L'unica cosa che fa è annuire, stringendo l'arco tra le mani paffute.

Povero Gustav. Dovevi essere così felice a casa tua, vero? Con tua sorella, la tua famiglia. Che vita facevi? Che cosa sognavi?

E io?

Scuoto la testa, cercando di uscire da quei pensieri. Rimani concentrato Tom.

- Potremmo...vedere dall'alto com'è la situazione. Saliamo in cima ad un palazzo, e guardiamo giù. -

- E un po' pericoloso. - lo guardo, severo - Potrebbero aspettarselo, e aver piazzato trappole in ogni palazzo intorno alla Cornucopia. -

- E allora? Cosa vorresti fare? Andare lì con le mani in alto e sperare che non ti metteranno ko in tre secondi? -

Non vuole sgridarmi, sembra solo preoccupato per me. Anzi, sembra veramente preoccupato per me.

Perché?

È tuo amico, no?” mi dice una voce nella testa, subito soppressa da un'altra che urla “Traditore!”

- No di certo. - sbuffo, e guardo tutto intorno alla ricerca di un aiuto, un indizio, un...un...- La metropolitana! - esclamo, tanto forte che Gustav salta in aria con gli occhi pieni di panico.

- Che metropolitana? -

- Quella! -

Gli indico un sottopassaggio che porta ai binari della metropolitana.

- E quindi? -

Gustav è sempre più scettico, neanche mi stesse guardando impazzire ogni secondo che passa.

- E quindi, vieni e stai zitto. -

C'è una vaga, remota, minuscola speranza che mi accende il cuore. Ma sono restio a pensarla come possibile fino a quando, scesa la prima rampa di scale, non mi ritrovo in un lungo corridoio buio, che sembra dispiegarsi all'infinito nel cuore sotterraneo della città.

Gustav mostra il suo dissenso con una faccia sconcertata, come se avesse paura del buio; io, intanto, continuo a camminare.

Mi fermo soltanto di fronte alla mappa della metro, con tutte le linee ben disegnate. È una contraddizione, una città così vecchia e che sta cadendo a pezzi e una cartina così nuova, com se fosse stata affissa al muro solo qualche istante prima.

Punto l'indice sul pallino giallo con su scritto “voi siete qui” e poi seguo la linea verde della metro fino alla prossima fermata.

- Piazza della Cornucopia. -

Sussurra Gustav, con gli occhi sgranati.

- Piazza della Cornucopia. - ripeto io, e mi sembra di stare quasi cantando - C'è una fermata della metro proprio nella piazza della Cornucopia! -

- E tu vorresti... - il biondino deglutisce a vuoto, visibilmente impaurito - ...vorresti sorprenderli passando da sotto? Non funzionerà! Come ci siamo arrivati noi, ci saranno arrivati loro! Avranno messo qualcuno a controllare l'ingresso! -

- Certo, qualcuno ci sarà ma...sono sempre in sei. Mizar farà di certo la guardia ad Astrid e Ria, e stai certo anche l'altro ragazzo, quello del 2...Noah. - il ricordo di come gli ero scappato mi riempie la mente per un attimo. Sì, sono abbastanza soddisfatto di come gli sono sfuggito. Che tonto. - Le due ragazze staranno di guardia in alto, con gli archi. E rimane sono Aizin. - C'è della rabbia nelle mie parole. Aizin. E Spiegel...Spiegel che è morta in quel modo, senza neanche potersene rendere conto, che non voleva affatto lasciare questa vita, questo mondo, e che è spirata tra le mie braccia. La vista mi si appanna di lacrime, ma cerco di inghiottire ogni singhiozzo, ogni singulto, qualsiasi traccia di tristezza. L'idea di uccidere Aizin potrebbe anche essere piacevole. - Se è stato messo da solo a guardia dell'ingresso, allora non ci saranno problemi a metterlo fuori gioco. E in tutto questo, c'è ancora un Tributo che non si è schierato dalla loro parte, e che non ho idea di dove sia: il ragazzo dell'8. -

Gustav rimane in paziente ascolto, ad ogni parola, sembra acquisire una certa consapevolezza.

