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Autore: ArwenNymeria    17/01/2014    1 recensioni
- So che può sembrare scontata, la solita storia su un Sangue di Drago e forse è così...Ma non fermatevi ai primi capitoli perché questa storia è leggermente diversa e spero vi piaccia. I primi capitoli sono un po' il prologo di tutto ciò che arriverà dopo. Vi ringrazio in anticipo. -
Molto tempo è passato dalla vittoria di Ulfric e dalla sconfitta di Alduin. E' la 5 Era in Skyrim e dopo numerosi problemi di vario genere si è ristabilito una sorta di equilibrio. Eppure qualcosa sta per minacciare di nuovo Tamriel, qualcosa che tutto il popolo sperava sopito per ancora molto tempo.
"Fu così che lo comprese.
Fu così che crollò tutto come un castello sotto il peso degli antichi draghi. Tutto era sempre stato chiaro, a un passo dalla sua comprensione, eppure Ros aveva sempre negato l'evidenza forse solo inconsciamente, rendendo così la scoperta più dolorosa di un pugnale nel ventre."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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    4E 203 – Labirinthyan.


Il Dovahkiin raggiunse l'altare interno, tra le mani reggeva l'ultima maschera del Sacerdote Morokei. Alle spalle Cicero lo raggiunse mentre puliva il pugnale dal sangue di troll del gelo.
«Almeno non avremo più a che fare con quegli scorbutici Sacerdoti. Credevano di essere così potenti e invece guarda, le loro facce sono tutte in fila una dopo l'altra su una pietra.»
Il Dovahkiin si volse lentamente e guardò Cicero con aria scettica, poi attese che Serana riemergesse dalle ombre, affinché gli porgesse la Maschera di Legno.
«Fa' presto, questo posto non mi piace per niente», sibilò Serana.
Le dita del Dovahkiin si strinsero attorno alla maschera, la quale scivolò dalle mani di Serana che si ritirò di nuovo in un angolo a controllare l'esterno attraverso una stretta fessura.
Il Sangue di Drago osservò la maschera di legno, era l'unico viaggio che doveva fare solo, si era così abituato alla presenza di quei due che ormai l'idea di affrontare qualcuno da solo lo faceva sentire nudo. Scacciò quel moto di modestia dai suoi pensieri, guardò l'ultima volta Cicero e infilò la maschera.
Intorno a lui il mondo cominciò a vibrare e offuscarsi, i contorni divennero violetto, il resto sembrava sfuggente e in continuo cambiamento. Quando tutto si stabilizzò il Dovahkiin era di nuovo in quella stanza illuminata, il legno tuttavia non era marcio e bucherellato, bensì lucido e rifletteva le fiamme delle torce. Il piedistallo delle maschere non era semi distrutto come nel presente, le statue erano ancora integre e i bassorilievi ancora ben visibili. Il Sangue di Drago si mosse, ma gli sembrava di essere un ubriaco che tenta di raggiungere casa sua dopo una sbornia. Una volta giunto di fronte all'ultimo spazio vuoto vi pose Morokei, l'ultima maschera, e indietreggiò in attesa che qualcosa di orribile accadesse. La sua mano si trovò a stringere l'elsa della spada daedrica, eppure nulla si mosse. Un fascio di luce lo avvolse e lentamente tornò alla realtà.
Il dovahkiin rimase fermo, stava persino trattenendo il respiro. Fu solo con la voce di Cicero che tornò completamente in sé.
«Allora? Già fatto?», ridacchiò quel giullare assassino.
«Non capisco», mormorò improvvisamente il Sangue di Drago, «ho posto tutte le maschere e non è successo niente. Non capisco dove posso aver sbagliato.»
Serana si era avvicinata nel frattempo e aveva preso la maschera tra le mani, la aveva rigirata e infine aveva sorriso.
«Pare che la risposta fosse tra le tue mani, ma solo una come me poteva aprirti gli occhi. Guarda la maschera, è differente.»
Il Dovahkiin si soffermò più a lungo sui tratti della maschera e infine scosse la testa.
«In ogni caso questa maschera dovrà essere messa al sicuro, se davvero contiene i poteri di tutte le maschere è molto potente e in mano a un mortale chissà a quali infauste conseguenze porterebbe. Dobbiamo riportarla a Winterhold e lì lasciarcela.»
Nessuno sembrò obiettare, così la compagnia si rimise in cammino. La neve cadeva ormai da ore e un manto bianco aveva ricoperto il sentiero d'uscita, che però non era più un mistero per i tre, ormai abituati a percorrerlo.
Serana e Cicero erano qualche passo più avanti, avevano iniziato a discorrere di qualcosa che al Dovahkiin non interessava, ora la sua mente era concentrata su quella strana sensazione che lo pervadeva, molto simile al richiamo delle parole dei Thu'um quando si trovava nei pressi di un Muro del Potere.
Quella confusione sconosciuta si trasformò presto in un malessere, il guerriero cadde carponi nella neve e la maschera colpì i piedi di Serana che si volse e in un istante fu al fianco del Sangue di Drago.
«Cosa sta succedendo?»
Il Dovahkiin si sentì sempre più debole, udiva le voci dei due ovattate e lontane, fino quando tutto divenne nero.


