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Autore: niky999    18/01/2014    1 recensioni
"Dopo essermi offerta volontaria, tutto ciò che avevo saputo fare era tradire, da Prim che avevo sostituito in qualche modo a Rue, e anche lei per non essere riuscita a salvarla. A Gale per averlo costretto a vedere Peeta infilarmi l’anello al dito e per averlo fatto inginocchiare e frustare da Capitol City. Poi al Presidente Snow, alimentando la scintilla di ribellione che da sempre aveva cercato di affievolire, alla gente del mio distretto e alla fine di tutta Panem, per averli sottoposti a tutte quelle torture perché avevano creduto alle mie bugie agli Hunger Games. E infine Seneca Crane, che per salvare me e Peeta dopo aver tirato fuori lo scoppio della ribellione tra i distretti, aveva pagato con la vita.
Avevo tradito tutti, dal primo all’ ultimo. Nessuno si era salvato dallo sterminio cui li avevo sottoposti. Nessuno."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                "FELICI HUNGER GAMES!"
                                                     





Mi strinsi nelle spalle e serrai i pugni, con gli occhi traboccanti di lacrime.
Ora per Capitol City nutrivo solo odio. Ma non dipendeva da me, non mi avevano dato altra scelta.
Per quanto cercassi di isolare la mente dal dolore, i ricordi continuavano a riaffiorare nella mia testa. Sempre più forti. Sempre più vividi.
Ripensavo a Rue e alla sua morte ingiusta.
Ripensavo ai dolci lineamenti del suo viso che si materializzavano pian piano dietro la corteccia scura di quell’albero, e alla sua abilità nel nascondercisi seminando i Favoriti.
A quando mi aveva salvato la vita con gli Aghi Inseguitori.
E poi alla sua espressione preoccupata, quando il nostro unico mezzo di comunicazione rimasto erano le Ghiandaie Imitatrici.
Con la mente tornai alle loro ali e a quei fischi, che si ripetevano quasi all’infinito nell’arena. Alle urla di Rue, il suo esile corpo schiacciato dalla rete e infine la sua minuscola mano estrarre lentamente il coltello dallo stomaco.
Ogni volta avevo la sensazione che quel coltello stesse sprofondando nel mio, di corpo. Mi sembrava di ripercorrere il dolore dei suoi ultimi battiti giorno per giorno.
Le uniche cose che ero riuscita ad offrirle erano state la lenta cantilena che recitavo sempre a Prim e fiori profumati attorno al suo corpo, privato dalla vita dagli Hunger Games. Dal Presidente Snow.
In fondo era anche colpa mia. Io non ero riuscita a salvarla, e quel peso non sarebbe mai andato via. Mai. Proprio come il suo ricordo.
E la cosa peggiore era che quel ricordo apparteneva sempre all’arena, ai 74° Hunger Games, perché era lì che l’avevo conosciuta.
Mi rannicchiai ancora di più contro la corteccia ruvida di un albero, nei boschi, dove avevo conosciuto Gale.
Per un attimo abbandonai Rue dalla mia testa e mi concentrai su di lui, ma l’unica immagine che rivedevo davanti agli occhi era sempre il suo corpo, in ginocchio davanti a Capitol City, con la schiena scoperta e una miriade di tagli nascosti dal suo sangue. I polsi legati, il viso madido di sudore e coperto da un’espressione di dura sopportazione, e poi i suoi occhi. Quegli occhi che, al posto di vedersi la morte in faccia come tutti avrebbero fatto, erano ancora accecati dall’odio e dalla ribellione. Forse era per questo che quel giorno non ci aveva lasciati. Forse era perché non voleva darla vinta al Presidente Snow, che aveva resistito miracolosamente così tanto.
Poi mi vidi correre verso di lui, con un’espressione che doveva essere sicuramente terribile considerando le emozioni che mi stavano correndo nella mente. In quel momento, l’unica cosa che mi importava veramente era salvare Gale. E anche se questo avesse comportato la morte, lo avrei fatto.
Alla fine era solo per colpa mia che lui era lì in ginocchio prossimo alla morte.
Ero io, la ragione dei nuovi senza-voce, dei visi sfregiati, dei corpi mutilati, di quella senza vita e di tutto il sangue che ormai aveva ricoperto l’intero Distretto 12, e non solo. Tutto era accaduto a causa delle bacche, che il Presidente Snow aveva visto come un atto ribellione. Mi considerai una stupida ad aver cercato di allontanare dalla testa le sue parole, quel giorno. Ero stata incredibilmente stupida, perché alla fine, quelle parole, si erano rivelate vere.
E tutto a causa mia.
Mi nascosi la faccia tra le braccia, cercando in qualche modo di credere che i miei arti fossero uno scudo alla realtà, ma inutilmente.
Poi la mia testa passò a Peeta. Il ragazzo del pane.
Noi eravamo gli ‘Innamorati sventurati’, e secondo il Presidente Snow la scintilla della ribellione fra i distretti. Mi ritrovai di nuovo ad odiare Capitol City, ricordando il giorno in cui avevo ufficialmente cambiato il corso della mia vita. Mi ricordai cercare di nascondere l’espressione di sconcerto che stava apparendo sul mio volto quando Effie pronunciò ‘Peeta Mellark’.
Mi sembrava di seguirlo con l’indice allontanarsi dalla folla, salire sui gradini e poi stringermi la mano. E poi tutti i ricordi passarono talmente in fretta che non riuscii a distinguerli tutti.
Il ragazzo del pane era senz’altro quello che più mi aveva regalato emozioni, considerando il concentrato di pensieri che si formavano nella mia mente rivedendo il suo viso. I suoi occhi, sicuramente diversi da quelli di Gale.
A differenza sua, Peeta sembrava essere accecato dall’amore e dall’odio allo stesso tempo, ed io ero sempre la ragione di tutto.
Rividi la sua espressione di disprezzo, quando scoprì che nell’arena non avevo fatto altro che recitare per riuscire a tenermi in vita. E avevo tradito anche lui.
Dopo essermi offerta volontaria, tutto ciò che avevo saputo fare era tradire, da Prim che avevo sostituito in qualche modo a Rue, e anche lei per non essere riuscita a salvarla. A Gale per averlo costretto a vedere Peeta infilarmi l’anello al dito e per averlo fatto inginocchiare e frustare da Capitol City. Poi al Presidente Snow, alimentando la scintilla di ribellione che da sempre aveva cercato di affievolire, alla gente del mio distretto e alla fine di tutta Panem, per averli sottoposti a tutte quelle torture perché avevano creduto alle mie bugie agli Hunger Games. E infine Seneca Crane, che per salvare me e Peeta dopo aver tirato fuori lo scoppio della ribellione tra i distretti, aveva pagato con la vita.
Avevo tradito tutti, dal primo all’ultimo. Nessuno si era salvato dallo sterminio cui li avevo sottoposti. Nessuno.
Per ultimo, incontrai il ricordo di Effie, bella e raggiante nel suo abito fucsia e nei suoi pomposi capelli biondo platino, che con la sua solita voce squillante e piena di determinazione, pronunciava: “Felici Hunger Games. E possa la fortuna sempre essere a vostro favore”. Mi ritrovai a detestare con tutta me stessa quella frase, perché la fortuna, dalla mia parte, non lo era mai stata.
  
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