- E quello dell'8...pensi che sia dalla nostra parte? -

- Loro hanno ucciso la sua compagna, di certo combatterà per vendicarsi, possiamo considerarlo uno dei nostri. -

- E chi ti dice che invece non gli interessi? Se vuole solo uccidere tutti e vincere? -

- Lo uccideremo prima noi. - Gustav vorrebbe muovere qualche protesta, ma glielo impedisco - Questo è il piano. Se ti va bene, vieni con me. Altrimenti vattene. -

Glielo dico con una certa freddezza, tanta che mi sento dispiaciuto al suo posto.

- Non ti lascerò solo. -

Dice, con una certa risolutezza.

Vorrei chiedergli “e perché?”, ma non voglio che lui mi risponda “per Ayra”. Non voglio che per aver ucciso una persona lui adesso mi sia debitore. No, non voglio.

- Benissimo, allora andiamo. Armi alla mano. -

Sguaino la spada, e lui sguaina la sua, preferendola all'arco.

Camminiamo per un po' nel buio, terrorizzati all'idea di incontrare qualche strana creatura. Ma per qualche ragione, tutto tace. C'è solo buio, e silenzio: anche le risate dei Favoriti sono attutite dai metri di terra che abbiamo sopra la testa.

Nessuno dei due ha voglia di parlare all'altro di ciò che succederà una volta che avremo raggiunto l'uscita: sappiamo che ci sarà spargimento di sangue, sappiamo che per qualcuno il cannone sparerà un colpo, sappiamo di poter morire da un momento all'altro.

Le gallerie della metro sono appena appena illuminate dai segnali “exit”, illuminati di verde pallido.

Seguiamo i binari fino alla stazione successiva.

Non c'è rumore di treni o di elettricità, né di topi o di insetti: sembra un luogo desolato, che la vita ha abbandonato da tempo.

Mi mette i brividi, la ferita al petto brucia.

Penso a quel maledetto scorpione, e penso a quanti altri se ne nascondono in giro, penso al deserto che tra poco arriverà, e penso che quei cosi abitano nel sottosuolo...esattamente dove adesso ci troviamo.

“Muoviamoci!” vorrei dire a Gustav, ma ho la gola bloccata. La mano non mi trema mentre stringo la spada: anche se la mente vacilla, il corpo è pronto a fare quel che è necessario fare.

Gustav, alla luce di quelle fioche luminarie, sembra smunto e triste. La sua mano si alza ad indicarmi un alone bianco: l'uscita!

Gli faccio cenno di stare in silenzio con un dito, ma lui più zitto di così non potrebbe stare.

Strisciamo con la schiena contro la parete gelida. Quel freddo ha il sentore della morte.

Respiro a fondo e comincio a salire il primo gradino.

Il cuore mi batte troppo forte in petto, troppo, romperà il silenzio di quel luogo e si accorgeranno tutti della mia presenza. Deglutisco a vuoto e mi sembra di crollare ad ogni passo.

Lancio un'occhiata a Gustav, come per accertarmi che sia ancora lì, e poi salgo la prima rampa di scale.

Subito, le voci dei Favoriti si fanno chiare. L'aria torna a farsi più pulita, meno stantia. Un leggero venticello mi soffia sul viso. Respiro a pieni polmoni e do una sbirciata in giro.

Ho sbagliato i miei calcoli: Aizin non è qui, presidia la Cornucopia insieme a Mizar e Noah.

Le due ragazze sono sul tetto di un palazzo basso, perlustrano la zona, con i loro archi a portata di mano, ma non sembrano particolarmente attente a ciò che sta succede tutto intorno.

L'altro ragazzo, invece, gioca a tormentare Astrid e Ria.

Di Aizin nessuna traccia.

Sono legate come salami, appese alla punta della Cornucopia. Lui ride, mentre loro si muovono appena. Sono coperte di sangue, il proprio, e i loro volti sono contratti in espressioni di paura e dolore.

