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Autore: GiuliaGranger    17/01/2014    1 recensioni
L'adolescenza è una cattiva medicina da ingoiare, per davvero!! Noi magari non ce ne rendiamo conto, ma ci sono intorno a noi ragazzi che cercano di ingoiare questa stupida e inutile medicina prima di raggiungere la maggiore età. Anche io ne faccio parte, anche se mi è difficile ammetterlo: ho preso sputo dalla mia situazione... anche io mi sento così, come la povera Sara, che non sopporta di vedere il ragazzo che le piace con un'altra che non è lei, ma cerca di superarlo... come faccio io. Certo questa è una storia totalmente inventata da me, ma è la cosa che molte ragazze sognano (io sono tra quelle), non mi è mai capitato, ma è quello che ho sempre sperato ora messo nero su bianco e, nonostante Sara abbia qualche anno più di me, questo succede a tutte... anche alle più forti è capitato di innamorarsi...
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Cercava di riscaldarsi le mani indolenzite e infreddolite flettendo i tendini d distendendo per bene le dite per poi avvicinarle a coppa alla bocca e soffiarci dentro, ma niente. Alla fine se le ficcò in tasca esalando nuvolette di fumo dalla bocca, con la musica nelle cuffiette che le sfondava i timpani. Dopo un po' le sradicò letteralmente dalla presa del suo i-pod interrompendo così la canzone che stava ascoltando. L'autobus era in ritardo di dieci minuti e Sara diventava sempre più impaziente ed infreddolita. Odiava quella città quasi quanto l'amava: amava Roma per le sue bellezze culturali, per i negozietti, per  i cinema, per gli amici... per gli amori; ma allo stesso tempo la odiava, il caos e le giornate monotoni, la sveglia la mattina, la scuola... gli amori.
Già, amava e odiava lo stesso ragazzo. Spesso si chiedeva come questi due sentimenti potessero vivere insieme nella sua testa, entrando in collisione di tanto in tanto: quando lo vedeva, quando vedeva Marcus, le veniva di prenderlo a cazzotti e di baciarlo nello stesso momento.
Sara scacciò via quel pensiero con un gesto impaziente della mano. Non voleva, non doveva pensare a lui, adesso. Quando si riprese notò che l'autobus era appena arrivato e lei si infilò tra i due portelloni prima che la schiacciassero. Nessuno la notava lì dentro in quell'autobus pieno e sovraffollato di gente. Riattaccò le cuffiette e riaccese la musica.
Dopo un po' si fermarono alla fermata successiva e molta gente uscì, lasciando molti posti a sedere, ma ciò che vide, no, chi vide, la paralizzò lì al suo posto: Marcus era appena entrato con la sua fidanzata Adele, su quello stesso autobus e si sentì avvampare.
Si decise a ignorarlo, reggendosi all'asta accanto a lei con le mani sudate e, quando l'autobus partì di nuovo quasi scivolò via.
Un ragazzo che l'aveva notata, ridacchio accanto a lei. -Cos''hai da ridere tanto, tu?- gli chiese Sara fredda.
Il ragazzo smise di ridere subito e si scusò abbassando lo sguardo. Sara sorrise della sua gentilezza e si avvicinò a lui, cercando di non cadere e aggrappandosi ad un'altra asta, tendendogli la mano. -Piacere Sara.
Il ragazzo si decise a rialzare lo sguardo azzurro cielo oscurato da alcune ciocche castano chiaro che gli oscuravano gli occhi e ricambiò il sorriso. -Piacere Francesco- disse stringendole la mano in una presa salda e forte che le riscaldò il  palmo. -Non ti ho mai vista su quest'autobus, nonostante io ci salga quasi ogni giorno.
-Sì, lo so- Sara si sentiva a suo agio con quel ragazzo vicino: non aveva molti amici veri, e quelli che aveva si potevano contare sulle dita di una mano. Forse lui poteva entrare a far parte dei suoi amici, non troppo fidati, ce si contavano sulle dita dell'altra mano. -Questa è la prima volta che prendo quest' autobus- continuò lei, sistemandosi una ciocca di capelli rosso fuoco, che le era sfuggita dallo chinion, dietro all'orecchio destro.
