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Autore: Justanotherpsycho    16/01/2014    2 recensioni
La Luna è il sogno di un bambino, e questo è il breve racconto del suo tentativo di realizzarlo.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Luna «La Luna, Chang… domani prenderemo il the sulla Luna» disse il piccolo Astolfo, versando del the invisibile al suo coniglietto di peluche, seduti attorno al piccolo tavolo in camera sua.
Guardavano la Luna ogni notte da quella grande finestra, a luci spente.
Sembrava fatta apposta per ammirarla, fra le larghe imposte bianche, vi appariva come in un teatrino delle marionette, grande, luminosa.
Sua mamma che veniva a spegnergli le luci ogni sera non sapeva di quel loro piccolo rituale giacché il piccolo, passata la ronda, imbastiva il momento come un clandestino, come se prendere il the col suo migliore amico al chiaro di luna fosse qualcosa da tenere nascosto, quasi illegale. Ma la mamma non vedeva di buon occhio le ore piccole, c’era il coprifuoco a casa loro.
Ed eccola lì, la loro piccola ribellione, la loro protesta, stagliata contro la luce argentea della luna, le urla rivoltose nel silenzioso soffio sul vapore, a far raffreddare il nulla più bollente.
Era un’altra serata in riva al mare, di quelle che più piacevano ad Astolfo, fresche, con una lieve brezza che soffiava amena, e ovviamente la sua luna lì alta nel cielo.
Ma aveva anche qualcosa di speciale: sarebbe stata l’ultima.
La sera dopo, con la luna piena, sarebbe partito, proprio verso di lei.
Perché?
Perché sì. La Luna è la Luna. Ha sempre avuto un fascino irresistibile. Quello della madre che lui avrebbe sempre voluto avere, quella che sconfigge le tenebre con la sua tenera luce.
Casa diventava sempre più invivibile. Stava crescendo e le regole dei suoi genitori gli stavano sempre più strette.
L’ultima l’aveva fatto piangere non poco: volevano prendersi Chang!
“Sei grande! – dicevano – devi smetterla di giocare coi peluche!”
Non capivano che lui era il suo unico, migliore amico.
«Ma sulla Luna non ci sono regole, dico bene?» cercò conferma nei dentoni di stoffa del suo compare.

L’indomani, mentre il sole stava per tramontare alle spalle della casa, Astolfo preparava gli ultimi ritocchi alla sua nave: una porta, con due barili vuoti legati alle estremità e albero maestro e vela formati, rispettivamente, da un ramo e da vari teli e buste di plastica fuse insieme colla fiamma di un accendino. E’ assurdo quello che la gente getta in spiaggia. Ma almeno stavolta gli saranno utili quelle cianfrusaglie.
La mamma lo chiamò per la cena.
Dopo la buonanotte indugiò un attimo sulla soglia al pensiero di abbandonare i suoi, ma poi si fece forza e si disse che comunque ogni tanto sarebbe potuto tornare, almeno per informarli di quanto si trovava bene lassù.
Zaino in spalla si fiondò in spiaggia, con Chang sotto braccio, spinse la nave che teneva nascosta dietro delle frasche e vi guizzò sopra.
Persino la brezza marina, quella notte, era dalla sua parte, e gli gonfiò le vele, generosa.
Non ebbe il tempo nemmeno di complimentarsi con sé stesso per l’ottima partenza, che già una lingua d’argento fece capolino oltre l’orizzonte, delimitando finalmente mare e cielo che prima erano indistinguibili.
E da lì fu un lungo trionfo, una parata lenta e maestosa, mentre la Luna lasciava la coperta d’acqua scura e si ergeva ad illuminare la notte e a far invidia alle stelle.
Aveva scelto proprio la luna piena perché, essendo così grande, non poteva certo mancarla!
«Come dici, Chang? Ah è vero! Non abbiamo preso l’acqua per il the! Beh, fa niente, ne abbiamo quanta vogliamo qui» ridacchiò indicando la distesa blu notte che si estendeva a perdita d’occhio.

Ma qualcosa non andava: per quanto il vento soffiasse a loro favore, con le guance gonfie e la faccia viola per lo sforzo, gli occhi quasi rivoltati all’indietro e un mal di testa inimmaginabile, la luna non si avvicinava di un passo. Anzi, scorreva via, su, più veloce di quanto facesse di solito, come si ritirasse al tocco, spaventata.
Ed era quasi completamente fuori, in punta di piedi sull’orizzonte del mare. Astolfo aveva remato, con le mani nude nell’acqua gelida, con quanta forza aveva in corpo.
Ora si sporgeva dall’estremità della sua nave, il corpo proteso sul blu e argento sotto di lui, con le dita sentiva di poterla sfiorare, se solo avesse potuto sporgersi un po’ di più…
Poi, di netto, ma gentilmente, come sempre, la Luna abbandonò le rive del mare terreno e salpò per uno tutto suo, celeste, lasciando l’orizzonte come un bacio sulla guancia dell’Oceano.
In quell’istante Astolfo perse l’equilibrio e cadde in mare.
Il gelo lo avvolse, ma lui, prontamente, riafferrò la nave e vi si issò.
«Potevi almeno urlare “uomo in mare”» rimproverò scherzosamente al coniglietto, nascondendo il tremore del freddo con le risate.
Ma non era per niente felice: aveva perso la Luna.
Si avvolse nella coperta che si era portato e si raggomitolò sul ponte della sua nave, mentre le lacrime si mischiavano all’acqua dell’oceano sulla sua faccia.
E Astolfo si addormentò.