Astrid piange, ma non sembra voler cedere, anche se il ragazzo la pungola con la punta di una lancia e si diverte a farle piccole lacerazioni sulla pelle.

- Maledetto. -

Mi ritrovo a sussurrare tra i denti, mentre Gustava mi afferra per un braccio: stavo forse per uscire fuori allo scoperto gridando come un pazzo isterico senza neanche darmi un piano d'azione?

Sì, da come è teso il mio corpo, da come sono sporto verso l'ultimo gradino, sì.

Mi tiro indietro con uno sbuffo, tornando al coperto.

- Che hai visto? -

- Tre vicino alla Cornucopia, due sul tetto di fronte. Uno non individuabile. -

- Come vuoi agire? -

- Sinceramente? Non ne ho idea. -

Ecco, bravo, finalmente l'hai ammesso! E ti costava tanto? Respiro a fondo e continuo a percorrere la piazza con gli occhi, come se mi aspettassi di vedere la situazione cambiare.

E in effetti qualcosa cambia.

Il cuore mi diventa grande come uno spillo, non so se per il sollievo o per la paura.

Le ragazze, ad un tratto, hanno un fremito e cascano a terra. Capisco che sono morte solo quando sento due cannoni sparare.

- Ma che caz... -

Mi viene da dire...solo che non ho il tempo di concludere la frase: Josei, proprio lui, proprio la mia mina vagante, si getta in corsa verso Mizar con l'espressione folle e la sua spada sguainata.

Sulla schiena ha un balestra: deve aver ucciso le ragazze con quella.

Scambio un'occhiata con Gustav, forse quello è il momento migliore per gettarsi nella mischia.

“Al mio tre”, gli dico solo sillabando le parole, e gli mostro le dita. Uno. Due. Tre.

Saltiamo fuori con la stessa foga di Josei.

Presi alla sprovvista, i Favoriti non possono fare altro che strillare per la furia e l'indisposizione.

Vedo gli occhi di Mizar brillare di rabbia.

Lascia il suo compagno in balia di Josei e si getta su di me. Sembra un toro infuriato. Agita un machete come fosse...non so, una forchetta? Insomma, con la stessa tranquillità e agilità.

Le nostre armi cozzano e creano scintille.

- Hai organizzato tu quest'imboscata? -

Me lo sputa praticamente in faccia, un po' stupito, un po' colpito, parecchio arrabbiato.

- No, era del tutto inaspettata la cosa. -

Tenergli testa è difficile: ha la forza di un animale, e la sua rabbia è decisamente sovrumana.

Ma quanti muscoli ha?

Cominciano a tremarmi le braccia per lo sforzo di tenere la sua lama lontano dalla mia gola.

- Io ti ammazzerò, ragazzino, e in diretta tv ti strapperò il cuore dal petto. La tua mammina morirà dal dolore. -

A quel punto mi esce un ringhio dalle labbra.

Faccio perno con un piede, mentre gli scaglio una ginocchiata dritta nello stomaco. Lui non si scompone più di tanto, fa solo un salto all'indietro che mi da il tempo di rimettermi in guardia.

- Sei un mostro. -

Riesco solo a dirgli, mentre nella mia mente mi auguro di avere la forza di sgozzarlo, di vendicarmi di tutte le vite che ha tolto, di sopravvivere.

Ma c'è sempre qualcosa nella mia anima che mi permette di pensarlo a cuor leggero: è sempre un Essere Umano, anche lui da qualche parte deve avere una famiglia, anche lui deve avere una madre, anche lui deve amare, voglio davvero ucciderlo?

Dilaniato tra i sensi di colpa e l'istinto di sopravvivenza, mi accorgo un secondo troppo tardi che sta caricando un fendente dall'alto verso il basso.

Riesco a scansarmi appena in tempo, ma non posso impedirgli di ferirmi la spalla di striscio.

Rotolo a terra, con uno schizzo di sangue che sprizza dalla nuova ferita, mentre lui mi si getta addosso con foga crescente.