Lui la guardò maliziosamente e le disse. -E spero che non sia l'ultima- le ficcò un foglietto con il suo numero scritto sopra e mentre usciva dall'autobus, mimò il gesto di telefonare qualcuno e le urlò. -Chiamami!
Sara si sedette al posto di Francesco con le gambe che le tremavano (non conosceva quel ragazzo, per quale motivo le aveva dato il suo numero? E cos'era tutta questa confidenza?), ma le sue domande, in quel momento, non trovarono risposta perché si rialzò quasi automaticamente per far sedere un'anziana signora che era rimasta senza posto a sedere. Le sorrise mostrando i denti gialli e alcune rughe più profonde si solcarono sulla pelle già striminzita, mentre mormorava un'infinità di grazie e Sara. Ora era lei a essere rimasta senza posto a sedere, ma poco importava: alla prossima fermata sarebbe dovuta scendere lei.
Quando Sara scese dall'autobus ringraziò mentalmente l'autista di essere arrivato lì senza fare incidenti: non saliva su un autobus da quando suo padre, Federico, un uomo di mezz'età, era morto in un incidente sopra un autobus che andò a sbattere in una galleria, di notte. Aveva sei anni e suo fratello Leonardo ne aveva quattro. Ricordava molto poco di lui, riusciva solo a evocare immagini indistinte e confuse di lui solo quando le leggeva le storie prima di andare a dormire, solo lui le leggeva perfettamente, e solo lui riusciva a rendere le storie più tristi divertentissime, solo lui riusciva a strapparle quella risata che era dedicata solo a lui, quella risata che solo lui riusciva a farle sgorgare dal petto... quelle risa che nessun altro era riuscito a tirarle fuori. Già, ora non rideva più così, a dire il vero non rideva quasi mai: dalla perdita di suo padre era diventata fredda e ostile con chiunque non la conoscesse e questo faceva scappare le persone da lei, e, se prima era timida e chiusa, ora lo era ancora di più. Poi sua madre si era rifidanzata, quasi sposata, con il suo patrigno Roberto, che aveva un figlio di diciassette anni, Sebastiano, un anno più grande di lei, che la aiutava e la confortava ogni volta che poteva. Adesso Sara aveva sedici anni e adorava leggere e scrivere storie, suo fratello quasi quattordicenne, quell'anno avrebbe fatto gli esami di terza media.
Sara si alzò sulle punte dei piedi per guardarsi intorno e capire da che parte dovesse andare, quando sentì una voce che la chiamava. -Hey, dolcezza- all'inizio non pensò che si trattasse di lei, ma, quando una mano le si posò sulla spalla e ripeté, capì. -Hey, dolcezza. Ce l'ho con te- disse sfilandole una cuffietta dall'orecchio e parandosi davanti a lei, la superava di una testa abbondante. -Ciao, io sono Roran- si presentò guardandola negli occhi, erano marrone scuro, e sembrava ci si potesse annegare dentro, contornati da lunghe ciglia scure. -Tu come ti chiami?
Le sue labbra si dischiusero involontariamente per poi parlare senza che lei glielo ordinasse. -Sara, piacere.
Anche lui le mise un pezzetto di carta in mano con il suo numero scritto sopra per poi scomparire così com'era comparso.
Sara si girò verso sinistra dimenticandosi di tutto e di tutti, del perché fosse lì, del pezzetto di carta con su scritto il numero di Roran che aveva ancora in mano, non appena li vide e il cuore le sprofondò un petto: Marcus si stava baciando con Adele. Non capiva perché le facesse questo strano effetto, ne era innamorata, sì, ma lui non le apparteneva.
Sara sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma le cacciò via passandosi l nocche delle mani sugli occhi.
Alzò la testa cercando di mantenere un certo contegno e cominciò a camminare nella loro direzione per poi superarli per recarsi dal dentista. Niente, nenache un "ciao, come stai?", nulla, non la degnarono di uno sguardo.
Appena Sara passò accanto ai due che si stavano abbracciando, lei poté giurare che Marcus la stava fissando e per parecchi metri sentì il suo sguardo che le trapassava la schiena...
 
  
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