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Autore: nightswimming    16/01/2014    13 recensioni
Col passare del tempo, si accorse di non aver mai visto due persone più innamorate, e più infelici, di loro.
(Post-His Last Vow)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: non miei, niente di ciò è vero, niente di ciò mi renderà mai ricca (sigh).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Charles lavorava in quel club ormai da anni, quindi non era la prima coppia che vedeva danzare - letteralmente danzare - sull’orlo di un sensuale precipizio. Ma era di sicuro la più affascinante.

Il tipo alto e riccio era una faccia nota da tempo. Impossibile dimenticarselo, con quegli zigomi e quegli occhi e quell’equilibrio di storta bellezza che reggeva i suoi lineamenti.

L’aveva visto innumerevoli volte farsi strada con passo imperioso nei privé, uscirsene con una bustina fra le lunga dita pallide e ricomparire sulla pista da ballo dieci minuti dopo, le pupille dilatate e il sudore che gli attaccava la camicia alla pelle.

Spesso si era, suo malgrado, soffermato a guardarlo ballare. Ballava sempre da solo, ignaro degli sguardi colmi di apprezzamento che lo circondavano. Magnetico e altezzoso e strafatto. Una sorta di statua di marmo portata alla vita che ancora si sentiva di troneggiare da sopra un piedistallo.

L’altro, quello che entrava nel locale con l’aria di un genitore arcigno e preoccupato, aveva fatto la sua comparsa qualche mese prima. Impossibile dimenticarselo, pure lui. Charles si ricordava ancora il pugno che aveva assestato a quegli zigomi affilatissimi, le urla di cui l’aveva ricoperto, il suo sguardo furioso e colpevole.

La schermaglia era scoppiata proprio vicino al suo bancone, per cui Charles si ricordava anche la reazione di Sherlock (come gli era sembrato di capire che la statua di marmo si chiamasse): un sorriso strafottente e disperato, un baluginio di denti macchiati di sangue, e poi un semplice “Vieni a ballare”. Una mano che scendeva ad afferrare quella dell’altro, un pollice che sfiorava piano un polso. Aspettativa pura.

Charles sul momento aveva ridacchiato e si era detto: “Che gran faccia tosta.” Era ovvio che quello con l’aria del padre stressato l’aveva colto in flagrante ad essere uscito a ballare senza di lui, magari anche a drogarsi senza di lui, e si era giustamente arrabbiato. Dalla sua espressione doveva trattarsi di quello più possessivo della coppia. Charles trovava difficile che questo Sherlock riuscisse a farsi perdonare con quella frasetta allusiva.

E invece, sorprendentemente, l’altro l’aveva guardato con l’aria mezzo disperata mezzo rassegnata di chi osservi una nave che affonda, vedendosela già relitto davanti agli occhi. Dopodiché gli aveva stretto forte la mano e l’aveva trascinato in mezzo alla calca.

Da quella sera Charles se li era visti comparire nel locale un tre-quattro volte al mese. Ormai aveva preso a salutarli per nome e ad allungar loro i loro drink prima che aprissero bocca per fare l’ordine.

Siccome era uno che si faceva gli affari suoi, non aveva mai fatto loro domande dirette. L’invadenza lo infastidiva e a giudicare dall’espressione arcigna di John – questo il nome dello pseudo-genitore ansioso – doveva infastidire anche lui. Dava per certo che stessero insieme e questo gli bastava. Si ritrovò, suo malgrado, ad aspettare con lieve impazienza la loro entrata nel locale, perché vederli insieme gli piaceva.

Se avesse voluto essere banale avrebbe detto che erano una bella coppia, ma loro non erano banali.  Quella loro particolarità esigeva uno sforzo linguistico.

Dal punto fisico Charles poteva dire di non aver mai visto sprizzare tanto erotismo, tanta intesa e tanta sensualità da nessuno che non si stesse baciando.

 Sherlock e John infatti non si baciavano mai. Entravano, bevevano qualcosa senza dirsi una parola, si dirigevano insieme al centro della pista e ballavano senza sosta fino all’orario di chiusura del locale. Nient’altro.

Niente gite nei bagni. Niente mani sotto i vestiti. Ballavano tenendosi così stretti da rendere difficile a un osservatore esterno distinguere i loro corpi e si guardavano fisso negli occhi. Tutto qui.

Ci sono tanti luoghi comuni riguardo alla danza. Qualcuno dice che sia come fare sesso vestiti: l’espressione verticale di un desiderio orizzontale. Charles non ci aveva mai creduto, almeno fino a quando li aveva visti ballare per la prima volta.