Riesco a guardare oltre la sua spalla: Astrid e Ria sono ancora appese alla Cornucopia e stanno...bene? Nessuno sta badando a loro.

Gustav combatte come un leone, con la riscoperta complicità di Josei, che sembra dargli manforte.

Posso distrarmi da loro per concentrarmi solo su Mizar: staranno bene, per il momento.

Con lo sguardo riesco a rendermi conto che all'appello manca ancora Aizin.

Ho il vago sentore che mi spunterà alle spalle all'improvviso e do appena una sbirciata.

Mizar deve capire cosa penso, perché scoppia in una risata che mi fa venire i brividi.

- Oh, hai ragione ad avere paura. Ne manca ancora uno. Sai, non appena vedrà che cosa sta succedendo, ti attaccherà, e tu non potrai fare niente contro tutti e due. -

- Se ammazzo prima te, non sarà un problema. -

Gli ringhio in risposta, e mi lancio ad attaccare.

La spalla destra, contratta per lo sforzo di tenere alta la guardia e in tensione la spada, comincia a dolermi. Ma non appena i miei occhi raggiungono Astrid, riscopro una sacca di energie che non sapevo di avere.

Non posso arrendermi, lo devo fare per lei. Lei che è innocente, e che per tutto questo tempo non ho fatto altro che cercare di proteggere...senza però riuscirci.

Stringo i denti e schivo un affondo di Mizar che sicuramente mi avrebbe trapassato da parte a parte. Riesco quasi a sentire le mie grida di dolore e vedere il mio sangue schizzare fuori.

L'adrenalina sale alle stelle, quasi non ci vedo più, il cuore batte troppo forte in petto.

- Hai paura, hai paura di me, Esperimento. - canticchia Mizar - E non riesci a fare altro che difenderti. Ammetto che hai una buona resistenza ma...non durerà all'infinito. -

Mi rivolge un ghigno soddisfatto, cattivo, ed io so di avere i minuti contati.

Ha ragione: come posso tenergli testa? Come posso anche solo aver pensato di farlo?

Non ne sono all'altezza.

Però c'è qualcosa in me che non si arrende a quell'idea, perché arrendersi vorrebbe dire morire.

Ed io non voglio morire.

Come sei testardo, Tom” è una voce che da i brividi, e non viene dalla mia testa, viene da qualche parte intorno a me, eterea e leggera come l'aria.

La voce della morte?

Mi getto su Mizar, approfittando del suo tentativo di tondo con il machete. Mi abbasso e con il pomello dell'elsa della spada lo colpisco al mento, facendolo vacillare.

Gli assesto un calcio in mezzo alle costole, dato che ormai la sua difesa è rotta, e lui cade all'indietro.

Non molla il machete neanche per un attimo, ma una volta caduto a terra gli pesto tanto forte la mano che senso crocchiare le dita: forse gliene ho rotto un paio.

Allora urla, e molla l'arma, imprecando e minacciandomi.

- Non mi fai paura. -

Concludo, con aria di sfida. Un sorrisetto soddisfatto mi si accende sulle labbra.

Amo il modo in cui la situazione si è ribaltata, amo vederlo ai miei piedi, con una spada puntata alla gola. Amo la sensazione del predatore che ha appena catturato la preda.

Batto piano gli occhi, tentennando, quando mi rendo conto di quanta crudeltà deve esserci nei miei occhi.

Guardandomi adesso, che cosa penserebbe di me la mia famiglia?

Tom è rimasto nel Distretto 10, il Tom dell'Arena è una persona tutta diversa. Ma non era ciò che avevo deciso di fare sin dall'inizio di quest'incubo?

Capire quanto tutto ciò abbia realmente influito sul mio essere mi rende vulnerabile quei secondi necessari perché Mizar riprenda coscienza di se stesso e mi afferri la caviglia con la mano sana.

Stavolta tocca a lui ghignare.

Da uno strattone tanto forte e rapido che quando realizzo di stare cadendo, la mia schiena ha già toccato terra.

