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Autore: Sunshine30    17/01/2014    0 recensioni
“Che succede amore?”
“Niente. Pensavo a quel giorno.”
“Ah, quel giorno..”
Un flashback mi trapassò nel momento in cui ero nelle stesse braccia di colui che avrei voluto uccidere due mesi prima.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 aprile 2013. Ore 7.00. Direzione: aereoporto.
Essere lì insieme a tutti i miei coetanei che stavano per fare la stessa esperienza mi riempiva di gioia. Ero estremamente emozionata e non vedevo l’ora di lasciare quel posto orrendo.
Mentre ero lì a parlare con Carlotta di quanto ci saremmo strafatte durante quella settimana, eccolo lì, camminare verso di noi a passo svelto come suo solito. Ebbi paura, non avevo ancora il coraggio di parlargli e di metterlo al corrente di tutto, così andai verso i miei, li salutai e salii sul pullman insieme agli altri .
Durante il viaggio in pullman feci amicizia con dei ragazzi e cominciammo a parlare dei nostri corrispondenti. Tra questi c’era un ragazzo, amico di Erica, di cui sapevo benissimo della sua omosessualità. Ero stupita perché me ne parlò liberamente senza vergogna o timore di quello che potessi pensare, e lo ammiravo. Avrei voluto avere lo stesso coraggio e la stessa franchezza che aveva lui.
L’aereo partiva alle 12.15, avevamo già fatto check-in e tutto il resto perciò dovevamo aspettare un paio d’ore. Una massa di ragazzi tra i 15 e i 18 al bar dell’aereoporto a comprare pacchetti su pacchetti di sigarette.
Siete maggiorenni?
Certo signore, può vedere la carta d’identità se vuole.
No, dai.. Mi fido.

Ahahahah. Meno male, senno le prof chi se le sentiva!
 
Il volo durò circa 2 ore.
Eccoli lì, quegli olandesi scorbutici e tirchi che dovevano ospitarci in casa loro per 5 giorni.
Il mio corrispondente si chiamava Paul. Alto, magrissimo, bianco cadaverico, borse sotto gli occhi spenti e incavati, goffo e strano. Avrei voluto uccidermi! Qui arrivò il bello: venni a sapere che i suoi genitori erano separati e che vivevano in zone diverse. Lui e sua sorella durante la settimana facevano avanti e indietro in bici tra casa della madre e casa del padre. E io avrei dovuto fare lo stesso, portandomi dietro la valigia colma di roba. E lì si che sarei volentieri tornata a casa.
All’aereoporto a prendermi c’erano lui e i suoi genitori, facemmo conoscenza e ci incamminammo verso la macchina. Andammo a casa della madre, in un quartiere molto carino ma altrettanto spento e triste.
Ancora non era finita: mi mostrarono la mia camera da letto e vidi il materasso… per terra. Stanza piccolissima in cui non c’era neanche lo spazio per la valigia. Bagno di grandezza 1mx1m con la tazza del cesso, senza bidet.

Voglio andare a casa.
Di già?!?
Zitto.
Mi cambiai e scesi di sotto a chiacchierare con la madre e il suo compagno.
Can I smoke outside?
Yes, of course. You can smoke in the garden.
Thank you!
Do your parents know that you smoke?
Yes, but I don’t smoke inside the house.

Almeno per 5 giorni potevo fumare quando e dove mi pareva!
Prendemmo un tè, abbastanza schifoso, con dei biscotti e uscimmo.
Andammo in un parco enorme, dove ci eravamo dati l’appuntamento con tutti gli altri olandesi e italiani.
Durante il viaggio parlai con Paul e gli chiesi se ad Amsterdam si poteva fumare la marijuana anche all’aperto senza rotture. Disse che in teoria non si poteva fumare ovunque, ma non importava a nessuno e quindi lo facevano tutti. Accanto a noi c’era una ragazza che ha sentito tutta la conversazione e commentò, poi mi chiese di dove fossi e Paul gli spiegò dello scambio e tutto il resto, e rimase stupita e in un certo senso anche entusiasta. Ci salutò e andò via. Ero abbastanza sorpresa di come ci aveva parlato senza neanche conoscerci, come se fossimo amici da tempo e questo mi piaceva da morire.
Arrivammo al punto d’incontro dove c’era una massa di gente a fumare sdraiati per terra, e io andai dai miei compagni. Un ragazzo italiano 18enne stava andando al coffee shop a comprare dell’erba e misi i soldi anche io, per fumarcela insieme durante la settimana.
Ad un certo punto sentii un dolore allucinante all’occhio.