Quando si svegliò notò subito qualcosa di strano: luce, tanta luce, che proveniva da tutt’intorno. Conosceva quella luce.
Saltò in piedi dalla gioia, non c’era bisogno di guardarsi attorno: erano arrivati sulla Luna!
Non sapeva come era stato possibile, magari un’onda un po’ più alta del solito…
«Astolfo dai, smettila, abbiamo ospiti!» fece una voce ai suoi piedi, mentre qualcuno gli strattonava l’orlo del pantalone.
«Chang! Sai parlare!» fece, al settimo cielo.
«Uno dei vantaggi della Luna è che non devo più stare zitto per paura che mi sentano i grandi» poi il coniglietto indicò l’ospite a cui si riferiva prima.
Una donna, alta, pallida, ricoperta di veli sottili e leggiadri, bellissima, emanava la stessa luce argentata della Luna. Era seduta sul piccolo tavolino da te di Astolfo, e ci entrava a malapena. Chang si precipitò a versarle del the.

Fissava Astolfo con un sorriso dolce, materno, gli occhi quasi bianchi, caldi.
Il piccolo prese posto al tavolo e Chang versò nella sua tazzina del vero the fumante. Dopo i vari soffi di rito, appoggiò le labbra alla porcellana e inclinò la tazza: appena il liquido bollente gli toccò la bocca, Astolfo gettò via il the, urlando per il dolore.
«Attento – fece la donna, sempre mantenendo la sua aria rassicurante, ma senza muovere un muscolo per aiutarlo – Questo scotta davvero… allora, cosa ti porta sulla mia Luna, ragazzino?»
«Ba bibertà!» biascicò quello, con la lingua fuori dalla bocca, come una torta a raffreddare sul davanzale, mentre intanto cercava di trattenere le lacrime di dolore.
«Libertà! Che bel sentimento! Soprattutto per un bambino della tua età»
«Già, e i miei genitori dicono che faccio ancora cosa da piccoli…»
«Non essere così duro con i tuoi, alla fine vogliono solo proteggerti… e prepararti»
«Prepararmi per cosa?»
«Per il the bollente… per esempio. E per una Luna vuota»
«Ma non è vuota! Ci sei tu!»
«Astolfo, non sto dicendo che devi rinunciare ai tuoi sogni… ma è ancora troppo presto. Devi saper aspettare, prepararti e lasciare che ti si prepari… Io e Chang aspetteremo qui»
«Cosa? No, aspetta non capisco!» urlò Astolfo, mentre quel sorriso svaniva lentamente.

«ASTOLFO!» lo svegliò la voce di sua madre, evidentemente preoccupata.
La nave era stata sospinta dalla corrente di nuovo a riva e quando Astolfo si svegliò era quasi sulla spiaggia.
Sua madre, precipitatasi sul posto, non esitò ad entrare in acqua, con ancora addosso la veste da notte, per riabbracciare il figlio.
Tra baci e abbracci fin troppo stretti, sussurrava fra i singhiozzi qualche rimprovero che doveva voler suonare duro, ma che le lacrime ammorbidivano suo malgrado.
Astolfo ricambiò braci e abbracci e le urlò nel cuore, sussurrando anche lui: «mi sei mancata»
Poi un pensiero gli attraversò la mente: «Chang! Dov’è finito!?»
«Mi dispiace tesoro, l’avrai perso in mare… ma non ti preoccupare te ne compreremo un altro…»
«No – la interruppe dolcemente – lascia stare, fa niente»

Vent’anni dopo:
«Base, siamo sulla superficie» comunicò conciso, mentre dall’altra parte esplodeva la festa.
Eccola lì, alla fine. Polverosa e piena di crateri. Paradossalmente, così come la cosa più bella sulla Terra gli fosse sembrata la Luna, così sulla Luna la cosa più bella era certamente la Terra, lì tonda, grande e blu.
Ma poi qualcosa attirò la sua attenzione: un tavolino da the, giocattolo, con tutto il servizio, e su uno sgabello un coniglio di peluche.
«I cinesi e le loro stupide leggende, eh?» commentò, sprezzante, il suo compagno di missione.
Gli rispose con un cenno della testa ed un sorriso abbozzato, ma non appena quello fu lontano si sedette dall’altra parte del tavolo, furtivo.
Era tornato tutto come una volta, prendere il the di nascosto, come fosse illegale, ma stavolta la Luna sotto i piedi e la Terra in alto nel cielo stellato.








Cantuccio: storia scritta e pensata in una sera, ispirata da una'"alba" di luna in minecraft mentre per caso navigavo in mezzo all'oceano verso quella direzione XD Scusate i brutti nomi, ma tutto ha un motivo ;)
  
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