Dalle labbra mi sfugge un sibilo di dolore. Qualcosa dentro al mio petto si rompe. Una costola?

Mizar salta in piedi e mi preme a forza un piede sullo stomaco. Sputo fuori tutta l'aria rimastami nei polmoni, tanto che mi sento morire.

Lui si tiene al petto la mano ferita. A giudicare dall'angolazione del suo pollice e del suo indice, devono proprio essere rotti.

Sento dell'orgoglio nascere da qualche parte dentro di me.

- Non so come sia meglio ucciderti, ma stai certo che non sarà per niente veloce. -

Sento me stesso ringhiare come un animale in gabbia mentre sferro un colpo laterale con la spada, nel disperato tentativo di farlo allontanare.

Ci riesco, e Mizar saltella all'indietro per evitare di ferirsi, anche se un taglio si apre sulla sua coscia.

Ora siamo pari: lui mi ha preso la spalla, io la coscia.

Sono entrambe ferite superficiali, ma per lui quella deve minare fortemente il suo orgoglio. Non solo è stato così stupido da farsi rompere le dita, ma ha anche rischiato di essere ferito dalla mia spada.

Ecco che mi sento nuovamente sorridere.

- Forse mi hai sottovalutato, eh, bestione? -

C'è solo un urlo che nasce dalle labbra di Mizar mentre carica come un toro.

I suoi fendenti sono veloci, pesanti, ma non precisi. Ormai accecato dalla rabbia non sa più neanche che cosa sta facendo, dove colpire, perché: è pura adrenalina e questo gioca a mio favore.

Anche se le braccia mi tremano per lo sforzo di tenergli testa e di parare o schivare i suoi affondi, comincio ad analizzare le sue mosse, i suoi schemi.

Tondo, tondo, affondo, colpo laterale da sinistra. Tondo, tondo, affondo, colpo laterale da destra.

È così prevedibile da fare male al cuore.

Forse neanche se ne rende conto di quanto mi stia facilitando le cose.

Nell'ultimo colpo laterale faccio un salto indietro, lui ha il busto ruotato verso destra, e il fianco sinistro è totalmente scoperto.

Adesso!

Carico la spada con tutta l'energia rimastami e colpisco.

Sento la punta della lama rompere la pelle, i muscoli, le ossa e bloccarsi, non so contro cosa, non so perché. Solo solo che ad un certo punto c'è solo sangue, sangue sulle mie mani, sangue sulla spada, sangue sulla sua divisa sporca, sul terreno.

La sua espressione rimane furibonda, mentre la mia si fa sconvolta.

Non accenna a voler smettere di combattere, anzi, ora che è ferito sembra avere più energie che mai.

Provo a divellere la lama, ma lui, come se niente fosse, mi indirizza un affondo e sono costretto a saltare via per non essere colpito.

Ora sono disarmato, e lui, benché sanguinante (e probabilmente in punto di morte), estrae dal suo busto la spada, ne osserva la fattura e poi la impugna.

Dalla ferita esce abbondante sangue scuro, denso, quasi nero.

- Che razza di cosa sei? -

Riesco a bisbigliare, mentre lo vedo avanzare senza neanche zoppicare, tentennare, senza dare segno della sofferenza della ferita che gli ho appena inferto.

Lui ride. All'improvviso, scuotendo la testa.

- Povero, sei sconvolto, vero? - ma che domande! Certo che sono sconvolto! Dovresti essere morto! Morto e stramorto! O dovresti contorcerti sul terreno in preda ad atroci dolori, non in piedi con la spada che ti ha colpito stretta in pugno e uno sguardo omicida negli occhi! - Questo? È solo un taglietto da niente. - dice, indicandosi il fianco ferito. Ormai il sangue ha ricoperto tutta quella parte, impregnando la maglia e i calzoni, qualche goccia macchia il terreno. - Io non posso sentire dolore. Pare che sia una malattia genetica. - mi guarda in modo eloquente - Non sei il solo Esperimento dell'Arena. -

E poi, con un urlo, mi si scaglia contro.