Ecco fatto! Mi si sono rotte le lenti a contatto!
Levatele, no?!?
Non posso! Non ho gli occhiali con me, devo aspettare che torniamo a casa…

Avevo un occhio rossissimo e gonfio da morire, sembrava che avessi già fumato e tutti pensarono che fossi fatta. Non riuscivo a resistere ma purtroppo dovevamo andare a cena fuori e poi al pub, perciò dovevo sopportare per un bel po’.
A cena andammo io, Giorgia, Valerio, Peppe, C. e altri ragazzi con i rispettivi corrispondenti, tutti amici.

EH CHE PALLE! Ora che sembro uno straccio devo stare con Valerio. Poi c’è pure quella perfettina di Giorgia e quell’altra deficiente.
Eh ma non ti sta bene niente!
Non ti ci mettere anche tu. Levati.
“...Acida.


Dopo cena andammo tutti in questo pub fighissimo, con sala fumatori e tavolo da biliardo. Ci prendemmo un paio di cocktails a testa e giocammo tutti insieme. Io mi sembravo la mafiosa del momento: sigaretta in bocca, in una mano da bere e nell’altra la stecca del biliardo, con un occhio mezzo chiuso dal dolore. Andai al bagno e buttai la lente che ormai era divisa a metà. Ci vedevo da un occhio solo e mi girava da morire la testa.
Ad un certo punto della serata eravamo io, Valerio e altri tutti seduti a quel tavolo. Io ero seduta vicino a lui e non vedevo l’ora di parlarci, ma quello non era né il posto né il momento giusto.
Quella sera non fumammo e andammo via presti poiché il giorno dopo saremmo dovuti andare a scuola con gli olandesi. Prendemmo il tram e ognuno a casa sua. Ci misi 2 minuti ad addormentarmi,nonostante la scomodità del materasso.
Speravo tanto che il giorno dopo sarebbe andato meglio, ma invece era anche peggio.
Quando mi svegliai avevo l’occhio sinistro ancora più gonfio di prima perciò non potevo neanche truccarmi e dovevo per forza mettermi gli occhiali mezzi rotti che odiavo da morire.
Scesi di sotto a fare colazione assieme agli altri. In tavola trovai tè, pane ai cereali, burro e le palline di cioccolato per i dolci. Il tutto faceva abbastanza schifo come colazione.

“I bought something for you!” mi disse la madre.
Oh, what is it?
Una bottiglia enorme di tè. Io ODIO il tè.
Wow! Thank you very much!

Ma questi campano con il tè?!?

Era il momento di andare a scuola, andammo in giardino e lì mi trovai di fronte al mio grande incubo: la bicicletta. Avrei dovuto usare la bicicletta della madre che, nonostante fosse più bassa di me, aveva una bici alta il doppio. Ero disperata, non andavo in bici da anni e poi era troppo alta per me e non si poteva abbassare il sellino.

Eh vabbè… oggi mi faccio male, me lo sento.
Sei troppo pessimista secondo me, devi darti una calmata!