Di fronte a sé trovò otto uomini, sembravano fluttuare e lo fissavano con aria spenta. Dopo interminabili secondi uno di loro avanzò verso di lui e sollevò il mento con aria di disprezzo.
«Degli otto gli spiriti hai deturpato, degli otto il sonno hai profanato. Tu mortale non conosci il tuo destino e sarà ben più amaro di quel che ti aspetti. Non siederai alla tavola del Sovngarde, non gioirai della tua gloria passata.»
Il Dovahkiin si scoprì in ginocchio di fronte a quelli che dovevano essere i Sacerdoti del Drago.
«Il mio destino si è compiuto, ora che Alduin è scomparso io tornerò alla mia vita, certo vi ho distrutti, ma la vostra presenza era pericolosa per il fato del Nirn.»
«E sia. Aspettaci Dovahkiin, goditi l'illusione della vittoria.»
Il Sacerdote raddrizzò la schiena e sollevò una mano, per poi creare una sfera di luce viola, con la quale lo colpì.


Il sangue di Drago riaprì gli occhi e si sedette di scatto stringendo tra le mani le lenzuola morbide dell'Accademia. Serana e Cicero si alzarono in piedi quasi facendo cadere le loro sedie e si avvicinarono al letto.
«Pensavamo che non ti saresti più risvegliato! Per Sithis, mi hai fatto passare ore di inferno», gracchiò Cicero.
Serana invece rimase in silenzio, aveva letto qualcosa nei suoi occhi, ella sapeva.
«Non si è trattato di un semplice malore, vero? La maschera...ti ha parlato?»
Il Sangue di Drago scostò le coperte di lana e si alzò sulle gambe traballanti.
«Era uno di loro, forse proprio Morokei. Ha farneticato a proposito del mio destino inglorioso, del non-sedersi alla tavola del Sovngarde...di illusione della vittoria.»
Cicero si era zittito e aveva corrugato la fronte, Serana invece si era scostata e ora il suo sguardo era perso nel bagliore di una candela.
«Forse sono solo parole astiose di chi si sente sconfitto...Non posso dire che dovremmo ignorarle, ma con Alduin sconfitto, l'Accademia ancora in piedi e i draghi scomparsi non posso che essere fiduciosa.»
«Senza contare tuo padre!», ridacchiò Cicero, che fu subito fulminato dallo sguardo severo del Dovahkiin.
Il Sangue di Drago avanzò sentendo solo allora le vesti calde toccare la sua pelle ancora fredda e sudata. Uscì dalla stanza e raggiunse il centro del dormitorio, dove un fascio di luce trapassava un finto pozzo.
«Credo che il pericolo sia passato, la maschera rimarrà qui nell'Arcanaeum e non voglio più sentir parlare né di Morokei, né di altri Sacerdoti. Le dita si strinsero attorno al bordo del pozzo, la pietra tiepida brillava di luce azzurrina. Infine il Dovahkiin si rilassò e sospirò voltandosi verso i suoi compagni di viaggio.
«Dunque, allora, qual è la prossima meta?»
Cicero e Serana si scambiarono un'occhiata sollevata e poi sorrisero.
«Pare che ad Arkngthamz ci sia qualcosa che dobbiamo controllare, ci è arrivato questo messaggio e pare proprio che dovremmo passare a dare un'occhiata», Serana aveva un ghigno delineato sul volto, Cicero rimase zitto e osservò l'espressione del Dovahkiin. Entrambi trattenevano a stento una risata.
«State scherzando vero? Sapete quanto odio le rovine, vi avevo detto che non volevo più entrarci in quei dannati posti.»
Fu allora che una risata riecheggiò nel dormitorio dell'Accademia.




5E 177 - Primo Seme


Infreddolita e nuda una ragazzina correva claudicante tra le foreste del Falkreath, il suo respiro pesante era spezzato di tanto in tanto da qualche gemito, i suoi piedi ormai sanguinanti continuavano a calpestare rocce, senza più sentire dolore. Due lupi mannari alle sue spalle sbavavano e correvano sempre più veloci, le loro falcate non potevano essere seminate da semplici gambe umane, per quanto veloci fossero.
La ragazzina scartò e si infilò tra gli alberi fitti, ma inciampò e rotolò per qualche metro giù da una collinetta. L'odore di legna bruciata improvvisamente le riempì le narici.
Sentiva le due bestie avvicinarsi sempre di più, così raccolse le ultime forze e corse in direzione del fumo. Fu allora che percepì un dolore intenso alla schiena, poi subito del liquido caldo colare lungo le gambe.
Si trovò seduta, davanti alle due belve che si erano alzate su due zampe e stavano per ucciderla.
Il sibilo di due frecce spezzò il silenzio quasi come musica e uno dei due licantropi cadde a terra con una delle frecce nell'occhio e l'altra al centro del muso.
La ragazzina percepì l'arrivo di alcune guardie, una di loro gridava ordini. Fu allora che la belva scattò in avanti, la ragazzina si alzò e gridò con tutta l'aria che aveva in corpo.
La bestia fu sbalzata in avanti e dopo qualche metro colpì una roccia con la testa, lasciando una grossa chiazza su di essa mentre il suo cadavere si afflosciava ormai privo di vita.
Le guardie abbassarono archi e spade e si avvicinarono lentamente alla ragazzina.
«Non posso crederci... Un Sangue di Drago?»
La ragazzina si volse e li guardò spaurita, prima di sentirsi mancare il terreno sotto ai piedi e cadere a terra priva di sensi.
  
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