La tensione era quasi insopportabile per lui che guardava e basta; non osava immaginare come fosse per i diretti interessati. Sherlock, le maniche della camicia arrotolate sugli avambracci, posizionava sempre le sue grandi mani in fondo alla schiena John, mentre lui teneva le braccia allacciate al suo collo o intorno alle sue spalle. Charles non li aveva mai visti abbracciarsi in maniera diversa.

Si muovevano come una cosa sola, qualunque ritmo stessero ballando, da quello più frenetico a quello più rilassato. I loro nasi si sfioravano di continuo, le loro labbra erano sempre a meri millimetri di distanza e loro semplicemente si guardavano, si guardavano, si guardavano. Persi l’uno nell’altro al punto da non fare neanche lo sforzo di toccarsi più intimamente.

Charles si era trovato più di una volta a digrignare in empatia i denti per la frustrazione.

Col passare del tempo, si accorse di non aver mai visto due persone più innamorate, e più infelici, di loro. Si chiese come poteva essere possibile. Sembrava innaturale che esistesse qualcosa o qualcuno in grado di allontanarli: erano fatti per combaciare perfettamente.

Divenne una faccenda personale per lui. Era sempre stato una persona scettica riguardo all’amore e non si era mai lasciato coinvolgere in niente di più profondo di una frequentazione saltuaria, spesso a scopo unicamente sessuale. Cominciò ad essere ossessionato da loro, dal quadro meraviglioso che formavano insieme, dal loro segreto, dai loro sospiri e dai loro sguardi. Si disse ridendo a denti stretti che si era preso una bella sbandata – per John e per Sherlock come coppia. Per quello che erano l’uno per l’altro. Per l’amore innegabile che li univa, e che quindi, forse, avrebbe un giorno potuto unire lui a qualcun altro.

Quando scoprì che John era sposato con una donna e aveva una bambina piccola, per la sorpresa ruppe un bicchiere – il primo da quando lavorava lì.

Era venuto a conoscenza di quella tremenda verità origliando un’altra conversazione. John stava insistendo per andarsene prima, dicendo che c’era la babysitter che lo aspettava a casa e che non poteva tardare oltre. Charles aveva visto Sherlock stringere le labbra fino a farle diventare una pallida linea bianca e non dire una parola.

“Vai allora” aveva detto infine, la sua voce a malapena udibile sopra il frastuono della musica.

“Sherlock” aveva sussurrato John. La sua mano era scattata per afferrare il polso dell’altro.

Sherlock aveva sorriso.

“Non ti darò la soddisfazione di chiederti di restare.”

John aveva scosso la testa con l’aria di un animale in trappola.

“Mary è via per lavoro, non posso-”

“Ma certo che non puoi” era stata la risposta dell’altro. “Ci sono tante cose che non puoi fare, John. Lo sappiamo entrambi molto bene.”

John gli aveva voltato le spalle e se n’era andato come se stargli vicino senza poter fare niente a riguardo gli provocasse dolore fisico. Charles aveva notato per la prima volta la fede al suo anulare sinistro, e si era dato dello stupido, e del sentimentale. Ma certo. Non poteva essere tutto così perfetto. Niente lo era mai.

Aveva parlato con Sherlock, quella sera. Vederlo occhieggiare con desiderio le bustine di cocaina che venivano passate di mano in mano a pochi metri da lui aveva vinto la sua naturale timidezza.

Gli aveva offerto giro dopo giro, dicendosi che farlo ubriacare e poi metterlo su un taxi si sarebbe rivelata la soluzione migliore per tenerlo lontano da quella merda.

Era bastata una singola domanda diretta perché Sherlock, alticcio e col cuore spezzato, rompesse gli argini. “Ballare con me è il suo modo di sostituire una droga ad un’altra” aveva biascicato. “Crede che mi faccia meno male.” Mandò giù il decimo shot di tequila. “E’ sempre stato un idiota.”

Charles aveva ascoltato il resto della storia con sguardo inorridito. Da quel giorno in poi, vedendoli ballare, aveva preso a distogliere sistematicamente lo sguardo.

Ma loro erano sempre lì. Sempre in bilico. Sempre insieme. Charles non avrebbe potuto dimenticare il loro amore neanche volendo, e, ne era sicuro, nemmeno loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: mi piace pensare che in qualche modo Charles sia una rappresentazione del fandom. :D

P.S. Titolo preso da quello di un bellissimo album dei National.

 

 

   
 
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