Ho solo il tempo di sgranare gli occhi prima di guardarmi intorno e trovare un'arma che mi impedisca di essere fatto a fettine come il prosciutto.

Il primo fendente riesco a schivarlo, il secondo affonda nella mia spalla. Il dolore si accende come un fuoco d'artificio. Urlo tanto forte da non sentire più le corde vocali. La testa mi gira per un lunghissimo attimo e penso che stavolta è davvero finita. Non ho più la forza di combattere, e poi sono completamente indifeso.

Digrigno i denti, reggendomi la spalla ferita, ma non crollo. Ho paura di guardarla e di scoprire che mi ha quasi staccato il braccio dal busto. Gli occhi mi lacrimano tanto che non riesco a vedere. Ciò che sento è solo la lama della spada che si punta alla mia gola e mi costringe ad alzare il mento.

Incrocio gli occhi cattivi di Mizar. Anche se cerca di sostenere un certo contegno, si vede benissimo che anche lui è messo male.

Probabilmente le ferite che ci siamo inferti reciprocamente saranno la ragione di entrambe le nostre morti.

È bianco in volto, e credo di esserlo anch'io.

Però il sangue, il mio e il suo, hanno un colore così simile sulla lama della spada, sul terreno anche sulle nostre divise.

In realtà, è proprio identico.

Non so neanche perché mi stia concentrando su questo particolare.

L'unica differenza sta nel fatto che per me il dolore è atroce.

- Facciamo così, adesso vado a prendere le tue amichette e le faccio fuori davanti ai tuoi occhi, dopo di che uccido anche te, così potrete rivedervi all'Inferno. Non è un atto di generosità da parte mia? -

- E poi ci raggiungerai anche tu, eh? - riesco a sorridere, sprezzante - Non vivrai ancora a lungo con quella ferita. -

- Oh ci riuscirò invece. Ucciderò anche tutti gli altri, e poi ci penseranno quelli di Capitol City a curarmi. Vivrò una vita ricchissima, e di tanto in tanto manderò dei fiori ai tuoi familiari. - ride, mentre io stringo i denti - Potranno metterli sulla tua patetica tomba e piangere la tua scomparsa. -

Il suo tono ironico e sprezzante mi fa andare il sangue alla testa.

Ormai non sento più il braccio destro. Il colpo che mi ha inferto deve aver scollegato tutti i nervi. Me lo porto dietro come fosse un pezzo di carne insensibile. Approfittando di quell'insensibilità, mi faccio avanti, conficcando la lama della spada nella carne morte e bloccandola.

Mizar sgrana gli occhi come avesse davanti un mostro, e molla la spada.

Con il braccio sano gli do una gomitata dritta sul naso, facendolo oscillare all'indietro.

Preso alla sprovvista, non si difende mentre lo colpisco con pugni e calci. Ad ogni colpo, il sangue sgorga più copioso dalle sue e dalle mie ferite.

Alla fine crolla a terra, di nuovo, ma stavolta non si rialzerà.

Estraggo la spada alla spalla e la lancio lontano.

Voglio ucciderlo a mani nude.

Mi inginocchio al suo fianco e avvolgo una mano sulla sua gola.

Non ha neanche la forza di ribellarsi mentre stringo, stringo, stringo. La sua faccia si fa paonazza, le orbite di fuori, lo sguardo allucinato.

Non emette un fiato quando muore, ed io divento cosciente solo quando scoppia un colpo di cannone in lontananza.

Mi accascio sul terreno, stanco, stravolto, senza riuscire a capire per quale motivo mi trovo lì, perché, che cosa dovevo fare.

Qualcuno mi si avvicina.

Riconosco la faccia pallida di Astrid.

Le faccio un sorriso.