Cominciai a pedalare e all’inizio sembrava andare tutto apposto.
In lontananza vidi un semaforo.
Aiuto. Aiuto. Aiuto. Aiuto. Aiuto. Aiuto. Aiuto. Aiuto.
BOOM!
Mentre frenavo caddi di lato dando una botta al sedere e appoggiandomi su una mano. La giornata cominciò abbastanza male secondo i miei gusti!
Arrivati a scuola mandai un messaggio a mamma.
Voglio tornare a casa! Lente rotta, occhio gonfio, caduta dalla bici, dolore alla mano e al sedere e la giornata ancora non è finita!
“Povera cucciola, dai tranquilla vedrai che passa!
 Gli olandesi ci fecero vedere la scuola, che era enorme. Solo la biblioteca era grande quanto un piano della mia di scuola.
Lasciammo i corrispondenti in classe e noi insieme alle professoresse andammo a visitare Amsterdam.


Tornati dalla visita, andai a casa con Paul per lavarmi, cambiarmi ecc…
Lì cenano tutti molto presto, infatti la cena era pronta alle 18.30 mentre io ero abituata a mangiare alle 20.30. Tutto sommato non era cattiva: una fettina di carne con le patate lesse.
Dopo cena riandammo tutti insieme allo stesso pub della sera prima. Paul e Simon, il corrispondente di Valerio, erano molto amici e inoltre abitavano anche vicini, perciò quella sera li aspettammo alla fermata del tram per andare insieme. Ero abbastanza tranquilla. Saliti sul tram ad un certo punto i due olandesi cominciarono a parlare mezzo inglese mezzo olandese, e ci prendevano per il culo, ad esempio:
You know, here in Amsterdam there are a lot of aajdakfhsiguiekgrlkhjtr…” disse Paul.
What?!?” chiesi.
No, nothing!” disse invece Simon ridendo, allora decisi di fare lo stesso giochetto.

I think that you are very cute and sei un deficiente, cretino, sembri un drogato, mi stai sul c**** e tua madre è una t****!” dissi io.
What have you said?” chiese Paul.
I said I love you!” ridendo con Valerio che si stave piegando in due dalle risate.
Arrivati al pub c’erano già gli altri ragazzi di fuori ad aspettarmi. Presi un cocktail e andai a sedermi con Carlotta e gli altri mentre Valerio andò dentro. Ero l’unica che sapeva rollare uno spinello perciò dovetti per forza rimanere tutta la sera con loro e con gli altri olandesi.
Ne girai due di seguito e ce li passammo in 10. Al terzo fece un tiro Paul che ci mancava poco che sputasse un polmone! Al quinto spinello Paul venne da me e mi disse :
Don’t you think you have smoked enough?!?
This is not for me, I’m only rolling for them!
Ok, then we have to go home.
Ok.
 
Andai dentro a salutare tutti gli altri, ero fattissima e Valerio mi guardò con un certo disprezzo. Anche lui e Simon dovevano tornare a casa con noi.
Usciti dal pub vidi Valerio e Carlotta che si baciavano. Ero infuriata. Non ci vedevo più dalla rabbia.
Carlotta va a quel paese! Sei una stronza! E tu Valè, che fai ora dici anche a lei di non farsi le canne?!? Cos’è, la tua nuova ragazza?!? Posso accettare tutto ma Carlotta no!”
“Oh calma! Fermati, ma che stai dicendo?!? Pensavo che ti fosse passata!” urlò Carlotta.
“Tu pensi sempre che mi sia passata, mi hai stancata! Ciao.
” risposi io e me ne andai. Con uno sguardo fulminai Valerio che era dietro Carlotta e me ne andai.
In fermata cominciò a parlarmi, provai a non rispondergli ma non ce la facevo. Qualsiasi cosa mi dicesse gli rispondevo male e anche in modo sarcastico. Quando dovetti andarmene neanche lo salutai.
Era una delle poche volte che ci parlavo da quando ci eravamo lasciati, e avevo sprecato un’opportunità per parlargli ma ero troppo arrabbiata. Non potevo crederci, Carlotta era una mia amica e sapevo che lo aveva fatto per farmi rosicare, ma sapevo anche che non si piacevano e lo facevano solo così per fare qualcosa.

Se non ti sbrighi a parlargli gli andranno a presso cani e porci.
Vuoi dire cagne e porche, forse.
… Capisco che stasera non hai voluto parlargli, ma prima o poi dovrai farlo.”
Lo farò.
  
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