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Autore: Margaritas_    17/01/2014    1 recensioni
Forse non dovrebbe far parte delle orange.
E se la ragazza in questione fosse la Ludbrook? La leggereste?
"Sono sicura che non ne avresti il coraggio, perché sei troppo orgoglioso."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni serata di questo tipo, mi ritrovavo alle 3 di notte a fissare quel soffitto, sbiadito dalle sfumature della luce derivante dalla bijou.
Forse quel soffitto aveva più pensieri interessanti quella notte da raccontare.
La mia felicità si spegneva sempre in quel punto esatto dive rifletteva la tenue luce artificiale.
Il perché lo sapevo solo io, ovviamente. L’uomo che ora giaceva affianco a me, perso nei suoi sogni più irreali, nello stadio R.E.M. del suo sonno più profondo, era la causa di tutti i miei dolori notturni.
Di certo, stupido com’è, non si sarebbe mai aspettato di ferire una creatura come me, le sue idee ritenute perfette e infallibili ben presto si sarebbero infrante. Ovviamente a causa mia.
Il vestito che scelsi per la serata era un semplice tubino nero, niente di particolare, ma per lui era eccessivo, non voleva farmi passare per quella che non ero ai suoi occhi e a quelli di tutto il resto del mondo. Per questo venni rimproverata per la mia scelta d’abito.
Sapevo che i tacchi me li aveva vietati, per paura che la gente non mi avrebbe riconosciuta e mi avrebbe scambiata per una delle strade. Forse preferivo apparire così, ma comunque optai per degli stivaletti in pelle neri.
Una piccola borsa lucida di un color bianco acceso completava l’outfit.
Niente trucco, non sarei stata me stessa, diceva lui.
Ero pronta per uscire, in pratica. Lo specchio però rifletteva quello che non ero io, ma quello che scelse lui per me.
Come ogni singola volta che organizzava queste cose.
Dovetti andare io fino a casa sua, pensavo fossero gli uomini ad passare, ma noi eravamo diversi. Lui era diverso, da tutto il resto del mondo.
“Come cazzo ti sei vestita?!” Ehi ciao, sono arrivata. Come ogni volta mi fai sentire la benvenuta.
“Dobbiamo solo parlare di… Affari.” E con questo? E’ una cena, mi avresti portata nel ristorante che piace tanto a te, cosa c’è che non va nel mio abbigliamento? E di certo di affari non si sarebbe sentita la minima parola.
“Dai, andiamo.” Si chiuse la porta di casa alle spalle, scocciato, senza nemmeno aspettarmi.
I nostri viaggi, lunghi o brevi, erano sempre molto imbarazzanti, se non si parlava di lavoro. Come d’altronde tutte le nostre cene. Imbarazzanti.
Poi arrivava, come è giusto che arrivasse, per lui, il momento tanto atteso. Il suo grande momento. Il momento di lasciare andar via tutti i pensieri, e di lasciarsi trascinare dal piacere.
E io come una stupida, ci cascavo ogni volta.
Cascavo nella trappola, quella trappola che si infilava tra le mie gambe, che strofinandosi in me, mi provocava quel piacere raro.
Ed era lo stesso piacere che pian piano sia attenuava, fino a spegnersi, risucchiando ogni minimo pensiero di soddisfazione in quello appena accaduto. Lasciava in me un senso in incompletezza, di vuoto, come un rifiuto umano.
Si accasciava al mio fianco, in stato comatico, si addormentava.
Fottutamente addormentato al mio fianco, lasciandomi da sola, a fissare quel dannato soffitto vuoto.
Ma ora ero stanca di questa situazione. Stanca del suo modo di fare nei miei confronti, del carattere che pareva tanto superiore, dei suoi comandi. Stanca di essere come lui voleva che io fossi, perché quella non ero io.
Volevo semplicemente essere me stessa. Volevo solo dimostragli i miei sentimenti nei suoi confronti.
Ma a lui non andava bene, perché io lavoravo per lui, avevo un ruolo inferiore, eravamo semplicemente “colleghi”.
I miei sentimenti ormai andavano ben oltre alle scopate notturne, tenute nascoste. Perché era basata su questa la nostra relazione, ma io volevo qualcosa di più.
Ma lui non lo voleva. Troppo egoista, narcisista.
Fermai così all’ultimo la prima lacrima che volle scivolare sul mio volto. Una lacrima piena di ferite e dolori.
Frugai nel cassetto del comodino per trovare una penna e un pezzo di carta, dopo di che, rivestitami, uscii dalla villa, scomparendo tra le vie ormai buie della famosa Hollywood.
 
“Sei semplicemente la persona che in passato scelsi di aiutare. Poi m’innamorai di te, e, come ogni sera simile a quest’ultima, m’innamoravo sempre di più.
Mi sento ferita però, questa non sono io, questa che vedi è la persona che hai creato tu, per soddisfare i tuoi comodi e i tuoi piaceri. Ma a me non sta più bene. Voglio essere me stessa, non un burattino che sta ai tuoi giochi.
Mi dispiace ma devo andarmene, a meno che tu non decida di ricominciare. Ma cominciare una vita nuova tenendomi al tuo fianco, facendo vedere a tutti i tuoi sentimenti per me.
Sono sicura che non ne avresti il coraggio, perché sei troppo orgoglioso.
Sei la persona più vuota che io conosca.
Sai come contattarmi, ma non aspettarmi domani a lavoro, non mi presenterò.
Mi dispiace.
Emma.”


 
Sono passati ben due anni.
Sono stata rimpiazzata, ma sono fiera della decisione presa.
Perché lottare sì, ma fino a un certo punto. Ma lui non ci ha neanche provato.
Le ferite fanno male, e troppo dolore potrebbe uccidere anche le anime più forti.





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Questa one-shot è venuta fuori dal fatto che ho sempre sospettato ci fosse qualcosa tra Emma e Jared, senza alcuna certezza fondata, ovviamente.
Ebbi l'idea di scriverla circa un annetto fa ma senza mai averla sviluppata. Ma ora, ecco qua il frutto della mia mente pacata. Ci tengo molto ad avere un vostro parere perché è molto significativa per me questa OS, mi ci rispecchio molto e ci ho messo davvero l'anima per crearla.
Spero che sia stata di vostro gradimento, vi ringrazio molto della vostra attenzione.
Olga.
   
 
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