- Sono contento che tu stia bene. - riesco a dirle. Vorrei accarezzarle il viso, ma le braccia non le sento più, né quella ferita, né quella sana. - Gli altri? Gustav? Ria? - lei ricambia il sorriso, ma le sue labbra sono tese in modo strano. Sembra un ghigno. Non riesco a capire, però c'è...c'è una punta di paura che comincia a stringermi lo stomaco. - Chi ti ha liberata? Quando è successo? -

- Oh Tom. - dice lei, e scuote la testa - Mi dispiace. Ho giocato un po' con te, e non sono stata onesta. - perché ha quell'espressione così tranquilla? Perché i suoi occhi sono asciutti e duri quando poco prima sono certa di averla vista piangere?

- Sono tutti morti. -

Nel mio campo visivo entra Josei, fa roteare la sua balestra tra le mani insanguinate.

Il mio cuore aumenta i battiti mentre la ferita alla spalla rigurgita una colata di sangue caldo.

- Bene! - trilla lei. Dopo di che la vedo estrarre un coltello e piantarlo nel petto di Josei, senza mezzi termini, e senza tentennamenti. Lui sgrana appena gli occhi e poi crolla a terra, morto. Sento un altro colpo di cannone. Possibile che... - Non te ne sei neanche accorto. Non ti sei accorto che i tuoi amici e compagni sono morti, mentre giocavi con Mizar. - sembra davvero deliziata della cosa. Continuo a non capire, continuo a non sapere cosa dire, la lingua mi sembra un impasto molle e inutilizzabile in bocca. Lei allora ride, e come in un orrendo incubo realizzo che quella sua risata...è la stessa dei Favoriti, la stessa che rimbombava nel vuoto della città abbandonata e distrutta, la stessa crudele e senza emozioni. - Ci sei arrivato? - chiede, con una faccia angelica che cozza terribilmente con la verità che comincia a prendere forma in me - È bello poter essere io ad ucciderti. -

- Perché? -

Riesco solo a chiedere, le forze mi abbandonano alla velocità della luce.

- Perché? - ribatte lei, come se fossi uscito pazzo, come se non avesse alcun senso la mia domanda - Sono gli Hunger Games, Tom! Che cosa ti aspettavi? Che ti amassi? Che l'amore avrebbe salvato entrambi? Avresti dovuto capire che era tutta una messa in scena, fin dall'inizio! -

Non riesco a dire una sola parola. Il cuore mi si spezza in petto. Per quel che vale, sono morto in questo istante.

Riesco benissimo ad accettarlo, eppure ancora mi sembra impossibile.

Ho sprecato tanta energie, mentali e fisiche, per lei. E lei invece pensava solo a come ritorcermi contro quel sentimento che stava nascendomi in petto.

Ora il punteggio datole dagli Strateghi sembra avere un senso.

Era pericolosa e neanche me ne sono accorta. Lei...lei e il suo compagno, che non aspettavano altro che pugnalarmi alle spalle.

Il piano di Astrid mi sembra così scontato adesso. Si finge innamorata, si strugge di amore per me, gli sponsor e tutta Capitol City piange e si dispera, l'aiutano a sopravvivere. I Favoriti vengono presi in giro alla stessa maniera, la tengono in vita perché possa attirarli a loro. Aspetta che io faccia il lavoro sporco per lei, rischiando di morire, ossia uccidere i Tributi più pericolosi. E quando il campo è libero viene a raccogliere i frutti del suo lavoro.

Era sicura che io e Mizar ci saremmo uccisi a vicenda, era sicura che io avrei fatto uno sterminio pur di salvarla.

Fare la donzella in pericolo l'ha rese la vincitrice dei giochi.

- Addio Tom, grazie dell'aiuto. -
Mi sfila un pugnale dalla cintura e mi sorride. Il sorriso dolce dell'Astrid che ho conosciuto e...amato.

Poi me lo pianta nel cuore.

Prima di morire ho il tempo di sentire il colpo di cannone sparato per me.



The Corner

Ciao a tutti!
Sono finalmente tornata!
Buon anno e ben trovati :3
Piccola novità per questa storia: il prossimo sarà l'ultimo capitolo!
L'aggiornamento sarà giovedì 30 Gennaio!
Mi siete mancatiiiiii! E' bello rimettersi a lavoro :3

Chii
   
 
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